In margine al Convegno su "Il tempo e la Bibbia" organizzato da BIBLIA, in collaborazione con il SAE - Segretariato per le Attività Ecumeniche - oltreché con il Dipartimento di Scienze Religiose dell'Università Cattolica di Milano, il Comune e la Provincia di Brescia.

COME I GRANI DI SABBIA DI UNA CLESSIDRA

Più volte è echeggiata nell’Aula Magna dell’Università Cattolica di Brescia la citazione da Agostino: Se non me lo chiedi so cos’è il tempo, ma se me lo chiedi non lo so più. Potrebbe essere la sintesi delle due intense giornate del convegno organizzato da Biblia e dal SAE su "Il tempo nella Bibbia e nella cultura contemporanea". Se si dovesse dar conto infatti dei risultati raggiunti, ci si troverebbe fortemente in imbarazzo: né i filosofi, né i biblisti, né i teologi o gli esperti di Ebraismo hanno voluto azzardare definizioni risolutive o dire parole ultime. E forse proprio questa è la parola penultima che abbiamo riportato a casa tornando da Brescia: il tempo sfugge alla presa, come il presente sfugge nell’attimo stesso in cui lo viviamo come presente; e insieme il tempo ritma e condiziona la nostra esistenza umana, proprio come il presente fa esistere il passato come memoria e il futuro come speranza.
Due impostazioni sono apparse subito confrontarsi: il tempo della cultura occidentale di matrice greca, e il tempo nella cultura biblica. E tuttavia, non così contrapposte come farebbe credere una visione tradizionale che banalizza la differenza riducendola allo schema ingenuo del tempo ciclico e del tempo lineare. La concezione biblica del tempo ha influenzato la visione occidentale, ma proprio in quanto concezione plurale e ricca, di conseguenza non riconducibile a streotipi e formule. All’interno di questa dialettica fra filosofia e Bibbia, caratteristica degli incontri di Biblia, si è snodata la parte decisamente più interessante e ricca del convegno. Un campo di tensione qualificato dal già e non ancora, formula felice di Oscar Cullmann: tale è apparso il tempo biblico, in cui ci siamo immersi grazie ai biblisti Gianluigi Prato e Alexander Rofé. Un lessico vario e sfuggente, metafore spaziali più che temporali, significati traslati, non immeditamente cronologici: tutto nella lingua biblica dice l’impotenza a esprimere il tempo e l’incapacità a definirlo. Anche la storia biblica è costruita secondo periodizzazioni che rispondono a criteri teologici più che cronologici: si spiegano così anacronismi, correzioni, rovesciamenti temporali, apparenti incongruenze. Tempo mitologico, tempo storico, tempo profetico, tempo apocalittico: la polisemia continua nel susseguirsi dei commenti all’interno dell’Ebraismo, dove troviamo piuttosto un tempo vettoriale, con un punto di partenza, una direzione e un movimento. Il tuffo finale nella fantasmagorica ricchezza delle concezioni ebraiche è stato offerto dal rabbino di Ferrara Luciano Caro: la formula classica dei commenti rabbinici, altra interpretazione, ha dato la sensazione di trovarsi veramente in cima a un monte con un panorama infinito davanti. Il motto del convegno, "Mille anni sono per Te come un giorno", era tratto dal salmo 90, che dice anche: "Insegnaci a contare i nostri giorni, e giungeremo alla sapienza del cuore". Contare, ha detto Paolo De Benedetti, significa anche raccontare: raccontare i miei giorni a Dio per mezzo delle azioni, nella contemporaneità dell’oggi, che del tempo è l’unica cosa esistente.
Poche parole sul clima del convegno, per il quale determinante è stata la presenza dei soci SAE, numerosi e attenti come da tradizione. L’apporto del SAE è prezioso per Biblia, innanzitutto per la sensibilità ecumenica, ma anche per l’attenzione più concreta e spirituale a temi che rischiano altrimenti di rimanere pure curiosità intellettuali. I convegni di Biblia sono un interessante diversivo e un arricchimento del bagaglio di conoscenze, ma lasciano, in chi è allenato alle Sessioni di formazione del SAE, la nostalgia del caleidoscopio di esperienze, scambi personali, dialoghi, confronti, che fanno della Mendola e di Chianciano una scuola di ecumenismo.

Maisa Milazzo


LA BUCA DELLE LETTERE.

"Un importante contributo per conoscere meglio Biblia"
Sul notiziario SAE del giugno 2000 è apparso un articolo a firma di Maisa Milazzo: "Come i grani di sale di una clessidra", sul convegno "Il tempo e la Bibbia" (Brescia, 7-9 aprile 2000). Siamo grati al SAE per il rilievo dato al convegno, organizzato da Biblia, dal SAE e dal Dipartimento di Scienze Religiose dell’Università Cattolica di Milano. Ci sembra tuttavia giusto aggiungere all’articolo le seguenti riflessioni.
E’ stata molto interessante questa convergenza di tre istituzioni con scopi diversi: il SAE con le sue finalità istituzionali ecumeniche, la Cattolica per il suo profilo universitario di ispirazione cattolica, e Biblia che per statuto non ha né scopi ecumenici né scopi confessionali o di spiritualità. Infatti Biblia si propone di far conoscere la Bibbia anche là dove le istituzioni sopra citate non possono giungere, e di mostrare come il messaggio biblico sia una componente essenziale anche nel tessuto laico della cultura occidentale. I quindici anni dell’attività di Biblia hanno mostrato quanto una autentica laicità sia aperta alla ricezione della Bibbia e offra anzi un impulso e un continuo arricchimento delle letture bibliche. E hanno anche dimostrato (grazie alla straordinaria reciproca accoglienza e all’atmosfera di amicizia tra i partecipanti) quanto sia importante che una cultura libera e aperta si accosti – come mai prima era accaduto nel nostro Paese – al più grande testo religioso e letterario dell’umanità. L’ecumensimo nella chiesa è importante, ma lo è altrettanto cercare una cultura del dialogo a più vasto raggio e non limitata a denominazioni confessionali.

Agnese Cini Tassinario