Corsi di ebraico biblico

Castellazzo, La Spezia, 30 dicembre 2006 – 5 gennaio 2007


 

Dalle braccia di una prostituta alle braccia di Dio: il libro di Osea.

Docenti: Nicoletta Menini e Paolo De Benedetti.

 


 

    Il regno del nord o Israele (caduto nel 721 a.e.v.) è nella Bibbia, se così si potesse dire, l’ ‘antimodello’ del regno messianico; i suoi re non hanno trasmesso (a differenza del regno del sud o Giuda) neppure quella continuità dinastica che ha un suo significato teologico. Ma nello stesso tempo il nord è stato terra di profeti e di sapienti: il contributo del nord ha consentito alla tradizione biblica di ‘dare un’anima’ alla grande opera legislativa del sud. Si potrebbe dire che il Santo dei santi, il Tempio di Gerusalemme, è stato abitato dallo spirito del nord. Osea, contemporaneo di Amos (sec. VIII a.e.v.) è, nel canone, il primo dei profeti minori (definizione dovuta soltanto alla brevità dei loro scritti). Tra i profeti settentrionali ha una posizione fondamentale perché la sua voce è una delle più alte e appassionate di tutta la Bibbia. Proprio la violenza di certe sue pagine esprime l’eccesso di amore, la gelosia, l’ansia nuziale del Signore. Un Dio che nello stesso tempo è sposo tradito ma non disamorato, e padre, anzi madre del popolo di Israele. Si può affermare che, al di là delle interpretazioni superficiali a cui talvolta indulgono i cristiani nel leggere l’Antico Testamento, Osea è veramente l’incarnazione della passione di Dio, una passione che, al di là della delusione presente, ci rivela in Dio una invincibile speranza negli uomini.

   La lettura in ebraico di Osea, a cui sarà dedicato questo corso, rappresenta quindi non solo uno studio linguistico ed esegetico, ma anche – per dirla col profeta – un vivere guancia a guancia la sua passione e la sua fede, in una stagione in cui i cristiani ricordano la nascita di Gesù, e gli ebrei, con la festa di Chanukkà, la restituzione a Dio della sua casa.

                                                                                                                                                     

                                                                                                                                   Paolo De Benedetti

 


 

INFORMAZIONI

Quest’anno i corsi di ebraico biblico cambiano posto: saremo infatti ospitati, come deciso insieme l’anno scorso, al Monastero ‘Santa Maria del mare’, località Castellazzo (La Spezia), tel. 0187/711332. Si tratta di un monastero benedettino di recente costruzione, circondato dal verde, vicino al mare; dotato di tutte le comodità, è oltretutto molto accogliente: le monache di clausura sono felicissime di averci come ospiti (alcune parteciperanno anche alle nostre lezioni).

L’arrivo è previsto per il pomeriggio di sabato 30 dicembre e la partenza per venerdì 5 gennaio dopo pranzo. Manderemo agli iscritti le istruzioni per giungervi  sia con mezzi pubblici che con mezzi privati.

Ai principianti, che avranno come docente Nicoletta Menini, consigliamo vivamente di imparare almeno l’alfabeto ebraico per poter prendere maggior vantaggio dal corso, e di leggere in italiano tutto il libro di Osea. Essi ne leggeranno alcuni brani anche in ebraico durante il corso, e precisamente: Os 1; 2,16-24; 6; 11; 14.

Agli avanzati raccomandiamo di leggere e possibilmente di tradurre tutto il libro di Osea, in modo da poter confrontare la propria traduzione con il loro maestro, Paolo De Benedetti, e partecipare attivamente alle divagazioni grammaticali, letterarie ed esegetiche che non mancheranno certamente.

I nostri maestri terranno inoltre due lezioni a gruppi riuniti: Paolo su Il volto femminile di Dio; Nicoletta analizzerà grammaticalmente, parola per parola, un brano di Osea. Avremo inoltre due ‘visiting professors’: Giuseppe Momigliano, Rabbino Capo di Genova (una pagina talmudica su Osea) e il sig. Adolfo Aharon Croccolo  (La Spezia, porta di Sion).

La consueta visita turistica di metà corso (la mattina del 2 gennaio) avrà come mèta l’‘Isola del Tino’: si tratta di una piccola isola dove viveva da eremita San Venerio, adesso disabitata, incontaminata, ricca di antiche vestigia e paesaggisticamente uno dei luoghi più belli della costiera spezzina. Vi si arriva con un traghetto in dieci minuti. In caso di brutto tempo la mèta sarà l’importante Museo d’Arte antica, medievale e moderna Amedeo Lia.

A tutti chiediamo di portare una Bibbia, qualcosa di buono da mangiare o da bere per la sera del 31 dicembre, e un bel premio da mettere in comune per l’ormai classico gioco della tombola di Capodanno.

 

PREZZI E ISCRIZIONE

I prezzi giornalieri a persona per la pensione completa, comprese le bevande, sono:

in camera doppia 50 €; in tripla o quadrupla 45 €; in camerate 40 €; in singola (pochissime) 60 €.

La partecipazione all’intero corso è di 100 € per i soci di Biblia e per i giovani, e di 120 € per gli altri.

Per iscriversi occorre inviare la scheda compilata in tutte le sue parti a Biblia, insieme al tagliando di ccp che attesti il pagamento avvenuto di 20 € di anticipo sulla partecipazione, non rimborsabili in caso di ritiro.


 

Relazioni sullo svolgimento dei corsi

 

Sul “Profeta Pazzo” (o sulla pazzia di quelli che lo avvicinano), ovvero: “Gomér – Ben sadea ghemarà.

 

Corso avanzati

Ho l’impressione che almeno a qualcuno dei partecipanti al corso ‘full immersion’ in ebraico biblico tenutosi nel Monastero di Santa Maria del Mare sopra La Spezia (splendida veduta sul golfo, sulle colline e fino alle Apuane, qualche scomodità nel riscaldamento e nella dislocazione delle aule, temperata dalla cura succulenta della cucina locale) sia venuto in mente che questa volta si sia richiesto ai partecipanti di fare il passo un po’ più lungo della gamba. Altri però, a loro volta, avrebbero potuto rispondere che la scelta del tema (del resto decisa a larga maggioranza) era stata ben ponderata; infatti, se non si tenta di fare passi un po’ più lunghi, è difficile che le gambe riescano a crescere.

Il testo di Osea (che la critica più recente ha individuato tra i più antichi in assoluto del canone biblico) è largamente considerato tra i più oscuri e complessi. La massa cospicua di termini dal significato incerto, dei suggerimenti di letture alternative di molte parole, e anche di locuzioni che compaiono una sola volta nella Bibbia, provano questo assunto.

D’altro canto, almeno per quanto riguarda la quasi trentina di studenti del corso ‘avanzato’, si deve notare che era veramente difficile sottrarsi alla fascinazione del personaggio «a tutto tondo» del profeta pazzo (lui stesso si fa apostrofare così) che dal fondo della sua tragedia familiare (il rapporto con la famosa prostituta, madre di figli adulterini etc.) lancia le sue invettive contro il popolo peccatore, i regnanti, i politici, i sacerdoti (in pratica non si salva nessuno) del complicato mondo politico in crisi nel fazzoletto della terra promessa quale si presentava più o meno 2700 anni fa.

La lingua è in effetti spesso oscura, i cambi di scena repentini e sorprendenti; ma anche le immagini di dolcezza e di tenerezza legate alla prospettiva del pentimento, sono talora toccanti. Forse proprio la difficoltà del testo ha spronato i partecipanti a un impegno serio e continuo; tutti hanno cercato di fare del proprio meglio, aggrappandosi ciascuno alla sua versione (leggasi: a quella del testo, masoretico, della Vulgata, del Targum, dei LXX etc.) o al commento di Rashi; insomma, a quello che per frutto di una laboriosa ricerca si era alla fine trovato per le mani. La conclusione… beh, alla fine di vere ‘conclusioni’ ovvero di interpretazioni che mettessero tutti d’accordo non è che ce ne siano state poi tantissime… Di qui il titolo scherzoso: la Ghemarà è la parte del Talmud che raccoglie le ‘sentenze definitive’ della discussione talmudica sui vari temi; ma forse la partenza dai ‘seni’ della prostituta Gomér (ampiamente citati nel testo) non creava l’atmosfera più adatta…

Cosa dire della direzione di Paolo De Benedetti? Come al solito tutto il bene possibile. Sempre ricca di sfumature e risonanze, sempre puntuale ma mai pignola o sovrastante… spesso ironica. Il resto, ossia il contorno del corso (la conferenza di rav Momigliano e la testimonianza Croccolo) hanno completato un quadro confortante; la musica nei due concerti vocali nella cornice della chiesa ha elargito momenti di vera commozione. Infine l’ospitalità da parte delle suore ci ha messo in contatto con un collettivo che è sembrato, in maniera inattesa (almeno a chi scrive), aver deciso di «servire il Signore» in allegria.

Marco Maestro

 

Corso principianti

Ho deciso di provare l’ebraico come balsamo contro la desolazione, per contrastare  un eccesso di esperienze del finire, decadere, venir meno, smarrirsi. L’ebraico come qualcosa in cui tornare al principio e avere a che fare con il principio; qualcosa in cui  lo smarrirsi è più metodo che perdizione, e apre il cammino più che l’attenersi alla mappa già tracciata.

Dove andremo a(ll’in)finire, ci siamo detti, al corso principianti, il secondo giorno.

A casa, avevo incominciato a studiare l’alfabeto, come suggerito. Lettera dopo lettera. Non stavo  mettendo che l’ombra della punta del piede nell’acqua, e già mi sentivo sommergere. Eppure non perdevo la gioia di stare anche solo vicino al rumore di questa lingua con la quale/nella quale Dio ha inventato il mondo, avviato la storia, e il suo racconto.

All’inizio reale del corso, mi sono ritrovata perplessa senza guida, e cauta. Una quarantina di persone, dai 28 agli 80 anni (ma anche due bambini, Theva e Francesco), maschi e femmine, laiche per lo più ma anche alcune  suore (nemmeno un’ombra di prete invece!) con formazioni, professioni, opzioni e motivazioni quanto mai varie e diverse, a fare il giro dell’anno con una settimana intensiva di ebraico biblico! Un bel gruppo di bizzarri,  senza dubbio, forse anche un po’ pazzi. In una bella, stupefacente, rara, atmosfera civile, umana, ecumenica direi: intensa e leggera, di apertura e rispetto insieme! Che il segreto non stia forse un po’ anche nel pensiero, credo condiviso da tutti,  che sì un po’ pazzi eravamo, siamo, chi più chi meno? Ma questo, qui,  anche questo, più che una minaccia pare una promessa,  quasi una garanzia. Vero, Agnese?

Sta di fatto che credevo di dover scalare muri,  e non ho fatto che trovare porte aperte. E la gioia è cresciuta, insieme alle attenzioni, alle conoscenze, ai legami, al gioco. D’altra parte: la nostra maestra, Nicoletta, ha fiducia in noi, più di quanta ne abbiamo noi stessi. Lavoriamo in gruppo, ma ti accorgi presto che il titolare del tuo percorso sei tu.

Le luci e i colori del cielo, per via della vicinanza del mare e dei monti, qui, dall’altura del monastero, riescono ad essere belli anche nei giorni cupi. L’ospitalità e l’accoglienza, delle persone e dei luoghi,  hanno il sapore dell’olio nuovo.

La materia di studio è talmente sterminata che si può procedere con calma, e indugiare con gusto. Dedicando i giorni e le sere allo studio e all’incontro, a gettare semi e costruire ponti,  a fare comunità. E penso – ripercorrendo il calendario - alle armonie vocali del primo coro con inaugurazione dell’organo del monastero, e del coro Musicanova di Levanto; alla visita al bel Museo A. Lia; alla lettura collettiva del testo di R Beer-Hofmann su Giacobbe. E al rito evangelico celebrato da Martino; alla serata con la Comunità dei Fratelli di La Spezia; al foglio talmudico propostoci dal rabbino capo di Genova Giuseppe Momigliano; alla calda, tersa, coinvolgente testimonianza di Adolfo Aharon Croccolo su quell’episodio dell’aprile del 1946 da cui deriva a La Spezia il titolo di «Porta di Sion».

E penso al morè di tutti noi, a PdB, che insegna anche mentre tace, quando ascolta, guarda,  beve, ride, mangia, borbotticchia. Lui è già dei benedetti, e chissà che questa comunità attorno a lui  non sia, almeno un po’, debenedetta. Ki-vjakhol...

E dunque grazie. A chi ha pensato, organizzato, fatto, accolto, cucinato, servito, accompagnato. Grazie a chi c’era.  Il sasso gettato nel pozzo del mio non sapere non mi restituirà suono chissà per quanto tempo, forse mai, ma il silenzio è promettente. Un tale inizio, chissà dove andrà a(ll’in)finire…

Giusi Quarenghi