CORSO DI EBRAICO BIBLICO
Quest’anno il tradizionale “corso di Venezia” si terrà a Vicenza.
I partecipanti avranno così modo, oltre a studiare la lingua biblica
per eccellenza (nei due corsi, per principianti e per avanzati)
di conoscere questa bella città. In particolare visiteremo il “Museo
delle Icone” (il più ricco e importante museo di icone russe fuori
dalla Russia) e la “Villa dei Nani” affrescata dal Tiepolo. I prezzi delle
suore dove abiteremo (tutte stanze doppie o singole, con bagno) sono nettamente
inferiori a quelli di Venezia, e anche questo è un motivo in più
per non lasciar perdere l’occasione di iniziare o di continuare quest’anno
lo studio della Bibbia nella lingua in cui è stata scritta.
Corso per pre-principianti e per principianti (28.12.2000 - 5.1.2001).
Il corso di ebraico per principianti, si propone di fornire agli
iscritti, in sette giorni di studio intensivo, le basi minime indispensabili
per accostarsi al testo biblico originale con una certa autonomia (ad esempio,
per essere in grado di capire eventuali riferimenti ai testi originali
riportati da commenti esegetici; per rendersi conto dei problemi di traduzione,
ecc.). I pre-principianti che vengono per la prima volta, arriveranno il
28 dicembre e avranno così due giorni in più per accostarsi
ai primi rudimenti della lingua, mentre i principianti arriveranno, come
gli “avanzati”, il 30 dicembre.
Per raggiungere tale obiettivo, accanto alle lezioni teoriche (che
saranno ridotte all’essenziale, per evitare inutili nozionismi) e agli
incontri comuni con il gruppo degli “avanzati”, è necessario riservare
ampio spazio all’esercizio di lettura e traduzione dei testi, che quest’anno
saranno il primo capitolo di Genesi e i capitoli 56-58 di Isaia.
Perché il lavoro possa essere proficuo per tutti e per sfruttare
al meglio il tempo a disposizione - sette giorni passano in fretta! -,
raccomandiamo pertanto agli interessati di imparare bene almeno l’alfabeto,
servendosi del materiale che invieremo loro all’atto dell’iscrizione. Rileggendo
queste brevi note, mi sono resa conto con orrore di aver seguito - deformazione
professionale? - lo schema della programmazione scolastica, con prerequisiti,
obiettivi, contenuti, metodi, strumenti. Ma nessuno si spaventi: mancano
completamente le voci “verifiche e criteri di valutazione”.
Nicoletta Menini
Corso per avanzati (30.12.2000 - 5.1.2001)
Gli “avanzati” o “progrediti” (ma anche quelli tra loro che nel
frattempo sono regrediti, nonché i principianti coraggiosi) si troveranno
quest’anno un piatto forte: il Trito o Terzo Isaia (Is 56-66) che ci proponiamo
di leggere, senza però - secondo la nostra regola o tradizione -
la pretesa di giungere fino al termine. Il nostro maestro è infatti
Rabbi Tarfon, che diceva: “Non sta a te compiere l’opera, ma non sei libero
di sottrartene”. Comunque, i nostri maestri ci ricordano, secondo il Talmud,
di meritare questo titolo anche se si è imparato da loro una sola
parola. Il che non li esonera dall’insegnarcene molte, e non solo le parole,
ma i verbi, gli stati costrutti, le vocali, o almeno qualche vocale, tenendo
però presente che non si tratta di un seminario grammaticale, ma
esegetico ed ermeneutico: sempre libero ognuno di passare la notte sul
Gesenius. La lettura del Tritoisaia ci conduce quasi al termine nella storia
della profezia in Israele. Dopodiché tutti sanno che lo Spirito
Santo è passato, chi dice ai maestri, e chi alle donne e ai bambini.
Ma le donne, come apprendiamo da Nicoletta Menini e da Agnese
Cini, ce l’avevano fin dal principio.
Oltre alle lezioni (durante le quali si prega di non andare a passeggio),
saranno previsti due interventi di “visiting professors”: il nostro Piero
Stefani parlerà sul tema “Due universalismi, il Tritoisaia e
la festa dell’Epifania” e rav L.Caro su una pagina del Talmud.
Paolo De Benedetti
Notizie pratiche
Saremo ospitati presso le suore della “Casa del Sacro Cuore”, corso
Padova 122, Vicenza (tel. 0444/505265). Dalla stazione prendere l’autobus
n° 1 e scendere alla fermata di corso Padova. I corsi iniziano con
la cena del primo giorno (28 o 30 dicembre) e terminano dopo il pranzo
del 5 gennaio. Il costo è di lire 65.000 al giorno in camera doppia,
o di lire 75.000 in camera singola, in pensione completa. La partecipazione
al corso invece è di lire 150.000 per Soci di Biblia o per studenti,
e di lire 180.000 per i non Soci; abbiamo anche a disposizione cinque borse
di studio per giovani, di lire 100.000 ciascuna, che potranno essere richieste
al momento dell’iscrizione.
R E L A Z I O N I
EBRAICO BIBLICO SUL TRITOISAIA
Corso principianti
Durante gli ultimi anni di liceo (nella mia scuola allora erano proibiti
tassativamente Freud, Kafka e Joyce ) la mia fede ingenua di ragazza, priva
di vaccini e reagenti dialettici, vacillò fino a crollare. In quel
tempo frequentava la nostra casa uno zio, brava persona, ma convinto che
il positivismo, a sua volta assimilato dai nonni, fosse l’unico punto d’osservazione
dal quale guardare con salubre disincanto il mondo e trarne giudizi e considerazioni.
Provai a controbattere il suo negativismo, ma lui, insieme a varie circostanze
di vita, fece sì che quest’atteggiamento mi lasciasse a lungo impigliata
nella dimensione dell’ateismo. Passata poi nei decenni a una vera «miglior
vita», del vecchio zio dimenticai motti, frizzi, luoghi comuni, rimanendomi
nell’animo una sola sua frase, un solo ammonimento: mai avrei potuto parlare
con competenza di testimonianze bibliche, senza conoscere l’ebraico. Ciò
avrebbe, secondo lui, demistificato le bugie dei preti. Da allora ho desiderato
di poter leggere la Bibbia nella sua lingua d’origine.
Nella vita ho studiato, ho lavorato, e finalmente ora, anno del Signore
2001, posso dire di essermi timidamente avvicinata alla prima, per copiosità
di scritti, delle lingue bibliche, l’ebraico antico. Incoscientemente non
ne temevo le difficoltà; finché mi fu spedito da Biblia il
manuale per principianti con la preghiera, molto perentoria, di imparare
almeno l’alfabeto prima dell’inizio del corso. Aprii la dispensa e mi venne
uno smarrito sgomento: gruppi sillabici senza vocali, che parevano ostili
e illeggibili, mi si aggrapparono alle pupille inesperte, che tentarono
di ipnotizzarli, dieci minuti per sera prima di dormire. In due settimane
tuttavia imparai l’alfabeto. A Vicenza mi accolse una dimora organizzatissima
e candida, dai vasti saloni, abitata da suore serene, affabili,
colte, con cui era un piacere discorrere. Il primo giorno di studio
l’incontro con l’insegnante fu una sorpresa: Nicoletta è alta e
bruna, autorevole e al tempo stesso amica, coltissima e giovane, quasi
timida, tanto che all’arrivo l’avevo scambiata per un’allieva, magari sprovveduta
come me. Spiega in modo chiaro e brillante, ripete e ripete con pazienza
e simpatia. Ma nonostante lei, l’impatto con l’ebraico antico fu traumatico:
i verbi, le costruzioni «costrutte», gli strani genitivi, vocali
che sono simboleggiate da puntini e lineette che s’infilano a tradimento
tra i segni sillabici. Lo stato di confusione e sfiducia
mi durò un mattino e un pomeriggio; poi mi venne spontaneo lo
slancio per avvicinarmi alla lettura del Tritoisaia: questa di giorno in
giorno pareva semplificarsi e l’abisso ostile venne colmato da un ponte
slanciato, un amico a braccia spalancate. L’esuberanza e la prontezza dei
compagni di corso mi fu di gran conforto. Nomino il sedicenne Francesco
Fumarola nello stimolare ogni argomento. Luigi il perfezionista insaziabile.
Giuseppe Ricaldone dall’apprendimento e dal portamento impeccabile, detto
tra noi il Duca di Wellington. In effetti nella nostra classe regnava un’atmosfera
distesa e lieta. Ogni tanto qualche battuta spesso del tutto arbitraria
sulla somiglianza di qualche parola ebraica con altre arabe faceva scoppiare
in raffiche di risate. I fogli si sollevavano dai tavoli e ricadevano appiccicandosi
su cioccolatini e canditi che ornavano banchi non molto scolastici. Nicoletta
non si spazientiva, ma ci faceva capire con voce ferma e melodiosa di ritornare
alla lettura, mentre un’aureola di Santa le appariva sul suo viso di bruna
valchiria.
Non si è solo studiato: abbiamo visitato il teatro più
bello del mondo, l’Olimpico, e un’altra mattina la mostra delle Icone russe,
che ci hanno presentato un mondo silenzioso di bellezza e sapienza. All’ultimo
dell’anno ci siamo impegnati con un lungo cruciverba in ebraico. Un gioco
da eruditi che però ha insegnato molto a tutti, reso prezioso da
buon vino e da dolci d’ogni paese. Giovani Novizie della Costa d’Avorio
e della Colombia hanno cantato per noi e ballato le loro canzoni con un
largo sorriso e una nostalgia che non negava la loro grande fede. Al momento
della partenza la Madre Superiora, Suor
Alessia, ci ha accompagnato uno per uno, col suo sorriso sereno, col
suo sguardo forte della luce che possiedono solo persone attente e ispirate
che mi ricordò il quadro di Rembrandt «La lezione d’anatomia»,
modello sublime di volti tesi nell’interesse e nella pietà, raggiunte
attraverso una vocazione realizzata. La nostalgia del distacco è
stata attenuata dalla certezza di rincontrarci il prossimo Capodanno a
Vicenza a continuare tanto studio edificante, in cui, anche noi principianti
troviamo la consapevolezza di realizzare qualcosa di utile e buono. Come
i discepoli del quadro di Rembrandt i quali, ognuno secondo la propria
indole e preparazione, cercano di aguzzare lo sguardo per sfondare il buio
che ci circonda per scorgere una luce di verità.
Liliana Garuti delli Ponti
Corso avanzati
Il seminario di ebraico biblico dal 30 dicembre al 5 gennaio si è
svolto quest’anno nella confortevole e ospitale sede delle suore Dorotee
di Vicenza che con la loro cortesia hanno fatto “declassare” le bellezze
meno accessibili di Venezia.
Il Tritoisaia si è svelato un testo dalle molteplici sfaccettature,
un “trito-testo”, per usare una battuta di Paolo De Benedetti che come
sempre ci ha guidato con arguzia e saggezza nella nostra navigazione testuale,
risparmiandoci anche certi passaggi troppo insidiosi. Ci sono due parole
ebraiche dal suono simile che possono rappresentare il Tritoisaia: naqam
e nacham, che significano vendetta e misericordia, unite nel
verso 61, 2, quasi a metà della sezione: “Per proclamare un anno
di grazia e un giorno di vendetta per il Signore nostro per consolare gli
afflitti”. Da un lato il Dio misericordioso consolatore, ripreso da Gesù
nella famosa citazione del verso precedente 61,2 nella sinagoga di Nazareth:
“Lo spirito del Signore è su di me, perché Dio ha unto me
per proclamare ai poveri mi ha inviato, per fasciare il cuore spezzato,
per invocare per gli esuli la liberazione e per iprigionieri la libertà”
(cfr. Lc 4,18-19, con interessanti varianti rispetto alla traduzione del
testo masoretico nell’edizione stuttgardense). Dall’altro un Dio vendicatore,
che si indigna contro i peccati di Israele, che con la corazza e la spada
farà strage dei peccatori diventati suoi nemici: il loro sangue
arrosserà i suoi vestiti come il vino quelli del pigiatore (vedi
i versi 63, 1-7).
Ma la nostra attenzione si è concentrata soprattutto sul primo
Dio, confessiamo la nostra parzialità, anche perché abbiamo
avuto modo di smentire decisamente ogni presunta pretesa di monopolio del
Dio paterno da parte dei Vangeli o meglio del Cristianesimo. Infatti nel
Tritoisaia ci sono due magnifici versetti in cui viene espressamente nominato
Dio padre, e un terzo in cui emergono espliciti tratti materni: “Poiché
tu padre nostro, poiché Abramo non ci riconosce e Israele non si
interessa a noi, tu Dio padre nostro, redentore nostro, per sempre il tuo
nome”(63,16) “Ora tu sei padre nostro, noi argilla e tu il nostro costruttore
e opera della tua mano tutti noi” (64,7) “Affinché siate allattati
e saziati dalla mammella delle sue consolazioni, perché succhiate
e vi deliziate della mammella della sua gloria” (66,11) A proposito di
“opera della tua mano”, ci ha aperto una finestra interessantissima il
simpatico rabbino Caro sul
Talmud, leggendoci un racconto, con funzione di intermezzo rilassa-dispute:
un rabbino se ne va sul suo asino tutto orgoglioso per aver ben figurato
in una disputa e incontra un tale per la strada che subito è da
lui apostrofato con un impietoso epiteto di “brutto” (non lontana dalla
lettera sarebbe: faccia da porco!). Il malcapitato reagisce tuttavia con
una replica stroncante per il rabbino e indicando se stesso afferma: “Vallo
a dire all’Autore di questo
manufatto”; lo stesso paese dove i due si recano si solleva contro
la gaffe blasfema del rabbino che è costretto a chiedere perdono.
L’offeso risponde che perdono va chiesto anzitutto a Dio e poi a lui, che
così avrebbe perdonato.
Le tre condizioni della purificazione (Kippur)-perdono ce le
ha spiegate De Benedetti: che lo si chieda a Dio, che sia invocato da una
comunità, che sia infine diretto alla vittima, a cui per tre volte
va richiesto.
Ancora una volta stimolante è stato l’altro visiting-professor
Piero Stefani che ci ha prospettato un suggestivo parallelismo tra testi
sull’universalismo nei due testamenti in relazione con la festa dell’Epifania.
Nel Primo Testamento la profezia del giorno in cui “Israele sarà
terzo con l’Egitto e con l’Assiria: benedizione in mezzo alla terra” (Is
19,23) va confrontata con quella relativamente più “reticente” del
Tritoisaia sulla processione di tutti i popoli a Gerusalemme, che “piegati”
si prostreranno ai piedi della “Città di Dio” (Is 60, 10 ss.) Nel
Secondo Testamento, si rileva la significativa deviazione da Gerusalemme
a Betlemme dei Magi, rappresentanti dei vari popoli e delle varie età
dell’uomo (nell’iconografia con le facce del giovane, dell’adulto e del
vecchio), guidati dalla stella fedele alla parola profetica di Michea (Mt
2, 1-12). Stefani ha sottolineato che Betlemme, la città natale
di David, dove
emigra la sua bisnonna Rut, la moabita convertita all’ebraismo, costituisce
quasi un luogo emblematico della reciprocità nell’universalismo
ebraico: l’umanità straniera si ebraicizza e l’ebreo si universalizza.
A proposito di universalismo, si è pensato bene di concludere,
come le letture del Tritoisaia nella liturgia ebraica, non con le parole
“maligne” dell’ultimo versetto, ma restando nell’atmosfera di “cieli nuovi
e terra nuova” (65,17) e con una disquisizione tipica da jeshivà
sul versetto 66, 21. Qui a seconda della vocalizzazione di una preposizione
prefissa si può tradurre: “Anche da essi (dai popoli) prenderò
per (servire) sacerdoti e leviti dice il
Signore” oppure “Anche da essi (dai popoli) prenderò da/come
(per esercitare la funzione di) sacerdoti e leviti dice il Signore”. In
realtà non c’è stata disputa sulle preferenze, dopo che Agnese
Cini ha citato Luzzatto e di rincalzo De Benedetti ha evocato Buber e Rosensweig.
Francesco Marin
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