«E L’ANGELO ERA CON LUI» 

PRESENZE DI  DIO FRA CIELO E TERRA

 

Assisi 7-9 maggio 2010

 

    Che cosa pensiamo degli angeli, che cosa ne sappiamo? A che cosa ha corrisposto, a che cosa corrisponde il nome dell’angelo? Di che cosa è traccia, testimonianza, indicazione?

Tra le dispersioni, gli esili, le migrazioni, più o meno forzate, di cui il ’900 è stato teatro e causa, forse è da annoverare anche quella degli angeli. Che pare abbiano lasciato, o siano stati scacciati, o lasciati indietro, dalla teologia ufficiale per migrare, o trovare asilo, nella poesia e nella filosofia; e anche per finire assunti da una miriade di credenze contemporanee, spesso sincretismi inquietanti di rituali arcaici e mediaticità tecnologica, tra fantasy, horror e consumismo.

    Nella Bibbia, gli angeli sono molto presenti e, passando attraverso i libri del Primo Testamento fino all’Apocalisse giovannea, attraverso i tanti episodi che li nominano e in cui compaiono, si può scorgere e mettere a fuoco una loro fisionomia, non fissa e stabile ma come in evoluzione e mutevole.

Nei racconti più antichi l’angelo pare coincidere con Dio (malakh Elohim), è forma, figurazione del suo apparire, manifestarsi, passare. Gli angeli sono, allo stesso tempo, volto e  velo di Dio, sua rivelazione e suo nascondimento, segno e protezione del suo mistero.

Nei racconti più tardi, gli angeli tendono a diventare realtà intermedia e autonoma tra il divino e l’umano, forma d’essere e di esseri a mezza via, non divini ma al divino più vicini che gli uomini, non umani ma agli uomini non estranei e non indifferenti.

Da messaggeri di Dio, comunicatori ed esecutori della sua volontà, gli angeli si fanno intermediari e intercessori presso Dio a favore, ma non sempre e non necessariamente solo a favore, degli uomini.

 

      Così l’angelo pare essere, allo stesso tempo o via via, vicinanza e lontananza, prossimità e distanza, messa in contatto e segno della differenza tra l’umano e il divino. Ora addomesticando il mistero di Dio, ora rendendolo ancora più remoto ed estraneo. senza sfuggire ai rischi insiti nei due movimenti.

Nel midrash, gli angeli sono spesso interlocutori di Dio, come se, parlando con loro, o con se stesso attraverso di loro, Dio cercasse altri pensieri e si chiarisse le idee, se così si può dire. Come emerge da questo midrash attorno a quello che precede ed è all’origine della creazione dell’uomo.

«… Pare proprio che gli angeli avessero pareri discordanti a proposito della creazione  dell’uomo: “Sia creato – disse l’angelo della misericordia - così farà opere di misericordia”. “Non sia creato, sarà solo un bugiardo” disse l’angelo della verità. L’angelo della giustizia disse: “Sia creato, imparerà la benevolenza”. “Non sia creato, non farà che litigare!” disse l’angelo della pace. “Sono solo gelosi degli uomini” pensò Dio sentendoli. Poi buttò la verità sulla terra  - perché dalla terra un giorno potesse germogliare di nuovo - e disse: “Tenetevi pure le vostre opinioni, tanto io l’ho già creato”».

Secondo le interpretazioni rabbiniche, quello che rendeva l’uomo più interessante degli angeli agli occhi di Dio era proprio la sua imperfezione. Scoprire che Dio predilige l’uomo in nome della sua costitutiva imperfezione (nel bene ma anche nel male, e capace di cammino nel tempo) apre alla speranza. Di Dio e dell’uomo, in Dio e nell’uomo.

«Così il giovane partì insieme con l’angelo e anche il cane li seguì» (Tb 6,1), per la gioia di Paolo De Benedetti e a nostro conforto, che possiamo avviarci con loro. 

Ad Assisi, accompagnati e guidati, cammineremo con gli angeli fra gli angeli: dai messaggeri celesti prima della Bibbia (Pelio Fronzaroli), agli angeli della Bibbia ebraica (Catherine Chalier), agli arcangeli e alla loro simbologia e iconografia (Crispino Valenziano).  Dagli angeli nella letteratura apocrifa e qumranica (Piero Capelli) passeremo agli angeli del Nuovo Testamento (Roberto Vignolo e Claudio Doglio), agli angeli nella Qabbalà (Saverio Campanini) alle gerarchie angeliche di Dionigi Areopagita (Pietro Podolak) e arriveremo all’angelologia islamica (Ida Zilio Grandi) e a quella postomderna (Aldo Natale Terrin).

Con gli angeli di Francesco (Guglielmo Spirito) e di Tobia (Paolo De Benedetti), cammineremo nella terra degli angeli. A viatico, propongo quanto annota nei suoi diari il poeta degli angeli, Rainer Maria Rilke, a proposito delle apparizioni angeliche nella notte di Betlemme: «…la loro voce guiderà gli occhi a vedere. Porterà innanzi a un altro volto i volti dei pastori…»

L’angelo può forse essere la visione, la visione non ufficiale di Dio, e di un Dio fuori da ogni ufficialità?

Giusi Quarenghi

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