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VIAGGIO DI STUDIO IN SIRIA 
  
18-28 agosto 
2008  
  
  
Accompagnatori: don Rinaldo Fabris e prof. Gianluigi Prato. Oltre alle 
conferenze di approfondimento dei due accompagnatori, sono previsti alcuni 
incontri con personalità del paese 
  
        
       
  
In luogo del Programma inizialmente riportato in 
questa pagina, invitiamo a prendere visione del "Libro di Viaggio" 
  
          
        
          
        
          
        
            
             "In Siria con 
            Biblia"  
  
che la Direzione di BIBLIA ha reso disponibile, 
tenendo tuttavia presente che trattandosi di una "Pagina" molto voluminosa, 
occorrerà disporre di un collegamento veloce ed utilizzare 
Internet Explorer a tutto schermo. Buona lettura! 
        
       
      
      Mentre sulla 
      base di quanto riportato nel  
      
        
          
        
        
          
        
        notiziario semestrale anno xxii- n.3 - OTTOBRE 2008 
      
      quale eco delle forti impressioni ed 
      emozioni suscitate nei partecipanti, potete leggere 
        
      
      PRIMA RELAZIONE 
      
      SECONDA RELAZIONE
      
        
      
      TERZA RELAZIONE
      
        
      
      ed inoltre 
      
      "PERLE DELL'ISLAM"
      
        
        
       
        
      
      PRIMA RELAZIONE 
        
      
           La carissima Agnese 
      mi ha chiesto di scrivere qualcosa sul viaggio in Siria. 
      
      Non sono un bravo cronista. Lascio perciò ad 
      altri (ma è proprio necessario?) questo compito, per mettervi a parte, 
      invece, di quelle sensazioni che questo viaggio (fatto in compagnia di 
      persone simpaticissime: questo si che è doveroso dirlo, e organizzato in 
      maniera impeccabile) mi ha suscitato e di quelle riflessioni che mi hanno 
      accompagnato in quei giorni.  
      
      Il prof. Prato, nella conferenza iniziale ad 
      Aleppo, chiuse il suo discorso dicendo che – tutto sommato – ognuno 
      viaggia per cercare una conferma alle proprie convinzioni. 
      
      Sarà che in fondo il mio animo scout di 
      tanto in tanto riemerge con prepotenza, e che dunque la spiritualità della 
      strada, e perciò il fascino della scoperta e dell’avventura, ha 
      contribuito a forgiare la mia personalità, ma dico subito che se da un 
      lato questa affermazione del prof. Prato può essere in parte 
      condivisibile, d’altro lato però credo che, almeno per me, non rappresenta 
      la molla unica, o quantomeno  la preponderante che mi spinge a viaggiare. 
      Se infatti il vedere e toccare con mano, l’essere nei luoghi a lungo 
      studiati nei libri di scuola può essere una riconferma delle nostre 
      convinzioni, l’esperienza dell’incontro con mondi e culture diverse ti 
      suscita sempre nuovi interrogativi e ti apre nuovi orizzonti. Viaggiare 
      per me è sempre l’accettare di mettersi in discussione e rinunciare alle 
      proprie certezze (a partire dalla rinuncia a voler trovare il tuo piatto 
      di spaghetti dovunque tu vada!). E se questo può valere per ogni viaggio, 
      debbo confessare che, almeno personalmente, la Siria si è rivelata in 
      questo molto stimolante 
      
      Voglio leggere così, quasi tra questi due 
      poli, l’esperienza del nostro viaggio in Siria.  
      
      Chi fin dalla scuola elementare ha studiato 
      di Assiri e Sumeri, di Mesopotamia e di Hittiti, di Punici, Egiziani e 
      Fenici… può ben comprendere cosa significhi l’Eufrate (e tutto quello che 
      questo evoca) nell’immaginario collettivo e l’emozione di quanti hanno 
      voluto finanche bagnarsi i piedi in questo fiume che, col suo collega 
      Tigri, rappresenta l’idea stessa della Storia che scorre.  
      
      Nella gitarella in barca pensavo proprio a 
      quanti popoli si sono incontrati e scontrati sulle sponde di questo fiume 
      e nella Siria tutta, terra proprio di incontro/scontro di popoli, e perciò 
      terra ricca di memorie, tradizioni, anime… in un mosaico che la rende 
      bella, come le belle ragazze e i bei giovani che incontri per le strade e 
      ti sorridono e ti salutano (penseresti mai di trovare rosse e biondi in 
      Siria? Ma l’incontro dei popoli ti fa pure di questi scherzi!). 
      
      Il viaggio in Siria è stato dunque una 
      rilettura di quelle pagine di storia, tra il mythos e l’epos, 
      con cui noi siamo cresciuti, un rivivere pagine liete e tristi di quel 
      racconto che ci riporta alle nostre stesse radici di popoli del 
      Mediterraneo. Una scarpinata polverosa tra quelle città i cui nomi, 
      balzati fuori dalle pagine dei libri con lo stesso vento che ora li copre 
      con una coltre di sabbia e ora magari ne scopre un angolo recondito da cui 
      emergono le vestigia di un dio dimenticato, adesso sembrano richiamare 
      davanti a te immagini di mondi e regni passati, e ti chiedi se mai esse 
      furono davvero, se non ti trovi invece davanti ad una di quelle città 
      invisibili descritte da Calvino. Senti ancora la bellezza di Zenobia quasi 
      trasfusa nella sua città a Palmira, il canto dello Shema‘ Israel 
      nella sinagoga di Dura Europos, le litanie dei pellegrini nella chiesa di 
      San Sergio… ma Padre Ramon ti sveglia dal sonno ricordandoti che alla fine 
      il deserto vincerà! 
      
      Ma, per chi ama la Bibbia, la Siria è anche 
      Ebla e Ugarit, la nascita dell’alfabeto, il retroterra culturale dei 
      racconti genesiaci, El e Jah, le tavolette cuneiformi e i templi di Baal e 
      degli  altri dei, è il mondo semitico, è l’aramaico… è la prepotente 
      domanda di come un’esperienza religiosa, quella ebraica, pur partendo da 
      assunti per niente originali, abbia dato origine a quel mondo della fede 
      che ancora oggi ci fa riflettere e interrogare su noi stessi e il senso 
      delle cose.  
      
      E credo sia questo il motivo profondo del 
      nostro viaggio, come soci di Biblia (da avere in partenza, ma magari per 
      tanti altri da trovare all’arrivo), proprio per dare una coscienza a 
      quanto si è vissuto. Proprio la Bibbia però ti spinge a cercare anche 
      nell’incontro con l’altro, nel dialogo, nella scoperta della diversità al 
      di là di quanto ci accomuna, come ricchezza umanizzante. 
      
      E per questo non si può solo cercare tra le 
      pietre (io avrei preferito l’incontro con qualche pietra in meno e qualche 
      persona in più, magari ascoltando le comunità cristiane delle varie 
      confessioni- nell’impossibilità politica di un approccio con la comunità 
      ebraica-, proprio per verificare la possibilità effettiva di questo 
      dialogo tra cristianesimo, ebraismo ed islam da tutti ricercato: non è 
      Biblia anche questo?). Perciò per me il viaggio in Siria (come qualsiasi 
      altro viaggio) vale anche per le persone incontrate, i sorrisi, le 
      battute, i saluti… l’accoglienza e il grande senso di ospitalità, i 
      frammenti di storia che riesci a cogliere al di là dell’impaccio delle 
      lingue, in un frammisto di arabo e italiano, inglese e francese, ma 
      soprattutto di gesti e di sguardi.  
      
      Scopri che se si vuole, l’incontro può 
      avvenire, il dialogo si può avviare. Tra persone ma anche tra culture e 
      ancor più tra le fedi: a Damasco e ad Aleppo non senti solo il muezzin, 
      senti anche le campane delle chiese che invitano alla preghiera e nelle 
      moschee vedi che i musulmani offrono ceri a San Giovanni Battista e a suo 
      padre Zaccaria per implorare il dono di un figlio o per ringraziare di 
      averlo avuto. Se solo dunque si volesse… e proprio qui senti struggente la 
      mancanza, tra figli di Abramo, della componente ebraica (e chi è di Biblia 
      non può non sottolinearlo) che renderebbe più completa la nostra gioia. Mi 
      chiedo: se l’incontro è avvenuto, avviene per gli odori e i sapori, nella 
      fantasia di salse ed insalate, se avviene nel canto e nella danza, perché 
      non può avvenire anche per le altre dimensioni della vita? I castelli dei 
      crociati e le cittadelle del Saladino sulle mute alture testimoniano di un 
      mondo che più non ritornerà e che spinge a trovare altre strade… La Siria 
      è stata e potrebbe ritornare ad essere un laboratorio per la ricerca di 
      queste strade di incontro tra i popoli.  
      
      E poi dobbiamo ricordare che proprio sulla 
      via di Damasco Saulo fu folgorato dalla presenza del suo Signore. Al di là 
      di come la si voglia intendere, al di là del fatto di credere o meno in 
      Dio, conversione è anzitutto cambiamento del modo di vedere e considerare 
      le cose. La Siria ci ha coinvolto, ci ha sedotto: chi non è rimasto 
      insensibile alle sue provocazioni adesso certo sta vivendo la sua metanoia.
       
      
      Mi auguro che sia stato per tutti un momento 
      non solo di arricchimento culturale ma anche di crescita umana e 
      spirituale. 
      
                                                                                                         
                     
      
       Ignazio La 
      China
      
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      SECONDA RELAZIONE 
        
      
               La continuità culturale, 
      linguistica, paesaggistica tra Siria e Giordania è di tutta evidenza; e 
      del resto sappiamo bene che il territorio della Siria storica aveva 
      confini che arrivavano molto oltre quelli dell’attuale repubblica araba. 
      Per questo il prolungamento del nostro viaggio verso la Giordania, al di 
      là delle ragioni contingenti che lo hanno determinato, è stato una scelta 
      intelligente e ricca di significato. Né di semplice prolungamento si è 
      trattato, ma di una estensione, come è stata giustamente chiamata. E tutti 
      abbiamo ben presto avvertito che il luogo verso cui tendevamo, con una 
      consapevolezza che si andava facendo via via più chiara, era «la terra al 
      di là del Giordano». 
      
      Ecco, alla prima sosta oltre il confine, la 
      prima, fortissima emozione: la sera ormai imminente permetteva appena di 
      scorgere, giù, in fondo a una valle, un nastro d’acqua su cui giocava 
      l’ultima luce del giorno: era lo Yabbok, il fiume della lotta di Giacobbe 
      con Dio; e la lettura del relativo brano biblico ravvivava la suggestione 
      di quell’episodio misterioso. La seconda tappa ci ha portato, attraverso 
      le steppe di Moab, al monte Nebo, estremo approdo del cammino di Mosè e 
      luogo della sua morte. 
      
      Al nostro sguardo commosso appariva lo 
      stesso orizzonte che anche Mosè aveva contemplato, nel desiderio 
      struggente e inappagato di raggiungere la terra che Dio gli aveva 
      promesso: il Giordano, il deserto di Giuda, l’oasi di Gerico …E infine, a 
      coronamento di questo itinerario dell’anima, abbiamo sostato nel 
      territorio dei Geraseni: il sole di mezzogiorno faceva splendere a 
      specchio il lago di Tiberiade e, mentre il pensiero correva all’episodio 
      evangelico della guarigione dell’indemoniato, l’occhio cercava di 
      individuare, lontana, la «Betania al di là del Giordano», dove Giovanni si 
      era fermato a predicare e a battezzare. 
      
      Certo il viaggio in Giordania ci ha 
      riservato anche molti altri doni: indimenticabile la magia rosa di Petra, 
      città incantata, frutto stupefacente dell’incontro tra la bellezza della 
      natura e la fantasia e l’ingegno dell’uomo, e insieme testimonianza della 
      capacità, che una cultura può avere, di assorbire, rielaborare e 
      risignificare in un proprio ordine simbolico i segni di altre culture.Ci 
      sono stati poi gli interessanti racconti delle nostre due guide giordane, 
      Fuad il beduino e Ahmed il palestinese, che non solo ci hanno aiutato a 
      conoscere la storia testimoniata dai monumenti del passato, ma hanno anche 
      aperto squarci su quella più recente, ancora carica di tensioni, fatiche, 
      sofferenze…E infine un dono grande è stato il meraviglioso clima di 
      accoglienza e simpatia che regnava tra noi e che è riuscito a strappare 
      qualche sorriso perfino al compassato e silenzioso tourist policeman 
      che ci ha accompagnato in tutti i nostri spostamenti.Ma l’elemento 
      unificante, il filo d’oro che ci ha guidato lungo tutto il cammino è stata 
      la ricerca della «terra al di là del Giordano».E che cosa significasse 
      questa espressione per il mondo della Bibbia, e dunque un po’ anche per 
      noi, ce lo ha detto Gabriele Boccaccini nella sua magistrale conferenza: 
      era una terra di transito, a cui Israele era giunto dopo l’esodo 
      dall’Egitto e attraverso la quale era passato tornando dall’esilio di 
      Babilonia; ma aveva successivamente assunto il valore di luogo di 
      purificazione e di penitenza, un luogo a cui sentivano il bisogno di 
      tornare, riattraversando il Giordano, coloro che contestavano l’idea che, 
      con il possesso della terra, le promesse di Dio si fossero pienamente 
      realizzate: era necessario uscire, andare al di là del confine simbolico 
      del fiume, per ritrovare il senso di provvisorietà e la purezza primitiva.Questo 
      era il significato anche delle parole di Giovanni, che predicava «al di là 
      del Giordano» invitando alla penitenza e che, come Mosè, al di là del 
      Giordano è morto, senza aver visto la realizzazione delle promesse 
      divine.  Il breve passaggio attraverso questa terra, con le fortissime 
      emozioni che ha suscitato, può forse lasciare anche in noi, come ultimo 
      dono, il proposito di vincere la tentazione di sentirci arrivati, di 
      pensarci nella situazione in cui le promesse di Dio si sono già 
      realizzate; può essere una spinta a rimetterci continuamente in cammino 
      perché, come è stato ricordato, alla fine del viaggio della vita non ci 
      sarà richiesto di aver raggiunto la terra promessa, che sarà dono 
      escatologico, ma di non aver mai cessato di tendere ad essa. 
      
                                                                         
                   
      
        Anna 
      Maria Castellani
      
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      TERZA RELAZIONE 
        
      
          Sono 
      una nuova arrivata tra i compagni di viaggio e di ricerca di Biblia, e non 
      so quanto del trasalimento vissuto tra gli splendori di pietra e sabbia 
      dell'antica Siria dipenda dall'arcana bellezza dei suoi luoghi aspri e 
      dolcissimi,dalla modestia grandiosa e fiera dei suoi abitanti, dalle 
      vibrazioni sottili che avvolgono chi si avventura tra le vestigia di 
      civiltà tanto remote da far apparire 'recenti' le tracce greche, romane e 
      bizantine sparse un po' dovunque tra la steppa, l'Eufrate e il mare. Il 
      rollino di marcia quotidiano, dall'alba fino a tarda sera quando i 
      consulenti scientifici di Biblia si alternavano a illustrare i retroscena 
      teologici e storici della straordinaria koinè culturale siriana, ha 
      imposto a tutti, anche grazie all'amabile fermezza di tre ottime guide 
      locali, il sottile piacere di un'impavida alleanza tra i sensi e il cuore: 
      i primi sollecitati a 'sentire' di più e il cuore a vibrare all'unisono 
      con un paesaggio umano, artistico e religioso, simbolicamente unificato 
      nella grande tenda beduina che accolse a cena  tutti noi viandanti, una 
      notte a Palmira. Un momento per me  speciale durante il viaggio fu quando 
      ci vennero incontro i novantanove nomi di Dio nel Corano elencati nel 
      foglietto amorevolmente allestito da Agnese. Quei nomi invitavano a 
      meditare sulle misteriosi connessioni tra l'Uno invocato come Eterno Tutto 
      e il molteplice  arreso alle condizioni di una comune transumanza 
      temporale sotto qualsiasi cielo, all'ombra di una fede dominante o anche 
      senza di essa. Se il primo scopo di un viaggio è aiutarci a crescere 
      dentro, il viaggio siriano di Biblia col suo splendido seguito in 
      Giordania, questo scopo lo ha raggiunto e, sono certa, per molti di 
      noi.      
      
      
                                                                                              
             Grazia Shogen Marchianò                                              
                                         
      
        
      
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      Alcune «perle» dell’Islam 
      
        
      
      Piccola scelta dalle letture fatte al 
      mattino nei pullman durante il viaggio di Biblia in Siria, ricavate dal 
      Corano, dai Detti del Profeta (hadith) e dai mistici islamici (sufi). 
      
        
      
       E a te abbiamo rivelato il Libro secondo 
      Verità, a conferma delle Scritture rivelate prima, e a loro protezione. 
      Giudica dunque fra loro secondo quel che Dio ha rivelato e non seguire i 
      loro desideri a preferenza di quelli della Verità che t’è giunta. A ognuno 
      di voi [ebrei, cristiani e musulmani] abbiamo assegnato una regola e una 
      via, mentre, se Dio avesse voluto, avrebbe fatto di voi una Comunità 
      Unica, ma ciò non ha fatto per provarvi in quel che vi ha dato. Gareggiate 
      dunque nelle opere buone, ché a Dio tutti tornerete, e allora Egli vi 
      informerà di quelle cose per le quali ora siete in discordia. 
      
      (Corano, Sura 5 «Della Mensa», V. 48) 
      
        
      
       Egli è Dio, non v’ha altro dio che Lui, 
      Conoscitore dell’Invisibile e del Visibile, il Clemente, il 
      Misericordioso! Egli è Dio: non v’ha altro dio che Lui, il Re, il Santo, 
      la Pace, il Fedele, il custode, il Possente, il Soggiogatore, il 
      Grandissimo. Sia gloria a Dio oltre quel che a Lui associano! Egli è Dio, 
      il Creatore, il Plasmatore, il forgiatore. Suoi sono i Nomi Bellissimi, e 
      canta le Sue lodi tutto quel ch’è nei cieli e sulla terra, egli è il 
      Possente Sapiente! (Corano, Sura 59 «Del Bando», vv. 22-24) 
      
        
      
      Abu Qatadah sentì dire 
      il Profeta – Allah lo benedica e gli dia eterna salute - : «Quando mi alzo 
      per compiere la preghiera, ho sempre intenzione di dilungarmi; ma come 
      sento il pianto di un bambino, subito mi affretto a concluderla per paura 
      di angustiare sua madre» (Detti e Fatti del Profeta dell’Islam, 
      raccolti da al-Buhari a cura di Virginia Vacca, Sergio Noja e Michele 
      Vallaro, Utet,  Torino 1982, p. 155)
      
        
      
      Anas bin Malik narrò: Il Profeta disse: 
      «Nessuno di voi deve desiderare la morte a cause di una calamità che lo 
      opprime; ma se egli desidera la morte , egli dovrebbe dire: "Oh Allah! 
      Mantienimi in vita se essa è il meglio per me, e lasciami morire se la 
      morte è meglio per me." » (Al-Buhari Volume 7, Libro 70, Numero 575) 
      
        
      
      Ho sentito il Profeta dire dei nipotini: 
      «Sono i miei fiori odorosi di questo mondo» (al
      Buhari, hadith 
      78). 
      
        
      
      «O Dio! Se io ti adoro per paura 
      dell’inferno, bruciami nell’inferno; e se t’adoro per speranza del 
      paradiso, escludimi dal paradiso; ma se t’adoro per amor tuo soltanto non 
      ritirare da me la tua eterna beltà.» (Rabi’ah, VIII secolo) 
      
        
      
      Un tale domandò a Rabi’ah: «Io ho commesso 
      molti peccati: se mi volgo a Dio in penitenza vorrà egli volgersi a me in 
      misericordia?» «No», essa rispose, «ma se Egli si volgerà a te, tu ti 
      volgerai a Lui». (Rabi’ah, VIII sec.) 
      
        
      
      «L’inferno è una scintilla del nostro dolore 
      infruttuoso, 
      
      il cielo un soffio delle nostre ore di 
      gioia». (Omar Kahyyam, XII sec.)   
      
        
      
      Cercai un’anima nel mare, e vi trovai un 
      corallo; 
      
      sotto la schiuma, per me, un intero oceano 
      giaceva nudo. 
      
      Nella notte del mio cuore per una stretta 
      strada 
      
      brancolai; ed ecco! la luce, una terra di 
      giorno infinito. (Gialal ad-Din Rumi, XIII sec.) 
      
        
      
      Essere come un fiume nella generosità e 
      nell’aiuto al prossimo. 
      
      Essere come il sole nella compassione e 
      nella misericordia. 
      
      Essere come la notte nel nascondere la colpe 
      dell’altro. 
      
      Essere come la morte nella rabbia e nel 
      furore. 
      
      Essere come la terra nella modestia e 
      nell’umiltà. 
      
      Essere come il mare nella pazienza. 
      
      Vivere come si è, o diventare ciò che si 
      pensa. (Sette consigli di Mevlana, cioè Rumi)
       
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