PROGRAMMA  
DEFINITIVO
 
 
[1° giorno: ROMA/ALEPPO * 18 agosto lunedì
Partenza
con volo di linea della Syrian Arab Airlines RB18 per Aleppo alle ore 14.30.
Arrivo alle ore 18.50 e disbrigo delle formalità per l’ottenimento del visto
d’ingresso e di frontiera. Incontro con le nostre guide e trasferimento in
pullman privato all’hotel Sheraton (cat 5*). Sistemazione nelle camere
riservate. Cena e conferenza introduttiva, pernottamento.]
 
2° giorno: ALEPPO * 19 agosto martedì
 
Al
mattino partenza per la zona delle città morte e visita del famoso monastero di
San Simeone Stilita (Qalah Siman), monumentale e isolato sulle colline.
Proseguimento per la visita del sito di Ayn Darah. Rientro ad Aleppo per il
pranzo in ristorante Armeno. Il pomeriggio partenza per Ebla, dove la missione
archeologica italiana, guidata dal Prof. Paolo Matthiae, ha portato alla luce reperti archeologici di eccezionale
valore come le 17.000 tavolette cuneiformi. Rientro ad Aleppo. Cena, conferenza
e pernottamento.
 
3° giorno: ALEPPO * 20 agosto mercoledì
Intera
giornata dedicata alla visita di questa antichissima città che ancor oggi
svolge un’importante ruolo nella vita economica della Siria. Si visita il Museo
Nazionale Archeologico dove sono conservati preziosi reperti delle varie
civiltà mesopotamiche e 
la Grande Moschea degli Omayyadi risalente ai primi tempi  dell’Islam. Pranzo in ristorante nel
quartiere armeno e visita ai quartieri cristiani e ai resti della cattedrale
bizantina di Aleppo. Il pomeriggio visita della Cittadella da sempre fortezza e
simbolo della città. Visita ai suk medievali con le sue chilometriche gallerie,
uno dei più famosi mercati coperti del mondo arabo. Un po’ di tempo libero.
Cena e pernottamento.
 
4° giorno: ALEPPO/LATAKIA * 21 agosto
giovedì
Partenza
in 
direzione della costa mediterranea per la visita al castello di Saladino
(Qalat Salah ad-Din) abbarbicato su di un inaccessibile promontorio roccioso a
24 km da Latakia (l’antica Laodicea). Proseguimento per
Latakia e sosta per il pranzo in ristorante. Il pomeriggio partenza per 
la vicina Ugarit e visita dell’antica città del XV sec. a.C. resa
famosa dal ritrovamento delle tavolette che riportano il più antico alfabeto
del mondo, base delle scritture occidentali. Sistemazione nelle camere
riservate dell’ hotel Meridien (cat 5*). Conferenza . Cena e pernottamento.
 
5° giorno: LATAKIA/HAMA * 22 agosto
venerdì
Partenza
lungo la costa per Tartus e visita dei resti della città crociata che ha
conservato un centro storico medievale di stampo europeo con chiese e palazzi
gotici. Visita del museo archeologico. Proseguimento per la visita di Amrit,
con il suo tempio di grande fascino. Partenza per il Krak dei Cavalieri (Qalat
al-Hosn), e sosta per il pranzo in ristorante. Il pomeriggio visita del famoso
castello crociato in splendido stato di conservazione. Arrivo ad Hama e
sistemazione nelle camere riservate dell’ hotel Apamea Cham Palace (cat 5*) sul
fiume Oronte. Cena in hotel. Per quelli che non sono troppo stanchi breve
passeggiata serale nel centro delle città. Pernottamento.
 
6° giorno:HAMA/ALEPPO 23 agosto sabato
Al
mattino visita della città di Hama, famosa per le antiche norie in legno,
costruite dai romani per il sollevamento dell’acqua dal fiume Oronte. Partenza
per Apamea, importante città ellenistica e romana dove recenti lavori di
restauro hanno riportato all’antico splendore “il Cardo”. Proseguimento per il
vicino caravanserraglio di Al Maidk dove sono conservati splendidi mosaici
trovati nella città di Apamea. Pranzo in ristorante. Partenza per Maarrat
an-Numan e proseguimento per la visita delle rovine di Serjilla. Arrivo ad
Aleppo e sistemazione nelle camere riservate dell’ hotel Sheraton. Cena e
pernottamento.  
 
7° giorno: ALEPPO/DAYR AS-ZAWR * 24
agosto domenica
Partenza
al mattino sul presto per Ar-Raqqah, capitale estiva del Califfo Harun
ar-Rashid. La città sorge sul lago Assad, nato dalla costruzione della grande
diga sull’Eufrate. Proseguimento per la città morta di Rusafah-Sergiopolis,
citata nella Bibbia e
nei testi assiri con il nome Resef. La città fu distrutta nel 743 dagli
Abbasidi: si possono ancora ammirare le imponenti mura di cinta, il battistero,
le basiliche, le enormi cisterne e un palazzo omayyade. Pranzo al sacco.
Partenza per Halabiyah e visita alla suggestiva fortezza sull’Eufrate costruita
nel III secolo dalla regina Zenobia 
di Palmira a scopo difensivo. Arrivo a Dayr as-Zawr nel tardo
pomeriggio. Sistemazione all’ hotel Furat Cham Palace (cat 5*). Cena,
conferenza e pernottamento.
 
8° giorno: DAYR AS-ZAWR/PALMIRA * 25
Agosto lunedì
Al
mattino presto partenza per Mari città degli Accadi risalente a più di 5000
anni fa e visita del Palazzo reale e della ziqqurat. Proseguimento per Dura
Europos sull’Eufrate, interamente costruita in mattoni crudi nel IV secolo a.C.
da Seleuco, luogotenente 
di Alessandro Magno. Dura Europos fu distrutta e abbandonata nel 256 d.C.
in seguito all’attacco dei Persiani Sassanidi, e mai più ricostruita. Rientro a
Dayr as-Zawr e pranzo. Breve visita del piccolo ma interessante museo
archeologico. Partenza per Palmira attraversando il suggestivo deserto siriano.
Arrivo e  salita sulla collina dove si
erge un castello arabo e da dove si potrà ammirare il tramonto sulle rovine
dell’antica città della regina Zenobia. Sistemazione all’ hotel Palmyra Cham
Palace (cat 5*). Cena nel deserto sotto le tende beduine. Pernottamento.  
 
9° giorno: PALMIRA/DAMASCO * 26 agosto
martedì
Al
mattino molto presto inizio della visita della vasta e monumentale area
archeologica, dell’imponente Santuario di Baal, della necropoli e del piccolo
Museo Archeologico dove sono conservati molti dei reperti trovati nel sito.
Pranzo in ristorante. Il pomeriggio partenza per Maalula pittoresco villaggi
arroccato sui monti dell’Antilibano, dove si parla ancora l’ aramaico. Arrivo a
Damasco nel tardo pomeriggio. Sistemazione nelle camere riservate dell’ hotel
Cham Palace (cat 5*). Cena e pernottamento.
 
10° giorno: 
DAMASCO * 27 agosto mercoledì  
Al
mattino visita del Museo Archeologico Nazionale (eccezionale per i suoi reperti
archeologici in esso conservati e in particolare la sinagoga di Dura Europos),
proseguimento con la visita della città con il quartiere cristiano, la casa di
Anania, amico di San
Paolo e discepolo di Gesù
Cristo, la
chiesa di San 
Paolo che ha conservato l’aspetto antico. Pranzo in
ristorante nel quartiere cristiano. Il pomeriggio visita della Grande Moschea o
moschea degli Omayyadi ricoperta di mosaici di artisti bizantini, che in
origine era la 
chiesa di Giovanni Battista, la tomba mausoleo di Saladino e alla
Cittadella in corso di restauro. Conferenza finale dei tre relatori. Cena
tipica di commiato con musica araba e danze dervisce al ristorante Umayyad
Palace nella città vecchia. Pernottamento.
 
11° giorno: DAMASCO/BOSRA/DAMASCO * 28
agosto giovedì (per chi non prosegue
in Giordania)
Al
mattino partenza per la regione dell’ Hawran nota per le sue città nere
costruite in basalto. Arrivo a Bosra, famosa per il suo teatro trasformato in
fortezza dai musulmani. Visita della vasta città romana capitale 
della provincia
 di Arabia creata da
Traiano. Rientro a Damasco. Pranzo in ristorante. Il pomeriggio termine delle
visite (Palazzo Azem) e un po’ di tempo libero nel Suk. Cena e pernottamento.
 
[12° giorno: DAMASCO/ROMA venerdì
Trasferimento
in aeroporto. Partenza da Damasco con volo 
di linea della Syrian Arab Airlines RB418 alle ore 10.35 per Roma
Fiumicino. Arrivo alle ore 13.30]
 
 
 
ESTENSIONE IN GIORDANIA
 
11° giorno 
DAMASCO/BOSRA/JERASH/AMMAM 28 agosto
giovedì
Al
mattino partenza per la regione dell’ Hawran nota per le sue città nere
costruite in basalto. Arrivo a Bosra, famosa per il suo teatro trasformato in
fortezza dai musulmani. Visita della vasta città romana capitale 
della provincia
 di Arabia creata da
Traiano. Pranzo nel ristorante dell’hotel Cham Palace. Partenza per il confine
con la Giordania e
disbrigo delle formalità di frontiera. Proseguimento per Jerash e visita della
città romana costruita in prossimità del fiume omonimo. La ricchezza
monumentale e il buono stato di conservazione di questo sito gli hanno fatto
meritare l'appellativo di "Pompei dell'Oriente". Partenza per Ammam.
Arrivo e sistemazione all’ hotel Radisson Sas (cat 5*). Cena e pernottamento.
 
12° giorno AMMAM/PETRA 29
Agosto venerdì
Al
mattino presto partenza per Petra. Arrivo e visita della vasta aerea
archeologica del sito 
di Petra che per la sua bellezza vale da sola l'intero
viaggio. L’originaria capitale nabatea è quasi interamente scavata nella roccia
rosa del Wadi Musa. Agli edomiti, presenti già nel 1200 a.C., seguono a partire dal VI secolo a.C. i nabatei,
capaci di resistere a lungo ai romani, fino 106 d.C., anno della caduta di
Petra. La città viene trasformata dai romani e poi dai bizantini. A parte un
breve periodo di occupazione dei crociati, Petra viene abitata dalle tribù
beduine fino alla sua scoperta nel XIX secolo. L’area archeologica, a cui si
accede passando lungo una alta e stretta gola, l’As-Siq, è molto vasta, con una
incredibile ricchezza di siti, monumenti ed edifici risalenti ai diversi
periodi storici: gli obelischi e il Monastero dei nabatei; le Tombe Reali, nabatee
ed ellenistico romane; i templi, l’anfiteatro, 
la Strada
 Colonnata romana; le
chiese bizantine; il Tesoro, Al-Khazneh, ovvero il capolavoro architettonico
della facciata della tomba 
del re nabateo Aretas III. Il fascino
di Petra risiede nelle meravigliose vestigia delle antiche
costruzioni, ma anche nei colori, 
dal rosa al rosso, all’ocra, all’oro, della roccia arenaria
ferrosa che è insieme paesaggio ed architettura. Pranzo in ristorante
all’interno del sito. Sistemazione all’ hotel Nabatean (cat 5*). Cena e
pernottamento.
 
13° giorno PETRA/BEIDA /MADABA/MONTE
NEBO/AMMAN 30 agosto sabato
Partenza
per Beida e visita del sito conosciuto come 
la
 piccola Petra. Proseguimento verso nord per Amman e sosta per la visita delle chiese ricche di
mosaici di Madaba. Proseguimento per il Monte Nebo, su cui morì Mosè dopo che
il Signore gli ebbe mostrato 
la Terra
  Promessa. Infatti, se la giornata è limpida dalla cima del Monte sarà
possibile godere della suggestiva vista della Valle 
del Giordano e di Gerusalemme. Arrivo ad Amman e giro panoramico
della città con la visita del Teatro Romano risalente al II secolo d.C.
Sistemazione in hotel Radisson sas (cat 5*). Cena e pernottamento.
 
14° giorno AMMAM/DAMASCO
31 agosto domenica
Partenza
per la visita del sito di Rihab dove è stata recentemente scoperta, da un team
di studiosi internazionali guidati da Abdel-Qader Hussein, direttore 
del Centro di studi archeologici di Rihab, la più antica
chiesa
 cristiana della storia
che sarebbe stata edificata tra il 33 e il 70 d.C. dai primi fedeli
all'indomani della morte di Gesù Cristo.
Proseguimento per la visita del sito di Um Qais, l’antica Gadara citata nel
Vangelo, che si affaccia scenograficamente su lago di Tiberiade. Visita della
città e poi partenza per la frontiera con 
la Siria e disbrigo delle formalità d’ingresso. Sosta a Bosra
per il pranzo e partenza per Damasco. Arrivo e sistemazione nelle camere
riservate dell’ hotel Cham Palace (cat 5*). Pomeriggio un po’ di tempo libero
nel Suk. Cena e pernottamento.
 
[15° giorno DAMASCO/ROMA 1 settembre
lunedì
Trasferimento
in aeroporto. Partenza da Damasco con volo 
di linea della Syrian Arab Airlines RB418 alle ore 10.35 per Roma
Fiumicino. Arrivo alle ore 13.30.]
 
 
 

 
 
 
 

 
           
                Flaconcini porta essenze in
terracotta (circa 2700-2650 a.C.
 
 
Le immagini nei frontespizi delle pagine
sulla Siria provengono dagli scavi effettuati da 
Paolo Emilio Pecorella (detto “Pami”) sul sito di Tell Barri, 
nella Siria nord-orientale, dal 1980 al giorno della sua morte, avvenuta mentre 
stava dirigendo i lavori di scavo, il 29 agosto 2005. Era un carissimo amico 
fiorentino e un grande archeologo che avrebbe dovuto accompagnarci in questo 
nostro viaggio, mentre la generosa messe di notizie che seguono è dovuta alla 
cura di:
 
Agnese Cini 
Tassinario e di Chiara Tassinario Di Tondo, con interventi di Alessandro Di 
Lorenzo
 
       
 
Città morte
Nell’area
situata a est dell’Oronte si trovano numerosi villaggi e imponenti costruzioni
religiose di epoca romana e bizantina 
nominate “città morte” , talvolta immerse nel verde degli ulivi,
talaltra isolate su brulli altipiani ormai inospitali
 Nel VII e VIII secolo a causa di terremoti e
tornadi che si abbatterono sulla zona e alla conquista mussulmana furono
abbandonati.

San Simeone Stilita (Qalah Siman)
 
 La costruzione è formata da quattro basiliche
disposte a forma di croce che davano su un cortile ottagonale centrale coperto
da una cupola. Fu terminata circa nel 490 per ordine dell’imperatore Zenone ed
è dedicato a san Simeone una delle figure più originali tra i primi cristiani
della Siria che, durante il IV secolo d.C., trascorse in penitenza moltissimi
anni in cima ad una colonna intorno alla quale fu poi costruita la chiesa.
 

Simeone Stilita il Vecchio nacque ad Antiochia attorno
al 521 e, come suggerisce il suo stesso nome, visse sopra una colonna per ben
quarantacinque anni. Pare comunque attendibile che Simeone possa aver scelto
all’età di circa venti anni questa straordinaria condizione di vita eremitica.
A trentatrè anni ricevette l’ordinazione presbiterale e, per imporgli le mani,
il vescovo dovette munirsi di una scala per raggiungere la sommità della colonna.
Le folle accorrevano dal santo stilita per ottenere da lui consigli o per
implorare guarigioni miracolose. Occasionalmente pare possedesse inoltre il
dono della conoscenza dei segreti del cuore, nonché della profezia. Numerosi
erano dunque i discepoli che si raccoglievano intorno a lui. Tra gli scritti
che gli sono attribuiti, se ne segnalano uno in cui sollecitò l’imperatore a
punire i samaritani, rei di aver attaccato i cristiani, e un altro, citato da
San Giovanni Damasceno, in cui condannò esplicitamente l’iconoclastia. Il santo
stilita era vegetariano. Similmente ad altri seguaci di questo particolare
stile di vita, si trasferì più volte su nuove colonne, in diverse città, con
l’approvazione dei vescovi locali. I contemporanei, pur contestando il  modo di vita degli stiliti, non potevano non
riconoscerne il potere di operare il bene, la loro umiltà, la loro carità, la
capacità di convertire gli uomini e i periodici interventi in favore del bene
comune. Simeone morì in Siria nel 592 ed è commemorato in data odierna, 
il 24 maggio, tanto dal Martyrologium
Romanum, quanto dai calendari delle varie Chiese orientali. Il suddetto
martirologio cattolico asserisce che il santo, vivendo sulla colonna, abbia
conversato con Cristo e con gli angeli, nonché sia stato dotato di poteri
straordinari sui demoni e sulle forze della natura. L’iconografia cristiana, in
particolar modo orientale, è solita raffigurare questa categoria di santi, come
è facile immaginare, sopra alle colonne ove risedettero per buona parte della
loro vita. Queste icone sono ancora talvolta riscontrabili in alcune case, ove
sono state collocate al fine di garantire ai visitatori la potente protezione
di un qualche santo dell’antichità. Per quanto il loro modo di vivere potesse
sovente dare l’impressione di rasentare la pazzia, gli stiliti costituirono una
testimonianza concreta della necessità di preghiera e penitenza nella loro
epoca, contraddistinta da dissolutezza e lussuria. Molte persone si
interrogarono sulla singolarità della loro scelta di vita e ciò le aiutò
perlomeno a correggere taluni aspetti del loro vivere quotidiano.  
 
 
 
Ayn Darah
Il
sito risale circa alla seconda metà  del
II millennio a.C., vi si trova un tempio in basalto di epoca arcaica eretto tra
il 950 e 800 a.C..
Tutte le pareti esterne hanno sculture in basalto che raffigurano leoni e
sfingi. I leoni erano dedicati alla dea Ishtar e le sfingi alla dea Astarte.  
 
 
 
 
 
  | 
     
  Nel
  1954 un cacciatore scoprì per caso nella tana di una volpe un blocco di
  basalto, che si rivelò poi parte di una grande statua raffigurante un leone;
  da quel momento gli studiosi hanno portato alla luce straordinarie statue in
  basalto e diversi rilievi. 
  
                                         
   | 
 
 
Ebla

È l'antico nome dell’odierna
 
Tell Mardikh, a circa 60 km a sud di  
Aleppo,
città della  
Siria settentrionale, scoperta nel  
1964
da una missione archeologica italiana diretta da  
Paolo Matthiae dell’Università  La Sapienza
di  
Roma. Era situata in posizione intermedia tra la
 
Mesopotamia, l’Anatolia
e la  
Palestina; godeva dei vantaggi del commercio tra queste zone,
da là passavano materie prime quali  
rame,
legname, ecc... Al 1975 la scoperta degli archivi reali di
Ebla, contenenti oltre 17.000 tavolette d'argilla con  
iscrizioni  
cuneiformi in eblaita risalenti al periodo tra il 2500 e il
 
2200 a.C. Gli scavi della missione archeologica italiana hanno fatto
emergere la struttura urbana della città: un'ampia cinta muraria a cerchio,
fortificata con possenti bastioni grandangolari, dove si aprono 4 porte
disposte a croce, con al centro l'acropoli. La struttura radiale potrebbe
rimandare alla concezione di un universo circolare. Rimangono anche i resti del
Palazzo reale con tutti i suoi settori, dove sono stati rinvenuti gli archivi
di stato, oltre a migliaia di tavolette ed oggetti d'uso comune.
 

Il Palazzo Reale: gli scavi sul lato ovest dell'Acropoli hanno messo
in luce un grande palazzo reale, chiamato dagli archeologi Palazzo G, che risale alla prima epoca
d'oro di Ebla: 2400-2250 a.C.
Questa enorme costruzione occupa la facciata ovest del pendio dell'Acropoli;
l'esplorazione archeologica ha dimostrato che fu costruita sulle rovine di un
edificio, del Bronzo Antico (2700-2500 a.C.). È stata scoperta una parte del Palazzo G, che doveva estendersi verso
est: la corte principale, lo scalone d'ingresso, la stanza degli archivi e una
parte dei quartieri di abitazione. Il palazzo
G è diviso in varie ali, che sono:  

A-
L'ala cerimoniale, consacrata ai ricevimenti 
del re, formata da una corte principale con un corridoio
coperto.
B- L'ala amministrativa: si estendeva a sud della
grande scalinata che portava ai quartieri d'abitazione. Era il centro del governo
e della monarchia.
C- L'ala di abitazione: vi si giunge salendo la grande
scalinata di pietra; comprende diverse stanze destinate alla preparazione del
cibo, alla macinazione dei cereali, alla spremitura delle olive e alla cottura
degli alimenti.  
D- Gli Archivi Reali: nel 1975 fu scoperta la
biblioteca reale, o Archivio.
Il palazzo del principe
ereditario (Palazzo Q o Palazzo
Occidentale) si trova nella città bassa, a ovest dell'Acropoli, e si
estende da nord a sud, per una lunghezza di m 1×15; la parte sud è crollata per
cause naturali. È composto dall'unione di diverse unità d'abitazione attorno a
una sala principale, ed è costruito in mattoni crudi su una 
base di grandi pietre squadrate. Esso ricopre le caverne che
ospitano la necropoli reale, dove sono stati rinvenuti molti oggetti assai
importanti dal punto di vista storico e artistico. Nel palazzo Occidentale si trova un interessante vano, molto ben
conservato, riservato alla macinazione del grano per la preparazione dei pani,
che dovevano servire a sfamare centinaia di persone.  
Il palazzo E, sulla parte nord dell'Acropoli, è stato scoperto nei
primi anni d'attività della missione, ma solo in parte. L'altra parte è sepolta
sotto i resti dell'insediamento del Ferro (secc.IX-III a.C.) e dell'insediamento
persiano. Il settore portato in luce consiste in una grande corte e in vani più
piccoli.  
Il palazzo P (o palazzo
Settentrionale) è situato nella città bassa a nord dell'Acropoli. È
stato scoperto abbastanza recentemente e ha una superficie assai vasta. È
databile al 1800-1600 a.C.; presenta due ingressi sul lato ovest ed è diviso
in varie ali: l'ala nord, destinata alla conservazione delle vivande, e l'ala
sud, destinata ad abitazione, mentre l'ala mediana consiste in un'ampia sala,
probabilmente destinata ad alloggiare il trono del re.  
 
  
TEMPLI
Il tempio di Ishtar, chiamato Tempio
D, è costruito sul lato ovest dell'Acropoli, è formato da un ingresso,
un vestibolo e un grande vano rettangolare, i suoi muri sono spessi quattro
metri; nel secondo anno di scavi (1965) vi è stato rinvenuto il celebre bacino
calcareo scolpito su tre facce, che è l'unico bacino intero proveniente da Ebla. Esso è datato al 1900-1800 a.C. Il tempio
B1, o tempio di Reshef, e
il Tempio B2 sono templi
contigui, situati nella città bassa a sud del palazzo Occidentale, o Palazzo
del principe ereditario, il Tempio
B1, dedicato all'adorazione di Reshef, dio del mondo inferiore, è
composto di un solo vano, mentre il Tempio
B2 ha diverse stanze, raggruppate intorno a una vasta sala centrale. Nel
Tempio B2 sono state trovate due
grandi tavole offertorie in pietra, assai ben conservate. La vicinanza del Tempio B2 al cimitero regale e la sua
pianta, differente da quella degli altri templi di Ebla, inducono a ritenere che esso fosse consacrato al culto dei
re morti, ossia degli antenati regali.  
Il secondo tempio di Ishtar, o Tempio P2,
è costruito nella città bassa, a nord-ovest dell'Acropoli. È composto da un
ingresso, forse un tempo affiancato da due torri, e da una grande sala rettangolare.
È datato tra il 1900 e il 
1600 a.C., e ha subito una grande distruzione. Presenta
dimensioni veramente imponenti: misura, infatti, m. 20,5×12,5. Questo tempio è
considerato il più grande tra quelli scoperti nel paese di Sham (Bilad esh-Sham)
risalenti al II millennio a.C.  
Il Tempio N, o Tempio del
Sole, dedicato all'adorazione del dio Sole, il cui nome antico era Shamash.
È un edificio rettangolare, formato da un solo vano. Si trova nella città
bassa, a est dell'Acropoli; vi sono stati rinvenuti una tavola offertoria e
metà di un bacino in calcare scolpito; l'ingresso al tempio è completamente
distrutto.  
Negli anni più recenti, è stato scavato un grande
edificio in pietra calcarea, situato nella città bassa a nord del palazzo
Occidentale e a ovest dell'Acropoli. È stato chiamato Edificio P3; ha la forma di un grande rettangolo di m. 52×42, dai
muri estremamente spessi (oltre 
20 metri), con al centro uno spazio libero, privo di ingresso.
Si ignora a quale divinità fosse dedicato, ma si può ragionevolmente supporre
che fosse legato al culto della dea Ishtar
e che lo spazio libero al centro potesse ospitare i leoni sacri dalla dea.
 

 
 
LE FORTIFICAZIONI DEL II
MILLENNIO A EBLA.
Come le altre città amorree, 
durante il Bronzo Medio II Ebla era circondata da grandi mura difensive. Le mura, che
inglobavano tutta la città, erano costruite su una fortificazione più antica.
Sono composte da un grande accumulo di terra, largo alla base circa m 40, che
si va restringendo verso 
la
 sommità. L'altezza
verso est doveva, forse, superare i 20 metri. Sulle mura erano costruite fortezze molto
importanti, che sorvegliavano il territorio intorno alla città; quattro grandi
porte principali interrompono le mura; la
porta sud-ovest, o Porta A,
è quella in miglior stato di conservazione; è costruita secondo la pianta detta
“a tenaglia”, con una serie di piccoli vani per il corpo di guardia; è lunga
circa m 48. Ciascuna porta era diretta verso una città importante; la porta di sud-ovest verso 
  
Damasco,
quella di nord-est verso   
Aleppo,
quella di nord-ovest verso Ugarit. Ebla possedeva anche una massiccia fortificazione a difesa dell'Acropoli,
costruita in mattoni crudi su base in pietra; alcuni resti di essa sono stati
scoperti sul lato sud-est dell'Acropoli.  
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Tavoletta cuneiforme dallo scavo  di Ebla
 
 
CIMITERI
REGALI
I cimiteri regali sono situati entro caverne naturali
sotto il Palazzo Q, o Palazzo Occidentale, che era posto
sotto l'autorità del principe ereditario. 
Molte tombe sono state saccheggiate nell'antichità, ma tre hanno fornito
importanti risultati. La sola sepoltura inviolata, quella chiamata "della Principessa", datata
tra il 1825 e il 1775 a.C., conservava 
ancora il corredo di gioielli in oro della fanciulla che vi era
sepolta: sei bracciali, una collana, un anello nasale e uno spillone per
capelli. La seconda tomba, parzialmente violata, è detta "Tomba del Signore dei Capridi" e
risale a circa il 1750 a.C.; la terza, anch'essa in parte violata, è detta
"Tomba delle Cisterne":
è la più recente e risale al 
1650 a.C. circa. Nonostante i saccheggi, le due tombe
contenevano ancora tesori d'oro e d'argento: gioielli con pietre preziose,
coppe, ornamenti; vi erano anche alcune splendide giare dipinte. La Tomba del
Signore dei Capridi conteneva diversi vasi in pietra, soprattutto in alabastro,
di origine egiziana; conteneva anche un oggetto molto importante per la
datazione del complesso funerario. Si tratta di un frammento di impugnatura di
mazza in argento e oro con il nome, scritto in eleganti geroglifici egiziani,
di un faraone della XIII dinastia, Hotepibra, che regnò dal 1775 al 1765 ca.
a.C. Questo ritrovamento indica l'esistenza di rapporti tra Ebla e i faraoni
egiziani, forse mediati dal porto di Biblo (moderna Giubàil, Libano).  

  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
gioielli rinvenuti nel cimitero reale
  
 
 
 
 
 
 
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Aleppo
 
Seconda città della  
Siria e
una delle più antiche città del mondo. Si trova a nord-ovest del Paese
sull'altopiano siriano settentrionale. Aleppo
è anche detta la "città grigia"
(esh-Sheba) a causa del caratteristico colore delle case costruite con
roccia calcarea. Questo soprannome è invece completamente inadatto a descrivere
il "carattere" di
questa città, che grazie alla sua posizione, era il crocevia delle strade
carovaniere tra la Mesopotomia, la Turchia, l’ Arabia e il mar Mediterraneo, e
quindi punto di incontro tra varie culture. Infatti Aleppo è abitata da varie etnie: arabi, turchi, armeni e, inoltre,
vi si mescolano tante religioni che la rendono molto "colorata" per la diversità di
usi e costumi che si trovano in questa grande città. Si può ammirarla dalla
 
cittadella,
da dove lo sguardo spazia sui tetti dai quali sbucano i minareti delle moschee.
 
IL MUSEO NAZIONALE ARCHEOLOGICO
Il museo di Aleppo insieme a quello di
 
Damasco,
è il più vecchio e ricco di reperti sull'antichità siriana in particolare nella
regione Eufrate-Khabur. La monumentale facciata dell'ingresso è la
ricostruzione del tempio/palazzo della dinastia Kapara originaria di
Guzana/Tell Halaf risalente alla seconda metà del IX secolo a.C. Tre personaggi
di questa dinastia sono rappresentati nelle tre grandi statue poste sopra
altrettante statue di leoni tutte in basalto nero. Vi si possono ammirare
avori, sculture neo-ittite, splendidi cicli pittorici neo-assiri, vetri romani
e bizantini, ceramiche islamiche e mirabili opere di scultura.  
 
LA GRANDE 
 MOSCHEA 
 
 Fondata sul
sagrato dell’antica cattedrale bizantina, sotto gli omayyadi all’inizio del
sec. VIII e completamente ricostruita da Norandino (Nur ad-Din).  Il
 
minareto
a pianta quadrata è di epoca  
selgiuchide (1090).
Di particolare pregio è il mìnbàr (pulpito)
in legno finemente intagliato.
 
LA CITTADELLA

La Cittadella
è una collinetta al centro della città, alta 55 metri, di forma ellittica ha un diametro di 270-370 metri alla sommità e 350-550 metri alla base, circondata da un fossato artificiale. I
ritrovamenti più antichi della Cittadella
risalgono a insediamento del III millennio a.C. In epoca seleucide (dopo il 330 a.C. fino al
69 a.C.) fu costruita l'acropoli con templi e con la
residenza del governatore. Dal 945 d.C. la dinastia sciita degli hamdanidi la trasformarono in un
magnifico palazzo che fu gravemente danneggiato da un terremoto nel 1157 d.C. 
Il figlio di Saladino, az-Zahir Ghazi, la trasformò in
baluardo difensivo contro le invasioni crociate ma fu nuovamente distrutta da Tamerlano durante l'invasione mongola.
Gli ultimi grandi lavori furono eseguiti dai mamelucchi. Alla Cittadella
si accede dal lato ovest tramite un monumentale ponte ad archi che attraversa
il fossato fatto scavare da az-Zahir
Ghazi. Questo ponte inizia dalla torre ottomana del cinquecento per
arrivare alla grande porta monumentale del 1211 modificata successivamente dai mamelucchi. Attraversata la porta si
passa attraverso altri tre portali e cinque corridoi a gomito con aperture
nell'alto soffitto, per poter far cadere olio bollente, e feritoie sulla parte
alta delle pareti per poter colpire, da postazioni riparate, eventuali
invasori.  
L'interno della Cittadella è in gran parte distrutto a causa dell'ultimo
bombardamento mediante obici con polvere da sparo, già in epoca moderna, da
parte dei Turchi, comunque si possono ancora ammirare il bellissimo portale del
palazzo del sultano al-Aziz Mohammad
costruito con arenaria chiara e basalto di colore scuro e incastrati tra loro con
grande precisione. La sommità del portale è scolpita a forma di conchiglia.
Attraverso questo portale si accede a un cortile con mosaici. Dietro il palazzo
si possono visitare i bagni con le solite tre sale, fredda, tiepida e calda (frigidarium,
tepidarium e calidarium nelle terme romane). Vicino al portale si
può vedere la Moschea di Abramo fatta
costruire nel 1167 da Nureddin
sopra una precedente chiesa bizantina. La costruzione di questa moschea è
dovuta al fatto che Abramo,
venerato anche dai mussulmani, si sarebbe qui fermato con le sue greggi. In un
locale è conservato il masso dove, secondo la tradizione, si sarebbe seduto Abramo.  
Esiste anche una Grande Moschea fatta costruire, anche questa su di una precedente
chiesa bizantina, da az-Zahir Ghazi
nel 1213. Ha
un alto minareto quadrangolare utilizzato, oltre che per il richiamo del muezzin,
anche come torre di avvistamento.
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
SUK 
La
parte più interessante della città è quella degli spettacolari suq coperti, un
labirinto di 12 km di stradine, 
che sembra estendersi all'infinito, nel quale rimarrete incantati sotto
le volte di pietra. Lasciatevi trasportare dai dolci profumi del cardamomo e
dei fiori di garofano, dai colori delle stoffe e dal rumore della folla in
movimento tra i numerosi negozietti.
 La maggior parte dei suq furono costruiti
nell'epoca ottomana, ma alcuni risalgono al XIII secolo.
 
 
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Castello di
Saladino (Qala Salah ad-Din)
Il castello dominava le tre
principali vie di accesso alla Valle  
del
 Giordano proteggendo le rotte commerciali tra Giordania e
Siria.  Il castello
originale era dotato di quattro torri; le spesse mura presentavano feritoie per
le frecce e un fossato largo  
16 metri e profondo 15 che circondava l'edificio.
I crociati occuparono il castello nei primi anni del sec. XII,
facendone uno dei luoghi fortificati più potenti della zona.  Nel 1188, il castello fu
preso da a Salah ad-Din , governatore di Aleppo e Damasco, che restaurò la
torre nord-orientale.  
Nel
1215 d.C., l'ufficiale mamelucco Izz Ed-Din Aybak ampliò il castello
aggiungendo una nuova torre nell'angolo sud-orientale e un ponte che presenta
ancora decorazioni in rilievo raffiguranti dei piccioni: ne fece uno dei luoghi
fortificati più potenti della zona. I tentativi espansionistici furono interrotti nel
1260 d.C., quando invasori mongoli distrussero il castello, ma quasi
immediatamente il Sultano mamelucco Baybars riconquistò e ricostruì la
fortezza.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Durante il dominio dei mamelucchi 1216- 1516, il
Castello faceva parte di una rete  
di
 comunicazioni
che consentiva, tramite fuochi di segnalazione o piccioni viaggiatori, di
mettere in comunicazione Damasco e Il Cairo in sole dodici ore. Il castello,
inoltre, proteggeva le rotte tra la Giordania meridionale e la Siria e faceva
parte di una catena di forti che di notte accendevano fuochi per trasmettere
messaggi dall'Eufrate fino a Il Cairo.
 
Latakia
 
Appartenente nel II millennio a.C. al potente 
regno di Ugarit, la città fu dedicata alla madre da Seleuco Nicatore,
uno dei generali 
di Alessandro Magno che ottenne dopo la sua morte
il regno di Siria e che diede vita alla dinastia dei Seleucidi.
Latakia – deformazione occidentale di al-Lathiqiyah, il nome arabo della città
con cui è conosciuta in Siria – è sempre stata il principale porto siriano sul
mediterraneo e deve la sua importanza fin dall’antichità a questa posizione.
Oggi è anche una località turistica e balneare molto nota e rinomata nella
zona. Fra le vestigia del passato, si ricordano quattro colonne e un arco
romano risalente al periodo di Settimio Severo.  
 
 
 
 
 
Ugarit
Antica città della
 
Siria
settentrionale, posta sul promontorio di Ras Shamrah (presso  
Latakia),
sede
 di un importante regno
nel II millennio a.C., il cui nome è noto da alcuni testi
egiziani.L'insediamento, di cui si sono distinti cinque livelli, si sviluppò
tra il VII e il II millennio a.C. Nella prima metà del II millennio la città
fu, per un certo periodo, sotto la dominazione egiziana, come testimoniano
alcuni oggetti rinvenuti negli importanti templi gemelli dedicati a 
 
Baal
e Dagan, e conobbe un notevole sviluppo urbanistico. Vi si insediò anche una
comunità
 di esperti metallurghi,
che producevano oggetti in bronzo. L'ultima fase di vita della
città, nella seconda metà del II millennio a.C., è quella meglio documentata. A
essa appartiene il vasto Palazzo reale, esteso su una superficie di 9000 m2, con sei cortili e settanta ambienti; attraverso
scalinate si poteva accedere al primo piano, dove si trovava il settore
residenziale, mentre sotto il pavimento di alcuni vani erano sistemate le
sepolture, come di regola nelle case ricche di Ugarit. Il ritrovamento degli
archivi, in cui erano custoditi documenti amministrativi e la corrispondenza
interna ed estera, redatti in  
scrittura
cuneiforme, ha permesso di ricostruire la storia della città dal XIV
al XIII secolo a.C., fino alla sua distruzione, forse a opera dei  
popoli del
mare. Gli scavi di Ugarit misero in luce diversi archivi di
tavolette di  
argilla
(uno di palazzo, uno templare e due privati) , con testi  
diplomatici,
legali,
economici,
amministrativi,
scolastici,
letterari
e  
religiosi
e datati all'ultima fase di vita della  
città,
intorno al  
1200 a.C.,
quando venne distrutta dalle scorrerie dei popoli del mare. La maggior parte di
queste tavolette sono scritte in quattro lingue:  
sumerico,
accadico
(il linguaggio della  
diplomazia nel Vicino Oriente antico),
 
urrita e infine
 
ugaritico
(lingua, quest'ultima, del tutto sconosciuta fino al momento della scoperta
degli archivi). Si sono rinvenute tavolette scritte in  
 
alfabeto  
geroglifico
 
egiziano e
ittita e in  
alfabeto cuneiforme  
cipriota,
 
sumerico,
 
accadico,
urrita
e ugaritico. Dall'alfabeto ugaritico,
sviluppato dagli scribi intorno al  
XIV secolo
a.C., derivano la maggior parte degli alfabeti moderni (greci,
latini, etruschi, ebraici, arabi). Dopo la distruzione a opera dei  
Popoli del
mare, intorno al  
1200 a.C., la scrittura ugaritica cessò di
essere usata ma l'alfabeto, trasformatosi in quello conosciuto come alfabeto
fenicio, si diffuse col successo a tutti noto.
 
 
 
 
 
 

 
 
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Tartus
La città di Tartus, posta sul Mediterraneo, è un
piccolo centro protetto dalle mura costruite dai Crociati, stretto attorno alla
grande cattedrale per importanza è il secondo porto della 
 
Siria. Conta circa 150
mila abitanti ed è un luogo di grande interesse per il  
turismo,
soprattutto per la presenza di importanti  
reperti
archeologici. Nell'antichità fece parte dei
 
possedimenti
d'oltremare della  
Repubblica di Genova. La città, circondata
da mura erette dai  
cavalieri crociati, è antichissima; sono state molte le
trasformazioni che la riguardano, soprattutto a causa dell'opera dei molti
popoli che, nel corso dei secoli, l'hanno abitata. Purtroppo non esistono
reperti del suo passato di città  
fenicia, quando si chiamava Antaradus, colonia di Aradus (a
sud della città si trova il sito di  
Amrit, anticamente Marathus). Ben poco rimane anche del suo
passato di città romana. È possibile, invece, ritrovare, qualche testimonianza
del periodo cristiano, quando divenne un
centro di
 pellegrinaggi: secondo
la tradizione,  
san Pietro,
durante il suo viaggio da  
Gerusalemme
ad  
Antiochia
vi edificò una cappella in onore della  
Vergine Maria
che conteneva un'immagine miracolosa della madre del  
Cristo portata
in questo luogo da  
san Luca. Nel corso dei secoli il nome
della città fu cambiato da Antaradus in Tortosa (da non confondersi con
l'omonima  
Tortosa,
città del sud della  
Spagna):
al tempo delle crociate, la città era una postazione fondamentale lungo la
linea difensiva predisposta dai  
Cristiani contro i  
Musulmani
e soprattutto uno dei porti per i collegamenti via mare con l'occidente. Dal
 
1183 fu una base logistica
per i rifornimenti militari gestita dall'ordine dei Templari che rimasero in
città per più di un secolo, finché nel  
1291 Tartus fu
assoggettata in via definitiva dal sultano  
Qalawun.
Di grande aspetto storico-archeologico è la cattedrale gotica di Tartus risalente
al  
XII secolo
e nel tempo trasformata in un museo che custodisce sarcofagi in pietra. Di
particolare interesse sono i resti - in parte ora adibiti ad abitazione privata
- della fortezza dei Templari che si  
affaccia
sul mare.
 
 

Amrit
Città
fondata dagli abitanti dell’isola di Arwad; nel 333 a.C. Alessandro Magno se ne impadronì; in seguito a
delle controversie con Arados, la città fu distrutta, poi passò ai romani che
vi costruirono un teatro le cui gradinate sono state individuate in un uliveto
non lontano dalla necropoli.
Tra
i resti della città si trova il cosiddetto Mabad (tempio), con cortile
quadrato, scavato nella roccia verso il V secolo o l’inizio del IV secolo a.C.,
al centro del cortile si trova un tabernacolo.  
 
 
 
 
 
 
 
 
Krak dei Cavalieri (Qalat al-Hosn)
 
Questa imponente fortezza si trova sui di un'altura
nella zona montuosa prima della costa siriana. 
Da questa altura si domina la valle di Bukaia tra la città di Homs e la catena
del Libano. Quindi è una posizione strategica per il controllo di questo
importante territorio. A causa di questa posizione strategica già nel 1031
venne fatta costruire una postazione fortificata di soldati curdi dall'emiro
della regione. Da questa prima fortificazione, probabilmente, deriva il nome
arabo della fortezza, akrad in curdo,
anche se potrebbe esserci un riferimento alla fortezza giordana di 
 
Karak.
Nel 1110 la fortezza fu conquistata da Tancredi d'Antiochia che
successivamente, nel 1142, la cedette all'ordine dei Cavalieri di Malta gli
unici che avevano le risorse per le enormi spese di mantenimento di questa
grande fortezza. La fortezza rimase in possesso dei Cavalieri di Malta per 130
anni durante i quali la ristrutturarono e ampliarono in continuazione fino a
diventare la più potente fortezza del Medio Oriente. Agli inizi del 200 gli
abitanti della fortezza erano una sessantina, oltre il corpo di guardia, e
dominavano la fertile vallata sottostante. Nei periodi di necessità la fortezza
poteva ospitare fino a duemila persone: 200 cavalieri con la servitù e 1500
soldati. Con la sconfitta degli stati crociati il Krak rimase isolato e
circondato da un territorio ostile. Il Krak era praticamente imprendibile e i
vari tentativi di Nureddin prima e di Saladino dopo, non riuscirono ad avere
la meglio. Solo nel 1271 il sultano Baibars riuscì a conquistare la
fortezza permettendo ai cavalieri di ritirarsi a Tripoli. Successivamente
vennero eseguiti vari lavori di ristrutturazione e il Krak divenne praticamente
un villaggio. 
Nel 1933 il francesi, che occupavano la  
Siria
sgomberarono la fortezza per eseguire i restauri e dopo vent'anni fu restituita
alla  
Siria.
L'ingresso attuale si trova sul lato est ed è stato
costruito dopo la conquisa da parte di Baybars, prova evidente sono le scritte
arabe sopra la porta d'ingresso La fortezza è strutturata in due parti, una
parte centrale dove erano presenti gli alloggi dei cavalieri, dei soldati e i
locali di servizio. La seconda parte, la rocca superiore, era composta dalla
spessa cinta di mura con i vari locali adibiti alla difesa della fortezza. Le
due parti erano divise da un largo fossato. Questa divisione non era evidente
dall'esterno visto che non esistevano punti più alti vicino alla fortezza da
cui vederne l'interno. Quindi gli attaccanti che riuscivano a superare la cinta
muraria si trovavano davanti un largo fossato difficile da superare, perchè
esposto al tiro dei difensori dalla parte più interna della fortezza. Appena
entrati si percorre una lunga rampa a gradini, al lato della quale si trova
prima un corpo di guardia e successivamente le stalle. Questa zona era
particolarmente delicata perchè collegava le mura esterne con la rocca
superiore, per proteggere la parte interna, la rampa d'accesso ha varie curve e
alcuni fori sul soffitto da dove i difensori potevano scaricare olio e pece
bollente contro gli eventuali attaccanti che avessero superato le prime difese.
Alla fine della rampa si arriva nell'unico punto dove è visibile 
ancora il fossato interno. Da qui si sale sul passaggio sopra le
mura esterne sul lato sud. Camminando lungo questo passaggio si può ammirare lo
stupendo panorama della valle sottostante. Si arriva fino al lato nord delle
mura dove si può vedere l'ingresso originale alla rocca, nascosto da una torre
chiamata “della figlia del re”, alla sommità della quale attualmente è presente una caffetteria.
Questo ingresso era collegato alle mura esterne da un lungo ponte levatoio ora
non più esistente. Da qui si scende dalle mura e attraversando la sede
dell'originale fossato, attualmente uno stentato prato, si entra nella rocca
superiore. Nella rocca superiore sono presenti gli alloggi degli abitanti della
fortezza e gran parte dei locali di servizio. Quando si arriva al cortile della
rocca superiore si nota subito all'estremità ovest un bel portico in stile
gotico francese dietro al quale è presente la sala dei cavalieri. Una grande
sala che prende luce da tre finestre sopra il portico con soffitto formato da
volte a crociera sostenute da mensole. Dietro la sala dei cavalieri si trova
una sala lunga 120 metri che occupa tutta l'ala ovest della rocca superiore e
molto probabilmente era utilizzata come dormitorio per i soldati. Nella parte
più a nord del cortile è presente una cappella trasformata successivamente in
moschea con il suo minbar. Sempre nel
cortile, sul lato occidentale, una scala porta al piano alto della rocca
superiore. Da qui si può arrivare alla caffetteria sopra la torre della figlia
del re e all'alloggio del gran maestro all'interno di un
torrione sull'angolo meridionale della rocca superiore. Da questo punto si gode
di una vista stupenda della pianura sottostante.



 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Hama
Costruita
sulle sponde del fiume Oronte e
abitata fin dal neolitico, dal XI secolo a.C. Hama divenne una potente città
assiro-ittita e aramaica. Secondo fonti bibliche fu sottomessa a Salomone nei secoli X-IX e,
successivamente agli assiri nel 
720 a.C. quindi ai babilonesi, agli achemenedi e ai
seleucidi. Nel II secolo a.C. prese il nome di Epiphania da Antioco IV
Epifano; durante questo periodo la città acquisì un grande sviluppo
politico ed economico che mantenne nelle epoche romana, bizantina e araba come
città di provincia
benestante, grazie alla produzione di stoffe di seta e cotone oltre
all'allevamento di cavalli purosangue. Al giorno d'oggi, Hama è 
ancora il centro di una fertile zona agricola.
Il
fascino della città, attraversata dall'Oronte, è dato in gran parte dal lungo
fiume alberato, con i suoi giardini e le vecchie ruote d'acqua, le norie, che
raggiungono anche i 20 m di diametro. Le ruote furono costruite secoli fa per
favorire l'irrigazione e la distribuzione dell'acqua in città. In tutto 
il centro di Hama risuona il cigolio lamentoso provocato dal
movimento delle ruote contro le strutture di legno alle quali sono appoggiate.
Le norie sono situate in un parco fluviale nel centro della città, dove i
bambini nuotano tra le ruote. Fra le altre cose da vedere a Hama, ricordiamo
la Grande Moschea, quasi completamente distrutta durante l'insurrezione
organizzata dai “Fratelli Musulmani”(una confraternita integralista) nel 1982,
che fu repressa da 8000 militari con l'aiuto dell'aeronautica e di carri
armati. Nella rivolta e nelle conseguenti condanne a morte morirono circa
25.000 persone. I danni provocati agli edifici sono stati attenuati con
accurati restauri. Il Museo del Palazzo Azem risale al XVIII secolo e vi sono
esposti manufatti d'interesse artistico; il cortile è il luogo ideale per una
piacevole sosta all'ombra. Per respirare la vera atmosfera di Hama, sedetevi al
tavolino di un bar in riva all'Oronte, dove potete bere caffè, fumare il
narghilè e giocare a backgammon.  

 
 
Apamea
La
città di Apamea si trova su
un'altura al lato della pianura del fiume Oronte. È uno dei siti archeologici più importanti del Medio
Oriente, e, a causa degli scavi ancora in corso, solo una parte della lunga
strada colonnata è stata ripristinata Apamea
fu costruita da Seleuco I Nicatore
nel 300
 a.C. che le diede
il nome della moglie di origine persiana. Sulla collina della cittadella, già
abitata in epoca preistorica, venne costruita l'acropoli. Alla città fu data
una struttura ortogonale tipicamente ellenistica in seguito mantenuta dai
romani e dai bizantini. In breve tempo Apamea
divenne uno dei centri più importanti 
del regno come sede amministrativa e della cavalleria reale;
purtroppo è rimasto ben poco di questo periodo. Quello che si può ammirare
attualmente sono i resti della città romana. Nel periodo romano, Apamea ha avuto il suo massimo
splendore mantenendo il ruolo 
di base commerciale e militare, nel periodo del suo maggior
sviluppo arrivò ad avere anche mezzo milione di abitanti. Nel 115 d.C. fu
distrutta da un devastante terremoto e quindi ricostruita dall'imperatore Traiano. Durante questa ricostruzione
vennero eretti il teatro le terme e il tempio. Diventata capoluogo 
della provincia Syria Secunda subì vari assalti da
parte dell'esercito persiano nei secoli VI e VII. Nel 1106, durante le
crociate, Apamea, in quel periodo ribattezzata Famia, fu conquistata da
Tancredi che la unì al principato di Antiochia. Nel 1149 fu riconquistata da
Nureddin, e, successivamente nel 1157 e nel 1170 Apamea fu distrutta, e quindi
abbandonata, da due terremoti.
Partendo dalla porta
di Antiochia, una delle sette porte che permettevano il passaggio tra le
mura che circondavano la città, si percorre il lungo cardo maximus questa maestosa strada colonnata, costruita
nel periodo di Traiano, è lunga
2 chilometri con una larghezza di
37,5 metri. La sola carreggiata, tuttora ricoperta dai lastroni
originali sui quali sono ancora visibili le tracce scavate dalle ruote dei
carri, ha una larghezza di 
22 metri. I porticati laterali, dove erano presenti le
botteghe avevano una profondità di 7-8 metri. Procedendo dalla porta di Antiochia verso la porta di Hama a sud, lo stile del cardo maximus cambia passando da delle colonne con
capitelli corinzi e fusti lisci a colonne scalanate di costruzione più tarda,
fino al III secolo. A circa 
400 metri dalla porta
di Antiochia, sulla sinistra, si possono notare i bagni 
di 
Giuliano Agrippa del 116 dei quali non esiste più l'ingresso, ma si
possono ancora distinguere le condotte dell'acqua calda tiepida e le sale. Al
centro della strada è presente un'alta 
colonna di 14 metri che faceva parte del tetrapylon, posto
all'incrocio con un decumano che
divideva in cardo in 4 parti di
uguale lunghezza. Da questo punto le colonne cambiano aspetto diventando
scanalate. Continuando ancora verso sud, a circa tre quarti del cardo, le
colonne cambiano ancora e la scalanatura diventa a spirale, con andamento
inverso da una colonna all'altra. Su alcune di queste è presente una mensola
dove erano posizionate le statue bronzee degli imperatori 
Marco Aurelio,
Antonio Pio e Lucio Vero.
A questa altezza del cardo si possono vedere, verso ovest, i resti dell'agorà, del tempietto della dea 
della 
fortuna protettrice della città, Tyche, e del tempio di Zeus
Belos. Arrivati all'incrocio con il decumanus maximus, che continua verso est, si possono vedere,
a sinistra, i resti di un ninfeo e continuando per il decumano si arriva ai resti di un palazzo, triclinos, con più di 80 stanze
dove sono stati rinvenuti dei mosaici il più famoso dei quali è conservato al
museo di Bruxelles. Affiancato a questo palazzo ci sono i resti di una
cattedrale del V secolo ampliata, dopo un terremoto, nel VI secolo. Tornando
indietro e attraversando l'incrocio con il cardo si arriva fino al teatro romano costruito sul pendio
naturale della collina. Questo teatro con il diametro di 139 metri è il più grande della
 
Siria,
ma, essendo stato utilizzato come cava di pietra dai crociati per costruire una
fortezza, ne è rimasto ben poco. L'antica Apamea è sovrastata dalla Cittadella
mamelucca della quale rimangono solo poche mura esterne. Sotto la Cittadella si trova uno dei maggiori Khan, Caravanserraglio di Al Maidk,della  
Siria
fatto costruire da Solimano il
Magnifico nel 500. Questo edificio è composto da quattro ali attorno a
una corte centrale, e, attualmente, ospita un museo dove sono conservati vari
mosaici ritrovati durante gli scavi di Apamea
(in particolare quelli del sec. IV raffiguranti Socrate che siede tra i
sapienti e la vittoria di Cassiopea sulle Nereidi ) oltre a mosaici di
chiese paleocristiane di   
Quarte.   


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
                                                Serjilla
Nel periodo bizantino alcune città fiorentissime per
il commercio e la produzione di vino e olio, 
vennero progressivamente abbandonate. Ne restano oggi 370 con monumenti
conservati quasi integralmente. Serjilla si trova in mezzo ad un deserto
pietroso, ed è una tra le più famose “città morte” della Siria
Oltre
ai resti di case isolate, chiese e tombe a sarcofago, si trovano ben conservati
il grande complesso delle terme romane, i cui pavimenti risalgono al 473,  un edificio con doppi ordine di piastrine,
che secondo ultime ricerche avrebbe avuto la funzione di albergo.
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Ar-Raqqah
Ha
conservato ben poche tracce del passato. La sua nascita risale al IV e III
secolo a.C. a opera di due sovrani seleucidi, e successivamente attribuita ad
Alessandro Magno. Nel 529 d.C. Giustiniano sfruttò le potenzialità del sito per
gli scambi con i Persiani, che se ne impadronirono nel 542. Nel 640 fu
conquistata dagli Arabi che 
la
 raddoppiarono. Nel 772
il califfo al-Mansur la ricostruì chiamandola Rafiqah. Nel XIII sec. fu
distrutta dai Mongoli. Nel XII una tribù di circassi si stabilì all’interno
delle mura.
Oggi resta parte della cinta muraria della 
quale si segnala soprattutto la porta di 
Baghdad.
 
 
 Rusafah-Sergiopolis
La splendida città fortificata di Rasafa,
completamente isolata, sorge a 
160 km da Palmira e avvicinandovi la vedrete spuntare
progressivamente dal deserto. Questa regione era con ogni probabilità già abitata
al tempo degli assiri; alla fine del III secolo Diocleziano fece erigere una
fortezza sulla linea difensiva istituita contro i sasanidi. Nel corso del V e
del VI secolo il forte fu ampliato, ma nel VII secolo gli omayyadi lo
conquistarono e lo trasformarono in residenza estiva. Nel 743 gli omayyadi si
fecero sorprendere dagli abbasidi che irruppero nel forte e lo rasero al suolo.
Le mura della città formano un quadrilatero di 550 m per
400 m e sono pressoché intatte: al suo interno, sul lato
nord, è ancora percorribile una suggestiva galleria coperta da volte a botte
Superando il portone d'ingresso, sarete sopraffatti dall'immenso vuoto: quasi
niente è stato restaurato o riportato alla luce; rimangono soltanto tre chiese
del VI secolo. La Basilica 
di San Sergio, la più grande delle tre, è stata in parte restaurata
e comprende due navate e grandi archi
 
Halabiyah
Le
due fortezze furono costruite nel III sec. d.C. dai palmireni per tenere sotto
controllo un punto del fiume facilmente navigabile per difendersi dai persiani.
Nel sec. VI l’imperatore Giustiniano ne fece ricostruire le mura.
Dall’alto
delle mura dei ruderi del torrione si domina una splendida vista.
 
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Mari
Individuata casualmente da una 
spedizione archeologica francese nel 1933 sulla riva destra dell’Eufrate, la 
città di Mari apre uno squarcio in un periodo tanto lontano quanto affascinante, 
quando nel 2500 a.C. era abitata da una popolazione di origine semitica
lontanamente imparentata con i sumeri ed era 
ricca di palazzi e templi dedicati alle numerose divinità locali.
Conquistata, distrutta e ricostruita più volte, fu definitivamente rasa al
suolo nel 1758 a.C.
dal re di Babilonia Hammurabi e di lei si perse ogni traccia
per quasi 4000 anni. Gli archeologi hanno individuato il Palazzo Reale, celebre
per la sua magnificenza (aveva oltre 300 stanze); attraverso un passaggio a zig
zag si entra in una grande corte con pareti 
dipinte. Dall’angolo sud-est si accedeva all’area dei santuari, dalla
porta centrale si raggiungevano i magazzini. Dall’angolo nord-ovest si arrivava
nella corte delle palme a una sala trasversale dove c’era un podio con sopra
una statua della dea dal vaso zampillante, oggi al museo di Aleppo; alle spalle
si trovava la sala del trono. Grazie alle migliaia di tavolette in accadico
rinvenute negli archivi del palazzo e ai numerosi oggetti  ritrovati, nel corso degli scavi, è stato
possibile conoscere a fondo la vita quotidiana di una città così antica.
 
In questa località, scavando una fossa per un defunto
fu rinvenuta una grande statua di stile sumerico, le autorità francesi, che
controllavano la zona iniziarono subito gli scavi che permisero di scoprire
questa antichissima città.
 

 
 
 
 
 
 
Dura Europos

Antica città della
 
Mesopotamia,
situata oggi in  
Siria,
fondata da  
Seleuco I
Nicatore, sulla riva destra del fiume  
Eufrate.
Antico insediamento  
semitico,
divenne parte dell'impero  
macedone sotto i seleucidi, che le diedero il
nome della loro città di origine,  
Europo. Venne conquistata dai
 
Romani
durante l'impero di  
Traiano e nel  
165 venne incorporata alla provincia della
 
Siria. Conserva i resti di una
 
domus
ecclesiae del III secolo, nota per il suo buon stato di
conservazione, dovuto al fatto che l'edificio venne inglobato nella cinta
muraria e quando questa crollò con tutto un terrapieno durante l'assedio dei
 
Parti del 258, fu sepolta
completamente. L'edificio quindi permette una buona caratterizzazione dei
luoghi di culto di questo periodo.
 Il suo ricco patrimonio archeologico documenta tutte
le fasi della storia della città e la molteplicità di culture dei suoi
abitanti. Sono venuti alla luce numerosi templi dedicati a divinità greche e
orientali, una 
chiesa cristiana e una sinagoga
affrescata,
risalente alla metà del    
III secolo (oggi le pitture si trovano al
 
Museo nazionale di Damasco).
Queste pitture sono particolarmente importanti perché rispecchiano l'evoluzione
dell'arte paleocristiana a
 
Roma: la stilizzazione
formale delle figure e la semplificazione sono legate al valore simbolico delle
scene., vari edifici pubblici e privati, la
poderosa cinta muraria e l'accampamento romano e inoltre affreschi e rilievi di
notevole valore artistico e religioso. Ancora perfettamente leggibile è l'impianto
urbanistico a scacchiera progettato al momento della fondazione. 
Durante
gli scavi archeologici, oltre a numerosi importanti reperti, sono stati
ritrovati anche cinque scudi ovali e uno scudo rettangolare che dopo il
restauro hanno mostrato appieno l’elevata qualità e il particolare pregio delle
loro decorazioni. Naturalmente i soggetti raffigurati rappresentano un ottimo
spunto per quanti modellisti volessero cimentarsi nella riproduzione di motivi
differenti da quelli che siamo abituati a vedere. Proprio la qualità delle
figure lascia pensare a scudi non in dotazione a soldati e probabilmente mai
usati in battaglia, ma a scudi da parata, o da cerimonia

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Palmira
 
A 250 km a nord-est di
 
Damasco,
circondata dal deserto, si trova l'antica città di Palmira. La costruzione della città in questi luoghi è stata
possibile grazie alla presenza di una copiosa sorgente che sgorga dalle pendici
del Gebel. Questa sorgente ha
permesso la crescita di una estesa oasi di palme, ulivi e melograni,
l'irrigazione e quindi la coltivazione del deserto circostante, oltre al
continuo rifornimento idrico alla città. Questa favorevole condizione ha reso
questo luogo il passaggio obbligato per i commerci tra le antiche civiltà.
Tutto questo ha fatto sì che Palmira
diventasse una fiorente città dedita al commercio e che riuscì, nel periodo del
suo massimo splendore, a controllare vasti territori. In epoca ellenistica, Palmira era già una fiorente città che
basava la sua economia sul commercio. La sua società era divisa in classi che
dipendevano dal ruolo sociale e dal lavoro svolto: sacerdoti, artigiani,
corporazioni di mercanti. Dopo l'assorbimento da parte dell'impero romano, nel
64 a.C., mantenne comunque una certa indipendenza e la sua
grande importanza commerciale. Dopo la visita dell'imperatore Adriano nel 129, il nome fu cambiato
in Tadmur Adriana e le fu concesso lo stato di Civitas Libera che
permetteva al senato e al popolo 
di Palmira di stabilire e raccogliere le tasse; la gestione in
proprio delle finanze permise il grande sviluppo della città culminato nel II
secolo, il periodo d'oro di Palmira.
Le attività economiche si estendevano a est fino all'India e alla Cina
attraverso la via della seta, e a ovest fino a Roma, sostituendo il ruolo di
 
Petra
che aveva perso importanza dopo l'annessione da parte dei romani nel 106 d.C.
La dinastia romana dei Severi, in parte di origine siriana, era molto
favorevole a Palmira, tanto che l'imperatore Caracalla concesse alla città il titolo di colonia romana e la
cittadinanza romana ad alcuni contabili arabi. Questo diede un'ulteriore spinta
allo sviluppo di Palmyra ma fu anche l'inizio della fine. Un contabile
palmireno, 
Hairan, grazie alla cittadinaza romana, riuscì a ottenere un
seggio senatoriale a Roma. Nello stesso periodo la dinastia dei sasanidi, il cui fondatore Ardashir I aveva conquistato le foci
del Tigri e d'Eufrate, precludendo ai palmireni l'accesso al golfo arabico,
sostituì quella degli arsacidi
nel regno della Persia. Il figlio del senatore Hairan, di nome Odenato,
guidò con successo varie azioni militari contro i sasanidi fino a cacciarli dall'Anatolia meridionale: questi
successi militari furono ricompensati dall'imperatore Galieno con la concessione a Odenato di importanti qualifiche, ma
attirarono l'invidia di alcuni avversari che nel 267 lo fecero assassinare.
Il  suo posto fu preso dalla moglie Zenobia . Zenobia era una donna ambiziosa e coraggiosa, molto ben informata
della situazione politica a Roma e in oriente; molto colta, parlava, oltre
l'aramaico di Palmyra, il greco
e l'egiziano, affermava di essere una discendente di Cleopatra. Zenobia
era descritta, dai cronisti dell'epoca, come scura di carnagione, con splendidi
occhi neri, denti bianchi come perle; era la donna più nobile e  bella di tutto l'oriente. Inizialmente
l'imperatore Aureliano non reagì
negativamente a questo passaggio di potere ma la situazione cambiò radicalmente
quando Zenobia inviò le sue
truppe, al comando del generale in capo Zabda,
a occupare l'Egitto. Sempre per
motivi commerciali, le truppe di Zenobia
occuparono l'Anatolia. Aureliano decise di porre fine
all'espansionismo palmireno. Le truppe palmirene si ritirarono dalla Calcedonia e furono raggiunte da Aureliano davanti ad Antiochia dove nel frattempo era
arrivata anche Zenobia. Qui le
truppe palmirene, comandante dal generale Zabda, furono sconfitte e dovettero ritirarsi ad Emesa. Dopo aver ricevuto rinforzi, Aureliano proseguì la sua marcia fino
a Emesa, dove sulla 
piana di questa città sconfisse nuovamente le truppe palmirene.
Zenobia si ritirò verso Palmira e la fece fortificare in tutta fretta in attesa
delle truppe romane. Aureliano
non esitò a inseguire i palmireni attraverso il deserto, dove il suo esercito
soffrì del calore estivo e subì i continui attacchi da parte dei beduini.
Arrivò a Palmira dopo una
settimana dove dette inizio all'assedio della città. Per rompere l'assedio Zenobia
chiese l'aiuto del re persiano Sapor I ma Aureliano riuscì a disperdere le truppe
del re comprandole a peso d'oro e nello stesso modo si
liberò dei beduini locali che disturbavano le sue truppe con continui
attacchi.  Quando i viveri cominciarono a
scarseggiare Zenobia decise di
andare di persona dal re Sapor I. Uscì dalla
città con una piccola scorta e in groppa ad un dromedario, riuscì a raggiungere
l'Eufrate ma al momento di
imbarcarsi fu raggiunta dai soldati romani che la portarono all'accampamento di
Aureliano. La città senza la sua regina e sfinita dal lungo
assedio capitolò nell'agosto del 272 Nel 274 Aureliano ritornò a Roma dove celebrò un trionfo senza precedenti.
Nel corteo sfilarono, oltre all'esercito e ai senatori, elefanti e belve feroci.
Tra i prigionieri sfilarono Tetrico
e Zenobia abbigliata come una
regina e legata da catene d'oro. Zenobia fu esiliata a Tivoli dove, sposata ad
un senatore romano, visse come una dama romana. Sotto l'imperatore Diocleziano, Palmira si trovava al 
centro di una rete di strade e fortini che costituivano il confine
est della  
Siria.
Intorno al 300 venne costruito un forte muro di cinta fiancheggiato da torri
quadrate.  Alla fine del IV secolo si sa
per certo che il cristianesimo era già presente a Palmyra, tra i Padri del Concilio di Nicea nel 325 era presente il
vescovo di Palmyra. A questo
periodo bizantino risalgono le trasformazioni dei templi di Baal e Baalshamin in chiese e la costruzione di altre due chiese. Sotto
l'imperatore Giustiniano
(527-565) venne risistemato l'approvvigionamento idricoe rafforzata la cinta
muraria. Nel 634 Palmira si
arrese a Khalid ibn al-Walid uno
dei generali 
del primo califfo Abu
Bakr. La città mantenne una certa importanza 
durante il periodo omayyade. In periodo abasside, a causa dello
spostamento della capitale da  
Damasco
a Baghdad, Palmyra perse la sua importanza
assieme al resto della  
Siria.
Solo agli inizi del XII secolo, nel periodo delle dinastie selgiuchidi, Palmira riconquistò una certa
importanza. È di questo periodo la fortificazione del tempio di Baal. Il Saladino donò il distretto di
Homs, di cui faceva parte Palmira, al cugino Mohammed ibn Shirkoh. 
Durante il suo regno e , dopo la sua morte nel 1200, quello del
figlio Asad ad-Din, la città
ebbe un nuovo periodo di prosperità. Il definitivo declino 
di  Palmira fu nel 1809 dopo una violenta scossa di terremoto.
 
Il
sito archeologico è molto vasto, la visita completa richiede almeno due giorni.
Si può dividerlo in tre parti: la necropoli con le alte torri funerarie, il
maestoso tempio di Baal e la lunga
strada colonnata ai lati della quale si estendono i resti dell'antica città. Palmira è circondata da una serie di
necropoli. I monumenti funebri di queste necropoli fanno comprendere
l'importanza che davano i palmireni alla "casa d'eternità". Si sono trovate delle sepolture
individuali, ma le famiglie più importanti si costruivano il loro mausoleo.
Questi mausolei sono divisi in tre tipi fondamentali: 
Tombe a
torre  Sono i monumenti
funerari più antichi, i primi risalgono al I secolo a.C., costruiti a forma di
torre a base quadrata appoggiati su un podio a gradini, i vari piani sono
collegati da una scala in pietra. Le prime torri erano molto semplici e i
loculi erano esposti all'esterno, dal I secolo d.C. i palmireni cominciarono a
curare l'aspetto di queste torri sia all'esterno che all'interno. Questo tipo
di tombe sono tipiche 
di  
Palmira e non hanno equivalenti nelle città dell'antico
oriente a parte alcune tombe nella regione dell'Eufrate che, però, dipendeva da
Palmira.  
La costruzione di questo tipo di tombe inizia dal I
secolo d.C. fino ad ora ne sono state scoperte più di cinquanta ma ne rimangono
decine in attesa di essere scavate. La 
pianta di queste tombe è quasi uguale per tutte: una galleria
principale davanti all'ingresso e due o quattro ali o esedre laterali. 
La più ben conservata delle tombe a
torre è quella di Elahbel.
Il nome deriva da uno dei suoi quattro fondatori Elahbel, Ma'nai, Shokayi e Maliku. È stata costruita nel 103 d.C. ed è composta da un ipogeo
con l'ingresso sul lato nord e di una torre a quattro piani con l'ingresso sul
lato sud. Il primo piano
è ornato da pilastri scanalati con capitelli corinzi che dividono i sostegni
per i loculi. Il soffitto è dipinto e diviso in cassettoni. Sulla parete est si
possono vedere i resti dei busti della famiglia e, sopra la porta, è presente
il busto di uno dei figli dell'amministratore della tomba. Queste tombe
venivano costruite dalle famiglie palmirene più ricche che ponevano i corpi dei
loro familiari nei loculi al primo piano. Gli altri piani erano concessi ai
corpi di famiglie sufficientemente ricche da pagare "l'affitto", ma non abbastanza da
potersi costruire una propria tomba.
Le tombe-case Queste tombe sono le più recenti, la maggior parte
delle tombe casa risale al III secolo d.C. Come dice il nome hanno la forma di
una piccola casa con un portico colonnato.
Tra
gli ipogei quello detto “dei Tre Fratelli” è il più interessante. Ci si
accede scendendo su una larga scala in pietra di sei gradini, sulla porta
d'ingresso sono incise cinque iscrizioni le quali informano che l'ipogeo è
stato costruito dai tre fratelli Na'amai,
Male e Sa'adai e che alcune parti sono state vendute nel 160, 191 e
341.  L'interno è diviso in due ali con
le volte a botte, i muri sono ricoperti di stucco e contengono 65 campate
formate da sei loculi. Il fondo della galleria centrale è decorato da affreschi
in stile siro-ellenistico. Le immagini dei defunti sono dipinte entro spazi
rotondi, mentre in alto è rappresentato Achille
tra le figlie di Licomede.
Nell'ala sinistra si trova il monumento funebre di Male con la data di fondazione 142-143. I palmireni seppellivano i
loro morti all'interno di loculi posti uno sopra l'altro. Questi loculi erano
composti dalle sporgenze scolpite su due pilastri di roccia paralleli. Queste
sporgenze avevano lo scopo di sorreggere delle lastre di pietra che separavano
i vari loculi e dove venivano appoggiati i corpi. I loculi venivano chiusi da
un'altra lastra di pietra sulla quale era stato scolpito, in rilievo, il busto
del defunto e il suo nome.  
 
 
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SANTUARIO
DI BAAL
Il monumento attuale è costruito sopra un precedente
santuario di epoca ellenistica che a sua volta è stato costruito sopra  un tell artificiale, infatti sono stati
trovati dei manufatti dell'epoca del Bronzo
Medio (2200-1500 a.C.) a circa sei metri di profondità. La cella
centrale è stata consacrata nel 32 d.C. ma la costruzione del tempio fu
completata solo alla metà del II secolo d.C. La sua distruzione iniziò nel 273 a opera di Aureliano durante la seconda conquista della
città. In questo tempio si venerava, come dio principale, il dio Bel, corrispondente a Zeus per i greci e Giove per i romani. Il nome Bel deriva dalla pronuncia babilonese
della parola semitica Ba'al
che significava “signore”.
Altre due divinità erano molto importanti a Palmyra: Yarhibol,
dio del sole, e Aglibol, dio
della luna. Bel assieme a queste
due divinità formavano la triade cosmica di Palmyra e sono rappresentate nel soffitto del vano all'estremità
nord della cella. Il tempio è composto da una grande corte di 210×205 metri e
da una cella centrale. La corte era chiusa da un muro alto undici metri (peribolo),
all'interno di questo muro erano costruiti dei portici, quelli sui lati nord,
est e sud erano a doppia fila di colonne corinzie. Nel lato ovest, dove si
trova l'ingresso attuale, aveva una sola fila di colonne ma dominava gli altri
grazie ad un triplo arco monumentale (propylon) in linea con l'ingresso
alla cella centrale. A circa metà dell'altezza delle colonne sono presenti
delle mensole dove erano poste le statue dei cittadini benemeriti che avevano
contribuito alla costruzione del tempio come indicano le scritte in greco e
palmireno. Al centro della corte si trova la cella, il tempio vero e proprio,
dove potevano entrare solo i sacerdoti. Si arriva all'ingresso della cella
tramite un ampio scalone in lieve pendenza, L'ingresso è formato da una grande
porta monumentale di forma leggermente trapezoidale. La cella era circondata da
un portico colonnato (peribolo) il
cui tetto  era sorretto da monumentali
architravi trasversali sulle quali erano scolpiti dei bellissimi bassorilievi
che rappresentavano divinità e scene di vita; due di queste architravi sono
poste ai due lati della porta monumentale tra la stessa porta e 
la cella. Delle piccole
tracce di colore dimostrano che, in origine, questi bassorilievi erano
dipinti. All'interno della cella, ai lati nord e sud, sono presenti due vani,
caratteristici dei templi orientali, chiamati thalamos (camera in
greco). I soffitti dei vani sono monolitici e scolpiti con decorazioni
geometriche a cassettoni. In quello sud il soffitto è a cupola ed è scolpito
con i bassorilievi 
dei busti delle sette divinità planetarie con al
centro Bel. Alla sinistra di
questo vano una scala porta al tetto dove, probabilmente, si effettuavano delle
cerimonie con fumigazione d'incenso. Nel giorno corrispondente al nostro 7
aprile di ogni anno, c'era la celebrazione del dio Bel. Da tutto il territorio controllato da Palmyra, arrivavano migliaia di fedeli per assistere a questa
celebrazione. Questi fedeli portavano, secondo la propria disponibilità
economica, animali da far sacrificare al dio durante 
la cerimonia. Per sette giorni questi animali venivano fatti entrare
nel tempio attraverso un passaggio sotto il lato ovest, e quindi venivano fatti
passare attorno alla cella del tempio per sette volte. L'ultimo giorno, dopo il
settimo giro, gli animali venivano portati all'altare dove i sacerdoti li
sacrificavano al dio Bel. Il
sangue degli animali sacrificati veniva portato a un forno, attraverso un
canale, dove veniva cotto e quindi offerto al dio. L'enorme quantità di carne
veniva macellata e quindi divisa tra i sacerdoti del tempio e i fedeli. La
percentuale che veniva data a ogni fedele dipendeva da quanti animali avevano
portato. Questo calcolo veniva fatto grazie a delle tessere di terracotta che
erano date alla persona al momento della consegna degli animali. Su queste
tessere veniva scritto il numero e il tipo degli animali e da questo era, in
seguito, calcolata la quantità di carne macellata da consegnare alla persona.
Sono state ritrovate migliaia di queste tavolette di terracotta in prossimità
della sala dei banchetti rituali. Un'altra percentuale di carne veniva
consegnata ai poveri che non potevano permettersi di far sacrificare nessun
animale.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 LA STRADA
 COLONNATA
resti dell'antica città si estendono per una
superficie di circa dieci chilometri quadrati, il commercio rese Palmira un centro internazionale di
dimensioni paragonabile alla città di Antiochia,
la capitale della  
Siria del tempo. I quartieri più importanti
di 
 Palmira si trovavano ai lati della strada principale, decumanus.
Questa strada attraversa la città di epoca romana da est a ovest, la prima
sezione e più larga delle altre iniziava dai propilei del tempio di Baal e arrivava alla porta trionfale
che è stata costruita a pianta triangolare per mascherare l'angolo di questa
prima sezione con 
la seconda. L'andamento non rettilineo è dovuto al fatto di dover evitare
edifici già preesistenti come il santuario di Nabo, il teatro e l'agorà. Questa prima sezione, che collegava il
tempio di Bel alla città, sembra
fosse utilizzata per scopi religiosi. La seconda sezione arriva fino al tetrapylon uno dei centri della
città e non era pavimentata per permettere il passaggio dei cammelli, i portici
laterali, invece, avevano una pavimentazione parziale. Ciascun portico era
largo sette metri mentre la larghezza della strada era di undici metri.
Percorrendo questo tratto del decumanus si incontra per 
primo il tempio di Nabo,
sulla sinistra. La 
pianta di questo tempio corrisponde al tipico tempio siriano: un'ampia
corte chiusa da mura e portico interno con al 
centro il tempio. La corte ha pianta trapezoidale, si pensa che
questa forma inusuale sia dovuta alla presenza di monumenti precedenti.
Continuando lungo la strada verso ovest si incontrano, sulla destra, le terme di Diocleziano. L'ingresso a
queste terme è indicato da quattro colonne in granito provenienti dall'Egitto.
Di queste terme, completate tra il 293 e il 303, è rimasto ben poco, ma si può
ancora capire la posizione delle tre stanze tipiche delle terme romane: il frigidarium,
il tepidarium e il calidarium. Procedendo sempre nella stessa
direzione, nella strada principale, il portico sud è interrotto
da un arco che dà su una strada semicircolare, che circonda l'emiciclo del
teatro. Da qui si entra nel teatro attraverso un passaggio a volta che porta
all'orchestra, cioè alla superfice circondata dalle gradinate della cavea. Di
queste gradinate ne rimangono solo una dozzina, ossia un terzo di quelle
originali. Di fronte alle gradinate si erge la scena lunga 48 metri e larga 10,5, che rappresenta la facciata di un
palazzo, di questa scena è rimasto solo 
il piano terreno, ma originariamente ne esistevano altri due.
Il teatro ha anche una porta centrale che passa sotto le gradinate, da questa
porta si accede ad una strada parallela all'agorà. Ritornati sulla strada
principale si arriva al tetrapylon. Questo monumento si
trova al centro di una piazza ovale ed è composto da quattro piedistalli con
quattro colonne, all'interno di ogni 
gruppo di colonne era presente una statua, ma ai giorni nostri sono
arrivati solo i piedistalli. Dal tetrapylon inizia la terza sezione del decumanus che piega di dieci gradi
rispetto alla precedente. Questa sezione, lunga circa mezzo chilometro,
attraversa la 
zona residenziale della città e porta al campo di Diocleziano
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL
MUSEO ARCHEOLOGICO
A ll'ingresso della città moderna si trova il
museo archeologico di
 Palmira inaugurato nel 1961. Si viene accolti da una statua
di leone, trovata in frammenti vicino al tempio di Allat e che simboleggia la stessa dea araba. 
Nell'atrio è stata invece ricostruita una grotta dell'età della pietra scoperta
a 22 chilometri
a nord della città. Il museo si sviluppa su due piani con sei sale per ogni
piano dove si possono ammirare numerosi manufatti palmireni ritrovati nel sito
archeologico. Tra questi sono molto numerose le rappresentazioni di busti di
defunti intagliati in lastre di pietra che chiudevano i loculi funerari. Sono
esposti statue, sarcofaghi, monete, le tessere in terracotta per l'ingresso a
templi e molto altro. Questi numerosi reperti danno l'idea dell'alto livello di
raffinatezza raggiunto dall'arte palmirea e dell'abilità dei suoi artigiani.
 


         
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Maalula
 
Maalula si trova a circa
60 chilometri a nord-est di
 
Damasco e ad un'altitudine di
1650 metri. Il nome, che significa "ingresso", è
dovuto alla sua posizione ai margini di un'impervia gola che, secondo la
leggenda, è stata creata per intervento divino. Questa leggenda dice che quando Tecla, una giovinetta convertita da
San Paolo, inseguita dai suoi persecutori arrivò stremata in
prossimità di questi monti che le impedivano la fuga, pregò per avere un
rifugio e in risposta alle sue preghiere comparve tra i monti una stretta gola
dove Santa Tecla, patrona di Maalula,
potè rifugiarsi in una grotta e quindi sfuggire ai suoi inseguitori. Gli
abitanti di Maalula e dei
villaggi vicini di Jubadin e Bakhah parlano ancora una lingua molto
simile a quella di  
Gesù  
Cristo, l'aramaico.
Il neoaramaico occidentale,
l'idioma di Maalula, è la lingua
che, dopo duemila anni, mantiene ancora le maggiori somiglianze con la lingua
parlata da Gesù La lingua
parlata e il fatto che si praticasse il cristianesimo fin dal I secolo, rende
questi luoghi molto importanti per gli storici. I primi abitanti vivevano nelle
grotte presenti nella gola e successivamente in case appoggiate alle grotte.
Esistono pochi documenti dell'epoca romana ma in periodo bizantino divenne un
importante centro per le comunità cristiane fino a diventare sede episcopale
fino alla fine del settecento, dall'ottocento fece parte della 
diocesi di Homs e attualmente dipende dal
patriarcato
 di Damasco. Già la
veduta di Maalula è molto bella
con le sue case abbarbicate sul pendio della stretta gola. Notevoli sono il
monastero e la chiesa di
 Mar Sarkis (San Sergio) costruiti nel IV secolo e consacrati ai
santi (mar in aramaico) Sergio e Bacco, due ufficiali romani
martirizzati nel 297 e molto venerati in Siria. La chiesa è uno degli edifici
cristiani più antichi del paese, di stile bizantino con pianta a croce
ricoperta al centro da una cupola. L'abside è parzialmente nascosto alla vista
da un'iconostasi, una parete con numerose icone del XVIII-XIX secolo che
rappresentano alcune scene della 
vita di  
Gesù e con scritte in arabo. All'interno dell'abside è
presente un vero gioiello storico: un altare di origine pagana. Questi altari
si distinguono dalla forma a ferro di cavallo e dal bordo rialzato che aveva lo
scopo di convogliare il sangue degli animali sacrificati verso lo scolo
intagliato su un lato. Nei primi secoli del cristianesimo gli altari pagani
venivano tollerati a patto che non venissero eseguiti sacrifici di sangue, fino
al concilio di Nicea, nel 325,
quando per la prima volta, vennero date regole univoche al cristianesimo. In
quella sede venne deciso di abolire ogni analogia con gli altari pagani, che
quindi vennero distrutti. Quello a Maalula
è l'unico rimasto di cui si è a conoscenza. Dal 1732 il monastero è affidato
all'ordine greco-cattolico del Santo Redentore. La grotta dove, secondo la
tradizione, si rifugiò Santa Tecla e dalla quale non volle più uscire fino alla
sua morte, nel I secolo, diventò un luogo di culto. Nelle vicinanze vennero
costruite alcune costruzioni, sostituite nel 1800 da un convento
greco-ortodosso, tuttora incompleto, abitato da suore che dipendono dal
patriarca di  
Damasco. La tomba della santa, il cui corpo
fu seppellito all'interno della grotta, è tuttora oggetto di venerazione e
questo sito è considerato benedetto sia dai cristiani che dai mussulmani.
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Damasco
 
Damasco è la quarta città santa dell'islam dopo La Mecca, Medina e Gerusalemme,
ed è ugualmente santa per gli sciiti
e per i sunniti. É importante
anche per i cristiani perchè qui l'apostolo 
Paolo compì la sua conversione; inoltre nella grande moschea degli omayyadi
è conservata la reliquia 
di  
San
 Giovanni Battista
venerata dai Musulmani. Due terzi della popolazione è di credo sunnita ma sono
presenti anche comunità cristiane di varie confessioni e una minoranza armena.
Esiste anche una piccola 
comunità
 ebraica molto ridotta
dopo le varie guerre arabo-israeliane. La città ha una grande tradizione
artigianale e mercantile. I manufatti dei bravi artigiani damasceni sono molto
diffusi nel mondo e vanno dal legno intarsiato ai broccati, mobili, maioliche e
lame d'acciaio. Il turismo è una parte molto importante dell'economia di
Damasco e ha contribuito all'aumento demografico della città. La parte della
città più interessante è il nucleo storico dove si può visitare la grande
moschea degli omayyadi il palazzo Azem e i movimentati mercati, suq I primi insediamenti documentati
risalgono al IV millennio a.C. che fanno di Damasco una delle città abitate ininterrottamente da maggior tempo
sulla terra. All'inizio del II millennio fu conquistata dagli amorrei e quindi dagli egizi nel XV secolo. Successivamente
fu conquistata dagli aramei nel
XIV secolo, dagli Ittiti nel
XIII e dai Popoli del Mare
intorno al 1200 a.C. Nel
1000 a.C. Damasco
divenne una città stato aramaica
che dovette sottomettersi, nel 960-930 a.C., al re ebraico Davide. Gli ebrei furono sostituiti prima dai neoassiri di Tiglatpileser III nel 
732 a.C., dai neobabilonesi
nel VII secolo, achemenidi persiani
(532
 a.C.), seleucidi (II secolo a.C.) e per
finire, la città passò nel I secolo a.C., all'armeno Tigranes il Grande e ai Nabatei.
La dominazione romana di Damasco iniziò nel 64 a.C. quando la città fu consegnata a Pompeo dai nabatei, in questo periodo continuò a essere un importante centro
commerciale tanto da meritarsi il titolo 
di  metropoli, concesso da Adriano
nel 130 d.C, e successivamente quello di colonia
nel 222, da Alessandro Severo.
Durante la dominazione romana si formò una forte minoranza cristiana e quando
l'imperatore 
Giuliano (331-363) si convertì al cristianesimo trasformò il
tempio di Giove in una grande cattedrale. La storia islamica di Damasco iniziò
nel 636 quando fu conquistata dall'esercito omayyade agli ordini del califfo Khalid ibn al-Waid. Damasco divenne per più di 100 anni la
stupenda capitale dell'impero omayyade
e mantenne grande importanza strategica e militare anche dopo la conquista da
parte degli abbasidi, nel 750,
che trasferirono la capitale a Baghdad.
La città seguì le vicende storiche di tutta l'area siriana e nei secoli
seguenti subì l'occupazione egiziana dei fatimidi, quella dei turchi selgiuchidi, degli ayyubidi e dei mamelucchi nel 1250. Subì anche le varie incursioni mongole, molto
grave fu quella del Tamerlano
nel 1400. Nel 1516 Damasco passò
in mano agli Ottomani di Selim I. Sotto gli Ottomani la città divenne un ricco
capoluogo di provincia e un importante
centro di
 traffici carovanieri
come dimostrano i grandi caravanserragli nei pressi della moschea degli omayyadi e del palazzo Azem. Damasco rimase sotto il dominio ottomano fino al 1920 quando la Società delle Nazioni diede mandato
alla Francia sulla 
 
Siria fino al 1946, quando divenne la
capitale dello stato indipendente siriano.
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
"Vai indietro quanto vuoi nel passato, e Damasco c'e' sempre
stata. Essa non misura il tempo con i giorni, i mesi, gli anni, ma con gli
imperi che ha visto nascere, prosperare, andare in rovina. Ha assistito alla
costruzione
di  
Roma, l'ha vista coprire il mondo con la sua ombra, ed era
lì mentre moriva..."  
 
                                                                                                             
 
Marc Twain
 
 
 
 
" Si racconta della città di Damasco, Dio altissimo 
la protegga.
 Paradiso dell'oriente,
luogo dove spunta la sua beltà splendente, abbagliante... essa era adorna di
fiori e di piante profumate, e si mostrava nello splendore dei vestiti di
broccato dei giardini.... I suoi ruscelli corrono tortuosi per ogni via, e le
sue aiuole fiorite spandono un alito leggero che vivifica gli spiriti... i
giardini la circondano come l'alone circonda la luna, e la contornano come il
calice contorna il fiore. Ben furono nel vero coloro che dissero a proposito di
lei: se il Paradiso e' in terra, senza dubbio e' Damasco..."  
Ibn Jubayr,
viaggiatore andaluso del XII sec.
 
 
 
 
 
LE ROSE DI DAMASCO
La Rosa Damascena e le sue essenze, i suoi profumi e i suoi oli hanno
da sempre portato lontano la fama di Damasco. È quella che è stata disegnata in
mosaico di ciottoli nei viali dell’Alhambra di Granata. È
la Rosa Damascena che un cavaliere della Sesta Crociata si portò a
casa, con precauzione, nel 1238, e che, in Francia, diventò “la rose de
Provins”, che il 6 agosto 1968 due giovani francesi hanno riportata, sotto
forma di talea, seguendo lo stesso itinerario in senso inverso, per farne
omaggio alla città di Damasco: questa rosa adorna oggi il giardino del Museo
nazionale.
 
 
 
MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE
Questo museo, fondato nel 1919, conserva una delle più
importanti collezioni archeologiche del mondo. I reperti documentano la storia
della  
Siria
dalla preistoria alla fine del periodo arabo-islamico. Il portale d'ingresso è
un esempio dell'arte siriana, è la ricostruzione della facciata del castello
nel deserto Qasr al-Hair al-Gharbi
costruito nel 727 per il califfo Abdullah
Hisham. Si entra nel museo attraverso un giardino dove si possono vedere
varie antiche statue e mosaici. Nelle varie sale del museo sono esposti reperti
di tutti i principali siti archeologici della  
Siria.
Nella sala dedicata a Ugarit è
conservata la tavoletta d'argilla con l'afabeto più antico conosciuto del XIV
secolo a.C.. Nella 
sala di  
Mari si trovano dei bronzi con il nome
del re accadico Narasim
del III-II millennio a.C., un pettorale a forma di aquila con testa di leone in
lapislazzuli oro e rame del 
2650 a.C. I reperti di
 
Ebla
sono conservati sopratutto al museo di  
Aleppo
e a Idlib; in questo museo è
però esposta la statua di basalto del principe Ibbit-Lim che ha consentito di identificare i resti di Tell
Mardikh con l'antica città di  
Ebla.
Nella sala di  
Palmira
sono esposte le belle statue funerarie, ricche di dettagli, tipiche di questa
città oltre a un mosaico del II secolo, un stupendo capitello corinzio e altro.
In altre sale ci sono reperti di Hauran,
Dura Europos,  
Hama,
Tell Rifaat e altri.

       
 
 
 
 
 
 
 
SAN PAOLO E 
LA CASA DI
 ANANIA
San
Paolo ,
in origine  
Paolo
 di Tarso è la figura più
importante per quanto riguarda lo sviluppo e la diffusione del cristianesimo.
Nacque probabilmente verso il 5-10 d.C. a Tarso nella Cilicia,  
oggi situata nella
Turchia meridionale. Come molti degli ebrei di quel tempo, portava due nomi,
uno ebraico Saul, che significava “domandato” (a Dio) e l’altro latino o greco
che era Paulus, che probabilmente
alludeva alla sua bassa statura .San  
Paolo è
senz’altro il
più grande missionario di tutti i tempi; non conobbe personalmente  
Cristo,
ma per la sua folgorante chiamata sulla via di Damasco, ne divenne un discepolo
fra i più grandi, perorò la causa dei pagani convertiti, fu l’apostolo delle
Genti; insieme a Pietro diffuse il messaggio evangelico nel mondo mediterraneo
di allora. Negli “Atti degli Apostoli”, Saul è descritto come accanito
persecutore dei cristiani, fiero sostenitore delle tradizioni dei padri; il suo
nome era pronunciato con terrore dai cristiani, li scovava nei rifugi, li
gettava in prigione, testimoniò contro di essi, il suo cieco fanatismo
religioso, costrinse molti di loro a fuggire da Gerusalemme verso Damasco. Ma
Saulo non li mollò, anzi con un drappello di armigeri e con il consenso del
Sinedrio, si recò anch’egli verso Damasco, per scovarli e suscitare nella città
siriana la persecuzione contro di loro. E sulla strada per Damasco, il Signore
si rivelò a quell’accanito nemico; all’improvviso, narrano gli ‘Atti’, una luce
dal cielo l’avvolse e cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: “Saul,
Saul, perché mi perseguiti?”. E lui: “Chi sei o Signore?”; e la voce: “Io sono
Gesù che tu perseguiti. Orsù alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò
che devi fare” (Atti 9, 3-7).Gli uomini che l’accompagnavano, erano ammutoliti
perché l’avevano visto cadere, forse videro anche l’improvviso chiarore, ma
senza capire qualcosa; Saulo era rimasto senza vista e brancolando fu
accompagnato a Damasco, dove per tre giorni rimase in attesa di qualcuno,
digiuno e sconvolto da quanto gli era capitato. In quei giorni conobbe la
piccola comunità cristiana del luogo, che avrebbe dovuto imprigionare; al terzo
giorno si presentò il loro capo Anania, convinto a farlo da una rivelazione
parallela, che gli disse: “Saulo, fratello, il Signore Gesù che ti è apparso
sulla via per la quale venivi, mi ha mandato da te, perché tu riacquisti la
vista e sia colmo  
di
 Spirito Santo”. Da quel
momento, si può dire, nacque  
Paolo,
l’apostolo delle Genti; egli decise di ritirarsi nel deserto, per porre ordine
nei suoi pensieri e meditare più a fondo il dono ricevuto; qui trascorse tre
anni in assoluto raccoglimento. Confortato da questa luce, dopo il ritiro
ritornò a Damasco e si mise a predicare con entusiasmo, suscitando l’ira dei
pagani, che lo consideravano un rinnegato e tentarono di ucciderlo;  
Paolo
fu costretto a fuggire, calandosi di notte in una cesta (qui sorge la  
chiesa di san
 
Paolo) dalle
mura della città aiutato da alcuni cristiani; era all’incirca l’anno 39.
Rifugiatosi a Gerusalemme, si fermò qui una quindicina di giorni incontrando
 
Pietro il
capo degli Apostoli e Giacomo, ai quali espose la sua nuova vita. Negli anni
60-61 ebbe luogo il suo viaggio dalla Palestina a Roma. Da Cesarea l’Apostolo
delle Genti parte accompagnato dal centurione Giulio al quale era stato
affidato insieme ad altri prigionieri. La nave fa scalo a Sidone, Mira  
di Licia,
Creta; al quattordicesimo giorno, colta da una tremenda tempesta, naufraga a
Malta. Da qui  
Paolo
si sposta a Siracusa. Il martirio per decapitazione avvenne un 29 giugno di un
anno imprecisato, forse il 67, essendo cittadino romano gli fu risparmiata la
crocifissione; la sentenza ebbe luogo in una località detta “palude Salvia”,
presso Roma (poi detta Tre Fontane, nome derivato dai tre zampilli sgorgati
quando la testa mozzata rimbalzò tre volte a terra); i cristiani raccolsero il
suo corpo seppellendolo sulla via Ostiense, dove poi è sorta  
la magnifica Basilica
di San  
Paolo
fuori le Mura.
 
 
LA GRANDE
 MOSCHEA DEGLI OMAYYADI
Il luogo dove sorge questa moschea era già utilizzato
dagli amorrei duemila anni prima
di Cristo per celebrare i loro dei. Anticamente questo luogo
era sopraelevato rispetto al territorio circostante di 5-6 metri.
Il primo santuario costruito in questo luogo era dedicato al
dio semitico della tempesta Hadad-Ramman, il Baal-Hadad
di Ugarit poi diventato, in
epoca ellenistica e romana, Zeus
o Jupiter-Damascenus.
I romani modificarono il tempio originale nel I secolo a.C. e poi ancora tra il
II e il III secolo d.C., all'epoca dei severi, diventando forse il più grande della
Siria
romana. Nel IV secolo una parte del complesso fu trasformato in 
chiesa cristiana per il divieto imperiale di praticare culti diversi
da quello cristiano. Nel 661 il califfo Muawiya
fece erigere una moschea sul lato est, quindi per circa 50 anni i mussulmani e
i cristiani celebrarono i loro riti fianco a fianco fino a che il califfo al-Walid, terzo sovrano della dinastia
omayyade tra il 705 e il 715, fece abbattere tutti gli edifici interni per
erigere una grande "moschea di
stato". In epoche successive questa moschea superò varie calamità
senza subire molti danni ma nel 1893 un grave incendio la danneggiò così
gravemente da rendere necessari lunghi restauri. Il muro perimetrale della
moschea segue la recinzione interna del tempio romano del quale ha mantenuto
l'ingresso, Bab al-Barid, sul lato ovest utilizzato dai fedeli. Alla
destra di questo ingresso è presente la sala per le abluzioni rituali. I
turisti, invece, entrano dal lato nord dove, in un atrio, le donne possono
ricevere un velo per coprirsi i capelli e, nel caso non indossino una gonna
lunga, una lunga tunica con cappuccio. Dall'atrio si entra nel cortile ad
arcate, sahn, che misura 150×100 metri; il doppio ordine di archi che
circonda il cortile è rivestito di marmo bianco della fine ottocento. Le arcate
occidentali, il vestibolo e la stupenda facciata del transetto sono decorati
con dei bellissimi mosaici, in parte ancora originali, la mancanza di 
prospettiva e
lo sfondo dorato evidenziano lo stile bizantino anche se la mancanza di
rappresentazioni di esseri umani rispetta i dettami della religione mussulmana.
Nel cortile vi sono tre cupole. La Cupola del Tesoro costruita in epoca
abasside, IX o X secolo, di forma ottagonale 
sostenuta da otto colonne classiche con un bel rivestimento dorato (la
funzione di questo padiglione era dio custodire il tesoro di stato);la Cupola
dell’Abluzione, al centro, (per i rituali che precedono la preghiera) e la
çupola dell’Orologio. La 
sala di preghiera è divisa in tre navate, una volta l'arcata verso il
cortile era completamente aperta quindi l'interno era molto più luminoso e si
poteva accedere direttamente dal cortile, attualmente si entra nella sala solo
dai lati. L'accesso è consentito solo alle persone scalze e quando non ci sono
fedeli in preghiera. La struttura a tre navate richiama quella della moschea del Profeta a Medina, gli interni sono stati rifatti
dopo il grande incendio del 1893, le colonne sono state ricostruite in stile
neoclassico ottomano; della stessa epoca sono il minbar
(l'equivalente del pulpito cristiano) e il cenotafio in marmo, dove sono custodite le reliquie 
di  San Giovanni Battista venerato dai mussulmani come profeta, che ha
sostituito quello ligneo precedente.
 
 
 
LA
CITTADELLA
La 
Cittadella di Damasco, situata com’è al centro e non su una collina vicina
come avviene di solito, è il vero cuore della città. Si tratta di un'ampia
fortezza costruita sulle mura di un precedente 
forte romano
 dalla dinastia araba
ayyubide del sultano Salah ad-Din (il Saladino) nel XIII secolo. La fortezza ha
subito successivamente distruzioni a causa delle invasioni mongole e di
terremoti, ed è stata ampliata e rinforzata in epoca mamelucca e ottomana.
Attualmente la Cittadella è uno dei principali monumenti di Damasco, ma,
trasformata dai francesi in caserma e prigione, necessita di consistenti
interventi di consolidamento e restauro; 
il piano di recupero del monumento prevede la realizzazione di un
museo e di un ampio centro turistico-culturale.  
 
Il
progetto, che è stato finanziato dalla Cooperazione allo sviluppo del Ministero
degli Esteri italiano, nell'ambito di un programma di collaborazione con il
governo siriano per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale del
paese mediorientale, ha avuto inizio il 28 agosto 2007, quando il 
Ministero
 della Cultura siriano
ha incaricato il 
gruppo di lavoro coordinato dal prof. Blasi e dalla prof.ssa Coïsson
dell’Università di Parma, di analizzare la situazione di degrado di parte della
Cittadella di Damasco e di proporre un progetto preliminare di restauro e
di  consolidamento. Nel contempo anche
Ravenna ha dato il suo contributo per il restauro di un enorme e animatissimo
mosaico con cervi, pavoni, alberi della vita, aironi raggiati: un vero e
proprio “paradiso ritrovato”. In tanti, fra cui l’Italia, hanno cooperato al
restauro di questo gioiello che finalmente è in parte aperto al pubblico.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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  (per chi parte per l’Italia il 29 agosto)
 
Hawran
A
sud di Damasco brulle aree montuose si alternano a fertili avvallamenti e a
estese zone di deserto pietroso. L’area di origine vulcanica presenta rocce
scure, tipiche soprattutto di questa regione, un’arida pianura che si estende
tra il massiccio del Gebel Druso a oriente e le alture del Golan, a occidente.
Abitata fin dal II millennio a.C. restano tracce, talvolta imponenti, di chiese
e conventi eretti tra il IV e il VI secolo d.C.. Di notevole interesse sono le
tecniche costruttive impiegate in questi edifici nei quali restano 
tracce di
 coperture con lastre di
basalto poggiate su di un’orditura di arcate trasversali o su blocchi di pietra
sagomati a mensola.
 
Bosra
L'antica
città di Bosra si trova nel sud
della  
Siria
a circa 140 Km da
 
Damasco
in prossimità del confine con 
la  
Giordania
 Le prime fonti storiche
documentate su Bosra sono di origine egizia e seleucide e risalgono al I
millennio a.C. anche se i primi insediamenti in questa zona risalgono al
neolitico. Dal I secolo a.C. Bosra
fu parte del regno
nabateo del quale divenne capitale tra il 70 e il 106 a.C.
durante il regno
di re Rabbel II, la parte
occidentale delle mura della città sono, probabilmente, di origine nabatea. Dopo
la sconfitta dei nabatei da parte dei romani Bosra diventò la capitale 
della Provincia Arabica dell'impero romano con il nome di Nova Traiana Bostra. Successivamente
fu chiamata Colonia Bostra e
quindi Colonia Metropolis nel
periodo di suo massimo splendore tra il II e il III secolo. Nel II divenne sede
episcopale fino al 634 quando fu conquistata da Khalid ibn al-Walid La città è assai importante per i musulmani:
qui infatti il monaco cristiano Bahira avrebbe predetto a Maometto, all’epoca
un semplice mercante, la missione profetica cui era destinato. I crociati non
riuscirono mai a riconquistarla nonostante due massicci attacchi alla metà del
XII secolo respinti dall'atabeg Zengi e dal figlio Norandino. Successivamente alla
vittoria araba di Hattin nel 1187,
il teatro romano di
 Bosra venne trasformato in fortezza e la città fu inserita
nel sistema difensivo di  
Damasco,
mantenendo il ruolo di centro amministrativo. Sotto il dominio ottomano, Bosra rimase al di fuori delle nuove
vie commerciali e dei pellegrini fino ad arrivare ad avere nel 1855 non più di
14 famiglie.
 
IL
TEATRO ROMANO
La
cavea di questo teatro ha un diametro di 107 metri con 6000 posti in 37 file divise in tre ordini e
cinque settori, inoltre altri 2500 spettatori potevano prendere posto, in
piedi, nella galleria che chiudeva il retro del teatro e attualmente coperta
dalle fortificazioni arabe. Già in periodo ommayyade era iniziata la
fortificazione di un edificio isolato, ma nel XIII secolo il sultano al-Adil, figlio di Nureddin, fece riempire la cavea e
innalzare,attorno al perimetro del teatro, delle poderose mura con nove gradi
di torri al cui interno si trovavano magazzini, stalle, attrezzature di difesa
e alloggi militari. Fu costruito anche l'ingresso attuale con un ponte di
pietra con cinque archi. Questa trasformazione in fortezza ha protetto il
teatro dal degrado causato dal tempo e dall'uomo fino ad arrivare a noi come il
meglio conservato tra i teatri romani.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
SITO
ARCHEOLOGICO
Il sito archeologico di Bosra è molto grande comprende una lunga strada colonnata,
decumano, ai cui estremi si possono ammirare una porta costruita dai nabatei e
la porta occidentale (del vento).
A
circa metà della strada è presente un Tetrapylon
e poco distante un Criptoportico,
magazzino o mercato sotterraneo, lungo più di 100 metri. La porta occidentale si affacciava su una piazza
ovale circondata da colonne. Sempre vicino al decumano sono visibili le terme
meridionali del II-III secolo, l'entrata dal decumano era composta da un
portico e uno spogliatio a cupola da cui si passava nel frigidarium
,bagno freddo, quindi ai due calidarium, bagni caldi, divisi dal tepidarium,
bagno tiepido.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
DAMASCO: PALAZZO AZEM
Poco
a sud della moschea degli Omayyadi
si trova il Bait al-Azem, palazzo Azem. Questo palazzo e stato costruito,
nel 1749, dal governatore ottomano dell'epoca Asad Pasha al-Azem nel tipico stile di una residenza ottomana. È
suddiviso in più edifici al cui interno si trovano le sale per gli incontri
degli ospiti, chiamate salamlek, e quelle private, haramlek. I diversi edifici, costruiti intorno a
due cortili con fontana e giardino, sono ricoperti di marmo a fasce policrome
come la pavimentazione dei cortili, il tutto dà un gradevole effetto visivo che
mitiga la maestosità del luogo. Nelle varie stanze è stato creato un museo
etnografico, dove è stata ricostruita - con oggetti – un’ atmosfera piena di
fascino che si richiama a una tradizione più che millenaria.  
Nella cultura
 ottomana dell'epoca,
quando una donna si sposava non poteva più uscire dal palazzo del marito e
dovevano vivere nell'harem. Però potevano ricevere la visita della madre e per
questo che esistevano degli appartamenti dove soggiornavano le madri delle
spose durante i periodi di visita, chiamati "stanze delle suocere".

 
DAMASCO: SUQ
In questi mercati ci sono numerosissimi negozietti
dove si può trovare di tutto: c'è il suq
delle spezie, quello delle stoffe e altri secondo il tipo di prodotti in vendita
in una data zona. Il suq è
composto da un dedalo di stradine, in gran parte coperte, dove si aprono dei
minuscoli negozietti; l'aria è piena degli aromi dei numerosissimi tipi diversi
delle spezie in vendita, da una cacofonia di suoni prodotti dalle numerosissime
persone che vendono, contrattano e comprano, e la vista è colpita dagli accesi
colori delle stoffe e dall'intenso brillare dei gioielli esposti dagli orafi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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  Pendente in forma di figura femminile (ca.
2500-2300).
 
 
Storia antica
 
La
Siria è sempre stata chiamata dagli Arabi “il paese di Cam” (Damasco è
Dimashq ash-Cham, la città di Canaan, secondo figlio di Cam, dal quale, secondo la
Bibbia,  discendono i Cananei, attaccati
da tempi immemorabili a quest’angolo di terra e di sabbia, di monti e di fiumi,
aperto sui due mari, e dove certuni hanno pensato di vedere, precisamente nella
zona di Damasco, il Paradiso terrestre: lo disse lo stesso profeta Maometto.
Tutto il Medio Oriente, di cui la Siria è parte, fu e resterà probabilmente
ancora per molto tempo la culla dell’umanità, l’Oriente degli uomini, quello
della fede verso cui convergono i pensieri e le preghiere di milioni di esseri
che sanno che, da qualche parte, fra un deserto e una valle, è nata la loro
religione, o meglio un unico 
mosaico di
 nazioni coi colori
accentuati dalle diversità religiose. La storia ha lungamente esitato sulla
scelta di una metropoli: Uruk, Babilonia, Assur, Palmira, Ninive, Ur,
Gerusalemme, Menfi, Tebe, La Mecca, Damasco, Bagdad, Persepoli e Susa hanno
avuto a turno, insieme a tante altre, un ruolo unificatore, con poca o molta
felicità e longevità.  
 
La
storia qui non è una cosa astratta. Non è letta in polverosi documenti. La
memoria diventa collina, colonnato, mosaico, città, fortezza, museo. Le decine
di migliaia di tavolette di argilla scolpite in segni cuneiformi, scoperte a
Mari, Ugarit, Ebla e in altri tells, permettono di evocare gli inizi di una
civiltà di cui tutto l’Oriente fu impregnato da tre, quattro e addirittura
cinquemila anni fa. Sembrerebbe che tutte contente di aver inventato la
scrittura, le genti dell’Eufrate, della Siria e del Levante, abbiano tenuto a
conversare, al di là dei secoli, con i loro discendenti.  
 
Il territorio siriano fu interessato dalla cultura 
 
mesolitica dei 
 
Natufiani, sviluppatasi intorno al X millennio
a.C.. Il nome “Natufiani” deriva dal sito dello Uadi el-Natuf (caverna
di Shukbah) in  
 
Israele
dove gli scavi sono stati condotti negli anni  
1932-1942 da 
Dorothy Garrod.
La datazione con il metodo del  
radiocarbonio colloca questa cultura alla fine del  
Pleistocene (tra 12.500 e 10.200 anni fa). È caratterizzata
dalla creazione di insediamenti stabili prima dell'introduzione dell'agricoltura e fu probabilmente l'antenata delle culture  
neolitiche della regione, che sono ritenute le più antiche del
mondo. I villaggi natufiani coprivano circa 1.000 mq di terreno e ciascun
insediamento ospitava dai 100 ai 150 individui, mentre insediamenti più piccoli
sono stati interpretati come ripari temporanei. In quasi ogni sito scavato sono
state rinvenute  
tracce di ricostruzioni nelle abitazioni.

  
 
 
 
 
 
Fori scavati nella roccia naturale presso il sito di
"El-Wad Terrace"
nella riserva naturale di "Nahal Me'arot"
(Israele)
 
 Il III millennio a.C.
  
Questo periodo è caratterizzato dalla progressiva migrazione degli
Amorriti dal deserto arabico, periodo che darà vita, in Mesopotamia, a una
dinastia detta paleobabilonese o amorrita (o amorrea).
Alla metà del  
III millennio a.C. (2500-2400 a.C.) la città di 
Ebla
(fondata intorno al 3000 a.C., scoperta nel  
1975
nella Siria settentrionale), fu a capo di un vasto impero che si estendeva tra
il  
mar Rosso, l'Anatolia
e la  
Mesopotamia, che intratteneva relazioni commerciali con i  
Sumeri
e  
Akkad.
La città venne conquistata da  
Sargon
di Akkad intorno al 2260 a.C. Nel territorio dell'attuale Siria, sulla riva
occidentale del fiume  
Eufrate,
si trova anche l'antica città-stato  
sumera
di  
Mari, fiorita nel  
III millennio (2900-2350 a.C.), contemporanea di Ebla,  distrutta da Hammurabi di Babilonia intorno
al 1759 a.C.
 Il II millennio a.C.
Nel periodo del Medio Impero (1955-1750 a.C.), le relazioni dei
Siriani con l’antico Egitto sono strette. Esse prendono la forma di alleanze
più o meno esplicite, quando nel XVII secolo a.C. si delinea il pericolo
permanente dei turbolenti Ittiti che dal tavolato anatolico si lanciano in
assalti paurosi con le loro potenti armi di ferro. Essi saranno respinti prima dalle
spedizioni di Tutmosis II e di Amenofi II (1505-1425) e, in un secondo tempo,
dagli eserciti di Ramsete II nella sanguinosa battaglia di Qadesh, sul
fiume Oronte nel 1286 a.C.  
Battaglia
di Qadesh
L’impero ittita crollerà definitivamente verso il 1200 a.C. sotto
i colpi dei “Popoli del Mare”, invasori dalle oscure origini (Cipro, Creta, Mar
Egeo?) che si riversano anche sulle coste siriane. Nel frattempo si
assiste  alla migrazione di un altro
popolo nomade semita, gli Aramei: essi si mescolano alle popolazioni
dell’interno che si organizzano in piccoli regni a Damasco, Hama, Arpad,
Aleppo, Palmira. Le città si forniscono di potenti bastioni; la lingua
aramaica, che utilizza il sistema alfabetico, è diffusa dappertutto.
 
Età del Ferro (1200-599)
Gli Ebrei si stabiliscono nell’attuale Palestina (XII-X secolo
a.C.) e i Fenici lungo  
la costa.
  In Siria il commercio si espande. Ma il pericolo
viene ormai da nord-est, e precisamente dagli Assiri (capitale Ninive)
che, partiti verso il IX secolo a.C. dalle sponde del Tigri, vengono
regolarmente a razziare le ricche città e i porti dell’ovest. Alla fine del VII
secolo a.C. Babilonia scuote il giogo assiro: nel 612 Ninive è distrutta
e Nabopolassar si proclama  
re di Babilonia e fonda una nuova dinastia. Suo figlio
Nabucodonosor II annette all’impero neobabilonese l’alto Eufrate e la Siria.
 
Periodo persiano ed
ellenistico (539 a.C. – 64 d.C.)
Dopo appena un secolo, l’orgogliosa Babilonia deve cedere davanti
al nuovo “grande” sorto in questo Medio Oriente sempre in fermento: nel 539
a.C. la città è infatti conquistata dall’achemenide  
Ciro il Grande, fondatore dell’impero persiano; anche la Siria e la costa
mediterranea sono sottomesse alla dura legge persiana.  
Quando il mitico
 
Alessandro Magno
si lancia alla conquista dell’Asia, la Siria subisce una
volta
 di più, il
flusso e riflusso delle armate. Nel 333 a.C. il giovane re macedone sconfigge
 
il re persiano Dario III a Nissa; alla  sua morte la Siria è divisa fra i suoi
generali: il nord a Seleuco (fondatore dei seleucidi) e il sud all’impero
greco-egizio dei tolomei governato ad Alessandria. Alla fine del II secolo a.C.
i  seleucidi riprendono l’Egitto,
Damasco e il sud della Siria.
 


 
 
 
 
 
 
 
  La battaglia di Nissa,  
         
Ciro il
Grande,  re
 di Persia    
                      
 
A Seleuco succede Antioco I Soter che raggiunge una pace tra Siria
ed Egitto (271 a.C.). Intorno alla metà del II secolo a.C. si accresce la
potenza dei parti che arrivano a estendere il loro dominio sulla Mesopotamia
(ad es. Dura Europos).  
Nel 70 a.C. Bosra diventa la capitale
 
del regno nabateo (popolazione araba che aveva
subito forti influenze aramaiche e che si era stabilita nelle terre di Edom).
 
 Periodo romano (64 a.C. – 395 d.C.)
Nel primo secolo a.C. subentra in Oriente una nuova potenza: Roma.
Dopo aver vinto Mitridate VI, re del Ponto, il giovane generale Pompeo
sottomette gran parte dell’Asia; anche la Siria cambia dominazione diventando
 
provincia romana
nel 64 d.C.  
Nel 106 d.C. l’imperatore Traiano annette all’impero
 
romano il regno nabateo; Bosra, Damasco e molte
altre città siriane si coprono di monumenti fastosi. Il suo successore Adriano
(117-138), letterato e sapiente, ritira le sue legioni dall’Oronte, dando
fiducia ai siriani che assumono un ruolo sempre più importante nell’impero,
tanto che il poeta latino Giovenale ebbe a scrivere: “Il fiume siriano Oronte
sembra gettarsi nel Tevere  
di Roma”. 
L’imperatore Settimio Severo (193-211) sposa una siriana, Giulia
Domna, figlia del gran sacerdote di Homs e nel 232 si vede addirittura un
siriano, Filippo l’Arabo, nativo di Shahba (a sud di Damasco), diventare
imperatore.  
Intanto, al centro del
paese, una città isolata e preservata dal deserto che la circonda, Tadmor
(“città dei datteri”) che i Romani chiamano Palmira (“città delle
palme”) diventa una delle città più ricche del suo tempo. Dopo la sconfitta
subita dall’imperatore Valeriano da parte dei Persiani a Edessa nel 260, il
principe  
di Palmira, Odenato, ottiene una
vittoria contro gli stessi Persiani e riceve dai Romani il titolo di “Corrector
(capo) totius Orientis”. Dopo il suo misterioso assassinio  (266),
la vedova   Zenobia   prende
 
con  vigore le redini del potere,  
governa l’Asia e il Medio
Oriente, conquista il Basso Egitto; insieme ai suoi figli sogna un impero
siriano, ma verrà deportata a Roma in catene d’oro e morirà umiliata a
Tivoli nel 275.
          
 
 
 
 
Moneta con l’effige di Zenobia
 
 
 
Periodo
bizantino (395-636)
 
Con l’editto di Teodosio del 392, il cristianesimo
divenne la religione ufficiale dell’Impero Romano. Dopo la divisione
dell’impero fra i figli di Teodosio, nel 395, inizia ufficialmente il
periodo bizantino: la Siria diventa parte dell’Impero Romano d’Oriente,
e viene divisa in due regioni  di cui le
capitale furono Antiochia e Apamea. Il paese aveva già avuto un ruolo
significativo nella storia  
del primo cristianesimo:
 quando Gesù era ancora vivente, ci racconta Matteo, “la
sua fama si sparse in tutta la Siria” (Mt 4,24); fu la terra 
della
conversione  
di San  
Paolo tradizionalmente avvenuto
sulla via di Damasco (At 9,1-25); vi fiorirono alcuni antichi scritti  cristiani come la Didaché (forse), le Odi di
Salomone e le Lettere del vescovo
martire Ignazio di Antiochia (50-110/117). Il cristianesimo trionfa,
vengono costruite chiese e basiliche ovunque: nella zona del nord se ne possono
ancora oggi ammirare alcune (nelle
cosiddette “città morte”, abbandonate bruscamente nel VI-VII secolo a
causa di una serie di cataclismi naturali), straordinariamente conservate e
decorate secondo i canoni artistici del paese. Sui monti e nel deserto molti
monasteri ospitano i primi eremiti fra i quali il più famoso resta San
Simeone  (386-459) che passò
quarantadue anni in cima a una colonna, a Qalaat Samaan vicino ad Aleppo, ad
Apamea, Emessa, Amida ecc.
 
Portati per natura alle delizie della discussione, i
siriani si impegnano nelle tortuose controversie religiose del V secolo: le
eresie sono di natura trinitaria e cristologia. Per quanto concerne le prime,
gli Ariani, discepoli del prete Alessandro Ario, negano la divinità di
 
Cristo e ritengono che nella
Trinità la preminenza debba essere accordata a Dio Padre. Riguardo all’eresia
cristologia, vi sono due dottrine: i nestoriani, discepoli di Nestorio,
insistono sull’importanza della natura umana in Gesù (dopo il concilio di Efeso
del 431 saranno condannati e perseguitati e si rifugeranno in Persia dove il
nestorianesimo diventerà la dottrina ufficiale  
della
 chiesa locale); i monofisiti, al contrario, affermano la preminenza
della sua natura divina (essi si diffondono in Oriente e la loro dottrina viene
condannata dal concilio di Calcedonia nel 451).
 
Intanto i conflitti fra
l’impero d’Oriente e i Sasanidi (dinastia persiana al potere in Persia dal 226
al 651) si intensificano con alterne vicende: saccheggio di Antiochia nel 540,
presa di Damasco nel 613, conquista del Santo Sepolcro e presa della reliquia
della santa croce nel 614. I Persiani furono padroni di Siria e Palestina dal
590 al 628, quando l’imperatore bizantino Eraclio sconfisse Cosroe II di Persia
e stabilì i confini dei due imperi lungo l’Eufrate.
 
          
 
 
 
 
Eraclio taglia la testa a Cosroe II
 
Dopo tante guerre, invasioni e sconvolgimenti
politici, gli imperi sasanide in Iraq e bizantino in Siria, indeboliti, saranno
assaliti da una nuova potenza emergente: gli Arabi, che al loro passaggio non
trovarono una grande resistenza. La Siria sarà  
il
 primo paese ad essere conquistato dai successori del Profeta e dalla sua
dottrina.
 
 
La conquista
araba e gli Omayyadi (636-750)
 
Nel 570 circa nasce Maometto alla Mecca: milioni di
uomini saranno toccati nel profondo dal suo insegnamento, la carta del mondo
sarà modificata e sconvolti i rapporti fra uomini e popoli. Riportiamo qui di
seguito il suo toccante “testamento spirituale”.
 
L’ADDIO DI 
MAOMETTO
Nel 631 dopo aver compiuto il suo pellegrinaggio
alla Mecca, Maometto tenne il suo "discorso d’addio" ai 124.000
musulmani che si erano raccolti nella valle di ‘Arafat: Non so se dopo quest’anno io sarò ancora tra voi. O popolo, proprio
come ora consideri sacri questo mese, questo giorno, questa città, allo stesso
modo dovrai considerare sacro affidamento la vita e la proprietà di ogni
musulmano. Restituisci i beni che ti sono stati affidati ai loro legittimi
proprietari. Non fare del male a nessuno cosicché nessuno faccia del male a te.
[…] Aiuta i poveri e vestili come vestiresti te stesso. Ricorda! Un giorno
comparirai al cospetto di Dio e dovrai rispondere delle tue azioni. Dunque:
attento! Non allontanarti dalla via della rettitudine, quando io sarò
scomparso. O popolo, nessun profeta né apostolo verrà dopo di me e non
nasceranno nuove fedi […] È vero che hai determinati diritti per quanto
riguarda le tue donne, ma anche loro hanno dei diritti su di te. Trattale bene
perché loro sono il tuo sostegno. […] Lascio due cose dietro di me: il Corano e
il mio esempio, e se seguirai queste due guide non cadrai in errore. […] Adora
Dio, recita le tue preghiere, digiuna nel mese di ramadan ed elargisci le tue
ricchezze caritatevolmente. Tutti i credenti sono fratelli, tutti hanno gli
stessi diritti e le stesse responsabilità. A nessuno è permesso di prendere ad
un altro ciò che questi non gli offre spontaneamente. Nessuno è superiore ad un
altro se non in virtù. A questo punto Maometto si rivolse al cielo e disse: Sii mio testimone, o Dio, che ho portato
il tuo messaggio al mio popolo. E tutta la valle rispose: In verità tu lo hai fatto, mio signore. 
Pochi mesi dopo il suo ultimo discorso,
Maometto si ammalò e nel 632, a 61 anni, morì. La comunità musulmana e gli
stessi compagni più vicini a Maometto, si rifiutavano di riconoscere la morte
del Profeta. Allora Abu Bakr, uno dei primi e più fedeli compagni di Maometto,
nonché suo suocero, uscì dalla dimora di Maometto salì sui gradini della
moschea e disse alla folla:  
O popolo, in
verità, chiunque adori Maometto sappia che Maometto è morto. Ma chiunque adori
Dio sappia che Dio è sempre vivo.
 
 
 
Dopo la morte del profeta Muhammad, la guida degli
arabi passa al califfo Abu-Bakr che porterà le sue truppe verso nord,
per accrescere la forza militare del nascente impero, potenziare il commercio e
diffondere la nuova religione islamica. Damasco è presa per la prima
volta dalle truppe musulmane nel 635, ma è occupata definitivamente nel
636 dopo lo scontro vittorioso contro i Bizantini nella valle del fiume Yarmuk,
a opera del valoroso comandante dei cavalieri arabi, Khaled ibn Al-Walid,
soprannominato “Spada dell’Islam”.   
 
 
LA RESA DI DAMASCO
Mentre si
dirigevano verso la Persia, le truppe  
di Khaled ricevettero l’ordine di raggiungere le truppe impegnate in Siria. La
tradizione vuole ch’essi facessero 350 chilometri nel deserto in una sola
tappa. Cammelli abbeverati a sazietà prima della partenza venivano sgozzati a
ogni sosta per abbeverare i cavalli con l’acqua che scorreva dalle loro
viscere… Essendosi Damasco arresa, il capo musulmano fa proclamare delle
condizioni di resa notevoli per la loro equità e di un abile valore politico:
“Nel nome di Allah il Compassionevole, il misericordioso, ecco ciò che Khaled
ibn al-Walid accorda agli abitanti di Damasco.
… Egli
promette ch’essi avranno salva la vita e che i loro beni e le loro chiese
saranno preservati. Le mura della città non saranno distrutte, e nessun
musulmano sarà alloggiato nelle loro case. Ciò detto, noi diamo loro il patto
con Allah e la protezione del suo Profeta, dei califfi e dei credenti. Fintanto
che pagheranno le imposte, non potrà venire a loro che del bene…”.
 
 
 
L’espansione degli Arabi nell’età dei califfi. In nero
l’espansione sotto il Profeta Muhammad (622-632); in grigio scuro le aggiunte
durante i primi quattro califfi (632-661); in grigio chiaro le aggiunte durante
gli omayyadi (661-750).
 
 
Dopo il saggio e pio Abu Bakr, il califfato passa a Omar
(643-644), anch’egli amico e consigliere intimo di Muhammad come  
il
 primo califfo; poi a Othman (644-656), discendente di Omayya, prozio
di Muhammad, dedito soprattutto alla stesura definitiva del Corano. Tutti e tre
morirono tragicamente assassinati. I saggi elessero allora come califfo il
pacifico Alì (654-661), cugino e genero del Profeta in quanto sposo di
Fatima, figlia di Muhammad. Questi primi quattro califfi sono conosciuti come i
“califfi ben guidati”.
Nel frattempo Moawija un membro della ricca e
potente famiglia degli omayyadi, governa la Siria in modo indipendente. Il clan
degli omayyadi è ostile ad Alì, tanto che un giorno Moawija lo accusa
apertamente di complicità nell’assassinio del califfo Othman. Poco dopo Alì
viene ucciso da un suo partigiano deluso. Gli omayyadi, padroni di un impero
arabo-musulmano in espansione, affidano il califfato a Moawiya e stabiliscono
la capitale a Damasco che diventa un importantissimo centro politico,
religioso, artistico e commerciale.   
 
Ma le tragedie legate agli inizi dell’Islam non sono
finite. I partigiani di Alì sono comandati da suo figlio Hussein che viene
ucciso dalle truppe di Yazid, il figlio di Moawija, a Karbala, nel sud
dell’Iraq, il 10 del mese di Muharram dell’anno 61 dell’egira (680 d.C.). La
tragedia di Karbala si conclude con la divisione degli Arabi in due fazioni che
saranno da allora inconciliabili: i  sunniti
fedeli al califfato omayyade, opposti agli sciiti seguaci di Alì.
 
Fino al 750 quattordici califfi omayyadi si
succedono come capi politici, militari e religiosi dell’Islam. Il Corano e la
cultura islamica si diffondono dall’Atlantico al Mare di Cina; l’arabo diventa
ben presto la lingua ufficiale al posto del greco, del latino e del persiano in
tutti i territori conquistati; le prime monete musulmane, dinari d’oro e dirhem d’argento, sostituiscono le
monete bizantine e persiane. Negli anni 701-715 il califfo al-Walid ibn Abd
al-Malik fa costruire la favolosa “Moschea degli Omayyadi” a Damasco, capitale
sempre più potente e ricca, dove affluiscono sapienti e letterati accolti come
principi alla corte omayyade.
 
 
La dominazione
degli Abbasidi (750-1258)
 
I discendenti di Alì e di Fatima (sciiti) non si
arrendono. Provocano uccisioni e rivolte e nel 747 essi, detti Abbasidi dal
nome da Abbas, zio paterno di Muhammad, si impadroniscono del potere in
Persia e dichiarano guerra a Damasco. Una battaglia decisiva ha luogo sul
Tigri nel 750. Tutti i membri della famiglia del califfo sunnita Marwan II
di Damasco vengono uccisi; tutti tranne uno, Abd al-Rahman, che fugge in Spagna
dove fonda una nuova dinastia omayyade a Cordova. La nuova capitale è ormai
Bagdad.   
                                                                                                                                                                                                           
All’inizio del secondo millennio una serie di
dinastie di varia provenienza (fra cui i fatimidi d’Egitto e i
turchi  selgiuchidi) entrano in
conflitto per controllare l’ormai inerme califfato. Gerusalemme e Damasco
cambieranno  
varie volte di mano. Lo
smembramento dell’impero islamico e la distruzione del Santo Sepolcro da parte
dei fatimidi nel 1009 e dei selgiuchidi nel 1078, provocherà la reazione dei
cristiani d’Occidente e l’inizio delle Crociate (1099-1307). Queste
dureranno circa 200 anni, fatti di battaglie e massacri, azioni eroiche,
vergognosi tradimenti, ma illuminati anche da autentici prodi come Baldovino IV
detto   
il
 re lebbroso e Salah-ad-Din (Saladino).   
 
 
Anche la Siria viene invasa dagli eserciti
cristiani. I selgiuchidi tentano invano di riconquistare il territorio siriano:
ci riuscirà il sultano  Norandino
che, dopo aver salvato Damasco da un assedio crociato nel 1148, si dedica a
unificare la Siria e dà l’avvio a un periodo di circa ventotto anni di
costruzioni e ristrutturazioni. Per saldare un vecchio conto con i Fatimidi che
regnavano al Cairo, il sultano prepara anche una spedizione affidandone il
comando a Shirkuh, un giovane capo curdo: l’8 gennaio 1169 il Cairo è preso.
Dopo la morte di Shirkuh, suo nipote Youssuouf è nominato vizir e comandante
delle truppe siriane in Egitto, e passerà alla storia come Salah-ad-Din
(“il buon ordine della religione”). Egli agisce da sovrano, ristabilisce la
fede sunnita, si fa riconoscere dal sovrano abbaside di Bagdad, fonda la
dinastia degli Ayyubidi e, alla morte di Norandino, si installa a Damasco da
dove potrà condurre una lotta spietata contro i crociati. Nel 1187 vince la
battaglia di Hittin ed entra a Gerusalemme, ma l’atroce assedio di
Acri, durato due anni (1189-1191), sebbene vinto dai cristiani, lascia i
due eserciti sfiancati. Riccardo cuor di Leone rientra vecchio e stanco in
Inghilterra e anche il Saladino tornerà a Damasco, accolto da una folla
delirante di entusiasmo, dove morirà nel 1193 a cinquantasei anni.   
 
 
Nei dizionari di storia
 
la voce Saladino è descritta in questi termini: «Sultano
d'Egitto (1171-1193) e di Siria (1174-1193), fondatore della dinastia degli
Ayyubidi. Di stirpe curda [...] si proclamò sultano d'Egitto riportando il
paese all'ortodossia sunnita. Combatté incessantemente i crociati estendendo il
suo dominio dall'Egitto alla Palestina, alla Siria centrale e allo Yemen.
Strappata Gerusalemme ai crociati con la battaglia di Hattin del 1187,
fronteggiò la terza crociata cercando soprattutto di spezzare l'assedio
cristiano attorno a San Giovanni d'Acri, ma senza riuscirvi. Ottenne nel 1192
una pace onorevole che gli riconobbe il possesso di Gerusalemme e di tutta la
Palestina interna [...]. La sua figura di cavaliere magnanimo e tollerante
godette di grande fama in oriente e in occidente» (Dizionario di Storia,
il Saggiatore - Bruno Mondadori, 1993).
Della sua fama furono
responsabili, oltre alle gesta, anche numerosi cantori e cronachisti, nell'un
schieramento come nell'altro. Cantori e cronachisti che di volta in volta, a
seconda delle esigenze politiche o propagandistiche, ne misero in rilievo
l'abilità guerresca o la saggezza, la spietatezza o le virtù cavalleresche.
Talvolta riunendole tutte in una figura poliedrica e affascinante. Ne rimase
colpito lo stesso Dante, che oltre a porre il Saladino nel limbo, tra gli
"spiriti magni" (e non all'inferno, come invece cadde in sorte a
Maometto) lo  citò 
anche  nel  Convivio  nella  schiera dei personaggi generosi e magnanimi.
Pure
Boccaccio destinò al sultano una parte dei suoi scritti. Anzi tre. Nell'austero De
casibus virorum illustrium e poi
in due novelle del Decamerone: nella prima di queste si narra di una
gara di intelligenza tra un giudeo e il sultano, nella seconda, il condottiero
di origine curda è descritto come il depositario di una serie di poteri magici
e soprannaturali.
,             
  
 
Salah-ad-Din, manoscritto del XII sec  
 
 
I Mamelucchi al potere
(1260-1516)
 
La situazione si complica a seguito dell’invasione
devastatrice del 1260 in Siria da parte dei mongoli (tribù nomadi
turco-mongole dell’Asia centrale riunite nel 1206 sotto il dominio del loro
grande imperatore Gengis Khan) che avevano già conquistato Bagdad nel 1258,
sotto la guida di Hulagu, nipote di Gengis Khan.   

Ma
la salvezza per la Siria viene dall’Egitto, dove i Mamelucchi (schiavi turchi e
circassi comprati dal sultano d’Egitto per farne dei guerrieri) erano diventati
una potente forza militare.  Al comando
di uno di essi,  Zaher Baybars,  divenuto sultano grazie alla sua abilità
militare, l’armata mamelucca schiaccia i Mongoli di Hulagu e libera 
la Siria. Baybars si installa a Damasco per meglio combattere contro i
Crociati: nel 1303 uno dei suoi successori vedrà l’ultima nave crociata
lasciare Arwad    l’ultimo bastione.                                                                                        
                                                                                             
     
Nel
1401 i mamelucchi devono far fronte a un nuovo ciclone che viene dall’Asia
Centrale, il raid dell’emiro turco Taymur Lang (Tamerlano) che distrugge
Damasco e mette in ginocchio la supremazia mamelucca che resisterà comunque al
potere fino al sopravvento degli ottomani nel 1516.
 
 
Ritratto di Baybars
I
mamelucchi sono stati buoni amministratori, hanno accordato una certa autonomia
ai governatori delle loro province e sono ricordati come buoni costruttori:
hanno lasciato infatti tracce tangibili del loro fervore costruendo in Siria
moschee, tombe e madrassah (scuole) dall’inconfondibile stile a forme rotonde e
ampie, con ricche e preziose decorazioni.
 
 
I Turchi Ottomani (1516-1918)
 
Il 24 agosto 1516 le truppe del sultano “ottomano” (dal nome di Othman,
fondatore della dinastia ottomana nel 1299) Selim I invadono la Siria e poche
settimane dopo entrano in Damasco (vi resteranno per quattrocento anni !). Al
suo successore Solimano detto il Magnifico (1520-1566) si deve la creazione di
un impero che va dal Danubio al Tigri e dalla Crimea al Nilo.  
In
Siria si mantengono approssimativamente le divisioni amministrative mamelucche
(province di Damasco, Tripoli e Aleppo). Le arti e le lettere sono
incoraggiate. Splendidi edifici sono costruiti alla moda di Istanbul. La
maggiore novità fu un nuovo rapporto con l’Occidente: trattati di tipo
commerciale, giuridico e relativi alla sfera religiosa vengono stipulati con
Francia, Venezia (apertura di un fondaco nel 1533) e Inghilterra.  Nel 1525 
Francesco I firma proprio con Solimano un trattato
di amicizia che segna l’inizio di un protettorato cattolico
francese nei domini ottomani. Nel 1649, su richiesta dei maroniti, Luigi XIV
ottiene di esercitare una speciale protezione sui cristiani delle regioni dei
monti del Libano.
 
Nel 1831 la guerra russo-turca indebolisce
considerevolmente l’impero ottomano. Mohamat Alì, il sultano innovatore d’Egitto,
approfitta dell’occasione per occupare la Siria dove delega Ibrahim Pascìa che
è costretto a ritirarsi nel 1840 a causa di rivolte interne. Ulteriori lotte
sanguinose fra le minoranze maronite e druse della regione siro-libanese
obbligano il sultano di Istanbul ad accettare una commissione internazionale
(1864) per assicurare autonomia alla regione con un governatore cristiano e una
milizia locale non più ottomana.
 
L’alleanza turco-germanica tra il sultano
Abdul-Hamid e Guglielmo II, portò l’impero ottomano a essere coinvolto nella prima
guerra mondiale (1914-1918) che vide l’esercito turco unito a quello delle
potenze centrali contro Francia, Russia e Gran Bretagna. Il 1° ottobre 1918 le
truppe alleate entrano a Damasco e in novembre gli ultimi soldati turchi
lasciano la Siria.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Mappa della Prima Guerra  mondiale
(1914-1918)
 
 

 
L’elmo delle quattro corone di Solimano il Magnifico
Uno elmo d’oro bellissimo, pien de
zoie con 4 corone, su le qual è zoie de grandissima valuta e il penachio d’oro
lavorado excellentissimamente, nel qual è ligadi 4 rubini, 4 diamanti grandi e
bellissimi, valeno li diamanti ducati 10 milia, perle grosse de carati 12
l’una, uno smeraldo longo e bellissimo...una turchese granda e bellissima,
tutte zoie de gran precio; e nel penachio va una pena de uno animal che sta in aiere
e vive in aiere, fa pene sotilissime e de vari colori, venuto de India, si
chiama di camaleonte, val assà danari.
 
(Sanudo,
“ I        Diarii ” )   
                                              
 
L’elmo di Solimano il Magnifico                                                                                         
 
                         
   
 
Questo prezioso casco fu
portato a Palazzo Ducale dai suoi artefici veneziani per mostrarlo al doge
Andrea Gritti e alla maggior parte dei senatori, fu venduto al sultano Solimano
per la cifra elevatissima di 115000 ducati ed entrò a far parte ufficialmente
delle insegna pubbliche della sua sovranità. Nelle sue fattezze è carico di
significati simbolici e richiama quello  
di Alessandro Magno,
 
di Cesare, di Scipione o di Minerva.
Il casco d’oro è adorno di decorazioni incise, gemme (diamanti, rubini,
smeraldi…) e perle; era un turbante arrotolato e arricchito da punte  di diamante, che univa il modello dell’antico
elmo a quello della tiara ornata a quattro corone sovrapposte. Il tutto ero
sormontato da una delle straordinarie piume di un uccello orientale incastonata
su una turchese. Il numero 4 delle corone alluderebbe al fatto che il sultano è
signore delle 2 terre e dei 2 mari, mentre le piume richiamano antiche leggende
secondo le quali queste penne portate sul capo in  
tempo di guerra operano contro il nemico, arrecano vittoria e
conferiscono immortalità a colui che le possiede. Le pietre preziose infine
avevano i seguenti significati. La turchese simboleggiava il colore del cielo e
presagio di vittoria e  
fortuna, il diamante richiamava la
tenacia eroica, il rubino regalità e coraggio, lo smeraldo la sacralità
dell’Islam e le perle generate dalla rugiada celeste le lacrime versate da chi
è in pena. (Scheda da Internet a cura di
Gloria Bevilacqua).
 
 
 
 
Se l’esercito turco fu alleato delle potenze
centrali durante  
la Prima
 Guerra mondiale, non così le forze
arabe. Lo sceriffo della Mecca Hussain ibn Alì aveva infatti lanciato la
rivolta araba, alleandosi ai Britannici contro l’impero ottomano, e questo
fatto ebbe un enorme significato politico. Alla conferenza dei dirigenti arabi
del 1915 a Damasco, egli fu riconosciuto come il portavoce di tutta la regione
araba.
Inoltre
anche il suo figlio terzogenito, Faisal ibn Hussein, che aveva
precedentemente servito in Siria nelle file dell’esercito ottomano, nel 1916
prese parte attiva alla rivolta araba contro i turchi. Nel 1918, aiutato dal
suo amico Lawrence d’Arabia, partecipò alla presa di Damasco e nel  marzo del 1920 un congresso nazionale siriano
lo proclamò  re
 di Siria. Ma
nel luglio dello stesso anno la Società delle Nazioni, forte della vittoria
franco-britannica, impose il mandato francese in Siria e Libano, e il mandato
inglese in Palestina e Transgiordania (in realtà venne applicato l’accordo
segreto fra francesi e inglesi, già steso nel 1916, l’“Accordo Sykes-Picot”,
che prevedeva la suddivisione dell’Oriente fra questi due paesi). Faisal fu
costretto a fuggire. Nell’agosto del 1921 l’Inghilterra lo insedierà sul trono
dell’Iraq.
 
 
 
 
 
Faisal ibn Hussain  
                                                                                             
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
Il mandato francese (1920-1945)
 
I
territori siriani sono sotto mandato francese dal 1920 e assumono una diversa
distribuzione amministrativa: nel 1927 si formano 
la Repubblica
 Libanese (capitale
Beirut), lo stato di Siria (capitale Damasco), lo stato Alawita (capitale
Latakia), lo stato del Jebel-Druze (capitale Suwayda).  
 
Nel 1930 viene redatta una Costituzione e istituito un
regime parlamentare. Agli inizi del 1936 si aprono negoziati con elementi
siriani nazionalisti che sfociano, in capo a cinquanta giorni, in un trattato
franco-siriano che riconosceva l’indipendenza della Repubblica di Siria, 
il primo presidente fu Hashim al-Atassi, già primo ministro
con re Faysal e Presidente negli anni 1936-39, 1950-51 e 1954. Alla fine
dell’anno le elezioni sboccano su un’assemblea e su un governo tendenzialmente
nazionalista. Ma nel 1939 il governo francese fa voltafaccia, denuncia il
trattato, sospende la Costituzione ed esercita direttamente il potere. Uno
degli effetti di questa situazione è che il “Sangiaccato (provincia autonoma)
di Alessandretta”, già amministrato sotto lo stato di Siria, è dato in omaggio
alla Turchia, in base a un accordo turco-francese.                                                                            
                                                                                
                               
 
 
 
 
Hashim al-Atassi                       
                                                               
                                                
 
Quando
scoppiò la seconda guerra mondiale (1939-1945), la Siria era ancora
sotto il controllo francese e fu teatro di combattimenti tra le truppe del
generale Vichy e l’esercito britannico che ne prese il controllo nel 1941. Nel
1943, un regime nazionalista parlamentare si instaurò dopo molte
tergiversazioni, ma Inglesi e Francesi continuarono a occupare militarmente il
paese. La Siria proclamò di nuovo la propria indipendenza che
venne riconosciuta a partire dal 1° gennaio 1944, ma ci volle il caos generale
continuo e conseguente al conflitto mondiale perché nascesse davvero uno stato
siriano, sovrano e indipendente. Il mandato termina formalmente nell’aprile del
1945 con l’ammissione della Siria alle Nazioni Unite; la Francia
abbandona i poteri nelle mani di un primo governo siriano e un
anno dopo, il 17 aprile 1946 (giorno della “Dichiarazione
d’indipendenza”) la Siria diventa uno Stato indipendente e sovrano, membro
fondatore delle Nazioni Unite e della Lega Araba.
 
 
Dall’indipendenza
(1946) al 1970
 
Nonostante il rapido sviluppo economico
che seguì alla dichiarazione di indipendenza, la politica siriana fu
particolarmente instabile: tra il 1946 e il 
 
1956 si ebbero ben 20 diversi governi e si
discusse di quattro versioni differenti della costituzione.  
 
Nel 
 
1948 la Siria fu coinvolta nella guerra 
 
arabo-israeliana: l'esercito siriano fu respinto dal
territorio israeliano, ma mantenne i precedenti confini, fortificandosi sulle
alture del  
Golan. Durante la  
crisi di Suez del  
1956 fu proclamata la legge marziale e truppe
siriane e irachene si schierarono in  
Giordania per prevenire
una invasione israeliana. A novembre dello stesso anno la Siria firmò un
trattato con l'Unione Sovietica,
ottenendo ampi rifornimenti militari e causando la preoccupazione della 
 
Turchia.
 
Il 
 
1 febbraio del 
 
1958 
 
il presidente siriano, 
 
Shukri al-Kuwatli, e quello 
 
egiziano, 
 
 
Jamāl ‘Abd al-Nāsir, proclamarono la fusione
dei due paesi nella  
Repubblica Araba Unita.
L'unione non ebbe tuttavia successo e il  
28 settembre  
1961 la
Siria si divise dall'Egitto in seguito ad un colpo di stato militare. Vari
rivolgimenti si succedettero nei successivi mesi, fino alla presa di potere l'8 marzo 
1963
del Partito Socialista della Rinascita Araba (“Partito  
Baath”, articolato in sezioni nei vari paesi
arabi, per l’unità araba,  
fondato nel 1953
dal siriano Michel Aflak allo scopo di raggruppare
in un'unica nazione tutti gli Stati arabi del Vicino Oriente),  che dominava  
il nuovo governo. Anche l'Iraq
era controllato dal medesimo partito, e in aprile fu firmato al 
 
Cairo
un accordo per l'istituzione di una federazione tra Iraq, Siria ed Egitto, che
tuttavia non si concretizzò mai per i disaccordi sorti tra i membri.
 
Nel maggio del 
 
1964 
il presidente 
 
Amīn Hāfiz promulgò una costituzione
provvisoria, che prevedeva un "Consiglio Nazionale della Rivoluzione"
("Majlis al-Thawra al-Watani" o "CNR"), assemblea
legislativa costituita dai rappresentati delle organizzazioni di massa dei
lavoratori, un consiglio presidenziale, al quale spettava il potere esecutivo e
un gabinetto. Il
Partito Baath siriano si costituì un "proprio" comitato centrale
pan-arabo ma questo pose le condizioni per una rivalità morale con il Partito
Baath iracheno, rivendicando ognuno la leadership per la causa nazionalista
pan-araba.  
Nel febbraio del 1966 un  
gruppo di ufficiali dell'esercito attuarono una
"rettifica"  
della linea di governo: con un colpo di
mano interno al partito imprigionarono  
il presidente Hafiz, sciolsero il Gabinetto e il Consiglio della
Rivoluzione, sospesero la costituzione provvisoria e costituirono un governo
Baath composto da civili.
Nel 1967 si ebbero momenti di massima crisi in
tutto il Medio Oriente sfociati nella guerra dei sei giorni. Dall'inizio
dell'anno la tensione era fortemente aumentata e l'artiglieria siriana aveva
intensificato il lancio di ordigni esplosivi sui villaggi israeliani dalle
postazioni collocate sulle alture della frontiera israelo-siriana. Poi la
chiusura egiziana del Golfo di Aqaba alle navi israeliane (insieme alla
richiesta egiziana per il ritiro ONU dal Sinai) provocò l'attacco militare
israeliano a Egitto, Giordania e Siria. L'Egitto si vide occupata la penisola
del Sinai e Gaza (fino a quel momento sotto controllo egiziano), la Giordania
perse la Cisgiordania e Gerusalemme Est, mentre la Siria perse il controllo
delle Alture del Golan (considerate vitali per la propria posizione di
controllo sui territori circostanti). L'approvazione della Risoluzione delle
Nazioni Unite che chiedeva il ritiro israeliano dai territori occupati rimase
senza esito. La questione arabo-israeliana andava a mutilare il territorio
siriano (indebolendo così il regime estremista dell'ala civile Baath al potere)
mentre il prestigio di Nasser come leader arabo perdeva posizione. La morte nel
1970 del presidente
egiziano Nasser lasciava in eredità al suo successore Anwar al-Sadat ed agli
altri leader arabi il compito di vendicare la sconfitta araba contro Israele.
Inoltre in questo stesso anno si acuiva in Siria lo scontro tra l'ala militare
(moderata) e quella civile non-militare (radicale) all'interno del Partito
Baath, e ciò provocava il ritiro dei soldati siriani inviati in appoggio alle
milizie dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (impegnate negli
scontri con le truppe del re Hussein di Giordania dal settembre 1969, detto "settembre
nero").
Ad
ogni modo, alla disputa tra le due fazioni del partito venne posto termine con
l'incruento "golpe" militare del Ministro della Difesa Generale Hafiz
al-Asad, gruppo religioso siriano minoritario degli  
Alawiti, che il 16 novembre del 1970,
cacciò la leadership civile, assunse i poteri esecutivi e provvide presto a far
eleggere i suoi seguaci nel Consiglio del Popolo e negli organi regionali per
consolidare la propria posizione di potere.
 
Il governo di Hafiz al-Asad (1970-2000)
Il nuovo
 primo
ministro si mosse rapidamente per creare una struttura organizzativa per il suo
governo e per consolidare il suo controllo. Fu nominata un'assemblea legislativa
di 173 membri ("Concilio del Popolo" o "Majlis
al-Sha‘b") nel quale 87 seggi (la stretta maggioranza) erano del
partito Baath, mentre gli altri furono divisi tra le "organizzazioni
popolari" e altri partiti minori. Nel marzo del 
 
1971 il partito tenne il suo congresso ed elesse
un nuovo Comitato Regionale ("Regional Command") di 21 membri,
guidato dallo stesso Asad; nello stesso mese un referendum nazionale confermò
la sua presidenza per un periodo di 7 anni. Nel 
 
1972, allo scopo di ampliare la base del suo
governo, Asad costituì il Fronte Nazionale Progressista ("National
Progressive Front"), una coalizione di partiti guidata dal partito
Baath. Si tennero inoltre elezioni per i concili locali dei 14 governatorati
della Siria. Nel marzo del  
 
 
1973 fu promulgata una nuova costituzione,
presto seguita da regolari elezioni parlamentari per il Consiglio del Popolo,
le prime dal 1962.
Le
scaramucce seguite alla Guerra dei Sei Giorni non modificavano lo stallo
militare creatosi tra fronte arabo e Israele: fu così che Siria ed Egitto
iniziarono il 6 ottobre 1973 (giorno della festa ebraica del Kippur) la
controffensiva contro Israele: la guerra del Kippur.  
 
                    Hafiz al-Asad
Le
truppe siriane attaccarono il fronte delle alture del Golan e quelle
egiziane superavano il Canale di Suez. All'iniziale successo arabo seguì però
il contrattacco israeliano. I problemi della sistemazione armistiziale furono
affrontati in una conferenza internazionale convocata il 21 dicembre 1973 a
Ginevra. Un accordo fra Egitto e Israele del 18 gennaio 1974 decise il ritiro
delle truppe israeliane dal Sinai; un secondo accordo con la Siria, del 31
maggio, impegnava gli israeliani a ritirarsi da el-Quneitra e stabiliva una
fascia smilitarizzata sulle alture del Golan.
Nel
 
1976
la Siria intervenne nella 
 
guerra civile libanese, inviando 40.000
uomini a protezione dei  
Cristiani maroniti,
sotto il nome di  
 
 
Forza Araba di
Dissuasione (FAD) e continuò tale presenza allo scopo di acquisire
il controllo sul  
Libano e di destabilizzare i confini
settentrionali di Israele con le fazioni libanese sue alleate. Nel
 
1990 la guerra civile cessò con l'Accordo di Ta'if, organizzato dall'Arabia Saudita ma voluto dalla stessa Siria
che, tuttavia, vi mantenne il proprio esercito fino al  
2005 con quella che fu vista da molti come una
vera e propria occupazione militare, influenzando fortemente la politica
libanese. Inoltre dopo la fine della guerra civile, circa un milione di
lavoratori siriani emigrò in Libano per trovare impiego nelle opere di
ricostruzione del paese e secondo alcuni l'incoraggiamento da parte della Siria
a questa emigrazione potrebbe essere interpretato come un tentativo di
colonizzazione. Le economie dei due paesi sono fortemente interdipendenti e nel
1994 su pressione del governo siriano circa
200.000 siriani immigrati ottennero la cittadinanza libanese.   
 
Tra il  
1976 e il 
 
1982, i   
 
Fratelli Musulmani
(una delle più importanti organizzazioni islamiche fondata in Egitto nel 1928,
con un approccio di tipo politico all’Islam) condussero una rivolta armata
contro il regime laico del partito Baath, che fu annientata con il
bombardamento della città di  
Hama, centro dell'opposizione  
fondamentalista.
L'azione causò decine di migliaia di morti e feriti.
 
La partecipazione della Siria alla prima  
guerra del Golfo
nel  
1991 al fianco della coalizione multinazionale
contro l'invasione del  
 
Kuwait
da parte dell'Iraq
di  
Saddam Hussein comportò un netto cambiamento
nelle relazioni internazionali con gli altri Stati arabi e con il mondo
occidentale. La Siria partecipò nel  
1991
alla Conferenza multilaterale  
di pace per il Medio Oriente tenutasi a Madrid e
negli
 
anni Novanta intavolò trattative
di pace con 
 
Israele,
che tuttavia non giunsero mai a conclusione.
 
Il XXI secolo
Dopo la morte di Hāfiz al-Asad il
 
10 giugno del
 
2000, il parlamento modificò la costituzione in
merito all'età minima per la carica presidenziale, permettendo al figlio di
Asad,  
Bashār al-Asad
di partecipare alle elezioni per la massima carica del partito e di venire
eletto con il 97,29% dei voti secondo le statistiche ufficiali.  
 
 
 
 
Foto ufficiale di Basāhr al-Asad
 
 
Dopo 
ventisei anni di stanziamento, inizia nel 2001 il ritiro dell’esercito siriano 
dal Libano. La crescente opposizione dei cristiani maroniti alla presenza 
siriana nella zona di Beirut e  
il nuovo corso siriano promosso da Bashār al-Asad sono tra le
motivazioni principali del ritiro siriano.
 
L’opposizione del governo siriano alla politica
mediorientale USA, che ha portato nel 2003 all’intervento militare in Iraq, ha
provocato l’accusa, da parte degli USA, di sostegno a organizzazioni
terroristiche internazionali. In effetti, la Siria, con la creazione in Iraq di
un protettorato statunitense, si trova in una situazione di completo accerchiamento:
a nord dalla Turchia da cui dipende in parte per le risorse idriche, a est e a
sud dagli USA e Israele.
 
Nel gennaio 2004 Bashār compie un viaggio in
Turchia con lo scopo di riappacificare i due paesi e si impegna nella lotta al
terrorismo islamico. Nell’aprile dello stesso anno anche la Siria subisce un
attentato terroristico nella capitale. In maggio gli Stati Uniti decidono di
applicare nuove sanzioni alla Siria interrompendo tutte le esportazioni tranne
quelle di prodotti alimentari e di farmaci.
 
In seguito alla risoluzione del Consiglio di
sicurezza dell’ONU che ordinava il ritiro dal Libano delle truppe straniere (2
novembre 2004) e pressato dalle imponenti manifestazioni anti-siriane a Beirut,
il governo siriano, nel marzo-aprile 2005 ha ritirato i suoi 14.000 soldati dal
paese. Le forze armate siriane stazionavano nella
valle libanese della   
Beqā‘ fin
dall'ottobre   
1976, anno in cui, sotto il nome di FAD (Forza Araba di
Dissuasione) e su esplicito invito dalla  
Lega degli Stati Arabi
riunita a  
Riyād, era stato chiesto alla Siria di
intervenire militarmente in  
Libano
per metter fine a una lunga e irrefrenabile guerra civile.
 
 
In seguito all’assassinio
 
del
 Primo Ministro libanese Hariri, il 14 febbraio 2005, il Governo USA
ha ritirato il suo ambasciatore dalla Siria, chiamata in causa quale mandante
dell’omicidio a causa dei pubblici attriti fra 
Damasco e Hariri; l'ONU ha votato all'unanimità per chiedere alla Siria
piena collaborazione sull'argomento. Nel maggio del 2005 il governo siriano
annuncia la ripresa delle relazioni diplomatiche con l’Iraq, interrotte dopo la
prima guerra del Golfo.
 
Alle elezioni politiche del maggio 2007 si è
confermata la maggioranza assoluta del Fronte nazionale patriottico controllato
dal partito Baath, e Bashār è stato rieletto alla presidenza per altri
sette anni, con il 97,6% dei voti.
 
 
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Iscrizione su una placchetta del luogo del sito: “Tell
Barri”
 
 
 
ESEMPI DI LETTERATURA 
SIRIANA
 
 
Luciano di
 Samosata (125-200 ca.)
 
Luciano naque a Samosata, città della Siria posta sulle rive
dell'Eufrate, verso il 125 d.C., da una  
famiglia di modeste condizioni. Verso i 25 anni esordì come avvocato ad Antiochia, ma per
obbedire al suo spirito critico ed insofferente, lasciò presto la professione
per la vita da sofista.
Compì lunghi
viaggi, poi si trasferì ad Atene, dove rimase per vent'anni, fino a quando,
forse per desiderio di una vita più tranquilla, si stabilì ad Alessandria d'Egitto,
dove morì verso la fine del secolo.   
Nella sua  
Storia vera, che a buon diritto si può considerare il
capostipite del romanzo di fantascienza, l'autore narra, tra altre cose più o
meno fantastiche, un suo viaggio sulla Luna, descrivendone l'ambiente e gli
abitanti. Fra le altre sue opere ricordiamo 
i Dialoghi dei morti, i Dialoghi degli Dei, i Dialoghi marini, i
Dialoghi delle cortigiane,  
il Gallo, le Sette all'incanto,
Sulla morte di Peregrino.   
 
 
Da: “Dialoghi dei morti”, Menippo
ed Ermes
 
Men Dove sono, allora, i belli e le belle, Ermes?
Fammi da guida, visto che sono qui da poco.
Erm No ho tempo, Menippo; tuttavia guarda da quella
parte, a destra: là ci sono Giacinto, Narciso, Nireo, Achille, Tiro, Elena,
Leda e insomma tutte le antiche bellezze.
Men Vedo solo ossa e crani privi di carni, per lo
più uguali.
Car Eppure le ossa che tu sembri disprezzare sono
quelle che tutti i poeti ammirano.
Men Almeno mostrami Elena: io infatti da solo non
riuscirei a riconoscerla.
Erm Questo qui è il cranio di Elena.
Men Dunque per questo le navi furono armate da ogni
parte della Grecia e tanti Greci e Barbari caddero e tante città sono andate
distrutte?
Erm Ma non vedesti, Menippo, la
 
donna in vita: avresti detto anche tu che era un fatto non
disdicevole
  “Pene
soffrire per lungo tempo per tal donna”
e poi anche i fiori che sono secchi – se uno li
guardasse quando hanno perso il colore – è evidente che gli sembrino brutti;
quando invece sono fioriti ed hanno anche il colore sono bellissimi.
Men proprio per questo, Ermes, mi meraviglio che gli
Achei non capissero di affaticarsi per un fatto così sfuggevole e che sfiorisce
facilmente.
Erm Non ho tempo, Menippo, di filosofeggiare con te.
Quindi tu, dopo esserti scelto un luogo, riposati dopo esserti sistemato. Io, invece,
mi occuperò nel frattempo degli altri morti.
 
 
Da: “Dialoghi delle cortigiane”, Melissa
e Bacchide.
 
Mel  Se conosci, o Bacchide, qualche vecchia di
queste Tessale, che sanno affatturare e legar gl’innamorati, e fare amare anche
la donna più odiata, fammi il favore di condurmela qui. Io darei volentieri
tutte le robe mie e quest’oro, s’io pur vedessi un’altra volta tornato a me
Carino, e odiar Simmiche, come ora odia me.   
Bac  Oh, che mi dici, o Melissa? Dunque Carino
t’ha lasciata, e va da Simmiche? egli che per amor tuo sostenne quella gran
furia dai suoi genitori, perchè non volle sposare quella ricca, che gli
portava, come dicevano, cinque talenti di dote? Mi ricorda che tu me lo
contasti questo.   
Mel  E tutto è svanito, o Bacchide: son cinque
giorni che non l’ho veduto affatto: ed oggi fanno banchetto in casa di Parmeno
suo compagno, egli e Simmiche.   
Bac  Povera Melissa! Ma perchè questa
discordia? La cagione ha dovuto essere grande.   
Mel  Io non la so neppur dire. Ultimamente ei
risalendo dal Pireo (dov’era sceso, credo, per esigere un debito, per
commissione di suo padre) quando entrò non mi guardò in faccia, non mi accolse
secondo il solito mentre io gli andai incontro, ma scacciandomi che volevo
baciarlo: Va, disse, da padron Ermotimo, o leggi quel che è scritto sulle mura
del Ceramico, dove i vostri nomi stanno su i pilastri. - Chi Ermotimo, io
risposi, chi? che pilastri dici? Egli non mi rispose, e senza cenare si corcò
voltandomi le spalle. Che credi che io feci ad abbracciarlo, a smuoverlo, a
baciargli le spalle per farlo voltare? Niente: non ci fu verso di rabbonirlo;
anzi: Se più m’annoi, disse, me ne vado ora, benchè è mezzanotte.   
Bac  Ma tu conoscevi Ermotimo?
  
Mel  Che tu mi possa vedere, o Bacchide, più
misera ch’io non sono ora, se io conosco alcun padrone Ermotimo. La mattina al
canto  
del gallo si levò, e se ne andò. I’
mi ricordai che m’aveva parlato d’un nome scritto sopra un muro nel Ceramico, e
tosto mandai Acide a vedere. Essa non trovò altro che questo scritto, quando
s’entra, a destra verso il Dipilo, Melissa ama Ermotimo, e poco più sotto,
Padron Ermotimo ama Melissa.   
Bac  Scapataggini di giovani! Ho capito.
Qualcuno volendo far dispetto a Carino, l’ha scritto per farlo ingelosire, ed
egli tosto l’ha creduto. Ma se lo vedrò, gli parlerò io. Ei non ha mondo, è
fanciullo ancora.   
Mel  E dove lo vedrai, se egli s’è chiuso e
stassene con Simmiche? E per giunta i parenti suoi lo cercano da me. Oh, se io
trovassi una vecchia, come t’ho detto, o Bacchide, i’ mi crederei salva.   
Bac  C’è, o cara, una fattucchiera veramente
brava, una Sira, ancor verde d’età e tarchiata, la quale quando Fania mio si
crucciò meco, anche per niente, come Carino, mi fece far pace con lui dopo
quattro mesi, che io già ne disperava; ma per forza d’incantesimi egli tornò a
me.   
Mel  E che fece la vecchia, se ancora te ne
ricordi?   
Bac  Non si piglia molto, o Melissa; una dramma
e un pane; ma si deve apparecchiarle  
ancora
 sette oboli sopra alquanto sale, e dello zolfo, e una teda. Questo si piglia
la vecchia, e si deve mescerle anche una tazza, si deve, e la beve ella sola.
Sarà pure necessario un oggetto appartenente all’uomo, come una veste, o le
scarpette, o una ciocca di capelli, o altra cosa simile.   
Mel  Io ho le scarpette sue.
  
Bac  E queste ella le appende ad un chiodo, e
le suffumica con lo zolfo, spargendo il sale sul fuoco, e ripetendo tuttadue i
nomi vostri, il tuo e il suo. Poi cavandosi del seno una rotella magica, che
ella porta a quest’uso, la gira dicendo certe parole incantate prestissimamente
con la lingua, certi nomi barbari e spaventevoli. Questo fece allora. E indi a
poco Fania tutto che dissuaso dai compagni e carezzato tanto da Febida l’amica
sua, a me tornò tirato da quell’incantesimo. E m’insegnò ancora un altro gran
segreto contro Febida, per fargliela odiare: osservar le pedate che ella
lascia, e cogli occhi chiusi metter la pedata mia destra su la sua sinistra, e
la mia sinistra su la sua destra, dicendo così: Tu sotto mi stai, io sopra ti
sto. Ed io così feci appunto.   
Mel  Presto, presto, o Bacchide; chiamami
 
la
 Sira. E tu, o Acide, prepara il pane, lo zolfo, e ogni altra cosa per
l’incantesimo. 
 
 
 
 
 
Al Mutanabbi (915-965)
 
È considerato il poeta arabo più rappresentativo della sua
età. Gli anni che lo vedono protagonista sono compresi nella dinastia degli
Abbasidi (750 - 1258 d.C), periodo di massima fiorituta dell'Islam .
 
 
 
 
 
 
 
 
 
I
COMPAGNI DELL’AQUILA
 
"I discendenti di Khola lo sanno molto bene
Sono quello che tengono in riserva,
Come l'ultimo ricorso contro i guai.
La mia gloria annuncia ai figli di Khindif
Che ogni eroe proviene dallo Yemen.
Sono il figlio della lotta e della generosità.
Sono il figlio della spada e della lancia.
Sono il figlio del deserto e della poesia.
Sono il figlio del cuoio delle selle e delle montagne.
Lungo è il budriere che porto,
Lunghi sono i picchetti che sostengono la tenda che mi ripara,
Lunga è anche la mia lancia,
E non è da meno il ferro alla sua estremità.
Aguzzo è il mio sguardo,
E in allerta rimane sempre la mia mente.
La mia spada è tagliente,
E il mio cuore non conosce la paura.
La mia spada è più rapida della morte che si abbatte sugli uomini,
E con lei vuole rivaleggiare.
La sua lama scava nel profondo dei petti,
Allorché, smarrito nelle nube di polvere,
Non vedo nemmeno più il mio braccio.
Ha, per la mia volontà, un potere assoluto
Sull'anima dei suoi nemici.
Ma per rimpiazzarla,
Anche se un giorno avrò solo la mia voce,
Quest'ultima basterà alla mia difesa!"
 
Abu Firas al-Hamdani (932-968)
 
Principe,
poeta e cavaliere arabo, vissuto ad Aleppo, Abu Firas al-Hamdani combatté contro i Bizantini, dai quali fu catturato, e morì in
battaglia durante un tentativo di detronizzare l'emiro di Aleppo. Le sue poesie seguono il neoclassicismo del
periodo abbàside, anche se si distinguono per la
sincerità del sentimento.
Il
poema riportato è uno dei più belli e dei più celebri di tutta la poesia araba.
Fu composto quando l’autore era prigioniero. E’ pieno di sensibilità e di
lirismo, composto in un metro musicale e armonioso difficile da rendere in una
lingua diversa dall’arabo. La traduzione è personale.
 
 
Ah! Come sono preziose le
tue lacrime
e quanto paziente la tua
indole,
non dovrei dunque più vivere
per la passione d’amore?
Ah no! La passione mi divora
e i desideri mi stringono
e non posso vivere senza
segreti.
Quando l’oscurità m’illumina
soccombo per i tormenti
d’amore
sacrificando le mie lacrime,
queste lacrime
che emanano da un viso
splendido e fiero.
In verità nel mio petto arde
un fuoco
che le mie lacrime e i miei
tormenti non fanno che ravvivare.
A colei che mi ha reso
malato e mi ha avvicinato alla morte:
perché mai darmi dell’acqua
se devo morire di sete.
“Chi sei?” mi chiede ella in
tutta coscienza.
Le rispondo come ella voleva
e come lo voleva l’amore:
“Il tuo sicario”.  Quale, ella rispose, sono numerosi.
Perché, le dissi, sei così
intransigente
mentre non ignori niente di
me?
Ella rispose: “è il destino
che ti ha ingannato”.
No le risposi sei  
tu
 non il destino.
Senza di te la pena non
arriverebbe al cuore
e l’amore non sarebbe un
dispetto.
 
 
Abu
l-‘Ala’ al-Ma’arri (973-1057)
Divenuto  
cieco
da  
bambino,
continuò tuttavia a dedicarsi agli studi, conducendo una vita assai ritirata.
Fu poeta,  
erudito,
filologo,
retore;
e nella sua produzione questi "ruoli" sono compresenti. Compose
numerose opere in  
prosa
e in  
versi.
In  
Europa
è noto soprattutto per la raccolta di poesie al-Luzūmiyyāt (titolo che in arabo significa
«costrizione non obbligatoria», con allusione a una particolare  
rima che il poeta si è
predeterminato di osservare) e per l'Epistola
del perdono (Risālat al-ghufrān),
in prosa rimata, che narra 
il viaggio
 di un amico nell'oltretomba;
in quest'opera alcuni studiosi hanno creduto di scoprire una delle fonti della
 
 
Divina
Commedia.
 

Carita’ verso gli animali
Uguali
sono una madre pia e una colomba; 
l’una nutrendo il suo piccolo in culla, l’altra il suo pulcino. 
Non allungare mai la mano, armata di coltello, 
a uccidere un pulcino che zampetta nel nido. 
Fai agli uccelli mattutini l’elemosina d’un sorso d’acqua, 
e ritieni che abbian più diritto ancora degli uomini. 
Perché la razza degli uccelli di nessun male si rende verso di te 
colpevole, mentre di quell’altra razza devi temere. 
Che la mia mano lasci libero un insetto da essa afferrato è atto ancor più pio
del dare una moneta a un bisognoso. 
Non vi è differenza fra il minuscolo esserino che io libero, 
e  
il re di Kinda che cinge
la corona. 
 Ambedue temono il male, ad entrambi è cara la vita, 
e appassionatamente tendono a lei.  
 
 
Proverbi
siriani
 
(Da: Primose Arnander and Ashkhain Skipwith: "The Son of a Duck is a Floater"
and "Apricots Tomorrow".
Siham Tergeman:  
"Daughter of
 
Damascus". English version by Andrea Rugh.)
 

Se il tuo amico
è mieloso, non leccarlo tutto
 

Scegli il vicino di casa
prima della casa
 

Il figlio di un’anatra è uno che galleggia
(Da
una quercia non possono nascere limoni)
 

Agli occhi della
sua mamma, un asino è una gazzella
 

Allunga le tue
gambe secondo la lunghezza della tua coperta
 

Un uccellino in
mano è meglio di dieci sull’albero
 

Dio manda
mandorle agli sdentati!
(Le
cose buone succedono a volte a chi non le merita)
 

Tieniti lontano
dagli impicci e canta
 

Sposò una
scimmia per i suoi soldi, i soldi finirono e la scimmia restò scimmia
 

Chi si mette fra
l’aglio e la sua buccia ne ricaverà solo l’odore
(Fra
moglie e marito non mettere il dito)
 

Quando i leoni
non ci sono, le iene giocano
 
 
 
Fiaba siriana: Il
mausoleo dei Curdi  
(Da: Fiabe siriane, Mondadori
1997). 
Fate, streghe tentatrici, folletti invisibili e dispettosi, serpenti che
puniscono chi trasgredisce le norme, animali che parlano e mostri che fustigano
i vizi degli uomini... Un antichissimo 
mosaico di storie affascinanti
e meravigliose, patrimonio dei diversi popoli che da sempre popolano un paese
magico e misterioso come la Siria.  
 
In una tribù curda della
steppa siriana, moltissimo tempo fa, vivevano sette fratelli e una sorella. Un
giorno, presero al loro servizio un giovane servo arabo; tra il beduino e la
fanciulla sbocciò l'amore. Essi cominciarono a frequentarsi di nascosto e a
capirsi.   
Una notte, giunsero dei ladri che, per potersi
introdurre indisturbati nell'accampamento, volevano uccidere il servo che
faceva la guardia.   
«Prima di morire, puoi esprimere l'ultimo
desiderio» gli concessero. Lui approfittò per chiedere
soccorso alla
sua amata.  
«Cara, sto per morire. Dodici malfattori mi hanno assalito»
gridò.   
Lei, che dormiva in una tenda vicina, fu svegliata
dal suo richiamo, e corse a chiedere aiuto ai fratelli. Essi arrivarono in
tempo per salvarlo.   
Ma, passato il momento del pericolo, si misero a
riflettere: «Come ha fatto nostra sorella a sapere ciò che accadeva al servo,
se dormiva nella sua tenda? Lei non parla arabo, e lui non conosce la nostra
lingua. Di sicuro sono amanti!».   
Non potendo permettere un simile disonore, in
preda all'ira, li uccisero entrambi. Ma poi, ripensandoci con più calma, il
dubbio li assalì.   
«Saranno stati veramente colpevoli?» si chiesero.
  
Secondo una loro credenza, esisteva ormai un'unica
maniera di provare l'innocenza dei giovani morti.   
Fecero scavare due fosse, distanti l'una
dall'altra, vi sotterrarono i corpi, che ricoprirono di terra, poi seminarono
dell'erba.   
Trascorso poco tempo, le tombe si ricoprirono di
un bellissimo tappeto verde. Esso si conservò sempre intatto, con il
trascorrere delle stagioni. Né il caldo torrido in estate, né il freddo gelido
in inverno lo bruciava.   
Quel luogo diventò sacro e meta di pellegrinaggio
per tutti i Curdi della regione; e ancora adesso è conosciuto come «Qubba dei
Curdi».   
 
Muhammad Badawi Derani
(1894-1967)

 
A partire dalla prima età islamica, l’arte
della calligrafia è stata molto praticata dalle popolazioni che di volta in
volta adottarono il sistema 
di scrittura arabo (non solo,
dunque, dalle popolazioni di lingua araba). Nel giro di alcuni secoli si
svilupparono un elevatissimo numero di scuole e di stili calligrafici, e la
tendenza non si è ancora arrestata.  
Nato a Damasco nel 1894, Derani è
considerato uno dei più noti calligrafi siriani. Le sue opere sono presenti in
molte moschee della sua città, in documenti governativi e in collezioni private
in Siria, in Svizzera e a Detroit.
 
 


 
 
 
 
 
 
 
Nizar Qabbani (1923-1998)
 
  
Nato a Damasco da una
famiglia benestante, dopo essersi laureato in giurisprudenza si dedica al
giornalismo. Con lo scoppio della guerra civile si trasferisce in Svizzera,
dove rimarrà fino alla morte. Nelle sue prime raccolte Qabbani canta l'amore;
con la disastrosa sconfitta dei Paesi arabi nel 1967, Qabbani dispiega tutto il
suo disappunto contro i governi arabi, incapaci — a suo giudizio — di gestire
la situazione palestinese.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Senza
titolo                                      
Senza titolo IV
L'amor mio                                          
Se il demone fosse uscito dalla
lampada
mi chiede:                                            e mi avesse detto: Eccomi,
"Qual'è la differenza                           
  hai un minuto solo,
tra me e il cielo?"                                 
scegli tutto ciò che vuoi
                                                           
di granati e di smeraldi
La differenza                                        
io avrei scelto i tuoi occhi
è che se tu ridi                                     
senza esitazione.
-amore mio-
io mi dimentico il cielo.  
 
 
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  Se mi fosse concessa l'impunità 
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  [...]
  Se mi fosse concessa l'impunità, 
  se potessi incontrare il Sultano 
  gli direi: signor Sultano 
  i tuoi cani feroci hanno lacerato la mia veste 
  e i tuoi inquisitori sono sempre alle mie calcagna... 
   
  I loro occhi mi seguono 
  i loro nasi mi seguono 
  i loro piedi mi seguono 
  come l'inevitabile destino, come il fato... 
   
  Interrogano la mia donna, 
  segnano i nomi dei miei amici... 
  Signor Sultano, 
  per essermi avvicinato alle tue sorde mura, 
  per aver tentato di mettere a nudo il mio dolore e il mio tormento,    
  
  sono
  stato picchiato con una scarpa. 
   
  Mio signore, signor Sultano, 
  hai perso la guerra due volte 
  poiché metà del nostro popolo non ha lingua...  
  Che valore può aver un popolo che 
  non ha lingua? 
   
  Poiché metà del nostro popolo 
  è chiusa come la formica e il topo 
  all'interno di mura... 
   
  Se qualcuno mi mettesse al sicuro 
  dai soldati del Sultano 
  gli direi: 
  hai perso la guerra due volte 
  poiché ti sei staccato dalla causa dell'uomo...  
   
  Da: Note sul quaderno del disastro 
  (traduzione di G. Canova) 
  
    
  
    
  
  “Nella nostra casa di Damasco nel quartiere di
  Mi'dhanat al-Shahm si convocavano riunioni politiche a porte chiuse e si
  progettavano scioperi, manifestazioni e atti di resistenza. Dentro le porte
  comunicavamo con sussurri che facevamo fatica a capire. La mia immaginazione
  da piccolo non era in grado di cogliere le cose con chiarezza ma quando vidi
  i militari senegalesi entrare in casa nostra alle prime ore dell’alba con
  fucili e baionette per portare via mio padre in un’auto blindata verso un
  campo di concentramento nel deserto, seppi che mio padre esercitava un altro
  lavoro oltre alla fabbricazione di dolci. Era fabbricante di libertà.” 
  “Non so scrivere su Damasco senza che si intrecci il gelsomino sulle mie
  dita. Non so pronunciare il suo nome senza che sulla mia bocca si addensi il
  nettare dell’albicocca, del melograno, della mora e del cotogno 
  Non so ricordarla senza che si posino su un muretto della memoria mille
  colombe… e mille colombe volano.” (Da: “Frammenti”). 
  
    
  
    
  
  Adonis
  (Latakia 1930) 
  
  
    
   Adonis,   
   
  
  pseudonimo di Alī Ahmad Sa'īd
  Isbir, è un poeta  
  
  siriano,
  considerato da molti critici il più grande poeta arabo vivente.  
  Nato nel 1930 a Qassabin, presso Latakia,
  in Siria, si è laureato in filosofia presso l'Università di Damasco, ha
  svolto attività di insegnante e giornalista in Libano, ma attualmente vive in
  Francia. Studioso instancabile della tradizione culturale araba,
  coraggiosamente si è apertamente schierato contro i fondamentalisti islamici,
  definendoli come culmine della decadenza delle religioni, e contro la guerra
  mossa dall'Occidente. La sua è una vita dedicata alla poesia. In Italia ha
  pubblicato: Memoria del vento
  (1998), Nella pietra e nel vento (1999), Libro delle metamorfosi e delle migrazioni nelle regioni del giorno e
  della notte (2004); i saggi Introduzione alla poetica araba (1992) e la Preghiera e la spada
  (2002). Nel 1999 gli è stato assegnato il Premio Nonino per la poesia e nel
  2002 riceve il premio "Ennio Flaiano" per la letteratura, sezione
  poesia. Scrive poesie d’amore, ma prima di qualsiasi cosa Adonis è
  l'incarnazione dell'artista come missionario  
  
  di pace, come unica controparte della guerra e della
  violenza. 
    
    
  
    
  
  Oriente
  e Occidente 
  
  Una cosa si era distesa nel cunicolo della storia 
  una cosa adorna, esplosiva 
  che trasporta il proprio figlio di nafta avvelenato 
  al quale il mercante avvelenato intona una canzone 
  esisteva un Oriente simile a un bambino che implora, 
  chiede aiuto 
  e l’Occidente era il suo infallibile signore. 
  
  Questa mappa è mutata 
  l’universo è un fuoco 
  l’Oriente e l’Occidente sono una tomba 
  sola 
  raccolta dalle sue ceneri. 
  
    
  
  Stanza 
  
  
   
  Stanza, quant'è oscura – la luce, splendente! 
  Crepuscolo non radioso né buio. 
  Stanza-abisso. Ecco le onde levarsi 
  e i guanciali impazzire. 
  Il letto striscia su se stesso, mette le ali, 
  la gola 
  sospira – senza parole. 
  Stanza-abisso le nostre membra 
  sono vascelli naviganti. 
  
    
  ? ? ? 
  
  
  Ho
  visto il tuo volto attorno alla casa dipinto su ogni ramo,  
   
  
  mi sono scrollato l’aurora dalle spalle e ho
  iniziato la ricerca: è venuta?   
  
  ho domandato alla rugiada sui rami, ho domandato
  al sole se avesse letto   
  
  i tuoi passi, dove la notte ti aveva vista, come
  si erano incamminati   
  
  accanto a te i fiori della casa e gli alberi.
    
  
  Quasi disgiungo i miei giorni e me stesso:
    
  
  là è il mio sangue e qui il mio corpo - fogli
    
  
  che le scintille trascinano tra le rovine del
  mondo. 
  
    
  
    
   
    
  Nazìh Abu 'Afash (Marmarita, Siria
  1946) 
  
   Poeta molto
  noto in ambito arabo, denuncia la mancanza di libertà e le ingiustizie sia
  nel suo paese che nel mondo, manifestando tuttavia ancora una speranza. Tra
  la sua produzione anche delle poesie cosiddette "minimaliste" in
  cui canta le piccole gioie della vita.  
  Nazìh è anche un noto pittore a Damasco dove ha tenuto
  diverse mostre. 
  
  
    
  
  
    
  
    
    
    
    
    
  
  Questioni (Damasco
  1975) 
  
  Voglio chiedere ai passeri  
  
   
  come piangono quando il piombo li colpisce.
   
  Voglio chiedere agli alberi della
  foresta  
  come si lamentano quando li abbatte il
  taglialegna costringendoli a dormire.  
  Perfino della pietra, quando è
  frantumata,  
  voglio conoscere i reali sentimenti.  
  E le campane... com'è che non versano
  sangue e pianto?  
  Voglio chiedere ai vermi della terra  
  sulle profonde tenebre sinistre... e
  sul freddo privo di misericordia.  
  All'asino sulla sua paternità.  
  E i segnali delle strade che conducono
  alle lontane città,  
  voglio conoscere i segreti della loro
  solitudine serale coperta di ruggine,  
  d'umidità, e dei fremiti del quieto
  metallo.  
  Voglio intrufolarmi nel cuore di tutto
  ciò che si muove  
  e gridare a suo nome.  
  Ogni animale è condotto al macello dal
  suo padrone... eppur continua a  
  pascolare.  
  Ogni corpo inanimato è disperato. Ogni
  insetto.  
  Ogni piccola mandorla che cade quando
  non vorrebbe  
  voglio che abbia la sua giusta parte
  nel mio cuore in cui ritrovarsi.  
  ... Quanto all'uomo  
  quanto all'uomo...  
  la grande creatura che parla d'amore,
  che conosce la coniugazione dei verbi,  
  la guida delle locomotive  
  e la meditazione  
  e la bianca menzogna e la menzogna nera
   
  e la scelta delle scarpe adatte  
  e le maniglie delle porte  
  e i quaderni  
  e il grado di concentrazione degli
  acidi chimici velenosi...  
  L'uomo...  
  l'uomo che sorride e manifesta i propri
  sentimenti,  
  che canta comunque vada.  
  L'uomo che produce morte copiosa,  
  e le feste che a malapena dan sollievo
  alla mano solinga!!  
  Con tutto ciò, non voglio chiedergli  
  se sono le fruste che si abbattono sul
  suo corpo  
  a costringerlo, forse, talvolta, a
  gridare a gola spiegata  
  "Ah... madre mia..." 
   
  O Omar (1980)
    
  (Omar è il
  figlio del poeta. N.d.tr.)   
  
  È bene che tu sappia, Omar 
  che io non sono un angelo 
  che può andar da Dio di notte 
  a scongiurarlo di aumentar la quantità d'ossigeno nella piccola stanza. 
  Ed è bene che tu sappia, Omar 
  che io non sono Dio 
  da poter dire: questo è tuo... 
  e spogliar gli abitanti del quartiere delle coperte. 
  E non sono il nostro vicino 
  da poterti dare: 
  un letto per dormire 
  una bicicletta per giocare 
  e un padre senza difetti che non batte la testa contro il muro quando piange
  di dolore. 
  Ed è bene che tu sappia, Omar 
  che i cuori puri verso cui ti induco 
  si son già sporcati 
  ad opera dell'odio e della povertà... e della freddezza dei nervi del mondo. 
  E sappi anche... e anche... e anche 
  che io, anche se non sono quell'angelo, 
  e anche se non ho avuto lo scettro di Dio 
  la cui immagine hai visto nel libro di scuola, 
  e anche se la condizione in cui ci troviamo ora 
  non è quella che dovrebbe essere... 
  questo non significa 
  non significa assolutamente 
  che rinunciamo all'onorabilità del piccolo cuore 
  e che diciamo al mondo: 
  spianaci la strada 
  noi veniamo per scendere a patti.   
  
    
  
  Il libro della nostra vita 
  
   
  Poiché siamo stati noi a scriverlo… e non Dio, 
  
  
  il bel libro della nostra vita 
  
  
  è pieno
  d’errori di battitura 
  
    
  
    
  Maram al-Masri (Latakia 1962) 
  
  Poetessa e
  scrittrice siriana, vive a Parigi dal 1982, Attualmente è una delle voci più
  significative del
   panorama letterario arabo. E’ stata definita “poetessa della
  naïveté” per il suo linguaggio scarno e infantile: si tratta di una 
   
  
  poesia d'amore di tipo intimistico, la
  cui originalità consiste nella resa, in pochi versi, di immagini poetiche
  pregnanti e d'effetto, e nella frequente ricerca 
  
  del verso
  finale “a sorpresa”, ironico o straniante. 
  
    
  Ti minaccio con una colomba bianca 
  
  Dio fece la Terra in sei giorni, 
  e nel settimo giorno 
  si riposò, 
  poi quando prese a fare te 
  ebbe bisogno di migliaia di anni 
  e di milioni di uomini e di donne. 
  
  Dio fece la Terra in sei
  giorni, 
  e non so cosa fece 
  il settimo giorno, 
  ma quando prese a fare me 
  ebbe tremendamente bisogno... 
  di un uomo come te. 
  
  Ti
  guardo 
   Lo so che
  non avrei dovuto 
  lasciare 
  che mi scoprisse i seni. 
  Volevo 
  solo 
  che vedesse 
  che sono una donna 
  
  Lo
  so che non avrei dovuto 
  lasciare che si spogliasse. 
  
  Voleva 
  che vedessi 
  che era un uomo. 
  Solo questo. 
  
    
    
    
  
  BRANI DI
  LETTERATURA STRANIERA 
    
    
    
  
  Marco Polo
  (Venezia, 1254-1324) 
  
    
  Da “Il Milione”: 
  La Setta Degli Assassini
    
  
    
    
  Setta
  politico-religiosa di fanatici musulmani (sciiti ismailiti), fondata in
  Persia nel 1090 da Hasan ibn al-Sabbah. I suoi seguaci, noti come “setta
  degli Assassini” (forse perché facevano uso di hachisch), professavano cieca
  fedeltà al capo, che aveva su di loro poteri assoluti di vita e di morte, e
  compivano distruzioni e massacri di musulmani ortodossi, in uno stato di
  semi-incoscienza. Gli Assassini si diffusero anche in Siria a partire dall’XI
  sec., ove combatterono contro i Crociati, uccidendo nel 1152 il conte
  Raimondo di Tripoli e, nel 1182, Corrado, marchese del Monferrato; tentarono
  perfino di uccidere il Saladino. Capo degli ismailiti siriani fu Rashid
  ad-Din Sinan (morto nel 1192), il famoso “Veglio della Montagna”, che si
  ritirò nella fortezza di Alamut, il “Nido dell’Aquila”, nel nord della
  Persia. Il ramo siriano  fu distrutto
  dal Sultano d'Egitto nel 1273. 
  Qui sopra, il tipico pugnale usato
  dalla setta; di seguito, un interessante brano dal “Milione” 
  
  di Marco Polo che
  descrive la fortezza di Alamut come un vero e proprio paradiso.    
    
  
  "Lo Veglio (...) aveva fatto fare tra due
  montagne in una valle lo più bello giardino e ‘l più grande del mondo ;
  quivi avea tutti i frutti e li più belli palagi del mondo, tutti dipinti ad
  oro e a bestie e a uccelli. Quivi era condotti: per tale veniva acqua, e per
  tale vino. Quivi era donzelli e donzelle, gli più belli del mondo e che
  meglio sapevano cantare e sonare e ballare ; e faceva credere lo Veglio
  a costoro che quello era lo paradiso. E per ciò il fece, perché Maometto
  disse che chi andasse in paradiso avrebbe di belle femmine quante ne volesse,
  e quivi troverebbe fiumi di latte e  
  
  di miele
  e di vino; e perciò lo fece simile a quello che avea detto Maometto. E gli
  saracini di quella contrada credevano veramente che quello fosse il paradiso;
  e in questo giardino non entrava se no’ colui che voleva fare assassino". 
  
  "All’entrata del giardino avea un castello sì
  forte che non temeva niuno uomo del mondo. Lo Veglio teneva in sua corte
  tutti giovani di dodici anni, li quali li paressono da diventare prodi
  uomeni. Quando lo Veglio ne faceva mettere nel giardino, a quattro, a dieci,
  a venti, egli faceva loro dare bere oppio, e quegli dormivano bene tre dì; e
  facevagli portare nel giardino, e al tempo gli faceva isvegliare. Quando li
  giovani si svegliavano, egli si trovavano là entro e vedevano tutte queste
  cose, veramente si credevano essere in paradiso. E queste donzelle sempre
  istavano con loro con canti e in grandi sollazzi; donde egli aveano sì quel
  che voleano, che mai per lo volere si sarebbero partiti da quel giardino. Il
  Veglio tiene bella corte e ricca, e fa credere a quegli di quella montagna
  che così sia com’io v’ho detto. E quando ne vuole mandare niuno di quelli
  giovani in niuno luogo, li fa loro dare beveraggio che dormono, e fagli
  recare fuori del giardino in sul suo palagio. Quando coloro si svegliano,
  trovansi quivi, molto si maravigliano, e sono tristi che si truovano fuori
  del paradiso. Egli se ne vanno incontamente dinanzi al Veglio, credendo che
  sia un gran profeta, e inginocchiansi. Egli li domanda: "Onde
  venite ?" Rispondono: "Dal paradiso" e contagli quello
  che v’hanno veduto entro, e hanno gran voglia di tornarvi. E quando il Veglio
  vuole fare uccidere alcuna persona, egli fa torre quello lo quale sia più
  vigoroso e fagli uccidere cui egli vuole; e coloro lo fanno volentieri, per
  tornare in paradiso. (...) In questa maniera non campa niuno uomo dinanzi al
  Veglio della Montagna, a cui egli lo vuole fare; e sì vi dico che più re li
  fanno tributo per quella paura". 
    
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Giovanni Boccaccio (Certaldo FI,
1313-1375)
Decamerone. Prima Giornata. Novella terza
 
La novella dell'ebreo Melchisedech o delle tre anella
 
Melchisedech giudeo con una
 
novella di tre anella cessa un gran pericolo dal Saladino apparecchiatogli.
Poi che, commendata da tutti la
 
novella di Neifile, ella si tacque, come alla reina piacque Filomena
così cominciò a parlare:   
- La novella da Neifile detta mi ritorna a memoria
il dubbioso caso già avvenuto a un giudeo. Per ciò che già e di Dio e della
verità della nostra fede è assai bene stato detto, il discendere oggimai agli
avvenimenti e agli atti degli uomini non si dovrà disdire: a narrarvi quella
verrò, la quale udita, forse più caute diverrete nelle risposte alle quistioni
che fatte vi fossero. Voi dovete, amorose compagne, sapere che, sì come la
sciocchezza spesse volte trae altrui di felice stato e mette in grandissima
miseria, così il senno di grandissimi pericoli trae il savio e ponlo in grande
e in sicuro riposo.   
E che vero sia che la sciocchezza di buono stato in
miseria alcun conduca, per molti essempli si vede, li quali non fia al presente
nostra cura di raccontare, avendo riguardo che tutto il dì mille essempli
n'appaiano manifesti: ma che il senno di consolazion sia cagione, come premisi,
per una novelletta mostrerò brievemente.   
Il Saladino, il valore del quale fu tanto, che non
solamente di piccolo uomo il fé di Babillonia soldano ma ancora molte vittorie
sopra li re saracini e cristiani gli fece avere, avendo in diverse guerre e in
grandissime sue magnificenze speso tutto il suo tesoro e per alcuno accidente
sopravenutogli bisognandogli una buona quantità di denari, né veggendo donde
così prestamente come gli bisognavano avergli potesse, gli venne a memoria un
ricco giudeo, il cui nome era Melchisedech, il quale prestava a usura in
Alessandria. E pensossi costui avere da poterlo servire, volesse, ma sì era
avaro che di sua volontà non l'avrebbe mai fatto, e forza non gli voleva fare;
per che, strignendolo il bisogno, rivoltosi tutto a dover trovar modo come il
giudeo il servisse, s'avisò di fargli una forza da alcuna ragion colorata.
  
E fattolsi chiamare e familiarmente ricevutolo, seco
il fece sedere e appresso gli disse: "Valente uomo, io ho da più persone
inteso che tu se' savissimo e nelle cose di Dio senti molto avanti; e per ciò
io saprei volentieri da te quale delle tre leggi tu reputi la verace, o la
giudaica o la saracina o la cristiana."
 
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Il giudeo, il quale veramente era savio uomo,
s'avisò troppo bene che il Saladino guardava di pigliarlo nelle parole per
dovergli muovere alcuna quistione, e pensò non potere alcuna di queste tre più
l'una che l'altre lodare, che il Saladino non avesse la sua intenzione; per
che, come colui il qual pareva d'aver bisogno di risposta per la quale preso
non potesse essere, aguzzato lo 'ngegno, gli venne prestamente avanti quello
che dir dovesse; e disse: "Signor mio, la quistione la qual voi mi fate è
bella, e a volervene dire ciò che io ne sento mi vi convien dire una
novelletta, qual voi udirete. Se io non erro, io mi ricordo aver molte volte
udito dire che un grande uomo e ricco fu già, il quale, intra l'altre gioie più
care che nel suo tesoro avesse, era uno anello bellissimo e prezioso; al quale
per lo suo valore e per la sua bellezza volendo fare onore e in perpetuo
lasciarlo ne' suoi discendenti, ordinò che colui de' suoi figliuoli appo  il quale, sì come lasciatogli da lui, fosse
questo anello trovato, che colui s'intendesse essere il suo erede e dovesse da
tutti gli altri esser come maggiore onorato e reverito. E colui al quale da
costui fu lasciato tenne simigliante ordine ne' suoi discendenti, e così fece
come fatto avea il suo predecessore; e in brieve andò questo anello di mano in
mano a molti successori, e ultimamente pervenne alle mani a uno il quale avea
tre figliuoli belli e virtuosi e molto al padre loro obedienti, per la qual
cosa tutti e tre parimente gli amava. E i giovani, li quali la consuetudine
dello anello sapevano, sì come vaghi ciascuno d'essere il più onorato tra'
suoi, ciascun per sé, come meglio sapeva, pregava  
il
 padre, il quale era già vecchio, che quando a morte venisse a lui quello
anello lasciasse. Il valente uomo, che parimente tutti gli amava né sapeva esso
medesimo eleggere  a quale più tosto
lasciar lo volesse, pensò, avendolo a ciascun promesso, di volergli tutti e tre
sodisfare: e segretamente a un buon maestro ne fece fare due altri, li quali sì
furono simiglianti al primiero, che esso medesimo che fatti gli aveva fare
appena conosceva qual si fosse il vero; e venendo a morte, segretamente diede
il suo a ciascun de' figliuoli. Li quali, dopo la morte  
del
 padre, volendo ciascuno la eredità e l'onore occupare e l'uno negandola
all'altro, in testimonanza di dover ciò ragionevolmente fare ciascuno produsse
fuori il suo anello; e trovatisi gli anelli sì simili l'uno all'altro, che qual
fosse il vero non si sapeva cognoscere, si rimase la quistione, qual fosse il
vero erede  
del padre, in pendente: e ancor pende. E
così vi dico, signor mio, delle tre leggi alli tre popoli date da Dio padre,
delle quali la quistion proponeste: ciascun la sua eredità, la sua vera legge e
i suoi comandamenti dirittamente si crede avere e fare, ma chi se l'abbia, come
degli anelli, ancora ne pende la quistione."   
Il Saladino conobbe costui ottimamente esser saputo
uscire del laccio il quale davanti a' piedi teso gli aveva, e per ciò dispose
d'aprirgli il suo bisogno  e vedere se
servire il volesse; e così fece, aprendogli ciò che in animo avesse avuto di
fare, se così discretamente, come fatto avea, non gli avesse risposto. Il
giudeo liberamente d'ogni quantità che il Saladino il richiese il servì, e il
Saladino poi interamente il sodisfece; e oltre a ciò gli donò grandissimi doni
e sempre per suo amico l'ebbe e in grande e onorevole stato appresso di sé il
mantenne.   
 
 
 
 
 
 
Lawrence
d’Arabia
 
Lawrence d’Arabia, soprannome
di Thomas Edward Lawrence (Tremadoc, Galles 1888 - Bovington, Dorset 1935),
militare e scrittore britannico. Riuscì a coalizzare le forze arabe che si
ribellarono contro l’impero ottomano
durante la  
prima guerra
mondiale. Allo scoppio della prima guerra mondiale
Lawrence entrò a far parte del servizio segreto militare inglese al Cairo e da
lì fu inviato nell’Higiaz
(oggi in Arabia Saudita) presso il principe arabo Faisal (il futuro
 
Faisal I
re dell’Iraq) alla testa di truppe di rinforzo inglesi. Lawrence si schierò
dalla parte degli arabi nella loro insurrezione contro il dominio turco e,
divenuto consigliere militare, si pose al comando delle forze armate arabe e le
condusse in battaglia. Nel 1918 Lawrence e Faisal entrarono trionfanti a
Damasco prima dell’arrivo dell’esercito inglese. Lawrence
partecipò alla conferenza  
di
 pace di Parigi del 1919, ma i suoi sforzi per
ottenere l’indipendenza araba non ebbero successo. Nel 1922 si arruolò
nell’Aviazione britannica (RAF)
fino al 1935, anno in cui morì misteriosamente in un incidente motociclistico.
Tra
le sue opere letterarie la più famosa è  
I sette pilastri della saggezza
(pubblicata postuma nel 1935), ampio racconto delle sue avventure in Arabia, di
cui l’autore aveva curato un’edizione ridotta dal titolo Rivolta nel
deserto (1927).
 Un film, del
1962, ispirato al libro di questo straordinario personaggio, diretto da David
Lean, ottenne ben sette Oscar. Riportiamo solo le parole  della copertina del diario di Lawrence, forse
l’ultimo eroe romantico, che con il mitico nome di  
Lawrence
d'Arabia è entrato nella leggenda, lasciando la lettura integrale del libro a
chi vorrà
 
"Tutti gli uomini sognano, ma non allo stesso modo.
Coloro che sognano di notte nei ripostigli polverosi della loro mente,
scoprono, al risveglio, la vanità di quelle immagini; ma quelli che sognano di
giorno sono uomini pericolosi, perché può darsi che recitino il loro sogno ad
occhi aperti, per attuarlo. Fu ciò che io feci. Intendevo creare una Nazione
nuova, ristabilire un'influenza decaduta, dare a venti milioni di Semiti la
base sulla quale costruire un ispirato palazzo di sogni per il loro pensiero
nazionale... Ma, quando vincemmo, fui accusato di aver messo in pericolo i
profitti inglesi sui petroli della Mesopotamia, e d'aver rovinato la politica
coloniale francese nel Levante."  
 
 
 
 
 
“I
baroni di Aleppo”  
 (Da:
 
Flavia Amabile, Emilio Tosatti, I baroni di Aleppo, Gamberetti Editrice,
Roma 1998).
 
Il libro descrive cent’anni  
di avvenimenti e di personaggi, da Lawrence d’Arabia ad Agata Christie, da Pasolini a
Rockfeller, che hanno frequentato quello che fu l’albergo più elegante e famoso
del Medioriente: il Baron’s Hotel di Aleppo (il nome viene da ”baron” che in
armeno significa “signore”), impegnato oggi in una difficile battaglia per
 
la sopravvivenza. Fondato nel 1911 dalla famiglia armena Mazloumian, l’albergo fa da sfondo alla
storia siriana dell’ultimo secolo, raccontata e vissuta nella sua drammaticità dagli
ospiti e dalle tre generazioni di questi favolosi albergatori.
 
Ormai
inutilmente superba, Istanbul dominava il Bosforo. Il treno dei reali di Svezia
si concesse il tempo di una breve sosta nella capitale spodestata e proseguì. Il
principe Gustavo viaggiava in veste ufficiale, insieme con la moglie 
la principessa
 Louise, la sorella, 
la principessa
 Ingrid, e un ricco
seguito, diretto alla corte di Baghdad. […]. L'erede di Svezia fu colto da un
malore. La carovana reale non aveva scelta […]. Di lì a Baghdad soltanto una
città avrebbe potuto fornire a Sua Altezza Reale il necessario - spiegò
1'ambasciatore al segretario del principe - ed era Aleppo. Distava oltre
trecento chilometri, circa una giornata di treno, ma vantava uno dei migliori
ospedali e il migliore albergo del Medioriente. I reali acconsentirono
immediatamente: la fama del Baron era giunta fino alla lontana Svezia. Una loro
cugina, Lady Louise di Mountbatten, pochi anni prima vi aveva trascorso alcune
notti. Al ritorno aveva raccontato in termini entusiastici il trattamento
ricevuto, e descritto l'hotel come un luogo speciale, unico nella regione.
Quella sera stessa il telegrafo dei Mazloumian ticchettò 1'annuncio dell'
arrivo dei sovrani e la richiesta di preparare 1'albergo.  
Koko
e Armen accolsero gli ospiti alla stazione "Baghdad". Adagiarono il
principe Gustavo, febbricitante, nell' auto più comoda. Gli altri membri della
famiglia seguirono in carovana. In albergo, li attendeva il dottor Altounyan.
Auscultò il paziente reale con lo stetoscopio, fece molte domande. Infine,
diede il suo responso: «Nulla di grave. Alcuni giorni di riposo e di cure appropriate,
e Sua Altezza sarà perfettamente in grado di ripartire».  
Baghdad
fu avvisata del cambiamento di programma, mentre Aleppo si preparava a offrire
agli illustri ospiti un'accoglienza degna del loro rango. L'alto commissario
francese, come richiedevano il suo ruolo e 1'onore del paese, aprì con un
ricevimento di gala una breve, ma intensa, stagione di festeggiamenti. I
consoli e gli altri notabili seguirono a ruota: nessuno voleva perdere
posizioni nella gara di mondanità. Ma non furono solo balli e champagne a
riempire le serate successive. Anche la nostalgia dell'Europa ebbe la sua
parte. La sera, quando fra gli impegni di "corte" si aprivano spazi
di libertà improvvisi, 
la principessa Ingrid scendeva in salotto, si accoccolava su un tappeto e
chiedeva a Koko: il suo apparecchio ricevente poteva forse sintonizzarsi su
Radio Stoccolma? «Certamente, Vostra Altezza!», rispondeva Koko, fierissimo
proprietario di uno dei due soli strumenti di quel genere presenti all' epoca
ad Aleppo; e ancora più fiero della sua capacità di "manovratore". La
scena si ripeté, con pochissime variazioni, per varie sere di fila, con grande
divertimento del principe e degli altri […]. Trascorse così poco più di una
settimana. Poi, come aveva diagnosticato il dottor Altounyan, il principe
Gustavo fu in grado di riprendere il viaggio. Magro, il volto nordico ancora
più scavato lungo gli zigomi, il principe discese lo scalone del Baron. Ma,
dietro gli occhiali rotondi da bibliofilo appassionato di archeologia, lo
sguardo era allegro. Bedros, e altri due uomini, si erano già avviati verso la
stazione con una montagna di bauli e valige da caricare sul treno. Koko
attendeva nella hall, le mani lungo la cucitura dei pantaloni, pronto ad
abbassare lievemente il capo, nell'omaggio consueto verso del sangue blu. Ma
erano dei reali nordici: il principe lo sorprese e lo spiazzò, stringendogli
invece la mano e ringraziandolo per la stupenda ospitalità.  
Lasciò
una foto con dedica, la sua firma sul Libro d'Oro, e un gruzzolo consistente.
Bedros, questa volta, non avrebbe avuto di che lamentarsi per 
la mancia. E anche per il Baron la malattia del principe, e la
quasi requisizione dell'hotel - attività mondane connesse - si rivelò una vera
fortuna. Armen la investì tutta nell' albergo. Ormai ogni
settimana giungevano ad Aleppo avventurieri, piloti, esploratori, archeologi,
diplomatici e uomini d'affari. volevano "scendere" al Baron […].
 
 
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Statuette, femm. e masch.., che rappresentano due
divinità o due offerenti (ca.2650-2600)
 
 
 
 
RELIGIONI IN SIRIA
 
Musulmani 87%       
Cristiani  5,5%     
Altri 5,5%
 
sunniti               74
%          
ortodossi     4 %            ebrei e altri
sciiti alawiti       12 %           cattolici        1,5 %           
drusi                   3 %           protestanti                                   
ismaeliti              
 
 
MUSULMANI
 
Sunniti
Orientamento
maggioritario dell’islam, cui appartiene circa l’83% dell’intero mondo
islamico. Prende il suo nome dal termine arabo Sunna (“consuetudine”), cioè i detti e i fatti di Maometto e di
coloro che gli furono vicini, narrati in resoconti detti hadith. I sunniti accettano i primi tre califfi della storia (Abu
Bakr, Omar e Othman, discendente del prozio di Maometto Omayya). Si
caratterizzano per la credenza che Dio operi nel mondo attraverso la Legge
ricavata dal Corano e dalla Sunna e che soltanto la Comunità dei credenti
(senza il parere vincolante di un capo come avviene per gli sciiti) possa
interpretarli rettamente. Contrariamente agli sciiti ritengono che il Corano
sia un libro eterno e increato.
 
Sciiti
Presenti
in Iran (dove rappresentano la quasi totalità dei musulmani) e in comunità più
o meno numerose in Libano, in Iraq, nello Yemen, in Afghanistan. Il nome deriva
dalla shì’a che in arabo significa
“fazione, partito” e indica coloro che, nelle lotte per la successione seguite
alla morte di Maometto, appoggiarono Alì, cugino e genero del Profeta e quarto
califfo delle origini, affermando che egli era il più meritevole di essere il
capo (Imam) 
della comunità dei fedeli. Attribuiscono valore normativo al Corano,
alla Sunna e alle parole e azioni dei loro Imam e il pellegrinaggio alle loro
tombe è considerato, accanto al grande pellegrinaggio alla Mecca, uno dei
cinque pilastri dell’islam. Credono che il Corano sia stato creato da Allah
nella dimensione temporale (non eterno e increato); infine il carattere mistico
della loro teologia ha favorito una maggiore sensibilità nei confronti della
speculazione filosofica.
 
Gruppi scismatici
A parte le
due denominazioni principali di cui sopra, 
presentiamo brevemente qui di seguito solo alcuni tra i tanti gruppi o
movimenti islamici scismatici, significativi per la storia in generale e per la
Siria in particolare. Alcuni tra questi hanno dato vita a sette eretiche
spirituali o diversificate, altri ( come i Wahabiti, ma anche i Balikiti, gli
Ismailiti,i Kharijiti e gli antichi Assassini) a gruppi o movimenti
fondamentalisti e violenti.
 
Alawiti 
La setta di musulmani sciiti alla quale
appartiene la  
famiglia del
 Presidente Assad, costituisce solo il 12% della
popolazione siriana, ma domina nel governo e nelle Forze Armate. I componenti
della setta, circa 400.000, vivono nella Siria nord-occidentale e nella regione
libanese di Tripoli.
Muhammad Ibn Nussair al Namiri (morto nell'884),
fondatore e teologo della setta sciita, sosteneva che al Hadi o al Naqi, decimo
Imam (morto nel 868), fosse un'incarnazione dello Spirito Santo e rivendicò per
sé  
la successione. I suoi adepti contestano
la nomina dell'undicesimo Imam, Hasan al Askari, accettato invece dai
duodecimami. La loro dottrina e i loro rituali presentano elementi extra
islamici, circostanza che li pone lievemente al margine dell'Islam.
 
Assassini  
Setta politico-religiosa di fanatici musulmani fondata
nel 1090 in Persia. Il nome deriverebbe secondo alcuni dal hachisch con cui si drogavano gli adepti per compiere le loro
missioni omicide e spesso anche suicide. 
Furono attivi anche in Siria dove combatterono contro i Crociati.
Distrutti dal sultano d’Egitto nel 1273, si rifugiarono ad Almut (Iran). Oggi
vi fanno capo i Nizariti. (Lettura nel capitolo di questo libretto, nel
capitolo “Esempi di letteratura”).
 
Baha’i
Movimento fondato da Bahà’ullàh (morto nel 1892), non
è più un gruppo islamico, bensì una religione monoteista. In assenza di un
Imam, ritengono che il loro fondatore sia il portavoce autorizzato (Bab)
dell'Imam atteso. La loro dottrina pacifista ha per scopo l'unificazione
politico-religiosa e la fusione delle razze. I Baha'i credono nella fraternità
universale e nell'educazione permanente, tesa a realizzare l'avvento di un
governo mondiale. Il primitivo messaggio messianico di impronta sciita si è
trasformato, nel corso del tempo, e soprattutto a seguito del contatto con
l'Occidente, in una dottrina spirituale di tipo umanista-liberale.
 
Balikiti
Sciiti , feroci persecutori della magia e dei maghi.
 
Drusi
Gruppo sorto in Egitto nell’XI secolo, originariamente
musulmano.  Deriva dal nome dell’egiziano
Muhammad ad-Darazi che ne fu propagatore. La setta, diretta in seguito da Hamza
Ibn Ali, proclamò l’identificazione dell'Imam 
fatimide 
al-Hakim (996-1021) con la manifestazione dell'intelletto universale
(Dio) e, secondo l'archetipo del messianesimo avventista sciita, ne attende il
ritorno in qualità di Mahdi (guida
spirituale della fine dei tempi). I Drusi furono oggetto in Egitto delle
persecuzioni dei 
sunniti e questo li portò a
cercare e trovare rifugio in 
Libano e nella 
Siria meridionale, dove risiedono tuttora, come pure in 
Israele, in 
Palestina e in 
Giordania. Ad oggi si contano
circa 700.000 adepti della setta.
 
Hashimiti
Nome di due dinastie arabe, discendenti da Hashim ibn
Abd Manaf, della tribù dei Qoreish, i quali, secondo la tradizione musulmana,
erano custodi di Medina e della sacra 
Kaaba situata alla 
Mecca (regione dello Higiaz).
Discendono dagli hashimiti i fondatori dell'Islam, ovvero 
Maometto, il genero 
Alì e lo zio paterno Abbas.
  
Nell'età moderna, la dinastia hashimita è quella
regnante in Arabia dal 1916,  fondata da 
Hussein ibn Ali, sceriffo della Mecca,
che si proclamò sovrano dell'Higiaz. Gli hashimiti sono stati scacciati
dall’Arabia dai wahabiti, con l’aiuto dell’esercito saudita e sostenuti dagli
inglesi, nel 1925: da allora vi regna la dinastia saudita. I figli di Hussein, 
Abd Allah ibn Hussein e 
Faisal I, furono riconosciuti
dalla Gran Bretagna,  
il primo come emiro della
Transgiordania e il secondo come sovrano dell'Iraq. L’attuale re Abd Allah II
di Giordania (denominazione assunta dalla Transgiordania in seguito
all'annessione della  
Cisgiordania nel 1950), salito al
trono nel 1999, è nipote di Abd Allah e 42° e unico erede di Maometto: secondo
alcuni avrebbe pieno diritto a rivendicare il titolo di guardiano della
Mecca.  
Faisal II, l’ultimo sovrano
dell'Iraq, nipote di Faisal I, fu assassinato  
durante il colpo di stato del generale Karim Kassem del
1958.   
 
Imamiti o Duodecimami
Corrente dell’islam sciita. Aderiscono alla Shi'a
media e costituiscono la maggioranza tra gli sciiti (oltre 100 milioni di
aderenti).
I Duodecimami chiudono la successione degli Imam al
dodicesimo di essi, Muhammad al Mandi, scomparso nell'infanzia nell'874. Essi
ritengono che egli non sia morto, ma che sia entrato in
"occultamento";  lo chiamano Sahib al Zaman (signore del tempo)
e ne attendono il ritorno come Mahdi per ristabilire la giustizia sulla terra.  Lo sciismo duodecimamo è religione di
stato in Iran dal XVI secolo, quando fu adottato dalla dinastia dei  
Safavidi, ed è diffuso anche in Libano, in Iraq, in Pakistan e
in India.   
 
 
Ismailiti o Settimami
Corrente dell’islam sciita. Poco prima della morte,
nel 765, Ja'Far al Saddiq nominò quale suo successore Musa al Kazim, scartando
per motivi oscuri Isma'Il, suo figlio primogenito. I sostenitori di Isma'Il
fecero di quest'ultimo il loro settimo ed ultimo Imam (donde il termine ad essi
applicato di Settimami), alla morte del quale si rifiutarono di credere.
Isma'Il si sarebbe infatti nascosto per tornare un giorno come Mahdi a
ristabilire la giustizia sulla terra. In tal modo, gli Ismailiti si separarono
dai Duodecimami (o della Shi'a media) Gli Ismailiti si pongono l'obiettivo di
rovesciare il Califfato sunnita, ai loro occhi illegittimo, e di sostituirvisi.
L'ismailismo (cui aderiscono alcune centinaia di migliaia di musulmani che
vivono in Siria, in Libano, in India, in Pakistan ed in Israele) ha generato
molte sette scismatiche, tra cui quella dei Drusi, dei Nizariti, dei Mustaliani
(detta della Shi'a estrema secondo la quale l'Imam è "colui che
rappresenta la personificazione di Dio”).
 
Kharijiti
Il nome significa “uscenti”. In origine partigiani di
Alì, lo abbandonarono allorché egli, in occasione della battaglia di Siffin
(giugno 657), scese a patti con Mu’awiyya, fondatore degli Omayyadi (658).
Sostenevano che la jihad era il sesto
pilastro dell’islam e tacciavano di empio chi non li seguiva.   
 
Nizariti
 Sono i seguaci
di Nizar, figlio primogenito
dell'ottavo califfo fatimida, al
Mustansir (morto nel 1094), che è allo stesso  
tempo il
loro diciottesimo Imam. Nel 1090, un proselita di al Mustansir, Hasan Ibn Sabbah (morto nel 1124) si impadronì della
fortezza al Almut, in Persia, ove insediò l'organizzazione terroristica degli
"assassini”. Questa comunità scomparve verso il XIII secolo e gli
Ismailiti del ramo nizarita, dopo essersi nuovamente divisi in diverse fazioni
(tra cui la setta dei Khodjas in India), fanno ora capo, per la maggior parte,
all' Aghā Khān IV (nato nel
1936), che
considerano il loro Imam.
 
 
Sufi        
Il Sufismo o Tasàwwuf è la forma di ricerca 
mistica tipica della cultura 
islamica. Il termine 
arabo "tasawwuf"
deriverebbe dalla 
lana (in arabo sūf ) con
cui erano intessuti gli umili panni dei primi mistici musulmani che per questo
vennero chiamati "sufi", ma un'altra etimologia si rifà al vocabolo
suffa, "portico" antistante la casa-moschea di 
Muhammad a 
Medina, sotto il quale si raccoglievano alcuni pii
musulmani, ospitati volentieri dal Profeta per la loro povertà che
s'accompagnava a un atteggiamento assai pio. Altri riconducono il termine
all'arabo safā' (purezza) o si
richiamano alla collocazione dei sufi 'in prima fila' ( saff al-awwal ) al cospetto di 
Dio.
Il
Tasàwwuf è particolarmente diffuso nel 
sunnismo e assai meno nello 
sciismo. Ciò dipende
essenzialmente dal fatto che, per conoscere Allah e la Sua volontà, lo sciismo
può stabilmente contare sull'attiva opera dei suoi dotti che hanno acquistato
un incontestabile profilo di tipo 
clericale; nell'Islam sunnita la totale mancanza di sacerdozio
e di una classe di tipo clericale comporta una ricerca di Dio e della Sua
volontà più personale e faticosa. Un metodo che - senza far trascurare lo
studio della dottrina esoterica ufficiale - possa aprire la Via esoterica verso
Dio. Vi sono stati tempi in cui, per manifestare l'ipocrisia imperante, i Sufi
hanno dovuto proferire affermazioni iperboliche tali da poter suscitare una
reazione, per questo alcuni, ma solo alcuni, sono stati tacciati di eresia.
Notate ad esempio questi bei versi di 
Ibn l-'Arabi, contenuti nel
"Tarjumân Al-Ashwâq":
 
Il mio cuore è divenuto capace di
accogliere ogni forma
è un pascolo per le gazzelle,
un convento per i monaci cristiani
è un tempio per gli idoli, 
è la Ka'ba del pellegrino
è le tavole della Torah, 
è il libro del Sacro Corano.
Io seguo la Religione dell'amore, 
quale mai sia la strada
che prende la sua carovana: 
questo è mio credo e mia fede.
 
Wahabiti 
Movimento
fondamentalista dell'islam nato nel XVIII secolo per opera di Mohammad ibn Abd al-Wahab
che si proponeva di riportare con ogni mezzo l'Islam alla purezza originaria.
Egli convertì alla sua dottrina un capo politico, Muhammad Ibn Sa'Ud, il cui
figlio, 'Abd El-'Aziz, fu il fondatore  
del primo impero wahabita:
 
il regno dell’Arabia Saudita, governato dalla dinastia dei Sa'Ud dal 1932. Gli
Wahabiti sottolineano più delle altre correnti la necessità della jihad (guerra santa). Wahabiti sono gli
attuali regnanti dell'Arabia Saudita e anche Osama Bin Laden (come pure il
leader dei guerriglieri ceceni Shamil Basaev).  
Il miliardario saudita Osama Bin Laden (sannita) è il
capo del movimento paramilitare Al-Qaida nato come organizzazione di guerriglia
al tempo dell’invasione sovietica dell’Afghanistan, e aiutato e istruito per
questo dagli USA. Dopo la caduta del regime sovietico, Bin Laden chiese al re
dell’Arabia Saudita di appoggiare Al-Qaida per bloccare l’invasione irachena
del Kuwait e impedire il conflitto.  
Il
 re rifiutò e dichiarò l’organizzazione fuori legge. Da
allora Al-Qaida organizza attacchi terroristici nei confronti degli USA e dei
paesi occidentali, anche se il suo obiettivo principale resta quello di
abbattere i governi musulmani che, a suo dire, sarebbero complici
dell’Occidente (Arabia Saudita, Pakistan, Egitto…).   
Ora che una costola del wahabismo si è rivoltata
contro la casa dei Saud, nel nome di Bin Laden, a Riyadh si cerca con
difficoltà una via alla riforma wahabita. A ostacolarla non c’è solo la
difficoltà di cambiare la mentalità degli ulema
(dotti dell’islam) formati in un indottrinamento pluridecennale, ma anche
il malcontento diffuso nel regno, che alimenta la fiducia in Bin Laden.
 
Zayditi 
Come
i Drusi e gli Alawiti, anche gli Zayditi non sono più considerati musulmani
dagli ortodossi. Il nome deriva da Zayn Ibn Li morto nel 740, bisnipote di Alì.
Essi sono i soli a riconoscerlo come quinto Imam, mentre per gli altri Sciiti
invece il quinto Imam è suo fratello, Mohammad al Baqir (morto nel 731). In
teoria, essa lascia la designazione dell'Imam alla libera scelta 
della comunità, nella pratica ha sostenuto il diritto alla
successione dei discendenti di Ali, della sua sposa Fatima (figlia del Profeta)
e dei loro figli, Hasan ed Hussein. Per gli Zayditi, l'Imam è il depositario
del sapere e deve far valere i propri diritti, impadronendosi del potere anche
con le armi. La particolarità che distingue questa setta dalle altre fazioni
sciite è il rifiuto della Taqiya,
ossia dell'obbligo di dissimulare le proprie credenze, in caso di pericolo di
vita per se stesso o per 
la comunità. Lo zaydismo conta almeno 6 milioni di aderenti ed è la
religione ufficiale dello Yemen del Nord.
 
 
 
 

  
" 
La Elaha Ella
 Allah " (Non
c'e' altro dio al di fuori di Dio)
 
 
Islam
(Alessandro Di Ludovico)
 
A
dispetto di quanto certa informazione deviata tende ad affermare, la Siria non
è mai stata un paese “islamico”, vale a dire che in epoca moderna non si è mai
dichiarata uno stato che riconosce una propria religione ufficiale. 
La Repubblica
 Araba di Siria si
definisce esplicitamente uno stato laico, ed ha un ordinamento che si rifà in
parte agli ideali socialisti europei del XIX e del XX secolo, anche in materia
di regolamentazione dei culti religiosi. Il paese offre, pertanto, limpidi
esempi di coabitazione promiscua tra comunità religiose diverse. Viaggiando
attraverso la Siria ci si può imbattere in esponenti di tutti i più diffusi
culti monoteistici, e di diverse delle relative confessioni, nonché,
ovviamente, nei loro luoghi di culto.
 
Il
credo di gran lunga più diffuso in Siria è quello musulmano sunnita, ma
abbastanza rappresentate sono le 
comunità
 di fedeli di dottrine
sciite (alla setta alawita, una confessione sciita relativamente ristretta,
appartengono, peraltro, l’intera 
famiglia del
 Presidente della
Repubblica e gli esponenti di alcune delle principali cariche politiche) e
cristiane (soprattutto ortodosse di rito greco e cattoliche). Meno numerosi, ma
dalla presenza ben percettibile all’interno del tessuto sociale, sono
soprattutto gli ebrei, i drusi (che dal punto di vista storico e della dottrina
sono riconducibili nella vasta schiera dei musulmani in senso lato, ma che
tendono a distinguersi sensibilmente dalla maggior parte di essi, soprattutto
in merito a taluni stili di vita quotidiani) e i credenti di altre religioni o
confessioni (zoroastriani, cristiani caldei...).
 
Considerata
la mappa dei culti religiosi della Siria, ma soprattutto la storia culturale e
sociale di questa terra, è utile, a mio avviso, informarsi soprattutto
sull’Islam, anche solo nei suoi caratteri generali. Negli ultimi anni i mezzi
di comunicazione parlano molto dell’Islam, e gli scaffali delle librerie si
sono arricchiti di libri e riviste sull’argomento. Purtroppo, molte delle
pubblicazioni relative al mondo musulmano e alla sua storia vengono spacciate per
opere di specialisti, ma sono inquinate dall’interesse personale o di fazione,
dall’impreparazione, dalla miopia, dal pregiudizio.
 
Un’ultima
notazione: premesso che il concetto di “arabo”, che è un concetto linguistico,
non va confuso con quello di “musulmano”, che è un concetto religioso, va
tenuto presente che il Corano ha un valore letterario elevatissimo per gli
arabi tutti. Oltre ad essere un testo religioso, per molto tempo tramandato
solo oralmente (si noti che nella tradizione musulmana si indicano come “Le
genti del Libro” gli Ebrei e i Cristiani, e
significativamente nessun arabo, o musulmano, definirebbe il Corano come
“libro”), esso è considerato dalle popolazioni di lingua araba la prima
manifestazione concreta in lingua araba classica pura. Gli studiosi specialisti
di ogni origine etnica o geografica conoscono e sono spesso molto affascinati
dalla lingua araba di età pre-islamica, della quale restano alcune tracce
scritte, tra cui bellissimi (e purtroppo per lo più frammentari) poemi. Molti dei
testi arabi di età pre-islamica sono tuttavia di assai difficile
interpretazione. La formalizzazione di una lingua araba classica avviene solo
con la composizione religiosa e poetica che è comunemente nota con il nome di
Corano (la Rivelazione, in quanto i musulmani ritengono che sia costituito di
versi, parole, pensieri provenienti direttamente da Dio: si può 
dire che il profeta Muhammad ci metteva solo la propria bocca,
quando cadeva in estasi). Il Corano, in qualità di somma espressione della
lingua araba classica, è anche una miniera di forme grammaticali, metriche,
sintattiche e ortografiche esemplari (quasi fosse un condensato di autori
classici, in parte ricopre per l’arabo il ruolo delle opere di Shakespeare per
la lingua inglese o di Manzoni e Dante per l’italiano...). Per queste ragioni,
per molto tempo (almeno fino agli anni ’60-‘70) l’alfabetizzazione primaria e
l’apprendimento della lingua classica (che è l’unica alla quale viene data e
riconosciuta la forma scritta) era, nelle scuole elementari dei paesi di lingua
araba, incentrata quasi esclusivamente sullo studio del Corano e sulla sua
completa memorizzazione. Oltretutto, il Corano si trovava pressoché in ogni
casa, per cui era facilmente accessibile a scolari di qualunque estrazione
sociale.
 
Infine,
per una corretta traduzione, si badi: la parola “Allah” significa letteralmente
Iddio. Deriva da al-ilāh, che significa “il (al-) dio (ilāh)”, e in
questa forma indica una divinità in senso generico (un dio di un culto
politeistico, ad esempio), e corrisponde al sostantivo italiano “dio”, mentre
nella famosa forma contratta - “Allah” - indica il dio del culto islamico, che,
nell’idea dei musulmani, sarebbe lo stesso che prima di loro si era rivelato
agli ebrei e ai cristiani, e corrisponde all’italiano “Dio”. Per queste
ragioni, appare improprio tradurre un discorso di un musulmano non italiano
mantenendo in originale soltanto la parola “Allah”: tale modo di fare,
piuttosto frequente 
nella stampa, connota il termine di un’estraneità e di una esoticità
superflue, talvolta ostili. In alcuni casi, sono gli stessi musulmani a non
tradurre questo sostantivo divenuto nome proprio, per il fatto che il Corano,
benché tradotto in molte lingue, è letto, salmodiato ed eventualmente imparato
dai musulmani di tutto il mondo esclusivamente nella sua forma originale,
dunque in lingua araba.
Qui
di seguito mi permetto di consigliare alcuni volumi abbastanza accessibili
scritti da autori di riconosciuto spessore culturale e di grande onestà
intellettuale.
 
 
- Alessandro Bausani, L’Islam, Garzanti, diverse ristampe
(breve
monografia dedicata al mondo dell’Islam, alla sua storia e alle sue
istituzioni)
 
- Il
Corano, a cura 
di Alessandro Bausani, BUR Rizzoli, diverse ristampe
(si
tratta della meglio riuscita traduzione del Corano in lingua italiana,
corredata di importanti annotazioni e di un’ampia introduzione di carattere
storico-culturale; un prodotto editoriale che spicca 
ancora oggi nel panorama italiano)
 
-  Bianca  
Maria Scarcia
Amoretti, Il mondo musulmano. Quindici secoli di storia, 
Roma, Carocci, diverse ristampe
(lavoro
di taglio storiografico e storico-culturale, piuttosto articolato e denso
riguardo ai contenuti, sulla storia delle popolazioni e delle regioni che sono
state direttamente interessate dal fenomeno della nascita della religione
islamica, della sua diffusione e delle sue diversificazioni e trasformazioni
concrete; benché non possa essere considerata un’opera riservata agli
specialisti, si tratta di un lavoro abbastanza impegnativo, dal momento che complesso
e impegnativo è anche l’oggetto trattato. L’autrice è una delle massime
autorità nell’ambito della storia dell’Islam e delle sue dottrine)
 
- Anne-Marie Delcambre, Maometto. Il profeta e l’Islam, Milano,
Electa Gallimard 1993
(libro
un po’ datato e forse difficile da reperire, è un breve ed utile trattato sulla
figura del profeta Muhammad e dei principi religiosi dell’Islam)
 
- Ira M. Lepidus, Storia delle società islamiche, Torino, Einaudi, 3 volumi,
1993-1995
(trattato
esteso ed articolato sulla storia delle popolazioni musulmane scritto da una
apprezzata specialista)
 
- Miguel A. Palacios, Dante e l’Islam. L’escatologia islamica
nella Divina Commedia, Milano, Est 1997 (diverse ristampe, precedenti e
posteriori)
(ampio
saggio in 4 parti, più appendici, pubblicato per la prima volta agli inizi del
‘900 e tradotto e ristampato in numerose edizioni; l’autore, noto studioso
spagnolo, indaga l’intensità della presenza delle dottrine e di certe
concezioni islamiche nell’opera del Sommo Poeta, ciò che all’epoca della sua
prima edizione suscitò sorprese e polemiche, ma anche adesioni appassionate)
 
- Giorgio Vercellin, Istituzioni del mondo musulmano, Torino, Einaudi 1996
(opera
di un grande esperto di diritto musulmano, questo dinamico saggio ha un taglio
storico e legale e illustra le problematiche principali relative alle fonti del
diritto musulmano e ai principali istituti che storicamente si sono sviluppati
al suo interno. Credo che la lettura di questo lavoro possa contribuire a
demolire e smascherare criticamente l’accezione sommaria e degradante che
troppo spesso il concetto di “sharìa” assume nei discorsi di politici e
giornalisti di paesi di tradizione giuridica romana o anglosassone)
 
- William Montgomery Watt, 
Cristiani e
Musulmani, Bologna, Il Mulino 1994
(scritto
da un grande studioso dell’Islam che, oltre che accademico di fama, era anche
un pastore della Chiesa Episcopale Scozzese, il libro offre una rapida
ricognizione storica sui rapporti politici e culturali tra popolazioni
musulmane e cristiane)
 
 
 
L’invito alla preghiera (Ezan)
 
Il musulmano credente viene invitato cinque volte al giorno alla
preghiera dal muezzin: la preghiera 
del mattino (Giines), del mezzogiorno (Ugle), del pomeriggio
(Ikùzdi), della sera (Aksam) e la preghiera dopo il tramonto (fatsi). La
voce più o meno roca annuncia sempre la stessa cosa:  
 
Allah è grande! (4 volte)                           Allahu
ekber
lo testimonio che non c'è altro Dio             Eshedǘ
en la ilahe  
all'infuori di Allah (2 volte)                        ill
Allah
lo testimonio che Maometto è il suo           Eshedǘ
enne Muhammeden
inviato (2 volte)                                        resullulah
Accorrete alla preghiera! (2 volte col        Hay
alassalat
viso rivolto a destra)  
Accorrete alla fortuna! (2 volte col           Hay
alafalah
viso rivolto a sinistra)  
Allah è grande! (2 volte)                         Allahu
ekber
Non c'è altro Dio all'infuori di Allah!      La
ilahe ill Allah             .                        
 
 
 
 
CRISTIANI
 
 
ORTODOSSI E CATTOLICI IN
 
SIRIA
(in base ai rispettivi riti)
 
Rito             
             fede                          lingua                                n°      
 
ANTIOCHENO      siro-ortodossi          
siriaco occidentale           100.000*                                
                                
siro-cattolici                     “                                24.250
                                  maroniti (cattolici)           “                               30.500
 
BIZANTINO           greco-ortodossi       arabo                              
550.000**
                                  melchiti (cattolici)      “                                  
150.000***
 
ARMENO                armeno-ortodossi   armeno classico            170.000
                                  armeno-cattolici              “                             24.150
 
CALDEO                 assiri d’Oriente       siriano orientale             16.800  
                                  caldei (cattolici)                “                             10.000
 
LATINO                  cattolici                       arabo                            9.650
 
 
 
*
Patriarca siro-ortodosso, sede a Damasco, Sua Santità Ignatius Zakka I Iwas.
**
Patriarca greco-ortodosso, sede a Damasco, Sua Beatitudine Ignazio IV Hazim.
***
Patriarca greco-cattolico, sede a Damasco, Sua Eminenza Joseph Absi.
 
 
In
Medio Oriente vi sono sette riti (in Italia abbiamo il rito latino e quello
ambrosiano): i cinque riti presenti anche in Siria (vedi tabella sopra),  oltre al copto e all’etiopico. In un contesto
come quello del Medio Oriente, dove vi è una pluralità di chiese, il rito è un
tratto caratteristico che esprime l’identità specifica di ciascuna e testimonia
la ricchezza specifica della loro storia. Diamo alcune brevi note sulle
principali chiese, in ordine cronologico di nascita.
 
CHIESE ORTODOSSE
 
Chiesa Assira d’Oriente
Origine:
dopo il concilio di Efeso (431). Considerata “nestoriana” dalle altre chiese,
in quanto conservò la formulazione del dogma cristologico proposto da Nestorio
(“Cristo è due persone – uomo e Dio – con una sola natura
divina”). L’invasione mongola del secolo XIV annientò questa chiesa riducendola
a poche comunità. Dopo le repressioni in Iraq del 1933 molti emigrarono negli
Stati Uniti. Sede dei patriarcati: Morton Grove (Illinois Usa) e Baghdad
(Iraq). Circa 360.000 aderenti.
 
Chiesa siro-ortodossa
Origine:
dopo il concilio di Calcedonia (451: “Cristo è una persona sola con due nature, umana e divina”), essa preferì
affermare, con Cirillo d’Alessandria, la natura unica incarnata del Verbo di
Dio (Cristo vero Dio) e fu dunque considerata monofisita (una
sola natura) dalle chiese calcedonesi. Organizzata dal vescovo di Emessa
Giacomo Baradeo, venne comunemente denominata chiesa giacobita. Colpita
dall’invasione mongola del secolo XIV, oggi si contano circa 474.000 fedeli;
dipende inoltre da lei la chiesa siro-ortodossa malankarese, presente in India
con oltre un milione di fedeli. 
Sede del
 patriarcato: Damasco
(Siria).
 
Chiesa armena apostolica
Origine:
inizio del IV secolo, con la conversione di Tridate III a opera 
di san Gregorio l’Illuminatore. All’inizio del VI secolo non aderì
alla dottrina calcedonese del 451, accogliendo, con Cirillo d’Alessandria, la
tesi dell’unica natura divina incarnata di 
Cristo. Fu così ritenuta monofisita dalle chiese calcedonesi. Sede dei
patriarcati: Etchmiadzin (Armenia); Antelias (Libano); Gerusalemme; Istanbul.
Vi aderiscono circa un milione di fedeli in Medio Oriente e altrettanti nella
diaspora.
 
Chiesa copta ortodossa
Origine:
dopo il Concilio di Calcedonia (451), nemmeno la chiesa copta aderì alla
dottrina calcedonese del 451, accogliendo, con Cirillo d’Alessandria, la tesi
dell’unica natura divina incarnata di Cristo e fu ritenuta monofisita dalle chiese calcedonesi.
Sede del
 patriarcato: Il Cairo
(Egitto). Non è presente in Siria, ma conta da 6.000.000 a 8.000.000 presenze
per lo più in Egitto.
 
Chiesa greco-ortodossa in Medio Oriente
(MO)
Origine:
costituita in MO dalle gerarchie e dai fedeli che accettarono le definizioni
del Concilio di Calcedonia (451); è separata dalla 
chiesa cattolica dal 1054 (scisma fra la chiesa d’Oriente e la chiesa d’Occidente). Sede
dei patriarcati: Alessandria; Damasco; Gerusalemme; Istanbul. Oltre un milione
di presenze in MO e 400.000 circa in diaspora.
 
 
 
 
CHIESE CATTOLICHE
 
Chiesa maronita
 
Origine:
nel IV secolo un 
gruppo di discepoli si raccolse intorno a san Marone e fondò un monastero
tra Antiochia e Aleppo. Strenui difensori della cristologia calcedonese,
nell’VIII secolo monaci e fedeli si ritirano in Libano e si configurarono come
chiesa autonoma. Nel 1182 (periodo crociato) confermarono la loro unione con la
chiesa di Roma. E’ l’unica
chiesa cattolica orientale che non nasce dal distacco da una chiesa
ortodossa!   
Sede del
 patriarcato: Bkérké
(Libano). Presenze fra MO e diaspora, circa tre milioni.
 
Chiesa caldea
Origine:
NEL 1552 per distacco dalla chiesa assira d’Oriente. Un 
gruppo di vescovi si oppose alla nomina per successione ereditaria del
patriarca, ed elesse l’abate Yohannan Sullaqa come proprio patriarca; un anno
dopo papa Giulio III consacrò vescovo l’abate eletto e lo proclamò patriarca di
tutti i caldei. 
Sede del patriarcato: Baghdad (Iraq). Circa 650.000 aderenti.
 
Chiesa siro-cattolica
Origine:
per distacco di fedeli e di clero dalla chiesa siro-ortodossa a partire dal
secolo XVII; il primo patriarca siro-cattolico fu Andrea Abhigan nel 1662;
dopo anni di vicissitudini in cui il patriarcato restò anche vacante, il
patriarca Michele Jarweh si proclamò cattolico e nel 1781 si ritirò in Libano
dove ha tuttora sede il patriarcato.
Sede del
 patriarcato: Beirut
(Libano). Circa 100.00 presenze in MO e poche migliaia in diaspora.
 
Chiesa armena cattolica
Origine:
per distacco dal patriarcato armeno di Cilicia a partire dal secolo XVII. La
costituzione della chiesa avvenne nel 1742, quando papa Benedetto XIV confermò
come patriarca di Cilicia degli Armeni il vescovo Abraham Ardzivian,
riconoscendogli giurisdizione su tutti gli armeni cattolici delle province
meridionali dell’impero ottomano. 
Sede del
 patriarcato: Beirut
(Libano). Circa 60.000 in MO e 100.000 in diaspora, fra cui il monastero di San
Lazzaro degli Armeni a Venezia, uno dei più importanti centri culturali armeni
con rilevanza mondiale.
 
Chiesa copta cattolica
Origine:
per distacco dalla chiesa copta ortodossa a partire dal secolo XVIII. Nel 1824
la Santa Sede eresse un patriarcato per i copti cattolici, ma solo
nel 1899 papa Leone XIII nominò 
il primo patriarca nella persona di Cirillo II. La carica
rimase vacante dal 1908 al 1947, quando fu eletto un nuovo patriarca a cui è
seguita una successione regolare. Sede patriarcale: il Cairo Egitto). Circa
150.000 presenze.
Chiesa melchita
Origine:
per distacco  dal patriarcato
greco-ortodosso di Antiochia a partire dal secolo XVII. In seguito a una doppia
elezione al patriarcato greco-ortodosso di antiochia avvenuto nel 1724, papa
Benedetto XIII riconobbe uno dei due, il damasceno Cirillo, al quale fu
conferito il pallio nel 1744 come 
segno di
 comunione con Roma.
Così iniziò la chiesa orientale cattolica melchita che oggi conta circa 500.000
adepti in MO e altrettanti in diaspora. 
Sede del
 patriarcato: Damasco
(Siria).
 
Chiesa latina in Medio Oriente
Origine:
dopo una iniziale diffusione nel secolo XII in occasione delle Crociate, la
chiesa latina ha avuto nuova espansione in MO tramite l’opera di missionari.
Nel 1847 fu restaurato il patriarcato latino di Gerusalemme, con giurisdizione
su giordania, Palestina, Israele e Cipro; gli altri cattolici latini in MO
dipendono dai rispettivi vicari apostolici. 
Sede del patriarcato: Gerusalemme. Circa 90.000 presenze.
 
 
 
CHIESE PROTESTANTI
 
Le
chiese e le varie denominazioni protestanti si sono diffuse in Medio Oriente a
partire dal secolo XIX tramite l’opera di missionari europei e americani presso
le comunità cristiane orientali. Attualmente sono presenti nel MO arabo circa
undici diverse denominazioni protestanti che fanno parte del consiglio delle
Chiese del Medio Oriente. Si tratta delle chiese episcopali evangeliche, 
della chiesa luterana,
della chiesa presbiteriana e di cinque altre diverse chiese
evangeliche del MO. Alle chiese costituite si devono aggiungere i nuovi
movimenti di matrice evangelica. Circa 80.000 presenze.
 
 
 
 
 
 
 

“Cristianesimo in Siria”
(Articolo tratto dall’Opera Missionaria
Paolina)
La
storia biblica inizia nella valle dell’Eufrate. La Mezzaluna è sempre stata una
delle zone più fiorenti del Vicino Oriente. In senso stretto con terre bibliche
vengono indicati i territori siro-palestinesi, la terra di Canaan, la terra di
Abramo. Un viaggio in Siria significa entrare a contatto con la memoria di
culture millenarie, tornare alle origini della storia biblica, seguire il
percorso della Storia Sacra nei suoi indimenticabili paesaggi, nelle sue città
millenarie e nei suoi monasteri. per poi penetrare nel cuore del cristianesimo
del I e del II secolo. Fu questa, infatti, la terra della prima
evangelizzazione; quando Gesù era ancora vivente, ci racconta Matteo, “la sua
fama si sparse in tutta la Siria”. Le prime comunità cristiane nell’allora
terra di Fenicia, nelle città di Damasco e di Antiochia, si svilupparono al
tempo delle prime persecuzioni, quando i cristiani furono costretti a lasciare
la Palestina. La comunità di Damasco fu fondata dagli ellenisti:
originariamente ebrei della diaspora che avevano adottato la lingua e la
cultura greche e si erano poi convertiti al cristianesimo. Sulla via di Damasco
avvenne la conversione 
di Paolo di Tarso, e la città conserva ancora molti segni del suo
passaggio. La Siria rappresenta 
il primo nucleo di irradiazione missionaria; qui fiorì la
prima forma di missio ad gentes, fu
in questa terra, infatti, che il cristianesimo entrò a contatto con le altre
religioni; fu proprio in questa zona che, per la prima volta, i discepoli di
Gesù furono indicati come cristiani (At 11,26). Molti testi dell’antichità, e
lo stesso Vangelo di Matteo, fanno riferimento alle prime difficoltà del
cristianesimo a contatto con il pluralismo religioso. La scuola teologica che
si sviluppò in Siria era caratterizzata da una profonda vivacità di pensiero e
da un forte anelito di ricerca. Anche la vita ecclesiale era molto intensa ed
numerosi erano gli studiosi che circolavano per le strade delle sue città.
Esistono
testi antichissimi che attestano l’importanza della terra siriana e dei suoi
monasteri per il primo cristianesimo: le Odi di Salomone, ad esempio, poemi
liturgici simili agli inni dei rotoli di Qumran, la Didaché, che ha come
oggetto il tema delle due vie, e le Lettere di Sant’Ignazio martire, vescovo di
Antiochia tra il I ed il II sec. In questi scritti prevale un aspetto
particolare dell’insegnamento del cristianesimo nei monasteri siriani: una
rigorosa disciplina ascetica, una forte attenzione per la trascendenza ed un
profondo senso del mistero di Dio.
Anche
il monachesimo in Siria 
presenta dei caratteri propri: sulla 
vita di
 comunità prevaleva la
vita eremitica; la più celebre figura di questo genere di contemplazione è
rappresentata da San Simeone, lo Stilita, che passò gran parte della sua 
vita di
 contemplazione sulla
colonna, attorno alla quale è poi sorta 
la chiesa. In
 Siria fiorirono i
generi più originali di vita monastica ed eremitica: attraverso una vita
ascetica ed una ferrea disciplina si ricercava il rapporto con Dio.  Si trattava di monaci che erano alla continua
ricerca di una 
vita di autenticità e verità, si dedicavano alla contemplazione, ma anche
al servizio e all’apostolato.  
 
 
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ALCUNI
ESEMPI DI TESTI ANTICHI 
DELLA CHIESA 
SIRIANA
 
Ignazio
di Antiochia (†  
107)
 
Fu un 
 
vescovo
dell'Asia Minore
dell'inizio del  
II secolo.
 
È venerato come  
santo dalla
 
Chiesa
ortodossa e dalla  
Chiesa
cattolica, ed è annoverato fra i  
Padri della Chiesa. Fu il secondo successore
 
di 
 
Pietro come vescovo di
 
Antiochia di Siria, cioè della terza città per
grandezza del mondo antico mediterraneo.
Sotto la persecuzione (98-117) dell'imperatore
Traiano
fu imprigionato, condotto a  
Roma sotto la scorta di una pattuglia di soldati, e ivi morì
 
martire
nel 107 divorato dalle fiere.
Le sue lettere esprimono calde parole
d’amore a  
Cristo
e alla Chiesa. Appaiono per la prima volta le espressioni "Chiesa
cattolica" e "cristianesimo",
che sono ritenuti neologismi creati da lui. La 
Chiesa cattolica celebra la
sua festa il  
17 ottobre, quella ortodossa il
 
20 dicembre.
 
 
Imitare la passione del 
Cristo
 VI,1. Nulla mi gioverebbero le lusinghe del
mondo e tutti i regni di questo secolo. È bello per me morire in Gesù 
Cristo più che regnare sino ai confini della terra. Cerco quello che è
morto per noi; voglio quello che è risorto per noi. Il mio rinascere è vicino.
2. Perdonatevi fratelli. Non impedite che io viva, non vogliate che io muoia.
Non abbandonate al mondo né seducete con la materia chi vuol essere di Dio.
Lasciate che riceva la luce pura; là giunto sarò uomo. 3. Lasciate che io sia
imitatore della passione del mio Dio. Se qualcuno l’ha in sé, comprenda quanto
desidero e mi compatisca conoscendo ciò che mi opprime. (Rm 6-7)
 
 
ODI DI SALOMONE
 
Le “Odi di Salomone” sono un 
 
apocrifo dell'Antico Testamento,
ma scritti probabilmente verso la fine del I secolo d.C. in ambiente cristiano.
Ci sono pervenuti in  
greco forse su un prototesto
 
siriaco
perduto. Si tratta di 42 brevi componimenti poetici appartenenti alla
tradizione 
della Chiesa siriana.
 
Il Signore senza gelosia,
si è fatto conoscere a me
nella sua semplicità.
Nella sua benevolenza
fece piccola
la sua grandezza.
Divenne come me
perché io lo accolga;
nell’aspetto fu considerato
come me
perché io lo rivesta.
Non mi sono spaventato al
vederlo
perché lui è misericordioso!
È diventato come me
perché lo possa comprendere,
prese la mia figura
perché non mi distolga da
lui.
(Odi di Salomone, 7,3-6)
 
 
 
 
DIDACHÈ -  
DOTTRINA DEI
DODICI APOSTOLI
 
La Didaché o Dottrina dei dodici apostoli
è un testo  
cristiano
di autore sconosciuto, rinvenuto nel  
1873 in un  
manoscritto gerosolimitano. Probabilmente
scritto in  
Siria
nel  
I secolo,
sarebbe contemporaneo ai 
libri del  
Nuovo Testamento.
La  
Chiesa Cattolica Romana lo inserisce nella
collezione dei  
Padri Apostolici, mentre   
la Chiesa Etiope Ortodossa lo accetta
come testo canonico.
Capitolo 1
1.
Due sono le vie, una della vita e una della morte, e la differenza è grande fra
queste due vie.
2.
Ora questa è la via della vita: innanzi tutto amerai Dio che ti ha creato, poi
il tuo prossimo come te stesso; e tutto quello che non vorresti fosse fatto a
te, anche tu non farlo agli altri.
3.
Ecco pertanto l'insegnamento che deriva da queste parole: benedite coloro che
vi maledicono e pregate per i vostri nemici; digiunate per quelli che vi
perseguitano; perché qual merito avete se amate quelli che vi amano? Forse che
gli stessi gentili non fanno altrettanto? Voi invece amate quelli che vi odiano
e non avrete nemici.
4.
Astieniti dai desideri della carne. Se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia
destra, tu porgigli anche l'altra e sarai perfetto; se uno ti costringe ad
accompagnarlo per un miglio, tu prosegui con lui per due. Se uno porta via il
tuo mantello, dagli anche 
la tunica. Se uno ti prende ciò che è tuo, non ridomandarlo, perché
non ne hai la facoltà.
5.
A chiunque ti chiede, da' senza pretendere la restituzione, perché 
il Padre vuole che tutti siano fatti partecipi dei suoi doni. Beato
colui che dà secondo il comandamento, perché è irreprensibile. Stia in guardia
colui che riceve, perché se uno riceve per bisogno sarà senza colpa, ma se non
ha bisogno dovrà rendere conto del motivo e dello scopo per cui ha ricevuto.
Trattenuto in carcere, dovrà rispondere delle proprie azioni e non sarà
liberato di lì fino a quando non avrà restituito fino all'ultimo centesimo.
6.
E a questo riguardo è pure stato detto: «Si bagni di sudore l'elemosina nelle
tue mani, finché tu sappia a chi la devi fare».
 
 
 
IL DIATESSÀRON DI TAZIANO
 
Apologeta
del II secolo nato in  
Siria,
prima allievo di  
San Giustino Martire, poi
 
eretico della
 
setta
 
gnostica
degli  
Encratiti.
Noto per aver composto il 
Diatessàron,
un tentativo di armonizzazione dei quattro  
Vangeli
consistente in un continuum narrativo degli eventi principali della vita di
 
Gesù
(denominato in siriaco mehialletie, che
significa “i [Vangeli] Mescolati”.  
Di
questa opera esistono solo alcuni frammenti in  
siriaco
ma  
Sant'Efrem di Siria ne fa
una ricostruzione abbastanza fedele in un suo commentario, il cui testo in
siriaco è andato perduto, ma che esiste in una versione  
armena.
Oltre al Diatessàron la Chiesa sira ha conosciuto sin dai primordi i quattro
Vangeli nella forma a noi abituale, denominati  
mep-arreše, cioè “i [Vangeli] Separati” o “Vecchia
Siriaca”, composti agli inizi del III secolo sotto una forte influenza del Diatessàron
di Taziano, con lezioni varianti, di cui ci restano poche testimonianze.
 
 
 
Teofilo di Antiochia
 
Teofilo, venerato come 
 
Santo dalla
 
Chiesa
cattolica, fu il sesto  
vescovo di  
Antiochia tra il  
II
ed il  
III secolo,
sotto 
il regno
dell'imperatore  
Marco Aurelio.
Scrittore  
apologeta,
si pone nella questione  
cristologica e  
trinitaria
dell'epoca identificando  
Gesù con il  
Logos (ossia il Verbo, la Parola di
 
Dio, di cui Gesù sarebbe
 
Incarnazione),
riprendendo il  
prologo del  
Vangelo di Giovanni  e rifacendosi allo  
stoicismo,
unendo così le culture  
ebraica ed  
ellenistica.
 
Dalla
creazione al Creatore
“Considera,
o uomo, le opere di Dio: l’avvicendarsi periodico delle stagioni, i mutamenti
dell’atmosfera, la precisione del corso delle stelle, l’armonico alternarsi dei
giorni e delle notti, dei mesi e degli anni; la ridente varietà dei semi, delle
piante e dei frutti; le differenti specie di animali: quadrupedi, volatili,
rettili, gli animali acquatici, sia fluviali che marini e l’istinto dato loro
di generare e allevare la prole, non già per proprio vantaggio ma per essere a
disposizione dell’uomo.  
Rifletti
poi sulla provvidenza che Dio manifesta preparando ad ogni vivente il suo
nutrimento e sull’ossequio che egli ha ordinato a tutti di presentare all’uomo,
sullo scorrere di dolci sorgenti e di fiumi e sul dono opportuno delle rugiade,
dei temporali, delle piogge. Contempla i diversi movimenti dei corpi celesti:
Lucifero che sorge a oriente per annunciare l’arrivo dell’astro perfetto; la
congiunzione della Pleiade con Orione; la costellazione di Arturo e
l’itinerario degli altri astri descritti nel cielo circolare ai quali tutti la
molteplice sapienza di Dio ha dato un nome.
Questi è quell’unico Dio che ha creato la luce dalle tenebre, che ha creato i
recessi del vento (Sal 46; Gb 9,9), i serbatoi dell’abisso e i confini del
mare, i ripostigli della neve e della grandine: che raduna le acque nei
serbatoi dell’abisso e le tenebre nei loro nascondigli; che fa uscire dalle sue
riserve la soave, amabile e giocondissima luce; che fa salire le nuvole
dall’estremità della terra, moltiplica le folgori per far piovere (Sal 134,7),
suscita il terrore con il tuono, preannuncia con la folgore il fragore del
tuono affinché l’anima, improvvisamente turbata, non venga meno.  
Anzi,
è Dio stesso a temperare la forza del fulmine che erompe dal cielo affinché non
bruci la terra; infatti, se ad esso fosse lasciata intatta la sua violenza, la
terra ne sarebbe arsa, e così pure il tuono sconvolgerebbe ciò che si trova su
di essa.
Questo, mio Dio, Signore di tutte le cose, è colui che ha disteso il cielo e ha
stabilito l’ampiezza della terra; che ha sconvolto le profondità del mare e
suscitato il frastuono delle sue onde (Sal 64,8); colui che domina con la sua
autorità e mitiga la violenza dei flutti (Sal 88,10); colui che ha fondato la
terra sopra le acque ed elargisce lo spirito per mantenerla in vita; colui il cui
soffio vivifica tutte le cose: se egli lo trattenesse presso di sé
quest’universo si annienterebbe […].
(Ad Autolico, 1,5-7)
 
 
 
 
 
Sant’Efrem il siro (Nisibi, 306 – Edessa, 9 giugno 373)
 
 
Fu
 
 il più importante dei Padri
siriaci e 
il massimo poeta
dell’era patristica. Autore di inni in lingua siriaca, visse buona parte della
vita nella città natale,
fu esiliato a Edessa nel  
363
dove morì.
Viene venerato come 
 
santo dai cristiani del
mondo intero, ma in particolare dalla  
Chiesa cattolica sira. Efrem ha scritto
moltissimi inni, poesie e omelie in versi e commentari biblici in prosa. Furono
così famosi e apprezzati che venivano persino usati nella liturgia come testi
di scrittura ispirata. Per secoli
dopo la sua morte, autori cristiani scrissero centinaia di opere
pseudo-epigrafiche su di lui. Gli scritti di Efrem testimoniano una fede 
cristiana ancora primitiva ma
vibrante, poco influenzata dal pensiero occidentale e più vicina al modo di
pensare orientale.
 
 
 
 
Preghiera per gli anziani
Signore Gesù  
Cristo,  
che hai potere sulla vita e sulla morte,
tu conosci ciò che è segreto e nascosto,  
i pensieri e i sentimenti non ti sono velati.  
Guarisci i miei raggiri e il male fatto nella mia
vita.  
Ecco, la mia vita declina di giorno in giorno,  
ma i miei peccati crescono.  
Signore, Dio delle anime e dei corpi,  
tu conosci l'estrema fragilità
  
della mia anima e del mio corpo,  
concedimi forza nella mia debolezza,  
sostienimi nella mia miseria.  
Dammi un animo grato:  
che mi ricordi sempre dei tuoi benefici,  
non ricordare i miei numerosi peccati,  
perdona tutti i miei tradimenti.  
Signore, non disdegnare questa preghiera,  
la preghiera di questo misero.  
Conservami la tua grazia fino alla fine,  
custodiscimi come per il passato. Amen.
 
Inno "Sulla Perla" 1, 2-3
"Posi (la perla),
fratelli miei, sul palmo della mia mano,
per poterla esaminare.
Mi misi ad osservarla dall’uno e dall’altro lato:
aveva un solo aspetto da tutti i lati.
(Così) è la ricerca del Figlio, imperscrutabile,
perché essa è tutta luce.
Nella sua limpidezza, io vidi il Limpido,
che non diventa opaco;
e nella sua purezza,
il simbolo grande del corpo di nostro Signore,
che è puro.
Nella sua indivisibilità, io vidi la verità,
che è indivisibile"
(Inno "Sulla Perla" 1, 2-3).
 
Aafrate il Saggio
 
Uno dei personaggi più importanti e allo
stesso tempo più enigmatici del cristianesimo siriaco del IV secolo. La
comunità ecclesiale in cui si trovò a vivere era una comunità che cercava di
restare fedele alla tradizione giudeo-cristiana, di cui si sentiva figlia. Essa
manteneva perciò uno stretto rapporto con il mondo ebraico e con i suoi Libri
sacri. Significativamente Afraate si definisce "discepolo 
della Sacra Scrittura"
dell’Antico e 
del Nuovo Testamento (Esposizione
22,26), che considera sua unica fonte di ispirazione, ricorrendovi in modo così
abbondante da farne il centro della sua riflessione.Fu a capo di un monastero e
infine fu consacrato vescovo.
 
La preghiera
"Da’ sollievo agli
affranti, visita i malati,
sii sollecito verso i poveri: questa è la preghiera.
La preghiera è buona, se le sue opere sono belle.
La preghiera è accetta quando dà sollievo al prossimo.
La preghiera è ascoltata quando in essa si trova anche il perdono delle offese.
La preghiera è forte quando è piena della forza di Dio"  
(Esposizione 4,14-16).
 
 
LA PESCHITTA
 
Nel 423 il vescovo Teodoreto ordinò la
distruzione delle copie esistenti del Diatessàron di Taziano, scegliendo di
adottare quattro vangeli separati, come avveniva per tutte le altre chiese
cristiane. Rielaborando i materiali delle altre traduzioni (la “Vecchia Siriaca”) fu composto
un testo unico dell’Antico e 
del Nuovo Testamento denominato
“Peshitta” (“comune” o “semplice”), a opera, secondo la tradizione, di Rabbuia,
vescovo di Emessa, morto nel 435. Essa costituisce tuttora la versione di
riferimento delle chiese orientali di lingua siriaca.
 
 
 
Romano il
Melode  
(V - 
 
VI secolo,  
 
 
Emesa
-  
555 ca)
 
Fu il maggior
 
poeta
 
religioso
bizantino
e a lui si deve il perfezionamento del 
contacio, (omelia lirico-drammatica,
con la struttura di un inno diviso in stanze e accompagnato dalla  
melodia).
La  
Chiesa cattolica lo venera come
 
santo, celebrandone la
festa il  
1 ottobre.
Nacque a Emesa in  
Siria
da una famiglia di religione  
ebraica, si convertì al  
cristianesimo
e si trasferì a  
Costantinopoli dove assunse l'incarico di
diacono.
 
 
 
 
 
 
Madre di Dio
Ponete fine ai
lamenti!
Io mi farò vostra avvocata
presso mio Figlio.
Non più tristezza,
perché ho messo al mondo la gioia.
Sono venuta alla luce
per rovesciare il regno del dolore,
io, piena di grazia...
Mettete dunque freno alle lacrime,
accettate me
come vostra mediatrice
presso colui che è nato da me,
perché l'autore della gioia
è lo stesso Dio generato dall'eterno.
Non vi tormentate più,
eliminate ogni paura:
andrò io, piena di grazia,
da lui a parlargli!
 
 
Romano
Damasceno (Damasco, 650 circa – Laura di San Saba, 749 circa)

Di famiglia araba, di fede cristiana è
venerato come  
santo
dalla  
Chiesa cattolica e dalla
 
Chiesa
ortodossa. Famoso teologo, la sua opera più ricordata è il
De Fide Orthodoxa,
dove, da devoto della  
Madonna, sostiene la verginità della
stessa  
sant'Anna,
madre  
di Maria   Le famose icone
della "Vergine delle tre mani" (Tricherusa), con tre mani che
escono dal manto, derivano da una leggenda che lo riguarda.  
“Nel cuore della Siria, sotto 
il regno della dinastia
degli Omayyadi, il santo si oppose fermamente al furore iconoclasta che
scuoteva il mondo bizantino. L'imperatore Leone III Isaurico, per contrastare
la sua lotta in difesa del culto delle immagini, gli istigò contro il califfo
di Damasco, facendogli pervenire una lettera falsificata, nella quale Giovanni
Damasceno incitava l’imperatore a conquistare la Siria; allora il califfo gli
fece tagliare la mano destra. Giovanni trascorse tutta la notte in preghiera e
promise a Dio che, se la mano gli fosse stata restituita, avrebbe continuato a
lottare in difesa delle icone. Miracolosamente guarito, compose l'inno "In
te si rallegra" e, in 
segno di riconoscenza, fece
aggiungere una mano votiva nella parte inferiore dell’icona: sarebbe appunto
questa il prototipo della Tricherusa. Questo culto si diffuse presto anche in
Russia, ricevendo un’interpretazione allegorica: la terza mano è la mano
soccorritrice della Madre di Dio che sempre aiuta il fedele, così come
miracolosamente aiutò il suppliziato.
 

 Madre di
Dio  dalle tre mani
In te si rallegra,  
o Piena 
di grazia, ogni creatura,
l’assemblea degli angeli
 
e il genere umano;
o Tempio santificato,
 
Paradiso spirituale,
 
Gloria verginale:
da Te ha preso carne
 
e si è fatto bambino
 
Colui che è il nostro Dio
 
da prima dei secoli.
Del tuo seno Egli ha fatto il
suo trono
e l’ha reso più vasto dei
cieli.
In te si rallegra,                                    
o Piena 
di grazia, ogni creatura.                       
Gloria a te!                                                                                                                                                                                                                                                        
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Ciotole e ollette potorie dal pozzo di età medio assira
 
 
 
 
 
 
 
IL QUADRATO MAGICO
 
(4 esemplari a Dura Europos)


 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il
quadrato magico del SATOR è la più famosa struttura palindroma che da secoli ha
attratto gli studiosi a causa del suo innegabile fascino. Si tratta,
sostanzialmente, in una frase in lingua latina (SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS)
che può essere letta in entrambi i sensi, come ve ne sono tante altre. La sua
singolare caratteristica, però, è che, essendo formata da cinque parole di
cinque lettere ciascuna, è possibile iscrivere la stessa frase in un quadrato
di 5 x 5 caselle all'interno del quale la frase può essere letta in quattro
direzioni possibili: da sinistra verso destra, e viceversa, oppure dall'alto
verso il basso, e viceversa.
 
Inizialmente si credette che
il Quadrato fosse un'invenzione medievale, perché tutti i ritrovamenti fino ad
allora effettuati non erano databili prima del IX secolo.  Il significato letterale della frase
(traducendo la misteriosa parola “arepo” dal celtico àrepos con “carro”)
potrebbe dunque essere:  «Il seminatore Arepo tiene tra le mani le sue opere»; oppure: 
«Il
seminatore, con il carro, tiene con cura le ruote»;  
o
ancora:  «Iddio
(SATOR, il creatore) - domina e regge (TENET) - le opere del creato (ROTAS
OPERA) e quanto la terra produce (AREPO, aratro).  
Proviamo a
scrivere le cinque parole una di seguito all'altra.
Scopriamo che formano una frase palindroma, che, cioè, può essere letta
anche in senso inverso.
S A T O R
A R E P O T E N E T O P E R A R O T A S
Il seguente disegno illustra
spiritosamente questa proprietà:

 
 
 
 
 
 
 
Il
seminatore Arepo tiene tra le mani le sue opere.
 
Ma
nel 1868 uno scavo archeologico tra le rovine dell'antica città romana di
Corinium (oggi Cirencester, nel Gloucestershire, in Inghilterra) rivelò la
curiosa iscrizione sull'intonaco di una casa databile al III sec. d.C. In tale
frammento, oggi conservato al museo archeologico della stessa città, il
Quadrato appare nella sua versione speculare, che inizia con 
la parola ROTAS .  
Un'ulteriore
scoperta, avvenuta nella città siriana di Dura-Europos, sull'Eufrate, antica colonia
romana (300-256 a.C.) fece riflettere i ricercatori. Anche qui furono ritrovati
quattro esemplari del Quadrato Magico, tutti nella versione speculare, databili
attorno al 200-220 dell'era Cristiana.
 
Alla
luce di questi ritrovamenti, l’ipotesi più condivisa è che si tratti di una cruces
dissimulatae, una raffigurazione cifrata dei primi cristiani per poter
adorare la croce in segreto: le due parole TENET, infatti, disegnano al centro
del quadrato un croce perfetta, centrata sull'unica lettera N. Inoltre le 25
lettere del quadrato possono essere disposte in modo da formare le parole
A-PATERNOSTER-O. La A e la O, corrispondenti latine dell'Alfa e dell'Omega
greci, significherebbero allora il principio e la fine di tutte le cose. Se si
legge il quadrato a serpentina si ha: sator opera tenet - tenet opera sator  (il
seminatore possiede le opere,  
ovvero
«Dio è il Signore del creato»).
 
 
 
 
CUCINA 
E BEVANDE
 
(a cura 
di Alessandro Di Lorenzo)
 
Un
consiglio che mi sento di dare, è di informarsi anche sulla ricchissima e
ottima cucina siriana, argomento del quale sono un esperto consumatore, ma
scarsamente preparato a livello teorico e pratico. Di seguito faccio una breve
e un po’ imprecisa descrizione di qualche piatto tipico.
  
Hommòs: salsa a 
base di ceci, di solito usata come antipasto.
 Buràk: formaggio tipico avvolto in pastella e fritto.
 Fàtteh: piatto a 
base di  
tahina (salsa di sesamo) che presenta diverse varianti (con
i ceci, con il pane fritto...).
 Tahìna: salsa a 
base di farina di sesamo, usata spesso da sola, o come componente
principale per altre salse, come l’hommos.
 Bàba Ganùš: salsa a 
base di melanzane usata spesso negli antipasti.
 Fattùš: insalata di lattuga, pomodori, spezie e pane fritto.
 Šiš Taùk: sorta di spiedini di carne di tacchino arrostiti
sulla brace.
 Kebàb: carne di montone macinata e arrostita alla brace in sorte di lunghe
salsicce appositamente preparate (talvolta aromatizzate con menta o altri odori
caratteristici della cucina siriana).
 Šiš Kebàb: lo stesso che lo šiš
tauk, ma fatto con carne di montone.
 Šanklìš: formaggio molto morbido che assume la forma di
palline più o meno grandi; si vende anche sott’olio, in barattoli, ed ha un
sapore delicato arricchito da una sorta di muffa scura che riveste esternamente
le porzioni.
 Muhàmmara: salsa speziata a
base di
 peperoncino e paprika,
ma di solito non molto piccante.
 Làban: yogurt che accompagna i cibi salati (è spesso aggiunto allo šawarma), ma che viene di frequente
mangiato anche soltanto con il pane.
 Šawàrma: spesso confuso con il kebab, è il caratteristico e ormai diffusissimo “panino” a 
base di carne e di origine turca; può essere preparato e condito in
molti modi, e le “tradizioni” in tal senso possono essere piuttosto diverse a
seconda delle località.
 Felafel: frittelle di ceci che possono essere mangiate da
sole, tritate e avvolte nel pane o accompagnate da qualche salsa.
 ‘ayràn: sorta di yogurt che viene di solito bevuto (si vende anche in
pratiche bottigliette) e si accompagna molto bene con i piatti di carne.
 Kèbbeh: sorta di polpetta di carne macinata cucinata in
diversi modi. Può essere aromatizzato con pinoli, impanato e arrostito (kèbbeh mešwìyyeh), fritto (kèbbeh maqlìyyeh), macerato nel limone e
nell’olio e servito crudo (kèbbeh nìyyeh)
etc.
  
Di
Damasco è assai famoso un tipo di gelato prodotto con un metodo
artigianale piuttosto antico, che consiste nel pestare in grossi mortai la pasta
fredda del gelato (che acquisisce quasi la consistenza di un tessuto) con un
grosso pestello di legno, in modo da farle mantenere una temperatura molto
bassa (non conosco, sinceramente, il principio fisico relativo, ma
effettivamente è ciò che accade). Anche ad Aleppo la tradizione del gelato è
antica e prestigiosa, ma le modalità di preparazione sono più simili a quelle
tradizionali italiane (la rivalità tra le due principali città della Siria è
molto accesa, in termini di tradizioni storiche, culturali e culinarie...).
Inoltre, entrambe le metropoli hanno una ricca tradizione dolciaria,
soprattutto a 
base di cioccolata e pasta di mandorle nel caso di Aleppo, di frutta
secca nel caso di Damasco.
 
Della
regione settentrionale sono, infine, famosi i pistacchi e le olive
(dalle quali si ricava l’olio d’oliva e un sapone famoso in tutto il
mondo).
 
Alcolici:
In
Siria e in Libano si produce un vino che difficilmente viene apprezzato
da un palato italiano. La birra siriana, invece, trova non di rado degli
estimatori stranieri, anche per via della sua levità. Tra i superalcolici,
vanno ricordati lo ‘araq (a
base di anice), preferibilmente bevuto molto freddo e con aggiunta
di acqua e ghiaccio, e lo ‘anbariyyeh,
liquore dolce ma forte aromatizzato con frutta o menta. Di entrambi è
consigliabile fare attenzione alle numerose versioni scadenti.
 
 
 
 
 
 
GIORDANIA
 
.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
LUOGHI CHE VISITEREMO
IN GIORDANIA
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
                       
Giordano. Il fiume fa da confine con Israele
 
                    ed è l'unica vera risorsa
d'acqua superficiale.
 
 
 
 
 
 
 

 
 

ESTENSIONE IN GIORDANIA    
 
Jerash
Dopo la visita di Bosra (vedi 11° giorno
Siria), partenza per il confine con 
la Giordania e visita all’antica “Gerasa”, fondata tra il IV e il
V secolo a.C., in prossimità del fiume Jerash,
sul sito di un antico insediamento occupato già nel Neolitico e nell’età del
Bronzo. Conosciuta in epoca seleucide come “Antiochia sul fiume d’Oro”, fu
conquistata nell’84 a.C da Alessandro Ianneo, ma pochi anni dopo, nel 63 a.C. Pompeo le rese l’indipendenza e la fece entrare
nella Lega delle Decapoli. Iniziò così un periodo aureo 
durante il quale la città si arricchì di teatri, templi e
strutture religiose e secolari tipiche delle città greco-romane. La ricchezza
della città era dovuta alla fertilità del terreno, all’abbondanza delle acque e
anche agli scambi commerciali con i nabatei. Il periodo di prosperità continuò
fino al III secolo d.C., quando Gerasa divenne colonia romana e le rotte
commerciali si spostarono verso il mare. 
Durante il periodo bizantino molti templi furono abbattuti o
trasformati in chiese. L’arrivo dei persiani sasanidi (614), poi degli arabi
musulmani (638) e infine violente scosse sismiche verso la metà dell’VIII
secolo ne decretarono un lento declino; dopo un lungo periodo di abbandono, la
città tornò a vivere con l’arrivo dei circassi sunniti (profughi dalle regioni
caucasiche della Russia) cui gli ottomani diedero nel 1886 una nuova patria.
Gli scavi archeologici, iniziati nel 1925, hanno
portato alla luce una piccola parte della ricchezza del sito davvero
straordinario per i colori delle pietre e l’eleganza dei templi e dei teatri.
 
Dalla “Porta sud” si entra in una delle più
straordinarie costruzioni di Jerash: la “piazza ovale” che conduce al “Tempio
di Zeus” ubicato su un’altura dove in precedenza si trovava un luogo di
culto risalente all’età del Ferro.. La costruzione attuale risale al 162-163
d.C. che si aggiunse a un tempio romano del secolo precedente. Poco lontano si
trova il più grande dei teatri della città, il “Teatro sud”, oggi
utilizzato per  le manifestazioni 
del Festival internazionale di Jerash. Il monumento più famoso
della città è il “Tempio di Artemide” dedicato alla dea della caccia
(Diana  per i romani), caratterizzato da
raffinate colonne corinzie alte 
12 m. Di particolare impatto è anche il “Cardo maximus”
costruito nella seconda metà del I secolo d.C., con il suo scenografico e
maestoso colonnato e una scalinata monumentale (i “propilei”) che conduceva al
tempio di Artemide, formata da sette rampe 
di sette gradini ognuna, disposte in modo da formare una sorta
di illusione ottica: guardando la scalinata dal basso sembra che non ci siano
interruzioni tra le rampe, mentre se si guarda dall’alto appare una piattaforma
senza alcun gradino.  
 

 
 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Petra
 
Unica al mondo per la sua bellezza e per le vestigia
di varie epoche, nota come “città rosa” per le sfumature delle sue rocce, Petra
è uno dei siti più noti del Vicino Oriente. Il suo parco 
nazionale di
 circa 160 km 2è
entrato a fa parte del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO nel 1985.
Attorno
al secolo XIII a.C. fu abitata dagli edomiti, che l’Antico Testamento chiama
“figli di Esaù”: essi impedirono agli israeliti di passare attraverso i loro
terreni per raggiungere 
la Terra Promessa e da allora vi furono conflitti fra i due popoli.
Durante il regno
di David gli israeliti si impossessarono delle terre di Edom,
ma gli edomiti riacquistarono poco dopo l’indipendenza delle proprie terre.
Anche Alessandro Magno tentò di conquistarla, ma senza successo (312 a.C.). Nel IV secolo a.C un popolo semitico nomade
originario della penisola arabica, i nabatei, si impossessò dei
territori edomiti e si arroccò a Petra (in greco Sela che significa “roccia” da cui probabilmente il suo nome) che
ne divenne la capitale; poco dopo i nabatei diventarono i padroni incontrastati
delle vie carovaniere dalla Transgiordania al deserto del Neghev fino al mar
Rosso. Furono i nabatei a dare a Petra un grande sviluppo con il commercio
della mirra, dell’incenso e delle spezie, sfruttando la posizione strategica
della città alla crocevia delle strade carovaniere. Qui essi scavarono
grandiosi templi e tombe monumentali in uno stile eclettico che risente degli
influssi dell’arte ellenistica, egiziana, assira; costruirono granai e
magazzini, mentre loro abitarono, secondo la tradizione beduina, in semplici
grotte Neppure l’arrivo dei romani riuscì a spezzare la loro autonomia; ma nel
75 d.C. l’ultimo re nabateo, Rabel II, spostò la capitale 
del regno da Petra a Bosra e nel 106 d.C. l’imperatore Traiano
creò la provincia d’Arabia annettendo anche 
il regno nabateo.
Durante il dominio bizantino il cristianesimo non ebbe mai vita
facile a Petra; i crociati eressero nella zona cinque fortezze, ma già nel
secolo successivo le testimonianze sulla città divennero sempre più rare. Se ne
tornò a parlare nel 1812 quando Petra venne riscoperta da un giovane
esploratore svizzero, Johan Ludwig Burckhardt. Le
prime vere missioni archeologiche cominciarono dal   
1828,
e dopo il    
 
1830 il sito divenne un luogo di visita, tappa
di pellegrinaggi religiosi, e fonte di guadagni per i capi delle tribù dei
dintorni.
 
Dopo l’ingresso, sulla destra, si incontrano i “blocchi
di Jinn”, tre grossi monoliti squadrati adibiti a ospitare gli spiriti (in
arabo jinn) rimasti incompiuti.
Subito dopo si trova la “tomba degli Obelischi” (40-70 d.C.), scolpita
nella roccia, in stile egiziano, con quattro obelischi o piramidi scolpiti
sulla facciata, a indicare le anime dei defunti. Si raggiunge poi la porta
del Siq, Bab as-Siq, che immette
nella stretta gola d’accesso al sito, scavato nella roccia e poi in un lungo
tunnel che in certi punti è largo appena due metri, mentre l’altezza arriva
fino a 100 metri! Dopo circa mezz’ora di cammino ci attende una bella
sorpresa.
 
AL-KHAZNAH
All’improvviso appare, nel suo splendore “il tesoro
del faraone” o Al-Khaznah in quanto
la tradizione dice che un faraone avrebbe nascosto un tesoro nella parte alta
di questo spettacolare monumento. Costruito nel periodo 
di Adriano (117-138 d.C.) o secondo altri due secoli e mezzo
prima, la costruzione colpisce per la sua mole, ma anche per l’armonia degli
elementi, in stile ellenistico. Si compone di due ordini corinzi sovrapposti
decorati con colonne, rilievi e statue: nel piano inferiori due Dioscuri
circondano l’entrata, in quello superiore due Vittorie alate sono ai lati di un
tholos centrale dove si vede un
bassorilievo della dea Iside, sovrastato dalla famosa urna che avrebbe dovuto
contenere il tesoro.
Proseguendo la visita si arriva al Teatro,
costruito probabilmente all’epoca di Aretas IV (6 a.C – 40 d.C.) al posto di un cimitero, che poteva
ospitare fino a 3000 spettatori.
 
AL-KUBTHAH
I monumenti della collina di Al-Kubthah sono tra i più famosi 
di Petra e sarebbero stati scolpiti per volere di una famiglia
reale nabatea. Le spettacolari tombe reali della necropoli  costituiscono un meraviglioso insieme di
edifici dalla facciata scolpita (I-II secolo d.C.) e si raggiungono dopo circa
20 minuti di salita: la tomba dell’Urna o del Tribunale trasformata in
chiesa nel 447, la tomba della Seta così chiamata per gli straordinari
policromi della roccia in cui è scolpita, 
la  tomba Corinzia, la tomba del Palazzo costruita su tre piani
utilizzando anche mattoni che colpisce per la sua maestosità, la bella tomba
di Sextus Florentinus costruita
dai figli del proconsole romano che, secondo un’iscrizione riportata dal
defunto, voleva essere sepolto qui.
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Petra, tomba dell’Urna
                         
 
VIA COLONNATA
Realizzata 
all’epoca di Aretas IV e rinnovata sotto Traiano, era una larga strada
lastricata e fiancheggiata da portici dei quali non resta traccia. Vi si trova
una chiesa bizantina costruita su un’antica chiesa preesistente, le cui
navate laterali sono decorate con splendidi mosaici: 51 medaglioni che
raffigurano le stagioni a destra, e 84 medaglioni decorati con piante animali e
ceste votive a sinistra. Proseguendo si incontrano vari tempi, in parte ancora
in restauro, fra cui il “tempio del leone alato” il cui nome deriva dalle
decorazioni dei capitelli, e l’imponente tempio di Qasr al-Bint o
“palazzo della figlia del faraone” risalente al I secolo a.C. e consacrato al
dio nabetano Dusharah, venerato anche in Egitto.
 
Altre mete del ricco sito, anche se più difficili da
raggiungere, sono il Gebel Ad-Dayr (un'ora di cammino) per vedere ancora
monumenti straordinari e soprattutto gole e burroni vertiginosi e panorami
spettacolari sul maestoso paesaggio sottostante, e il “Luogo alto del
sacrificio” salendo verso Al-Madhbah , luogo ben conservato e
altrettanto panoramico, ricco di edifici e tombe e di un celebre santuario che
serviva per la celebrazione dei riti religiosi.
                   
 
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Al-Bayda
 
Conosciuta come “la piccola Petra”, è uno degli insediamenti preistorici più antichi di
tutto  il Vicino Oriente, paragonabile
all’antica Gerico (primo Neolitico, 6800 a.C.). Scavi archeologici hanno portato alla luce sei
livelli di abitazioni neolitiche e un livello sottostante riferibile al
Mesolitico.
Si possono ancora ammirare sul sito alcune mole da
grano, oltre ad abitazioni rotonde, seminterrate.
A circa un km., il Siq al-Barid presenta
edifici scavati nella roccia; notevoli sono le tecniche di terrazzamento
adottate dai nabatei per le coltivazioni, le canalizzazioni per l’acqua e le
cisterne di raccolta, oltre a un triclinum
sul cui soffitto sono ancora visibili i resti di affreschi con figure
mitologiche (I secolo d.C.).  
 
Madaba
        
Torniamo al nord verso Amman, e sulla strada
incontriamo “la città dei mosiaci”: Madaba, posta in una zona collinare. Si
tratta della biblica “Medba” citata in occasione dell’esodo degli ebrei, quando
attraversarono il fiume Arnon. Sconfitta da Joab all’inizio del X secolo a.C.,
la città fu ricostruita da Mesha 
re di Moab un secolo dopo; passò in seguito nelle
mani di Hyrcan I (134-104 a.C.) e successivamente fu ceduta ad Aretas III, re dei
nabatei, in cambio di un appoggio politico e militare. Dopo la conquista romana
crebbe via via di importanza, fino a divenire nel V secolo sede vescovile,
raggiungendo il massimo sviluppo all’epoca di Giustiniano, con intense
attività artistiche (i famosi mosaici) e architettoniche. Nel corso dell’VIII
secolo, a causa del movimento degli iconoclasti, molti volti e corpi umani dei
mosaici furono coperti con tessere bianche; ulteriori danni furono provocati da
un devastante terremoto nel 749. Dopo un lungo periodo di abbandono, la città è
stata ripopolata da alcune tribù arabe di religione cristiana intorno al 1880;
esse hanno contribuito a ricostruire molte chiese con i materiali antichi
ritrovati sul luogo e a riportare alla luce mosaici e strutture sepolti dal
tempo.  
 
 
 
CHIESA DI SAN GIORGIO
Chiesa di rito ortodosso risalente al
1896 in cui è conservata
la famosa  Mappa di Terrasanta.
Si tratta di un mosaico di 17,50 m. per circa
10 m., eseguito intorno al 560, che rappresenta un
eccezionale documento di geografia biblica dell’area che spazia da Tiro a
Sidone fino al delta del Nilo. La mappa, scoperta nel 1897 durante la
costruzione della nuova chiesa, riproduce oltre 150 località, con i loro
toponimi e rappresentate con dettagli a seconda della loro importanza; i siti
biblici sono indicati in rosso e al centro campeggia, splendida, Gerusalemme
con 36 edifici riprodotti. Singolare il modo di sottolineare la salinità del
Mar Morto: alcuni pesci che vi giungono invertono la loro 
direzione per tornare indietro e risalire
il Giordano scappando dalle acque salate.
 
 
 
 
 
 
 
 
PARCO ARCHEOLOGICO
Si sviluppa intorno ai resti dell’antica strada
romana, lastricata e fiancheggiata da colonne, che attraversava la città, nella
parte settentrionale, da est a ovest. Vi troviamo la chiesa della Vergine,
costruita alla fine del VI secolo sui resti di un tempio romano: decorata al
suo interno da splendidi mosaici, essa contiene anche la 
sala di Ippolito con un mosaico del V secolo, capolavoro del
“rinascimento classico”, che raffigura il mito di Fedra e Ippolito assistiti
l’una dalle ancelle e l’altro dalla nutrice e da un servo; nel pannello
superiore le tre Grazie e alcuni amorini sono al cospetto di Afrodite e Adone
in trono. Nella parte meridionale della strada romana ecco la chiesa del
profeta Elia e la cripta di Sant’Eliano, e un poco più distanti la chiesa
degli Apostoli con un bellissimo mosaico pavimentale a opera del mosaicista
Salamanio (sua firma nel medaglione al centro) ricco di colori e con
raffigurazioni del mare (Thalassa),
esemplari di fauna marina, coppie di pappagalli, fiori e frutta, uomini e animali,
scene di vita quotidiana. Infine il Museo Archeologico che contiene fra
l’altro alcuni mosaici molto interessanti rinvenuti nella zona.           
 
 
 
 
Monte Nebo
 
Questa cima si trova all’estremità occidentale del
sistema montuoso di  Siyaghah (Psyga 
nella Bibbia), ed è uno spettacolare balcone naturale sulla valle
del Giordano, sulla Palestina e sul mar Morto.  Qui Mosè sostò in contemplazione della Terra
Promessa, qui fu rapito al mondo con un bacio 
dal Signore secondo la tradizione ebraica, qui i francescani della
Custodia di Terrasanta hanno costruito il suo memoriale sulle rovine di un
monastero (siyaghah in arabo)
precedente eretto in sua memoria.  
 
SANTUARIO DI NEBO
La prima chiesa in onore a Mosè, detta “del trifoglio”
a causa delle sue tre absidi, venne costruita nel 393; la prima abside fu poi
ampliata e tutto il complesso ristrutturato in epoche successive, trasformando
l’antica chiesa in un vasto complesso bizantino per accogliere i pellegrini che
si recavano a Gerusalemme. Nel 1933 infine il sito è stato affidato ai
francescani che hanno curato i lavori di scavo e di restauro.
Sul viale d’accesso si trova una statua monolitica
alta 6
 m che rappresenta
il “Libro dell’Amore fra le Genti”, creato da 
Vincenzo Bianchi che si è ispirato alla Torà, al Vangelo e al Corano.
 
Sulla destra dell’abside centrale si trova una croce
realizzata con tessere bianche e nere che indica il luogo presunto della morte
di Mosè. Il punto più interessante 
della chiesa è comunque il pavimento musivo della sala nord
eseguito nel 531 e in ottimo stato di conservazione. Vi sono raffigurati un
pastore che difende uno zebù legato a un albero dall’assalto di un leone, un
soldato che trafigge una leonessa, due cacciatori che uccidono un orso e un
cinghiale, un pastore che guarda un gregge di pecore e capre e infine due
giovani, uno nero che tiene per mano uno struzzo e l’altro bianco che tiene
alla cavezza una zebra e un dromedario.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Amman
 
La 
“città bianca” è il nome con cui viene conosciuta la capitale della Giordania, 
dove vivono circa un milione e mezzo di abitanti. La città ha due volti: il 
vecchio nucleo storico sorto ai piedi della Cittadella e attorno alle vestigia 
romane, e quello moderno con edifici commerciali, banche, 
alberghi di lusso e ville hollywoodiane. Città 
piacevole da visitare, pur senza grandi ricchezze monumentali.
Il primo insediamento umano risale al 15.000-10.000 a.C. Qui sorgeva
la biblica
 Rabbath Ammon, la
grande città degli ammoniti, i cui capostipiti furono, secondo 
la Bibbia, Lot e la sua ultimogenita. La città fu espugnata
dagli ebrei, dagli assiri, dai medi, e infine dai babilonesi che posero fine al
regno
 di Ammon. Fu l’egiziano
Tolomeo Filadelfo (285-246 a.C.) a ricostruire la città e a darle il nome di
Philadelphia. Con i romani (63 a.C.) la città entrò a far parte della Decapoli e fu
posta sotto il controllo di Erode il Grande. L’annessione al regno dei nabatei
da parte dell’imperatore Traiano (106 d.C.) e la costruzione della “Via Nova
Traiana” trasformarono la città in un florido centro carovaniero. Iniziò così
il periodo aureo della città. Nel 638 gli arabi si impossessarono di Amman che
venne incorporata all’impero omayyade. L’arrivo degli abbasidi e lo spostamento
della capitale dell’Impero da Damasco a Baghdad, portò al lento declino della
città, definitivamente abbandonata nel XIII secolo. Il sito restò pressoché
deserto fino all’arrivo dei circassi, popolazione caucasica di religione
musulmana, cacciata dalla Russia nel 1864-65, installata ad Amman dagli
ottomani. La rinascita dell’antica Rabbath Ammon venne decisa nel marzo 1921,
quando Winston Churchill e Abdullah bin al-Hussein progettarono la creazione di
uno Stato nazionale arabo con capitale Amman.
 
TEATRO ROMANO
Dopo un breve giro panoramico della città, si visiterà
il teatro romano, peraltro molto simile a quello di Jerash, completato tra il
169 e il 177. Vanta una splendida scenografia e una cavea con tre ordini di
gradini che possono ospitare fino a 7000 spettatori. Il teatro, accuratamente
restaurato, viene utilizzato per varie manifestazioni culturali e sportive. Gli
ingressi laterali ospitano oggi due musei etnografici e folcloristici.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Rihab
 
In un piccolo villaggio a 40 km da Amman sarebbe stato ritrovata la più antica
chiesa
 cristiana della storia
e sarebbe stata edificata tra il 33 e il 70 d.C. dai primi fedeli all’indomani
della morte di Gesù. Questo straordinario reperto archeologico, secondo quanto
afferma il quotidiano mediorientale The
Jordan Times, è stato scoperto da un team di studiosi internazionali guidati
da Abdel-Qader Hussein, direttore 
del Centro di studi archeologici di Rihab. Gli scienziati avrebbero
scoperto la chiesa dopo tre mesi di scavi e dopo aver individuato una caverna
sotterranea che li avrebbe poi condotti nel luogo di culto cristiano più antico
del mondo. Il reperto giace sotto un’altra chiesa antichissima, quella 
di San Giorgio, costruita nel 230 d.C. Ciò che confermerebbe la tesi
di Hussein è un’iscrizione presente su un 
mosaico nella chiesa
di San Giorgio che fa riferimento ai “settanta discepoli amati da
Dio” ovvero ai primi fedeli di Cristo che
furono costretti a fuggire da Gerusalemme e qui fondarono il loro luogo di
culto.
Thomas Parker, storico americano dell’Università North
Carolina-Releigh, che negli scorsi anni ha portato a termine la sensazionale
scoperta di un’antichissima chiesa ad Aqaba, appare scettico e dice che ci
vorrebbero prove straordinarie per un annuncio di questa portata. Chi invece
abbraccia senza il minimo dubbio le tesi dell’archeologo Hussein è l’archimandrita
Nektarius, vicario vescovile dell’arcidiocesi di Amman che definisce la
scoperta un’importante pietra miliare per i cristiani di tutto il mondo.
“Questa chiesa conferma che i cristiani che vivono in questa regione non sono
affatto degli stranieri” afferma l’archimandrita; “essi sono dei veri e propri
cittadini che hanno conservato le loro origini in questa regione da oltre 2000
anni”.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Um Qais
 
In una splendida posizione panoramica e strategica
sulle alture del Golan e sul lago di Tiberiade, l’antica Gadara, patria di
artisti e di poeti, conserva un fascino particolare dato dal luogo e dal colore
della pietra con cui è costruita.
L’antica Gadara, il cui nome derivava da una sorgente
nelle vicinanze, fu probabilmente fondata verso il IV secolo a.C. da alcuni
veterani macedoni. Nel III secolo la città diede i natali a Menippeo, al poeta
Meleagro e al filosofo Filodemo, ma nel 198 fu dominio dei seleucidi che ne
rinforzarono le mura. Nel 
65 a.C. divenne città autonoma e in seguito entrò a far parte
delle città della Lega delle Decapoli. La città fu concessa a Erode il Grande;
dopo la sconfitta dei bizantini passò sotto il controllo dei musulmani. Il sito
archeologico fu individuato nel 1u806, ma i restauri cominciarono solo negli
anni ’30 del secolo XX. Nel 1982 gli abitanti del villaggio ottomano furono
trasferiti per consentirne il ripristino.
 
 
VISITA
Prima di entrare nel sito archeologico (città vecchia)
si incontrano le tre tombe dei Germani, di Modesto e di Chaireas; attraversando
poi il villaggio ottomano si trova il Museo Archeologico dove sono
conservate una preziosa raccolta di statue romane, vari frammenti di mosaici e
la statua in marmo bianco della dea Tyche,
rinvenuta nel teatro ovest.
Superata la basilica del IV secolo, si arriva al
Teatro ovest risalente al II secolo, costruito in basalto nero, poi ai resti
delle terme con pavimenti musivi e infine all’ipogeo, un mausoleo sotterraneo
di epoca romana rinvenuto pressoché intatto.
 
 
Dopo il disbrigo delle formalità di frontiera, rientro
a Damasco e pomeriggio libero, o visite facoltative al Palazzo Azem e al
suq  (vedi 11° giorno dei partecipanti al
solo viaggio in Siria).
 
 
 
 
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BREVE STORIA DELLA GIORDANIA
 
CRONOLOGIA ESSENZIALE
 
10.000 a.C. Dopo il nomadismo proprio dell'età paleolitica,
graduale passaggio al sedentarismo.  
8.500-4.000 a.C. il periodo neolitico coincide con innovazioni
determinanti quali l'invenzione della ceramica, l'addomesticamento di animali
e l'introduzione di un'economia di scambio.  
4.000-3.300 a.C. Evoluzione in ambito tecnologico (fusione dei
metalli) e sociale (istituzione 
di comunità strutturate nella valle
del Giordano).  
3.300-1.200 a.C. Notevoli influenze socioeconomiche provenienti da
Egitto e Asia Minore; segue l'afflusso di moabiti e ammoniti (est 
del Giordano); filistei (costa); ebrei ed edomiti (sud); aramei (a
nord).  
800-612 a.C. Dominazione assira.  
612-539 a.C. Dominazione neobabilonese:· Nabucodonosor conquista
Gerusalemme.  
539-334 a.C. Conquistato 
il regno neobabilonese, Ciro II impone la dominazione
persiana.  
334 a.C. Alessandro Magno sconfigge i persiani a Isso e inizia
a costruire il suo impero, che comprenderà anche la regione giordana.  
323 a.C. Morte 
di Alessandro
 Magno e assegnazione ai
tolomei della regione.  
198-164 a.C. Dominio dei seleucidi, subentrati ai tolomei.  
160-103 a.C. Lunga resistenza degli ebrei, che alla fine
raggiungono l'indipendenza.  
100 a.C.- l00 d.C. All'ascesa dei nabatei, popolazione originaria della
penisola arabica, fa da contraltare l'arrivo dei romani, che nel 64-63 (guidati
da Pompeo) invadono Siria e Palestina.  
106. Traiano annette all'impero
il regno nabateo. 324-628. Dominio bizantino (nonostante i
frequenti scontri con i sasanidi di Persia e con gli arabi).  
629. Gli arabi di Maometto sconfiggono i bizantini ad al- Karak.  
644-750. Dinastia araba degli omayyadi.  
750-1258. Dinastia persiana degli abbassidi.  
976-1050. Dinastia fatimida (arabi d'Egitto).  
1055-1099. Regno turco dei selgiuchidi.  
1099-1171. Prime crociate e istituzione
del Regno Latino di Gerusalemme.  
1187. Battaglia di Hittin: YusufbinAyyub Salah al-Din (Saladino) respinge i
crociati dalla Palestina.  
1260-1516. Dominazione dei mamelucchi, emersi vittoriosi dalle
lotte di successione scatenatisi alla morte di Saldino.  
1516. La battaglia di Marj Dabiq segna l'inizio della dominazione ottomana,
che subentrano ai mamelucchi.  
1870-1910. Il vasto impero ottomano è ripetutamente scosso e percorso
da ondate nazionaliste.  
1916. Moti di rivolta araba contro i turchi; accordo Sykes-Picot: la
Francia ottiene Siria e Libano, l'Inghilterra Palestina e Iraq. 1918. Con gli
sconvolgimenti geopolitici successivi alla prima guerra mondiale, crollo
dell'impero ottomano.  
1920-22. Una serie di accordi e patti internazionali definiscono
gli assetti della regione: in particolare, per il settore a est 
della linea Giordano-Aqaba (Transgiordania) vengono stabilite
un'amministrazione araba (sotto l'emiro Abdullah bin Hussein) e l'esclusione
degli insediamenti ebraici dalla Transgiordania.  
1948. In una situazione di costanti tensioni e polemiche, viene proclamato
lo Stato d'Israele: immediata reazione militare di Egitto, Siria, Libano,
Transgiordania e Iraq, presto sconfitti da Israele. Poco dopo, Abdullah bin
Hussein, accetta l'assegnazione al suo regno (d'ora in poi Giordania) della
Cisgiordania.  
1951. Assassinio di Abdullah bin Hussein, considerato il traditore della
causa palestinese.  
1953. Salita al trono del giovanissimo re Hussein.  
1967. Guerra Giordania-Israele e occupazione israeliana della Cisgiordania.  
1988. Re Hussein rinuncia ai diritti sui territori occupati dagli
israeliani, per favorire la formazione di un’autorità politica palestinese.  
1993-95. Parte della Cisgiordania ottiene l'autonomia sotto
l'amministrazione dell'Autorità Nazionale Palestinese.  
1994. Firma degli accordi
di pace tra Israele (Rabin) e Giordania (Hussein), che
prevedono la demarcazione dei confini e la spartizione delle risorse idriche
dello Yamuk e del Giordano.
1999. Muore re Hussein, cui succede il figlio Abdallah.  
2000. Con l'esplosione dei disordini in Palestina, Amman richiama il suo
ambasciatore in Israele.  
2002. Ad Amman viene ucciso lo statunitense Laurence Faley: è
il primo omicidio di un diplomatico occidentale in Giordania.
 
2003. Le elezioni vedono il successo dei candidati indipendenti monarchici,
che si aggiudicano due terzi dei seggi; in seguito, formazione del governo
guidato da Faisal al- Fayez (con tre ministri donne), cui è subentrato nel 2005
A. Badran. Attentato contro l'Ambasciata giordana in Iraq: undici le vittime.  
2005. La Giordania riallaccia le relazioni diplomatiche con Israele.
Formazione 
del nuovo esecutivo diretto da Adnan Badran. Attentati suicidi -
rivendicati da al-Qaeda - in tre alberghi di Amman: 56 vittime, in maggioranza
palestinesi.  
 
 
APPUNTI DI STORIA
CONTEMPORANEA
 
LA
 MONARCHIA DI HUSSEIN.  
Nel 1958 fu promulgata un'unione federale tra
Giordania e Iraq (Unione Araba), subito sciolta in seguito all'uccisione del
sovrano iracheno Feisal II (cugino di Hussein), con un contemporaneo tentativo
da parte egiziana di rovesciare la monarchia giordana, prevenuto
dall'intervento militare britannico. Dal 1961 al 1964, nuovi aiuti occidentali,
soprattutto dagli Stati Uniti, garantirono un considerevole sviluppo economico.
Nel 1965, però, iniziarono in Giordania problemi di ordine pubblico, causati
dall'aspirazione dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP)
a costituire uno Stato palestinese. Ambizione ritenuta inaccettabile da Hussein, che ritenne i palestinesi divenuti giordani non aventi diritto a una
identità politica separata. Due anni più tardi, un nuovo attacco arabo
(condotto da Siria, Egitto e Giordania con il sostegno di Arabia Saudita, Algeria
e Iraq) contro Israele si risolse in un disastro per 
il regno hashemita, che al cessate il fuoco imposto dall'ONU
sei giorni dopo l'inizio del conflitto aveva già perduto la Cisgiordania e
Gerusalemme. Il Paese piombò nel caos, con ripetuti scontri fra esercito
regolare e guerriglieri palestinesi, culminati nel «settembre nero» del 1970.
 
 
LA
 RINUNCIA ALLA CISGIORDANIA.  
La
guerra del Kippur (1973), nonostante l'iniziale sbandamento da parte
israeliana, non permise alla Giordania di riconquistare i territori perduti sei
anni prima. Nel 1974, a Rabat, 20 capi di Stato arabi riconobbero all'OLP il
diritto di rappresentare il popolo palestinese e di stabilire un'autorità nazionale
in qualsiasi territorio palestinese liberato, costringendo di fatto re Hussein
a rinunciare alla riannessione della Cisgiordania. La guerra tra Iraq e Iran
(19801988) vide la Siria a sostegno dell'Iran, la Giordania in favore
dell'Iraq. L'accusa siriana al regno hashemita di fomentare ribellioni
antigovernative portò i due eserciti a schierarsi lungo il confine; solo la
mediazione saudita evitò il peggio. Nel 1986 re Hussein recise i legami politici
con l'OLP, e due anni più tardi la monarchia hashemita rinunciò in via
ufficiale e definitiva a ogni legame amministrativo e legale sui territori a
ovest del Giordano;
il Consiglio Nazionale Palestinese vi proclamò l'instaurazione di uno Stato
Palestinese indipendente.  
 
GLI
AVVENIMENTI RECENTI.  
Nel
1990, l'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq fu accolta con favore dall'OLP,
mentre il governo di Amman si mantenne neutrale, con re Hussein favorevole a
una soluzione araba della crisi. Prima dell'intervento della forza
multinazionale di liberazione (gennaio-febbraio 1991), entrarono in Giordania
800.000 rifugiati, con un costo altissimo per il Paese, che si trovò ad
affrontare una crisi economica senza precedenti, aggravata dal contemporaneo
rientro in patria di 300.000 emigrati dall'Arabia Saudita e da altre nazioni
del Golfo. Lo scenario migliorò nella seconda metà del 1991: alla revoca del
bando all'attività politica dei partiti (imposta dal 1963) e della legge
marziale (in vigore dal 1967), seguì, in ottobre, la partecipazione 
di re Hussein alla conferenza di Madrid tra Israele,
palestinesi e Paesi arabi confinanti, prima occasione di negoziati diretti tra
le parti. Tre anni più tardi venne stilato un accordo preliminare tra
Giordania e Israele sui confini, sulla spartizione delle acque e sulla
questione dei rifugiati. il 25 luglio dello stesso anno re Hussein incontrò a
Washington il Primo ministro
israeliano Yìtzhak Rabin, con il quale concordò un'intesa preliminare a un
accordo di
 pace tra i due Paesi,
ufficialmente siglato il 26 ottobre. Nel novembre 1995, Rabin fu assassinato
da un estremista israeliano; re Hussein rese omaggio al suo «fratello ed
amico», recandosi, per la prima volta dal 1948, a Gerusalemme ovest. Il sovrano
hashemita ha continuato la sua missione 
di pace fino agli ultimi mesi della sua vita, che, a
dispetto delle precarie condizioni di salute, lo hanno visto protagonista dei
nuovi colloqui di pace tra Israele e OLP.  
 
DOPO
RE HUSSEIN.  
Il sovrano morì ad Amman nel febbraio 1999; gli è
subentrato sul trono il figlio Abd Allah II ibn al-Husayn indicato come
successore (a sfavore dello zio Hassan) solo poche settimane prima. Qui lo
vediamo al suo matrimonio con la bella palestinese Rania al-Yasin. Lo scoppio
della seconda intifada in Palestina si è riflesso pesantemente sulla situazione
interna della Giordania, nella cui popolazione (costituita per più della metà
da palestinesi) si sono rafforzate posizioni ostili a Israele; tanto che nel
2000, Amman interrompe le relazioni diplomatiche con Tel Aviv. La crisi del
processo di pace in Palestina
e la grave situazione economica del Paese favoriscono il diffondersi, anche tra
le classi medie urbane, dell'ideologia islamista radicale, rappresentata
soprattutto dall' organizzazione Hamas, che diventa l'unica forza di
opposizione reale ad Abdallah. Invertendo la strategia 
di dialogo seguita
dal padre Hussein nei
confronti di
 Hamas, 
il nuovo sovrano ha inaugurato una politica rivolta a contrastare il
radicamento dell'islamismo; a partire dall'estate del 1999 Abdallah ha
ordinato infatti la chiusura delle sedi giordane di Hamas e l'arresto o
l'espulsione di alcuni suoi esponenti. Nel giugno 2001 Abdallah ha attuato un
ampio rimpasto nel governo e sciolto il Parlamento. Il regime giordano ha
espresso la sua condanna per gli attentati dell'11 settembre contro gli Stati
Uniti e offerto il proprio sostegno all'offensiva lanciata dal governo di
Washington contro il terrorismo. Nel timore di un'affermazione islamista, le
elezioni previste per l'autunno sono state rimandate sine die, e intensificata la stretta contro le opposizioni e i
mezzi di comunicazione. Tra il 2002 e il 2004 la Giordania è stata attraversata
da un'ondata di manifestazioni in cui si chiedeva la definitiva rottura con Israele, ma nel 2005 Amman ha riallacciato le relazioni diplomatiche con Tel
Aviv. Nello stesso anno, si verifica un fatto che mette a rischio la
reputazione della Giordania, ritenuto uno dei Paesi più sicuri della regione:
a novembre, attentati suicidi (poi rivendicati da al-Qaeda) colpiscono tre
alberghi di Amman, provocando oltre cinquanta vittime, per lo più palestinesi.

(Queste note, oltre a molta parte che
riguarda la descrizione dei luoghi, proviene da: L’Europa e i paesi del Mediterraneo. Israele Giordania
Territori Palestinesi, La
 
Biblioteca di Repubblica, , Touring
Club Italiano Milano 2006)
 
 
 
 

 
 
Giordania
al-Mamlakah al Urdunniyah al-Hashimiyah
لمملكة ا
لأردنّيّة ا 
لهاشميّة
Иордания