Il Convegno ha avuto regolare e positivo svolgimento nei tempi e con le modalità stabilite, con un ottimo afflusso di partecipanti, interessati, impegnati e infine assai arricchiti dai preziosi e sostanziosi contributi offerti dai Relatori al difficile tema prescelto: unico rammarico per tutti, l'assenza della Presidente- e animatrice -Agnese Cini, trattenuta da imprescindibili, improvvise e avverse circostanze delle quali ci si augurava l'avvenuto, pieno superamento.
- Sfortunatamente ciò non è avvenuto, e un gravissimo lutto ha colpito la nostra Presidente il 4 maggio scorso: un rispettoso, chino silenzio sembra adeguata forma di partecipazione a sentimenti difficilmente esprimibili a parole. Nell'attesa che, ritrovata l'indispensabile energia, la Presidente stessa torni a far sentire la sua presenza, così necessaria alla vita dell'Associazione, che pure le è figlia. -
Il ruolo di moderatrice è stato sostenuto, con
efficacia e autorità, dalla socia Laura Novati.
Ecco un attento resoconto del
convegno e, per chi ne fosse interessato, anche un piccolo foto-reportage.
E D I TO R I A L E - Notiziario semestrale BIBLIA n.1 - Febbraio 2000 - Anno XIV
IL TEMPO DI VIVERE
Introduzione al Convegno Nazionale:
«Il tempo e la Bibbia», Brescia, 7-9 Aprile
2000
Forse non è inevitabile arrendersi, ma
è certamente inevitabile constatare quanto la dimensione tecnologica
della modernità abbia aggredito la misura e il ritmo della nostra
vita, il suo e il nostro tempo, sostituendo 1'artificialità alla
naturalità, modificando le ore, i giorni, le stagioni e gli anni;
il prolungamento è 1'altra faccia dell'indifferenziato, del flusso
informe e continuo in cui è sempre più difficile stabilire
confini e riconoscere segnali. La voce di Qohelet che insiste a ricordare
che "ha il suo tempo ogni cosa"(*)continua
a risuonare come monito sapienziale, può emergere dal silenzio del
tempo nel silenzio della nostra coscienza, ma può anche non creare
più consapevolezza, quanto smarrimento: se non vi è più
limite - etico o cronologico - dov'è il tempo o qual è il
tempo per vivere 1'esperienza, per vivere ogni cosa?.
Il presente assoluto si fa sempre più
minaccioso pur nella sua labilità, se è riuscito ad interrompere
la triade temporale della vita umana, il suo nascere, crescere, morire,
con le continue distinzioni operabili al suo interno, per cui non vi è
certezza alcuna se non, alla fine, quella della morte (magari prima monitorata
e poi certificata per poter essere vera) e non vi è forse allora
preghiera più giustificata di quella che chiede non solo il diritto
ad una buona vita, ma forse, ancor più, quello ad una buona morte.
Ciò che sembra venir meno è la
fiducia, per la perpetuazione della vita non solo della cultura della tradizione,
di ciò che con formula felice Kosellek ha a suo tempo chiamato il
futuro passato: quel nesso inscindibile tra ciò che è stato
e ciò che sarà nella capacità di dare produzione e
senso allo svolgersi degli eventi che da soli non bastano a dare giustificazione
di sé; il prima e il dopo non sono mai state categorie di comodo
nella tradizione occidentale, soprattutto cristiana e anche nel corso della
progressiva secolarizzazione, sia che 1'accento fosse posto sul prima quanto
sul dopo; erano, sono altrettanto necessari alla dimensione dell'attesa
, escatologica o meno, o della profezia, che troppo spesso non abbiamo
percepito nella sua qualità prima, di discorso e lettura sul presente.
È quasi luogo comune 1'affermazione ricorrente
della crisi della storia (comprese le varianti più stupide, sulla
"fine" della storia nel trionfo del mercato, o in quelle più sinistre,
capaci di autorizzare i peggiori revisionismi) come possibilità
di raccontare il passato, di cercare di leggerlo per ritrovarsi; di fatto
la crisi si sperimenta a partire dall'indebolirsi della trasmissione familiare,
meglio, generazionale, di autorità come di sapere, di memoria come
di conoscenza; sembrerebbe allora quasi una contraddizione che, contemporaneamente,
fra le scienze del passato, la maggior fortuna sia arrisa, negli ultimi
decenni, all'archeologia: le folle che si aggirano tra paesaggi di rovine
sono affascinate dal "mistero" del passato, dal suo essere terra o polvere
o sono alla ricerca di radici sepolte? Radici di che cosa? Comunque radici
mute, che parlano in assenza di parola. Nello stesso tempo la ricerca scientifica
si spinge sempre più lontano, nei miliardi di anni dell'universo,
nell'oscurità o nella luce che l'attraversa e avvolge il pulviscolo
umano, ne annulla, rendendola insignificante, la durata.
Il tema del convegno nazionale di Brescia è
dunque un tema centrale per la coscienza contemporanea; la misura dell'esistenza,
il rapporto tra il tempo di Dio e il tempo dell'uomo come si calcolano
sull'orizzonte dell'eterno presente o nella prospettiva della liberazione
del tempo e dal tempo (nella dialettica tutta moderna tra tempo libero
e tempo occupato). Una risposta della tradizione giudaico-cristiana è
stata la santificazione del tempo; eredità di quella tradizione
può essere anche solo restituire benedizione al tempo: la candela
che illumina il sabato spezza 1'oscurità, è rito perché
è memoria.
Laura Novati
Ecclesiaste 3:17
Ho pensato: Dio giudicherà il giusto e l'empio, perché c'è
un tempo per ogni cosa e per ogni azione.
Il testo biblico offre una concezione rigorosa del tempo: l'uomo
che dietro lo splendido apparire del mondo non sa cogliere il senso della
trascendenza e orientare la propria vita alla "santificazione del Nome"
si dissemina disperdendosi in «tutti i giorni della vita della sua
vanità, i quali egli passa come un'ombra». Che si affidi al
pio compito di testimoniare la parola divina o che indirizzi la sua vita
alla elaborazione di un progetto politico o esistenziale, solo l'uomo che
si riferisce ad un altro tempo da quello presente sembra sfuggire alle
amare parole del salmista: «i miei giorni sono come l'ombra che declina,
ed io son secco come l'erba». Attorno a quesa intuizione fondamentale
del testo biblico si radica nelle sue articolazioni laiche e devote l'intero
discorso occidentale sul tempo. Il tema del tempo nella Bibbia e le sue
articolazioni nella cultura contemporanea è stato il tema del convegno
nazionale oganizzato da Biblia, dall’Università Cattolica del Sacro
Cuore e dal SAE, «Mille anni sono per te come un giorno’. Il tempo
nella Bibbia e nella cultura contemporanea», tenuto nei giorni 7-9
Aprile a Brescia presso l'aula magna dell'Università Cattolica:
nel convegno sono state analizzate nelle loro scansioni fondamentali l'evoluzione
della concezione ebraico-cristiana del tempo e la sua secolarizzazione
nel pensiero laico e filosofico, mostrando che le categorie bibliche del
tempo rappresentano il punto di riferimento sostanziale per ogni riflessione
sul destino dell'uomo che sia stata elaborata in Occidente.
Il convegno si è aperto con l'intenso intervento del prof.
Francesco Totaro, docente dell'Università di Macercata, che ha analizzato
l'eredità biblica nelle visioni occidentali del tempo. I temi ebraici
della salvezza e della comunità eletta da Dio confluiscono nella
dottrina ecclesiologica del tempo e si giunge, da un lato, alla visione
della storia come tempo della Chiesa e, dall'altro, nella sua forma secolarizzata,
la visione illuminista dell'uomo come soggetto indipendente del proprio
destino. Solo con Nietzsche la filosofia tenta di scardinare questa visione
del tempo, senza allontanarsi in fondo dalle prospettive che la stessa
Bibbia offriva: nel paradosso dell'eterno ritorno desiderato come il valore
più alto, Nietzsche vorrebbe riportare l'uomo all'esperienza dell'innocenza
del tempo, vissuto e accettato senza alcuna trascendenza, perché
intimamente trascendente lui stesso, senza alcun altro valore, essendo
il circolo vizioso il valore supremo. Il fallimento di questa prospettiva
ci porta all’età contemporanea, culmine di una triplice crisi, secondo
Salvatore Natoli: la crisi del modello rituale del tempo, tipico delle
società più antiche, del modello ebraico, dove il tempo del
rito si collega all’idea di un intervento diretto di Dio nella storia e
del modello moderno, che attribuisce unica e piena responsabilità
all’uomo. Svuotato di un senso rituale il passato si riduce ad archivio
di notizie del passato e il futuro appare imperscrutabile, cosicché
all’uomo resta solo un presente da vivere: questa condizione nichilista
può ottenere una positività solo se l’uomo è in grado
di amare ogni momento presente senza pretendere per esso l’eternità.
Questa proposta si distanzia profondamente dalla percezione devota
del tempo che offre all’uomo credente in Cristo due alternative, come ha
illustrato il pastore Fulvio Ferrario: o vivere la Passione di Gesù
in senso apocalittico, per cui non c’è più tempo, se non
il tempo della fine che «non è ancora» giunto; oppure
vivere la Passione in senso escatologico, per cui l’ora di Cristo «già»
accaduta è il centro cardinale della storia. Secondo Piero Stefani
l’esperienza dell’apocalittica si apre con la percezione che l’osservanza
della Legge non assicura, come sarebbe giusto, la felicità dell’uomo
pio: la figura del giudice supremo, apparentemente garante della giustizia
della retribuzione, ne è in verità il paradossale rovesciamento,
perché deve garantire di diritto ciò che di fatto non si
è realizzato.
La concezione del tempo nel pensiero ebraico è stata affrontata
da diversi punti di vista dalle relazioni dell’ebraista Gianluigi Prato,
del biblista Alexander Rofé, di Paolo De Benedetti e del rabbino
capo di Ferrara Luciano Caro. L’intervento di Prato, propedeutico per la
ricezione delle altre relazioni, ha mostrato la complessa stratificazione
del lessico ebraico sul tempo: nell’orizzonte ebraico il tempo è
sempre un «tempo di qualcosa», un tempo determinato, costruito
su metafore di origine spaziale – per cui la stessa storiografia biblica
oscilla costantemente tra tre atteggiamenti, come ha illustrato Rofé:
un’autentica coscienza storica, fondata sulla differenza tra passato e
presente; una differenza scandita dal punto di vista divino (secondo l’ira
o la soddisfazione del Signore); infine, l’uso di «catacronismi»,
ovvero di anacronismi usati con l’intento paradossale di spiegare la differenza
tra presente e passato. La confluenza di tempi spaziali e temporali spiega,
secondo De Benedetti, la centralità del concetto di terra di Israele,
attorno alla quale si riassume il senso della storia e dell’azione di Dio:
l’intero tempo dell’Occidente può venire visto come tempo dell’esodo,
l’adempimento nella storia di una promessa divina. Anche secondo Caro l’esperienza
del tempo è decisiva per comprendere il senso dell’azione redentrice
di Dio. Le prescrizioni sul calendario che preludono all’uscita dall’Egitto
non sono un paradosso, ma anzi rappresentano il senso proprio dell’attività
liberatrice: un popolo è veramente libero solo quando sa disporre
del proprio tempo, e il calendario ne è la premessa fondamentale.