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              Giovedì 25 
              
              Pomeriggio     Arrivo e sistemazione in hotel. 
              
              21,00               Cena all’Hotel Savoy. 
              
              Venerdì 
              26 
              
              08,30               Escursioni guidate in pullman: una sulla 
              panoramica dell’Adriatico (Villa Imperiale, Fiorenzuola di Focaia, 
              Gradara); l’altra all’Eremo della Santa Croce di Fonte Avellana.  
              
              Pranzo 
              libero. 
              
                
              
              16,00               Inizio dei lavori con il saluto delle 
              autorità. 
              
              16,30               Per conoscere Paolo: fonti e 
              interpretazioni, Yann 
              Rédalié, docente di Nuovo Testamento alla Facoltà Valdese, 
              Roma. 
              
              17,15               Discussione e pausa. 
              
              18,15              Le donne di Paolo,
              Marinella Perroni, 
              docente di Sacra Scrittura al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, 
              Roma. 
              
              19,00               Discussione. 
              
              
              20,30               Cena sociale all’Hotel Savoy. 
              
              Sabato 27 
              
              09,00               Presentazione della giornata. 
              
              09,15              Le vie di Paolo da 
              Tarso a Roma: un pensiero in progress,
              Giuseppe Barbaglio, storico delle origini cristiane, Roma. 
              
              10,00               Discussione e pausa. 
              
              11,00               Introduzione a due laboratori sul pensiero 
              teologico ed etico
              di Paolo, 
              Rinaldo Fabris, 
              Presidente dell’Associazione Biblica Italiana, Udine. 
               | 
              
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              Segue:
              Sabato 27 
              
              12,00               Pranzo libero. 
                
              
              13,00               Visita guidata, 
              in gruppi distinti, al centro storico della città e alle 
              collezioni d’arte di Palazzo Montani Antaldi. 
              
              15,30               Lavori di gruppo su alcuni testi paolini 
              relativi a: La via della fede (legge, opere e giustizia 
              e La via dello spirito (libertà, carisma, amore). 
              
              17,30               Presentazione dei 
              contributi e delle domande e relazione conclusiva di Rinaldo 
              Fabris. 
              
              
              19,30               Cena all’Hotel Savoy, 
              
              21,00             
              
              Teatro 
              Sperimentale di Pesaro: “E Dio creò la zanzara”, Centro di 
              Solidarietà di                    Pesaro. Offerta libera. 
              
                
              
              Domenica 
              28 
              
              08,20               Visita ai mosaici posti su due livelli sotto 
              al pavimento attuale della Cattedrale. 
              
              09,30               Una lettura ebraica di Romani 
              9-11, 
              Stefano 
              Levi Della Torre, saggista, 
              Milano. 
              
              10,15             Gli oppositori di Paolo,
              Antonio Pitta, 
              docente di Nuovo Testamento, Facoltà Teologica dell’Italia 
              Meridionale, Napoli. 
              
              11,00               Pausa e discussione. 
              
              
              12,00               Sintesi conclusiva del moderatore
                   Piero Stefani, 
               
              
              biblista e saggista, Ferrara.  | 
            
          
          
        
          
          NOTIZIE UTILI
          
          Descrizione del luogo. Fondata nel 
          184 a.e.v., la colonia romana di Pisaurum perpetua nel nome la 
          memoria di un preesistente approdo greco sull’omonimo fiume Isaurus
          o Pisaurus (oggi Foglia). Una leggenda fa derivare il nome 
          della città da «pesa dell’oro», con riferimento al dittatore romano 
          Camillo il quale, sgominati i Galli che avevano risparmiato il 
          Campidoglio ricevendone in cambio un immenso riscatto in oro, pesò 
          l’oro ricuperato proprio a Pesaro.
          La città sul cui ponte 
          passava la via Flaminia, fu contesa per secoli da goti, bizantini, 
          longobardi e franchi; fu feudo dei Malatesta nel XIII secolo, degli 
          Sforza (Palazzo Ducale) e infine fu assegnata da papa Giulio II ai 
          Della Rovere, duchi di Urbino che la cinsero di mura e ne fecero uno 
          splendido centro artistico e culturale. A Pesaro è stata a lungo 
          presente un’importante comunità ebraica. La manifattura della 
          maiolica, che fiorì specialmente nel secolo XVI, trovò vantaggio nella 
          natura del terreno, ricco di argilla fine e di minerali. Agli inizi 
          del Novecento, abbattute le mura, Pesaro si estese verso il mare con 
          moderni quartieri di città balneare. Capoluogo di provincia, oggi 
          questa piccola e graziosa città conserva anche una parte 
          cinquecentesca ricca di antiche e sottili atmosfere, abbellita da 
          importanti palazzi, chiese e monumenti. La città diede i natali nel 
          1792 al grande musicista Gioacchino Rossini.
          
          Sede del convegno e alberghi. 
          Mentre il convegno avrà luogo nell’Auditorium di un bel palazzo nel 
          centro storico della città, il nostro albergo si trova vicino al mare, 
          a pochi minuti a piedi dal centro: Hotel Savoy, viale della Repubblica 
          22, tel. 0721/67440. Si tratta di un albergo a quattro stelle dove 
          mangeremo alla sera, che ci mette gentilmente a disposizione quindici 
          stanze doppie e sette suite di due camere doppie ciascuna (per quattro 
          amici o amiche o due coppie), a prezzi davvero eccezionali: i primi 58 
          iscritti potranno anche alloggiarvi, mentre gli altri staranno in 
          alberghi vicini. 
          
          Come e quando arrivare. L’arrivo è 
          previsto in albergo per giovedì 25 gennaio entro l’ora della cena per 
          chi partecipa alla gita del venerdì, oppure venerdì 26 gennaio entro 
          le ore 16 direttamente alla sede del seminario, oppure dopo le ore 13 
          in albergo. La partenza è prevista per domenica 28 gennaio dopo le ore 
          12,30.
          
          Per chi arriva in macchina, prendere la 
          direzione mare verso la ‘palla di Pomodoro’; c’è un garage interno a 
          pagamento (8 € al giorno), oppure un parcheggio libero all’esterno.
          
          Per 
          chi arriva con mezzi pubblici, dalla stazione prendere un taxi, oppure 
          prendere qualunque autobus di numero pari, o anche il 9 o la circolare 
          sinistra (vanno tutti in viale della Repubblica).
          
          Visite
          e teatro. Durante il seminario sono previste alcune visite 
          alla città, guidate da amici pesaresi, alle quali si potrà partecipare 
          senza alcun costo né prenotazione. La sera di 
          sabato 
          potremo assistere a uno spettacolo davvero straordinario che presenta 
          una libera e divertente rilettura della creazione biblica: “E Dio creò 
          la zanzara”, messo in scena dal Centro di Solidarietà di Pesaro e 
          promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune della città. Per la 
          mattina di venerdì invece, abbiamo previsto due escursioni guidate in 
          pullman, al costo di 20 €, oltre al costo di una mezza pensione in più 
          se si arriva il giovedì sera: se si vuole parteciparvi occorre 
          iscriversi a una delle due escursioni segnandolo sulla scheda, e 
          pagare in anticipo:
          
          1. ‘Panoramica dell’Adriatico’. La prima tappa 
          sarà la villa Imperiale, bella residenza estiva rinascimentale degli 
          Sforza composta da due edifici posti sul Colle San Bartolo. Risalendo 
          il colle sulla strada panoramica, si giunge al Castello di Firenzuola 
          di Focaia, ricordato nel XXVIII canto dell’Inferno di Dante. 
          Dopo pochi chilometri si giunge al confine con la Romagna per visitare 
          la città-fortezza di Gradara, uno dei luoghi più importanti della 
          Signoria dei Malatesta, dove, secondo la tradizione, si svolse la 
          tragedia di Paolo e Francesca.
          
          2. ‘Eremo di Fonte Avellana’. Situato a 700 mt. 
          di altezza fra le foreste del massiccio del Catria, l’Eremo è un luogo 
          di grande suggestione paesaggistica e di straordinario interesse 
          architettonico e culturale. Fondato da San Romualdo, Padre dei 
          Camaldolesi, prima dell’anno 1000, ospitò San Pier Damiani che ne fece 
          il Centro spirituale più importante di Umbria e Marche. Vi andremo 
          solo se le condizioni climatiche lo permetteranno.
          
          Costo e iscrizione. La mezza 
          pensione – camera, prima colazione e cena - è di 40 € a testa al 
          giorno in camere doppie (non ci sono singole), sia che si dorma 
          all’Hotel Savoy, sia in altri alberghi vicini. Si tratta di un prezzo 
          davvero eccezionale, dovuto alla sensibilità dei proprietari, a patto 
          di pagare in anticipo l’intero soggiorno (rimborsabile per intero in 
          caso di ritiro fino al 20 dicembre, e parzialmente fino al 10 
          gennaio). 
          
          La partecipazione costa 50 €  per i soci di 
          Biblia e 70 €  per i non soci, di cui occorre inviare 20 €, non 
          rimborsabili in caso di ritiro, insieme alla scheda di iscrizione.
          
          
           Per iscriversi occorre inviare 
          la scheda 
          compilata in ogni sua parte  
              
 
          e il tagliando di ccp (n° 15769508) 
          intestato a Biblia che certifichi il versamento effettuato di:
          
          -       
          il costo delle mezze pensioni (40 €  per un giorno, 80 € per 
          due giorni oppure 120 €  per tre giorni, a testa);
          
          -       
          l’anticipo di 20 € per la partecipazione;
          
          -       
          il costo della gita di venerdì mattina (20 €)
          
           Non siamo in grado di garantire il posto 
          negli alberghi dopo il 20  novembre.
        
          
          
           
        
          
          Relazione sullo svolgimento del 
          Seminario
        
          
          Diavolo di 
          un Paolo di Tarso!
          
          
          Resoconto 
          semiserio di un bel Convegno
          
           
          
                      
          Diavolo di un Paolo di Tarso! Tante ne abbiamo sentite e ripassate sul 
          suo conto in quel di Pesaro! A cominciare dalle… sue donne! Quando 
          abbiamo letto il titolo di una lezione, Le donne di Paolo, 
          abbiamo pensato: ah’n vedi! anche il Paolo, però! chi l’avrebbe detto, 
          il birichino!
          
                      
          Invece il titolo, te pareva!, era stata una trovata dell’Agnese, che 
          birichina lo è sempre. Telefonatele magari un venerdì, mentre è in 
          macchina con la Cristina, sta venendo a Pesaro, e si è bevuta un po’ 
          di vino di quello buono. Vedrete cosa vi risponde, a proposito di via 
          Passeri, dove si tiene il convegno! 
          
                      No, 
          niente di sexy e nessuna rivelazione tipo Codice da Vinci. 
          Ci ha pensato Marinella Perroni che, a differenza dell’Agnese, 
          è una persona seria, anzi seriosa, a riportarci alla realtà. E a 
          ricordarci che Paolo, le donne, da un lato le maltratta e le vuole 
          silenziose in assemblea (e si può immaginare quanto la cosa bruci 
          ancora a tutte le nostre gentili mogli, amiche e conoscenti, specie al 
          pensiero di tutte le corbellerie che vi dicono gli uomini, in 
          assemblea!), dall’altro le saluta, le riverisce, le appella con 
          qualifiche imbarazzanti, come quando (Rm. 16,1) chiama Febe, e non 
          solo lei, ‘diaconessa’, al che la Bibbia delle Paoline si precipita a 
          precisare in nota (leggere per credere a pag. 1.206): «Le diaconesse 
          erano vedove con importanti uffici pubblici nella Chiesa primitiva, 
          specialmente nel battezzare le donne, nell’assistenza dei poveri e dei 
          malati. Corrispondevano alle suore di oggi addette alle opere di 
          carità, all’Azione Cattolica». Una specie di suore poverelle o di 
          zelatrici. O, perché no?, dame della San Vincenzo. 
          
                      Ma 
          Paolo non ha ritegni: c’è una tale Giunia, che, insieme con Andronico, 
          viene definita «insigne tra gli Apostoli». E Paolo non è uno che 
          distribuisca con facilità appellativi del genere, visto come è 
          suscettibile su questo punto. E la Perside quae multum laboravit in 
          Domino. E  Perroni, ahinoi!, ci dice che in greco è peggio ancora, 
          perché Paolo usa proprio il vocabolo che dedica ai ministri di Dio.
          
          
                      Qui 
          Paolo l’ha fatta proprio grossa, e non si è reso conto in quale 
          imbarazzo avrebbe messo la C.E.I., che, ci assicura  Perroni, non 
          edita la nuova traduzione perché con queste cose qui non è poi detto 
          che basti una nota!
          
                      Ma 
          allora, è femminista o misogino, ‘sto Paolo! Come la mettiamo con il 
          (I Cor. 14, 34) «Mulieres in ecclesiis taceant; non enim 
          permittitur eis loqui, sed subditas esse…». E se hanno 
          qualche dubbio, lo chiedano pure al marito una volta a casa. Sperando 
          che sia stato attento. Perché qualcuno avrà dormito anche allora, o 
          no!
          
                      
          Marinella ci tranquillizza: è una glossa aggiuntiva e incoerente con 
          il pensiero dell’Apostolo. I discendenti dei glossatori la prendono 
          ancora per buona e non c’è verso di fargli cambiare idea. Ma Paolo ha 
          detto: non c’è dunque più né giudeo né greco, né schiavo né libero, né 
          uomo né donna (Gal. 3, 28) e questo ci basta. Lasciamo fare al tempo. 
          E a un’altra dozzina di convegni di Biblia. 
          
                      
          Tipaccio ‘sto Paolo. Non è certo uno che si metta lì a tavolino e se 
          la goda a scrivere. No, neanche gli piace poi tanto. Scrive quando 
          proprio non può farne a meno. E butta giù le lettere senza star lì 
          tanto a pensare allo stile. E infatti quelle sicuramente di sua mano 
          sono quelle scritte peggio. Ce lo dice Redalié e ce lo ripete
          Pitta.
          
                      I 
          cristiani nuovi di zecca non sono certo farina da far ostie. Li hai 
          appena costituiti e già ne combinano di tutti i colori. Si dividono in 
          correnti, e in questo i cristiani sono sempre stati specialisti, in 
          politica e fuori, anche se adesso sono in molti indaffarati a 
          imitarli; vanno in assemblea e si ubriacano; c’è chi si porta da casa 
          il cestone e se lo pappa da solo e chi rimane a guardare; accolgono 
          persino uno che se la fa con la moglie di suo padre. Si spera almeno 
          che sia la matrigna! 
          
                      
          Paolo, che tanto farina da far ostie non è neanche lui, non li perde 
          certo di vista. E li tempesta, li fulmina, li minaccia. Le comunità 
          son sue e ne vuol rispondere lui. E guai a chi gliele tocca. 
          
          
                       
          Apriti cielo quando viene a sapere che i Galati vogliono farsi 
          circoncidere. Solo perché sono arrivati dei tizi, che Paolo neanche 
          chiama per nome (damnatio memoriae, dice Pitta) che vogliono 
          rovesciare tutto quanto lui ha predicato. Eh no, proprio no! Reagisce 
          in modo violento e radicale, ci ricorda Barbaglio. Il suo è il 
          Vangelo della libertà. Cristo basta da solo. Cristo o è tutto o è 
          niente. Cristo è presenza escatologica, non uno degli inviati.
          
                      Ma 
          allora, domanda che ci siamo fatti, Paolo, ebreo, ce l’ha con gli 
          ebrei che non hanno accettato Cristo? E certo che ce l’ha, eccome! E 
          certamente i suoi passi sono stati utilizzati ogni volta che si è 
          voluto e goduto. 
          
                      Ma 
          per fortuna, l’ultimo giorno, come a conclusione ideale del convegno, 
          c’è stato l’intervento del prof. Pitta. Paolo ce l’ha con gli ebrei da 
          ebreo. E si sa che pochi sanno essere critici feroci degli ebrei come 
          gli ebrei stessi. 
          
                      E’ 
          una polemica forte, di uno, tra l’altro, che le sue le ha passate e le 
          enumera: «cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno 
          uno» (2 Cor. 11, 24). Ma rimane lì, ostinatamente, con orgoglio. Non 
          vuole che i pagani diventino ebrei per arrivare a Cristo. Ma chi ebreo 
          lo è, non ripudia nulla, neanche la Legge.
          
                      Ah 
          sì, questo è stato forse il centro del Convegno. La Legge e Cristo, 
          Abramo e Mosè, Paolo e gli ‘altri’ Apostoli. Levi Della Torre 
          lucidamente ha posto Paolo a un bivio, il bivio esistenziale e 
          culturale del suo tempo, un tempo di globalizzazione: rompere o 
          continuare. Tradimento o fedeltà. E Paolo percorre la via della nuova 
          fedeltà che è rottura. Il patto che nella storia di Israele è sempre 
          stato tra diversi e distinti, diventa nel Cristo fusione, 
          incarnazione. 
          
                      Ma 
          Pitta gli risponde: sì, tutto vero. Paolo anticipa un problema che 
          sarà poi anche della cultura ebraica, come anche Levi ha ricordato. Ma 
          quando Paolo pone il problema, non è il cristiano contro l’ebreo. E’ 
          l’ebreo che parla da ebreo agli ebrei.
          
                      La 
          distinzione, la separatezza, l’avvertenza della rottura è posteriore. 
          Ecco, Paolo non è stato a sufficienza storicizzato, né dagli ebrei, né 
          dai cristiani. Da qui ogni possibile fraintendimento. Lasciamo stare i 
          Galati e veniamo ai Romani. Qui Paolo è meno impulsivo. D’altra parte, 
          ce lo ha ricordato Barbaglio, il suo è un pensiero in divenire, che 
          nasce dalle circostanze. La comunità di Roma non è una delle sue; è 
          divisa tra ebrei e gentili convertiti; Paolo deve entrarci in punta di 
          piedi, anche perché ne ha bisogno: vuole andare in Spagna e i Romani 
          gli sono indispensabili. 
          
                      
          Allora lasciate che anch’io dica la mia fesseria. Nella lettera ai 
          Romani, sarà per convenienza, sarà per prudenza, sarà per maturazione 
          del suo pensiero, Paolo abbandona l’irruenza. Non fa polemica. 
          Ragiona. In modo involuto, faticoso, a volte sembra arrampicarsi sugli 
          specchi. Io vi noto un serio e drammatico confronto prima di tutto con 
          se stesso. 
          
                      
          Questo sforzo ha un fine: un estremo tentativo di conciliare la Legge 
          con Cristo, per tutti coloro che alla Legge non possono e non debbono 
          rinunciare, ma senza compromettere in alcun modo la totale adesione a 
          Cristo. Qui Paolo parla prima di tutto per sé, per quell’ebreo che è 
          rimasto e vuol continuare a essere anche dopo che si è dato tutto a 
          Cristo.
          
                      Per 
          cui, a mio sommesso parere, gli ebrei di oggi, se volessero 
          compiutamente storicizzare Paolo per comprenderne fino in fondo il 
          dramma, avrebbero meno ragioni per diffidare di questo personaggio 
          così grande perché così travagliato, così debole, così controverso, 
          così moderno proprio perché, nonostante le certezze, così aperto alla 
          ricerca. 
          
                      E, 
          dal canto loro, se i cristiani di oggi capissero fino in fondo questo 
          suo rimanere ebreo nonostante Cristo, anzi in Cristo, proverebbero 
          meno imbarazzo di fronte alle sue sfuriate.
          
                      Tutto 
          questo nel nome della giustizia, quella giustizia di cui ci ha parlato
          Rinaldo Fabris e che è biblicamente la giusta relazione tra 
          uomo e Dio. Una relazione che ognuno vede, sente, concepisce come 
          meglio crede, tanto più vera e umana quanto più consapevole e vissuta, 
          ma che dovrebbe unire nel dialogo e non dividere nella reciproca o, 
          peggio, nella unilaterale sufficienza.
          
                       
          Allora, apostolo o apostata, questo Paolo? Apostolo sì, per carità di 
          Dio! Se viene a sapere che lo mettiamo in dubbio, capace che ci scrive 
          un’altra lettera e di quelle toste. Apostata no. Mai. Egli vive il 
          dramma del rifiuto proprio per il suo non essere e non poter essere 
          apostata. Mai. E questo è il problema ancora e sempre aperto, ancora e 
          sempre inquietante per tutti, con cui si è conclusa la lezione di Levi 
          Della Torre. 
          
                      Ad 
          leviora! Si discuteva con i convegnisti. L’idea dei gruppi di 
          lavoro viene dalla buona volontà di Fabris o dalla perfidia di Agnese? 
          Buona volontà di far partecipare tutti, o perfidia di far lavorare 
          anche gli altri e che se ne stiano un po’ buoni e fuori dalle scatole?
          
                      Non è 
          dato sapere. Fatto sta che sabato pomeriggio, esausti da una mattinata 
          di impegnative relazioni, rifocillati in piedi come cavalli perché 
          l’appuntamento era sadicamente fissato alle 13 in punto sotto i 
          portici del Palazzo del Governo, equamente distante da tutto, 
          intruppati in tre gruppi che hanno giocato a nascondino per i vicoli 
          della città vecchia con la nobile scusa di visitare chiese e palazzi…, 
          alle 15.30 molto passate i convegnisti si sono riuniti in ben sei 
          gruppi presieduti da altrettanti cirenei, frettolosamente istruiti la 
          sera prima, tutti ben investiti della parte, alcuni addirittura fieri, 
          altri circospetti. E lì, in cerchi abbastanza grandi da dover gridare 
          per farsi capire, in modo da poter impedire al gruppo vicino di fare 
          altrettanto, ci si è imbarcati in dotte disquisizioni esegetiche, che 
          a sentirle parevano vere, agitando baldanzosamente il testo greco, 
          quello latino e financo quello italiano.
          
                      Dopo, 
          ogni presidente ha presentato all’assemblea il risultato del lavoro. 
          E’ opinione dei più che i cirenei abbiano esposto esattamente quello 
          che pensavano prima dell’incontro di gruppo, con due lodevoli 
          eccezioni. La Giancarla che, adusa a una scuola severa, e con una 
          certa pregressa praticaccia, ha fatto il riassunto delle posizioni 
          emerse, talché l’analisi ha avuto la meglio sulla sintesi. E la Maria 
          Carolina che, con la furia di essere sintetica, non ha avuto il tempo 
          di esporre neanche il suo, di pensiero.
          
                      Per 
          coerenza e simpatia, Rinaldo Fabris ha tratto le sue conclusioni del 
          tutto indipendentemente dal lavoro dei cirenei e dei sottocirenei. 
          Scelta lodevole e ben accettata perché così ci siamo gustati un’altra 
          cavalcata delle sue. 
          
                      
          Conclusione: uno splendido gioco di società. Tutti si sono divertiti e 
          si sono sentiti utili. Sempre meglio di una sessione di burraco!
          
                      Come 
          al burraco, però, sempre con l’orologio in mano, perché la cena era 
          alle 19.30 e la zanzara creata da Dio (ne facevamo volentieri a meno, 
          dell’insetto, ben inteso, non della commedia sperimentale!) cominciava 
          alle 21.
          
                      Dopo 
          una giornata così rilassante, è davvero un peccato che ad Agnese non 
          sia venuto in mente, per calarci ancor più compiutamente nella vita e 
          nelle opere di Paolo, di comminarci agli ebrei i quaranta colpi meno 
          uno e ai gentili un imprecisato numero di vergate (2 Cor. 11, 24-25). 
          La lapidazione no, troppo islamica, ora. Il naufragio neppure, la 
          Cristina non ce l’avrebbe fatta a organizzarlo.
          
                      Tutti 
          o quasi sarebbero accorsi. Perché il masochismo degli iscritti di 
          Biblia è pari soltanto al sadismo della loro presidente. E prima o 
          dopo sarà fatto oggetto di studio. Sarà bene parlarne con Boccaccini. 
          Nel Michigan studiano di tutto. Potrebbero studiare anche noi. E deve 
          trattarsi di uno studio comparato, sinottico: il masochismo nostro, il 
          sadismo d’Agnese.
          
                      E 
          così sia!
          
          Giuliano Zoso
          
          P.S. 1) Quando 
          Agnese mi ha proposto di scrivere queste note, ho tentato di metterla 
          in guardia. Niente da fare. Un pizzico di masochismo c’è anche nei più 
          sadici.
          
          P.S. 2) Ringrazio 
          Piero Stefani. «La pazienza è la più eroica delle virtù giusto perché 
          non ha nessuna apparenza d’eroico» (Leopardi). Ascoltare intrepido 
          tutte le relazioni e per giunta gli interventi, compreso quello di un 
          passante, e mantenere il buon umore, non è eroismo, è miracolo. 
          Condire il tutto con un pizzico di sereno umorismo e fare le 
          conclusioni quando la gente, con la valigia in mano, sembra una 
          scolaresca dopo il suono della campanella, rasenta la santità. Non 
          sarò io a dire: santo subito! Ci penserà Agnese.
          
           
          
            
            
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