Ricordiamo a tutti gli amici dell'Associazione All'Aperto, il nostro prossimo appuntamento.

 

Domenica 22 aprile p.v. dalle ore 15.30 alle ore 19, ci incontreremo presso il Monastero di Santa Cecilia in Trastevere per riflettere insieme sul tema:

 

I nomi di Gesù

 

Introdurrà l'incontro:

Brunetto Salvarani Direttore della rivista Cem Mondialità

Interventi di

Rav Ariel di Porto

Adel Jabbar

Swamini Hamsananda

J. P. Niel

Padre Luciano Mazzocchi

 

                                            "Gesù Cristo è l'oggetto dello scandalo e della fede.

                                             Solo nell'eternità siede nella gloria: qui in terra deve

                                                                                                                           esser rappresentato nel suo abbassamento,
                                                                                                                           perché ciascuno possa scandalizzarsene e credere"
                                                                                                                                                                        (SÖren Kierkegaard)


Le due domande

Prendo lo spunto da un'accogliente serata estiva ad Assisi-Santa Maria degli Angeli, un po' d'anni fa, in cui ho assaporato da vicino il senso del passo evangelico della Trasfigurazione, quando un eccitato Pietro - accompagnato dai soliti Giacomo e Giovanni - dichiara a Gesù di esser pronto a fare tre tende, una per lo stesso suo Rabbi, una per Mosè e la terza per Elia (Mc 9,5). In occasione di un convegno di CEM Mondialità, infatti, fui il complice semitrasfigurato della prima (ed unica, purtroppo) chiacchierata in libertà fra due autentici profeti del cristianesimo del nostro tempo, Bruno Hussar, fondatore in Israele del Villaggio della pace di Neve Shalom - Waahat as- Salaam, e Raimon Panikkar, autorevole interprete, per vicenda esistenziale e riflessione teorica, del meticciamento interreligioso fra l'occidente e l'oriente. Nel colloquio, svoltosi laicamente tra i tavolini all'aperto di un baretto, tra i due - che si erano appunto appena conosciuti - riuscii timidamente ad intromettermi domandando quale sarebbe dovuto essere, dal loro
punto
di vista, I'argomento di un eventuale prossimo concilio della chiesa cattolica. Ero curioso di sapere come sarebbe andata: rammento bene che entrambi ebbero una risposta pronta, espressa senza farsi pregare più di tanto.
Per primo, padre Bruno, l'uomo delle quattro identità (che fu anche uno dei principali ispiratori della Nostra Aetate, il documento del Vaticano II con cui si riaprivano le porte alle relazioni positive della chiesa con Israele dopo l'insegnamento del disprezzo), sostenne l'assoluta necessità, per la comunità cristiana, di recuperare definitivamente le proprie radici ebraiche, ripristinando la situazione precedente alla grave frattura con la sinagoga avvenuta nel primo secolo dopo Cristo: tutte le altre rotture intracristiane successive, nel corso dei secoli, non sarebbero che pallidi riflessi di quella prima, originaria, tra ebrei e gentili. Il prossimo concilio, dunque, in una simile ottica, dovrà essere il Concilio di Gerusalemme II, dopo e in prosecuzione di quello narrato negli Atti degli Apostoli al capitolo 15, chiamato a proclamare soprattutto l'ebraicità di Gesu di Nazaret e a fare i conti con i suoi inevitabili riflessi sulla pastorale, la teologia, l'ecclesiologia, la stessa rilettura della morale.
A parere di Panikkar, invece, il caso serio del cristianesimo attuale consisterebbe nel suo bisogno vitale di inculturarsi coraggiosamente nelle più frastagliate tradizioni locali, fino a domandarsi: chi e oggi Gesù Cristo per l'Oriente, per l'Africa, per il terzo mondo? Come Gesù può divenire realmente il Salvatore per quei popoli, per le nazioni dell'emisfero povero del Sud che sono le protagoniste del presente, ma lo saranno ancor più, presumibilmente, del prossimo futuro? Ovvio che, in tale chiave, l'assise conciliare del domani dovrà essere un Vaticano III, chiamato a focalizzarsi sulle tematiche della mondializzazione del vangelo, sullo sforzo di adattamento della liturgia, dell'ascolto della Parola di Dio e dell'essere chiesa nei più svariati linguaggi e stili di vita.
Non è casuale che all'inizio di questo volumetto, che si sarebbe potuto ben titolare E voi chi dite che io sia? (I'interrogativo sta al cuore del Vangelo di Marco, in Mc 8,29), mi torni in mente quell'illuminante tete-a-tete, conclusosi, ai miei occhi, con un nulla di fatto. Anzi, direi, adottando un'immagine biblico-sportiva, con un salomonico pareggio: perché Hussar e Panikkar avevano entrambi ragione e - narrando inevitabilmente di loro stessi e delle loro sacrosante speranze sui futuro della chiesa e delle nazioni - raccontavano di due prospettive specularmente e strategicamente decisive rispetto all'interpretazione della figura di Gesù. Con sguardi non contrapposti, ma da tenere strettamente intrecciati, se ogni 25 dicembre, per Natale, vogliamo celebrare non una personalità sbiadita e una statuina da riporre sia pur devotamente nel presepe per accontentare una consolidata tradizione popolare, bensì il Gesù della storia e il Cristo di una salvezza planetaria e cosmica. .
Forse non è un caso se, in una stagione mondiale caratterizzata da un revival quasi selvaggio del sacro
(fino
a sfiorare una patologica bulimia), da un accentuato processo di multireligiosità in tanti paesi (fra cui il nostro) che convive peraltro con sacche di secolarizzazione ormai inscalfibili, e dalla pretesa forsennata di convocare le religioni in un improbabile scontro di civiltà, la persona dell'ebreo Yehoshua ben Yossef - ecco il nome e cognome originale di Gesù - sta tornando ad affascinare, a dare scandalo, a provocarci. Anche in forme discutibili, si badi: dal controverso film di Mel Gibson, The Passion, all'osannato (quanto condannato) thriller teologico di Dan Brown, Il Codice Da Vinci, per citare un paio di prodotti del marketing del sacro. Segnalando un bisogno radicato, pur se malamente espresso, e strizzando l'occhiolino al boom dell'apocalittica che nell'ultimo lustro - tra la fine del secondo millennio e l'attacco alle torri gemelle di New York - sta imperversando nella cultura degli States, a Hollywood ma anche nella saggistica pseudomistica e persino nei fumetti.

Un mondo rivoluzionato

Personalmente, sono convinto che materiali simili trionfino al botteghino in parte per una naturale curiosità in tempi di incertezza, paura e revival religionistici, ma soprattutto per la cronica e drammatica ignoranza (di cristiani e non) sulla Bibbia, la storia di Gesù e dei suoi, la comunità cristiana delle origini. Essi intercettano
interro
gativi legittimi, su cui le chiese storiche sembrano imbarazzate a fornire risposte: non perchè non ne dispongano, ma piuttosto per un problema ormai cronico di comunicazione e di linguaggi. Vengono visti e letti e fanno discutere - poi - perché il Cristo, come notava lo scrittore Mario Pomilio" è anche un eccezionale personaggio letterario, grazie al quale penetra nella letteratura di ogni tempo il sentimento del quotidiano.
Nelle pagine che seguono, la mia intenzione è di riprendere le intuizioni del duo Hussar/Panikkar, indagando - sia pure a volo d'uccello - sui molteplici volti di Gesù nelle diverse tradizioni e culture del mondo. Gesù rimane il nervo scoperto delle chiese cristiane, attorno al quale occorrerà lavorare sempre di più in funzione di un reale e aperto dialogo ecumenico. E vanno ricordate le considerazioni di Thomas Cahill: "Gesu Cristo è l'unica personalità che ha rivoluzionato per sempre il mondo... A prescindere dal fatto che lo si consideri o meno il Messia, egli aveva ragione nel dire che il suo arrivo coincide con la fase finale e compiuta dell'esistenza: i valori che esistevano allora sono cambiati per sempre e sono divenuti quel- li con cui ci confrontiamo oggi”.

                                                                                                                                           
Da Brunetto Salvarani, Gesù, Editrice Missionaria Italiana, 2006, pp. 7-11
.

 

 

Saranno presenti anche Manlio Gerace e Marco Lotà, due scultori palermitani che ci offriranno la posibilità di conoscere la loro ricerca artistica ispirata ad una spiritualità universale.

 

Tra le 17,30 e le 18 osserveremo un breve intervallo nel corso del quale potremo visitare il sito archelogico sottostante al Monastero.

 

Alle ore 19.15 sarà possibile partecipare alla celebrazione dei Vespri presso la Basilica di Santa Cecilia.

 

Sarà gradito un contributo economico libero, da parte di chi potrà, che aiuti la nostra associazione a sostenere le spese organizzative di questo e degli altri incontri.