SEMINARI ESTIVI
Gressoney, 22-30 agosto 2005

Dopo la prima bella esperienza del 2004, anche i seminari estivi di quest'anno si sono svolti nella suggestiva Valle del Lys, a Gressoney Saint Jean, a Villa Belvedere, dove Barbara ci ha nuovamente accolto ed accudito con efficienza, disponibilità e gentilezza.
Sono stati giorni vissuti intensamente in un clima sereno e di amicizia. E pensare che avrebbe potuto essere un vero … disastro! All'ultimo momento, infatti, i relatori laici dei due seminari hanno dovuto dare forfait: Rosanna Virgili, la relatrice principale del primo seminario, e Piero Stefani, al quale erano stati affidati tre interventi per il secondo.
Eppure … il relatore per il seminario su Geremia che la nostra Presidente ha saputo trovare, don Ettore Franco, docente di Antico Testamento alla Facoltà Teologica di Napoli, ci ha tenuto lezioni vivaci e interessantissime, aiutandoci ad entrare nel Libro di Geremia con molto rispetto per il testo originale, rigore scientifico ma anche tanto 'spirito napoletano'! È stato probabilmente anche grazie a quest'ultimo che si è subito stabilito un clima particolarmente sereno ed amichevole, in cui, studiando la relazione tra Dio e Geremia, è stato facile instaurare relazioni tra le persone, anche se erano molti i 'primini' di Biblia. Tra i partecipanti quest'anno c'era almeno una quindicina di studiosi di ebraico; don Ettore è riuscito a soddisfare la loro 'fame' di ebraico e allo stesso tempo a far gustare la bellezza e i segreti nascosti nel testo anche a chi, come me, non è in grado di leggerne neppure una lettera.
Di Geremia ci hanno parlato anche Rav Caro - quest'anno ci ha regalato addirittura due lezioni! - e Paolo De Benedetti che ci ha fatto una graditissima e proficua visita nella giornata di giovedì 25. La conclusione del primo seminario è stata affidata ad una relazione un po' inconsueta ma generalmente apprezzata: Marco Tommasino - "un fisico, che si è sempre occupato di informatica", secondo la sua stessa definizione - ci ha fatto parte di alcune sue riflessioni, presentate sotto forma di "frammenti" di vita, su uno studio comparato delle vite di Geremia e Bonhoeffer (vedi "Approfondimenti culturali - XXXVII").
La gita, che solitamente costituisce il momento di separazione tra i due seminari, quest'anno è stata piuttosto l'occasione per legarli insieme, per porli in continuità: siamo infatti andati a Bose dove il Priore Enzo Bianchi ci ha tenuto una interessantissima lezione dal titolo: "Geremia e Paolo: due ministeri di condanna e libertà" Siamo poi stati ospitati per il pranzo dalla Comunità ed abbiamo ammirato la preziosa collezione di icone fatte da alcuni monaci. Siamo quindi tornati a Gressoney per iniziare il secondo seminario, non senza aver prima fatto rifornimento di miele, marmellate e altre prelibatezze prodotte dai monaci.
Per il secondo seminario - che aveva per tema le Lettere di Paolo ai Galati e ai Filippesi - oltre al relatore principale don Stefano Romanello, docente di Esegesi del Nuovo Testamento alla Facoltà Teologica Settentrionale, ci hanno aiutato lo stesso don Ettore Franco, Paolo De Benedetti che ci ha regalato una seconda visita, e il pastore Pavel Gajewski.
Come sempre quando si affrontano le lettere di Paolo, il dibattito è stato acceso e vivace, tanto da proseguire spesso anche negli intervalli tra una lezione e l'altra. Oltre alle relazioni ufficiali, siamo stati molto contenti di ascoltare il prezioso intervento di Clementina Mazzucco - socia di Biblia che era tra i partecipanti al seminario - che ci ha commentato il versetto 28 del capitolo 3 della lettera ai Galati (pubblicato qui di seguito)...
I nostri carissimi soci Giuliano e Fernanda Bertoni, profondi conoscitori della Valle del Lys, hanno organizzato le nostre serate per farci entrare nella storia della Valle, in quella dei Walser (la gente di origine germanica che ha popolato le zone più alte della Valle sin dal tredicesimo secolo), nelle loro tradizioni e raccontarci delle tracce lasciate da persone importanti 'passate' da Gressoney (la regina Margherita, Giosuè Carducci, Giuseppe Giacosa, …). Sono stati indispensabili anche nel darci consigli e suggerire idee per le passeggiate che abbiamo potuto fare, grazie ad una eccellente novità nella programmazione degli orari. Quest'anno, infatti, abbiamo potuto disporre di qualche ora libera ogni giorno così da poter godere anche dell'ambiente in cui ci trovavamo, in primo luogo del magnifico ghiacciaio del Monte Rosa.
L'ultima sera, infine, abbiamo chiuso in allegria i seminari con un torneo di bocce organizzato dal nostro Guido Ziffer. Il torneo ha visto la partecipazione di ben trentadue concorrenti, molti dei quali alle primissime armi che si sono ugualmente 'cimentati nell'impresa', ad ulteriore dimostrazione del clima particolarmente piacevole che si era creato tra noi.

Francesca Ricaldone


 

Intervento di

Clementina Mazzucco

"Non c'è giudeo né greco, non c'è schiavo né libero, non c'è maschio e femmina,
poiché tutti voi siete uno solo in Cristo Gesù" (Gal 3,28)

L'affermazione che Paolo fa in Gal 3,28 risulta di enorme portata, perché comporta l'abolizione, per effetto della redenzione di Cristo, di ogni discriminazione di tipo etnico, religioso, sociale, sessuale. Appare sorprendente la sua presenza nel contesto della lettera, perché eccede la necessità dell'argomentazione, per la quale è importante soltanto il primo binomio, come l'apostolo ribadirà più avanti dicendo che "in Cristo Gesù non conta né circoncisione né prepuzio, ma la fede che opera per mezzo dell'amore" (5,6). Probabilmente Paolo sta riecheggiando una formula battesimale in uso: non a caso subito prima si richiama appunto alla condizione di battezzati dei destinatari (3,27: "quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo"). Anche in altre lettere riprende la formula, con varianti. La ritroviamo in 1 Cor 12,13 sempre con riferimento al battesimo: "Noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, sia giudei sia greci, sia schiavi sia liberi"; in Rom 10,12 la formula è ridotta al minimo: "non c'è differenza tra giudeo e greco, perché lo stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano"; invece in Col 3,10-11 (un testo che probabilmente non è di Paolo, ma di un discepolo) risulta ampliata: "Vi siete rivestiti dell'uomo nuovo che si rinnova in vista della conoscenza, ad immagine di colui che lo ha creato, dove non c'è greco e giudeo, circoncisione e prepuzio, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma tutto e in tutti (è) Cristo". Si può subito notare che in tutte le altre occorrenze al di fuori di Gal 3,28 viene meno la coppia maschio/femmina (in Col 3,11 però una parte della tradizione manoscritta, di tipo occidentale, la recupera inserendola al primo posto della serie).
In effetti una parificazione così netta tra uomo e donna non sembra corrispondere al punto di vista quale Paolo esprime in altri passi, dove egli propone argomenti che accennano piuttosto alla subordinazione della donna verso l'uomo. Ad esempio, in 1 Cor 11, per condannare la donna che profetizza a capo scoperto, dice che "capo di ogni uomo è Cristo, capo della donna l'uomo" (v. 3); "l'uomo non deve coprirsi il capo perché è immagine e gloria di Dio, la donna invece è gloria dell'uomo" (v. 7); e, con riferimento al secondo racconto della creazione (Gen 2,22): "non l'uomo viene dalla donna, ma la donna dall'uomo; e infatti non l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per l'uomo" (vv. 8-9). In 1 Cor 14,33-35 impone alle donne di tacere nelle assemblee ecclesiali "perché non è permesso a loro di parlare", ordina che stiano sottomesse, come dice la legge, e aggiunge: "Se vogliono imparare qualcosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea". Questi passi suscitano oggi numerose difficoltà interpretative e sul secondo sono stati espressi anche dubbi a proposito dell'autenticità; tuttavia sono proprio quelli che hanno attirato maggiormente l'attenzione e hanno finito con l'essere considerati i più qualificanti del pensiero di Paolo, benché egli presenti pure affermazioni favorevoli all'uguaglianza, ad esempio in 1 Cor 7, sui rapporti tra i coniugi (vv. 2 e 4), ma perfino nello stesso cap. 11 della I Corinzi (vv. 11-12: "né la donna è senza l'uomo né l'uomo senza la donna, nel Signore; come infatti la donna viene dall'uomo, così anche l'uomo per mezzo della donna; e tutto da Dio").
Tanto più risalta per la sua eccezionalità la dichiarazione di Gal 3,28: essa rinvia al primo racconto della creazione (Gen 1,27: "Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina lo creò"), quello a cui anche Gesù si è richiamato nella disputa sul divorzio ( Mc 10,6; Mt 19,4), ma va oltre, perché tiene conto dei condizionamenti culturali che storicamente hanno squilibrato il rapporto originario tra i due sessi, rompendo la parità. È possibile del resto riconoscere che tale dichiarazione contrasta decisamente con il punto di vista che poteva avere un individuo maschile, sia greco sia giudeo, del tempo. Era diventato un luogo comune della retorica ellenistica che un uomo ringraziasse gli dèi o la fortuna perché era nato essere umano e non bestia, uomo e non donna, greco e non barbaro. A sua volta è nota la formula di preghiera del buon giudeo che benediceva Dio per non averlo fatto pagano, schiavo (oppure ignorante), donna. Qualche riscontro a Gal 3,28, per quanto riguarda il rapporto uomo-donna, si può trovare in un detto di Gesù, riportato dal Vangelo di Tommaso (n. 22), oltre che da altre fonti: "Allorché ... del maschio e della femmina farete un unico essere, sicché non vi sia più né maschio né femmina, ... allora entrerete nel Regno" (su questi punti si veda E. Schüssler Fiorenza, In memoria di lei. Una ricostruzione femminista delle origini cristiane, Claudiana, Torino 1990, pp. 229-244).
Indubbiamente Gal 3,28 deve avere avuto, soprattutto alle origini, una profonda influenza sulla coscienza delle donne, le quali, per quanto riusciamo a ricostruire dai documenti, hanno aderito in misura massiccia alla fede cristiana e hanno svolto ruoli importanti nelle comunità primitive, già a partire dalle comunità paoline (come deduciamo dai nomi e dai titoli di donne menzionate nei saluti delle lettere, soprattutto in Rom 16). In seguito il passo venne utilizzato negli ambienti, spesso marginali rispetto alla 'grande Chiesa', in cui si voleva riaffermare, anche concretamente, il principio dell'uguaglianza. Ad esempio, si sa di gruppi monastici che si richiamavano al detto paolino per difendere la legittimità di ammettere le donne ai ministeri di presbitero e vescovo (Epifanio, Panarion 49,2-3). Però già la tradizione che si rifà al nome di Paolo si sviluppa piuttosto in continuità con le affermazioni improntate all'idea di inferiorità della donna, e vi apporta un significativo inasprimento. Basta pensare a 1 Tim 2,11-14 in confronto con 1 Cor 14,33-35: "La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione. Non consento a una donna di insegnare né di dettare legge a un uomo, ma che se ne stia in silenzio. Adamo infatti fu creato per primo, e poi Eva. E non fu Adamo ad essere ingannato, ma la donna, ingannata, compì la trasgressione". Ma anche Ef 5,21-24, pur dopo aver enunciato in apertura della sequenza l'idea di sottomissione reciproca dei credenti, attribuisce solo alla moglie la sottomissione al marito (e non viceversa), con la ragione che l'uomo è capo della donna, come Cristo è capo della Chiesa. Di fatto il comando della sottomissione per la coniugata ritorna costantemente, in tutti i 'codici domestici' del Nuovo Testamento: in Col 3,18; Tt 2,5; 1 Pt 3,1.5, in sintonia con una concezione propria della società del tempo che resta di tipo patriarcale. E ancor più i Padri della Chiesa, con rare eccezioni, procederanno in questa direzione. L'imposizione del silenzio diventerà fondamento per vietare alle donne ogni forma di insegnamento, specialmente nei confronti dell'uomo, e anche la pubblicazione di libri.
Sicché si può dire che Gal 3,28, che pure sembra riflettere le posizioni più antiche e genuine del movimento cristiano, sia rimasto, se non dimenticato, certamente messo in secondo piano rispetto a quegli altri luoghi paolini, che invece hanno esercitato il maggiore influsso sulla tradizione ecclesiale.