CORSO DI EBRAICO BIBLICO

Firenze, villa "I Cancelli"

30 Dicembre 2008 - 5 Gennaio 2009

Il codice deuteronomico (Dt 12 - 26)

 


«Il sommo sacerdote Chelkìa dice allo scriba Safan: ho trovato nel Tempio il libro della legge […]. Safan lo lesse davanti al re. Udite le parole del libro della legge, il re si lacerò le vesti» (2Re 22,8.11).

Chi era il re? Che cos’è il libro della legge? Gli studiosi ritengono che sia, in sostanza, il «codice deuteronomico», che nella redazione finale del sec. VII a.C. corrisponde ai capitoli 12-26.

Il termine «codice» deriva dal fatto che questi capitoli contengono un gran numero di precetti, nella versione cosiddetta «deuteronomistica», cioè – almeno secondo la maggioranza degli studiosi – posteriore al «codice dell’alleanza” (Es 21-23) e in qualche modo coinvolti nel profetismo, in particolare quello di Osea e di Elia. Si tratta infatti di una legislazione diretta non tanto ai membri di un tribunale, quanto al popolo raccolto all’ascolto di Mosè, e per questo è stata definita «legge predicata». Non è un caso che il codice deuteronomico, anzitutto il Deuteronomio, prediliga parole come «oggi» (70 volte), «fratello» (25 volte), «memoria» (15 volte), e alterni a norme giuridiche esortazioni volte a «vivere» la volontà di Dio piuttosto che a evitare singole defezioni. Il Deuteronomio (come anche gli altri codici del Pentateuco) vede infatti nell’esecuzione di un precetto la memoria di Dio, di quel Dio che è nel precetto, come la grazia divina, per i cristiani, è nel sacramento.

È stato detto che Dio sta nel dettaglio: e ciò significa che proprio i precetti lo mantengono nella nostra quotidianità. Questo spiega la presenza nel codice di norme talvolta minuziose e apparentemente prive di significato. Ma accanto a queste vorremmo ricordarne almeno due che rappresentano il vertice dell’anima biblica: «Non cuocerai il capretto nel latte di sua madre» (Dt 14,21); «Quando, cammin facendo, troverai sopra un albero o per terra un nido d’uccelli con uccellini o uova, non prenderai la madre sui figli; ma scacciandola, lascia andare la madre e prendi per te i figli, perché tu sia felice e goda lunga vita» (Dt 22,6-7). Ecco il vero spirito del Deuternomio: l’amore, con cui gli studiosi traducono (solo in questo libro) la parola «timore», timore di Dio. Quale popolo antico o moderno ha nella sua legislazione comandi come questi? Ecco la differenza tra la legge biblica, ispirata da quel re che è Dio, e le leggi degli altri popoli, dettate da sovrano e parlamentari. Il Dio legislatore, come nota ogni lettore del Pentateuco, si preoccupa certo degli aspetti strutturali della società di Israele (per esempio ordina di mettere una ringhiera al tetto della terrazza della casa); ma non resiste a lungo nell’esprimersi come un padre pieno di amore e bisognoso di altrettanto amore. E, come dice lo stesso Deuteronomio: «Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo perché tu dica: Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire e lo possiamo eseguire?» (Dt 30,11-12). Non è nel cielo perché Dio stesso è sceso tra noi a donarcelo.

Un’osservazione per i frequentatori dei nostri corsi: ascoltare la voce di Dio in ebraico, leggere le parole scritte dal dito di Dio in ebraico, è certamente un guadagno e una gioia per noi. Ma è anche una gioia per Dio, che ha nostalgia dei suoni con cui ha parlato. Cerchiamo di leggere bene.

                                                                                                                      Paolo De Benedetti 


PROGRAMMA DEI DUE CORSI DI EBRAICO BIBLICO

Firenze, 30 dicembre 2008 – 5 gennaio 2009

 

martedì 30 dicembre 2008

Arrivo nel pomeriggio, sistemazione nelle camere

Cena e presentazione dei due corsi

 

mercoledì 31 dicembre 2008

ore 09,00         Introduzione al codice deuteronomico (Dt 12-26), Paolo De Benedetti   (lezione a gruppi riuniti)

Ore 10,30        Lezione nei due gruppi

Ore 13,00        Pranzo

Ore 15-19       Lezioni nei due gruppi

Ore 19,30        Cena

Ore 21,30        Tombola e festa

 

giovedì 1 gennaio 2009

ore 09,30         Lezione di grammatica (a gruppi riuniti), Nicoletta Menini.

ore 11,00         Lezione nei due gruppi

ore 13,00         Pranzo

ore 15,00         Lezione nei due gruppi

ore 17,00        Ermeneutica biblica e grammatica ebraica in Spinoza, Leonardo Amoroso                                    

ore 19,30         Cena e Quattro chiacchiere in ebraico moderno

 

venerdì 2 gennaio 2009

ore 09,00         Lezioni nei due gruppi

ore 13,00         Pranzo

ore 14,00         Partenza per la visita a due mostre: “Raffaello. La Madonna del  Cardellino restaurata” (Palazzo   Medici Riccardi) e “Caterina e Maria de’Medici: donne al potere” (Palazzo Strozzi), o tempo libero

ore 19,30         Cena e serata libera

 

sabato 3 gennaio 2009

ore 09,00         Lezioni nei due gruppi

ore 13,00         Pranzo

ore 15,00         Dio-Mosè-popolo-nel Deuteronomio: un confronto tra i testi giuridici della Bibbia, Ida Zatelli

ore 17,00         Lezione nei due gruppi

ore 19,30         Cena e Quattro chiacchiere in ebraico moderno

 

domenica 4 gennaio 2009

ore 09,30         Lezioni nei due gruppi

ore 13,00         Pranzo

ore 15,00         La nuova traduzione della Bibbia CEI: pregi e limiti, Luca Mazzinghi

ore 17,00         Lezione nei due gruppi

ore 19,30         Cena e valutazioni del corso

 

 

lunedì 5 gennaio 2009

ore 09,00         Lezione di grammatica (a gruppi riuniti), Nicoletta Menini

ore 10,30         Una legge mediata dalla profezia, Paolo De Benedetti

ore 13,00         Pranzo e partenza

 


I docenti. La nostra incomparabile Nicoletta Menini si occuperà dei principianti: basterà che questi imparino, prima di venire al corso, l’alfabeto ebraico, e in una settimana saranno capaci di leggere e tradurre alcuni testi, di assaporare la imparagonabile bellezza della lingua, di saper navigare nel dizionario per trovare le radici e i vari significati delle parole, di continuare anche da soli l’affascinante viaggio nella lingua ebraica. Gli ‘avanzati’ invece avranno il privilegio di poter approfondire la conoscenza del Deuteronomio con il nostro maestro storico: Paolo De Benedetti che ne è un profondo conoscitore ed estimatore.

Inoltre saranno con noi, per tutti, tre ‘visiting professors’: Leonardo Amoroso al quale abbiamo chiesto una relazione su Mosè nel pensiero di Elia Benamozegh; Luca Mazzinghi che ci parlerà dei pregi e limiti della nuova versione della Bibbia CEI; Ida Zatelli per un aggiornamento dei più recenti studi sul Deuteronomio. La sera di Capodanno ci sarà come sempre la festa con tombola e leccornie portate da ciascuno dei partecipanti. Il resto del tempo sarà dedicato allo studio: dalle 9 alle 13, e poi dalle 15 alle 19 tutti i giorni.

Luogo. Saremo alloggiati, come l’anno scorso, presso la «Villa I Cancelli» delle Suore Orsoline di San Paolo, a Careggi, via Incontri 21 (FI), tel. 055/4226001. La villa è situata nelle colline sopra Careggi da dove si gode un bellissimo panorama sulla città. Dispone di un ampio parcheggio, di camere singole (come sempre poche) e doppie, tutte con bagno, di sale per lo studio e per i pasti. Il luogo si raggiunge con la macchina (arrivare all’Ospedale di Careggi e da lì chiedere informazioni), oppure con un taxi dalla stazione, o infine con gli autobus 14 dalla stazione fino a piazza Dalmazia e da lì con la navetta 40/B.

Costo e iscrizione. La pensione completa al giorno è di 60 € a testa in camera doppia (300 € per 5 giorni), e in camera singola di 15 € in più per notte (75€ al dì, pari a 375 € per 5 giorni). Il costo del corso è di 100 € per i soci di Biblia e per i giovani, e di 120 € per gli altri. Per l’iscrizione occorre inviare la scheda compilata, insieme al costo della prima notte (rimborsabile in caso di ritiro entro il 30 novembre) e a 20 € di iscrizione non rimborsabili.


RELAZIONE

«Il termine “codice” deriva dal fatto che questi capitoli contengono un gran numero di precetti nella versione cosiddetta deuteronomica, posteriore, secondo la maggioranza degli studiosi – al Codice dell’Alleanza (Es 21-23) e in qualche modo coinvolti nel profetismo, in particolare di Osea ed Elia. (…) Legge predicata. Il Deuteronomio, come gli altri codici del Pentateuco, vede infatti nell’esecuzione di un precetto la memoria di Dio che per l’ebraismo sta nel precetto come la grazia divina, per i cristiani, sta nel sacramento. È stato detto che Dio sta nel dettaglio e sono proprio i precetti che lo mantengono nella nostra quotidianità, espressione dell’amore di Dio per il suo creato (per es. Dt 22,6) anche nella definizione degli aspetti strutturali della società.». Fin qui le parole di Paolo De Benedetti nella presentazione del corso. Il modello letterario di questo codice è quello del trattato di vassallaggio, una pratica diffusa nel Vicino Oriente a partire dal secondo millennio a.e.v. In particolare, Deuteronomio richiama i giuramenti di lealtà neo-assiri (noto quello di Esarhaddon del 672 a.e.v) con annesse maledizioni e benedizioni e la sua ideologia militarista e nazionalista: un’espressione dell’influenza della cultura assira ma anche un modo polemico per rilevare che il sovrano di Israele non sono il re assiro e le divinità che rappresenta. Si deve questo testo all’esigenza di riorganizzazione religiosa, e quindi politica ed economica della società giudaica di quel particolare momento storico, declinata in chiave di centralizzazione e di lealtà (dei capp. 12 e 13) avendo l’esodo come mito fondativo.

Nel merito della sua struttura è stato rilevato un parallelo con il decalogo del cap. 5, 6-31, che dunque sarebbe quasi un compendio del Codice legale deuteronomistico: i vv. 5,6-11 in parallelo con 12-13-14,21-29 sulla apostasia e la centralizzazione del culto e delle tasse (che prima venivano raccolte dai santuari locali); 5,12-16 rispetto ai capitoli 15-16 sul settimo anno e le festività, e 17-18 sull’autorità; e poi 19-25 come l’ultima parte del Decalogo sulla vita associata, compresa la creazione di nuove città rifugio. Di estrema attualità la proibizione di abbattere alberi da frutta al capitolo 20, forse una pratica assira. Le leggi sociali e cultuali dei capp. 21-25 sono comuni nei codici legali vicino orientali: Codice di Hammurabi, dell’Alleanza e Codici legali assiri. Si accordano con l’idea che il re è protettore di chi nel regno è povero e debole.

Quest’anno professori ospitati sono stati: Ida Zatelli (docente di lingua e letteratura ebraica all’Università di Firenze) per un aggiornamento sugli studi sul Deuteronomio; Luca Mazzinghi (docente di esegesi biblica al Pontificio Istituto biblico di Roma) sugli aspetti innovativi della nuova versione della Bibbia Cei; e Leonardo Amoroso (docente di estetica all’Università di Pisa) su «ermeneutica biblica e grammatica ebraica in Spinoza», la cui lezione è stata ricca di spunti a noi poco noti. I marrani sono all’origine della critica biblica moderna, ha affermato, e Spinoza è tra questi nell’Olanda calvinista, essendo originario della comunità ebraica portoghese di Amsterdam.

Vittima di una pratica abbastanza diffusa all’epoca, il cherem (una sanzione amministrativa più che un’espulsione), Spinoza si avvicina ai sociniani, espressione di un cristianesimo morale. Nel 1670 pubblica in forma anonima il Trattato teologico politico e alla sua morte nel 1677 avviene la pubblicazione delle opere postume, fra cui la sua Etica dimostrata secondo l’ordine geometrico e distinta in cinque parti. Nella prefazione si legge «riflettendo su queste cose, cioè che il lume naturale è da molti non soltanto disprezzato ma condannato come fonte di empietà, che le invenzioni degli uomini sono ritenute insegnamenti divini, che la credulità è scambiata per fede (…) decisi di esaminare di nuovo la Scrittura con animo libero e imparziale e di non affermare nulla intorno ad essa e di non ammettere come sua dottrina nulla che non fosse da essa chiarissimamente insegnato».

Al capitolo 7 si parla della interpretazione della Scrittura «che non differisce dal metodo di interpretazione della natura ma concorda del tutto con questo: allestire la sua storia  genuina e trarre da questa, come da dati certi e genuini con passaggi legittimi il pensiero degli autori della Scrittura». Essa cioè va interpretata in base a essa soltanto, senza dar credito ad alcuna autorità (come quella dei farisei o della chiesa romana). Unica tradizione riconosciuta è quella della lingua ebraica. Da qui l’idea di scrivere un Compendio di grammatica della lingua ebraica le cui categorie hanno un rapporto molto stretto con le categorie della sua metafisica (sostanze, attributi, modi, ecc.) che a sua volta è traduzione filosofica della cabbala ebraica. In particolare Spinoza si sofferma sulla teoria di una origine linguistica del cosmo: per mezzo della Sapienza, ovvero della Torah, Dio creò i cieli e la terra che quindi sono costituiti dalle lettere dell’alefbeth ebraico.

Per spiegarsi utilizza le strutture grammaticali dell’ebraico, fra cui lo stato costrutto, una forma tronca usata per creare relazioni possessive. Per esempio, Beit (attributo della sostanza) – Elohim (sostanza) che vuol dire la casa di Dio. Qui la cosa o la persona posseduta precede immediatamente il possessore. Tutto l’universo si presenterebbe come una catena di costrutti che appoggiano sul nome di Dio. «Chi studia l’ebraico acquista attitudini virtuose», diceva l’esponente del misticismo ebraico Rabbi Moshè Chaim Luzzatto (1707-1746). Certo quello di Biblia è sempre un appuntamento appassionante.

Antonella Visintin

Articolo apparso su Riforma 13 febbraio 2009. p.6

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