APPROFONDIMENTI CULTURALI - XXIX (ANNO XVII, N.1)


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IL DIAVOLO E L'ICONOGRAFIA

In queste pagine riproduciamo con lievi ritocchi le schede curate da Franca Ela Consolino pubblicate in Salvatore Pricoco (a cura di), Il Demonio e i suoi Complici. Dottrine e credenze demonologiche nella Tarda Antichità, Rubettino, Soveria Mannelli, 1995, pp.286-319. Nel loro insieme esse rappresentano un’adeguata elencazione dei temi demonologici più diffusi nell’iconografia tardo antica medievale Le citazioni bibliche sono rese in base alla Vulgata. Ringraziamo l’editore per l’autorizzazione concessaci.
Ricordiamo che negli Approfondimenti culturali XV (Notiziario 1, 1998) è stato pubblicato il testo di Agnese Cini, Il diavolo secondo l’insegnamento recente della Chiesa.

Caduta degli angeli ribelli

La versione secondo cui la caduta di Lucifero e dei suoi angeli sarebbe dovuta a un peccato di superbia cominciò a guadagnare terreno a partire dal IV sec., fino a soppiantare del tutto le due spiegazioni dominanti nei primi tre secoli dell’era cristiana, che attribuivano la caduta degli angeli rispettivamente all’invidia nei confronti del genere umano e alla lussuria. L’ipotesi del peccato di superbia si fonda essenzialmente su Isaia 14,12-14: "Come sei caduto dal cielo, o Lucifero che sorgevi al mattino? Sei rovinato sulla terra, tu che ferivi le genti? Tu che dicevi nel tuo cuore: darò la scalata al cielo, porrò alto il mio trono sopra gli astri di Dio… Salirò sull’alto delle nubi, sarò simile all’Altissimo".

La Lussuria

Se il peccato di superbia si colloca prima della creazione, le altre due versioni della caduta degli angeli presuppongono l’esistenza dell’uomo. La colpa di lussuria veniva dedotta da Genesi 6,1-2: "E avendo i figli degli uomini cominciato a moltiplicarsi sulla terra, ed avendo generato delle figlie, i figli di Dio, vedendo che le figlie degli uomini erano belle, si presero in moglie quelle che fra tutte si erano scelte" (in luogo di "figli di Dio" alcuni manoscritti hanno la variante "angeli di Dio"). Questo passo fu sviluppato da alcuni apocrifi dell’Antico Testamento, che illustrano le nefaste conseguenze di questa unione: introduzione di incantesimi e magie, nascita dei giganti (presenti anche in Gen 6,4), costruzione delle armi. Inoltre il demonio fece scoprire agli uomini i monili, il trucco, le pietre preziose e ogni sorta di tinta: si affermò così l’empietà e gli uomini si diedero alla fornicazione (Libro etiopico di Enoch 8,1s.). Agli apocrifi (non ancora considerati tali) si ispirarono autori cristiani come Cipriano e Tertulliano anche per condannare, insieme con il trucco, la ‘diabolica’ invenzione degli orecchini.
[Secondo il Libro dei Vigilanti 55 - prima sezione di Enoch - l’origine del male non si deve tanto a un puro e semplice peccato di lussuria quanto alla commistione di ordini che sarebbero dovuti rimanere distinti. Ai tempi di Iared – padre di Enoch- alcuni angeli si invaghirono delle donne, poiché "erano belle". Il loro congiungimento sessuale infranse una divisione voluta da Dio, che aveva concesso la riproduzione agli uomini, poiché li aveva creati mortali, e non agli angeli già immortali. La commistione e di due nature diverse, l’angelica e l’umana, comportò una contaminazione che investì l’intero mondo creato. n.d.r].

Tentazione e cacciata dal paradiso

La versione che attribuisce la caduta del diavolo all’invidia (cfr. Sap. 2,24 "Per l’invidia del diavolo la morte entrò nel mondo") è attestata in alcuni apocrifi dell’Antico Testamento, che riprendono il tema della Genesi, ed è specificatamente connessa alla creazione dell’uomo negli apocrifi del ciclo di Adamo.
Secondo uno dei testi più antichi, la Vita di Adamo ed Eva, probabilmente composta fra il I sec. a.e.v. e il I sec. e. v., Satana si sarebbe rifiutato di onorare Adamo, che Dio aveva creato a sua immagine [il tema è ripreso nel Corano in relazione alla figura di Iblis, cfr. 2,30-34; 7,11-18; 15,31-38, ecc. n.d.r.]. Alle insistenze di Michele, che gli minacciava l’ira del Signore, Satana avrebbe risposto con Is 14,14: "Se si adirerà con me, vuol dire che stabilirò la mia dimora al di sopra delle stelle del cielo, e che sarò simile all’Altissimo". Espulso dal cielo insieme ai suoi angeli e spogliato della sua gloria, Satana comincia a invidiare l’uomo e decide di vendicarsi su di lui inducendo Eva alla trasgressione (Vita di Adamo ed Eva, 13-16).
L’identificazione del serpente della Genesi con il diavolo è sancita da Ap 12,9 ("il grande drago, il serpente antico, chiamato diavolo e Satana, seduttore di tutta la terra abitata, fu scagliato sulla terra, e i suoi angeli… con lui") e 20,20("il dragone, l’antico serpente, che è il diavolo e Satana"). La raffigurazione del diavolo sotto forma di serpente o di dragone è anteriore a quelle antropomorfe, le più antiche delle quali risalgono al VI sec.

Il peccato originale

Genesi 3,1-6"Ma il serpente era il più astuto di tutti gli animali della terra creati dal Signore Iddio, ed egli disse alla donna: ‘Perché Dio vi ha ordinato di non cibarvi di nessun albero del paradiso?’ E la donna gli rispose: ‘Noi ci cibiamo dei frutti degli alberi che sono nel paradiso, ma Dio ci ha ordinato di non mangiare il frutto dell'albero che si trova al centro del paradiso e di non toccarlo, pena la morte’. E disse il serpente alla donna: ‘Non morirete affatto. Dio sa che in qualunque giorno ne mangerete vi si apriranno gli occhi, e sarete come dèi, a conoscenza del bene e del male’. E la donna vide che l'albero era buono come cibo, e bello per gli occhi, e gradevole di aspetto: e prese del suo frutto e ne mangiò, e ne diede al suo uomo".

Il serpente ed Eva

Deciso a sfruttare la propria sapientia per provocare la cacciata dell’uomo dal paradiso, il serpente preferì non attaccare direttamente Adamo, ma ingannandolo, servendosi di Eva: Ambrogio, De paradiso XII, 54 4 56 "Non si rivolse a colui che di persona aveva ricevuto il mandato celeste, ma a colei che aveva appreso dall’uomo, non da Dio, gli ordini da rispettare. Infatti non trovi scritto che Dio parlò alla donna, ma che parlò ad Adamo: perciò bisogna ritenere che la donna abbia saputo per il tramite di Adamo… Gli altri vedano cosa pensarne: a me sembra che la colpa abbia preso inizio dalla donna (a mulier coepisse vitium),e che con lei sia cominciata la menzogna. Infatti, se anche ci fosse qualche incertezza sui due, tuttavia il sesso rende chiaro chi ha potuto sbagliare per primo. Aggiungi che esiste una pregiudiziale a carico di colei che in seguito per prima si è trovata in colpa".
Il rapporto del serpente con la donna ha anche un risvolto sessuale: secondo una versione diffusa fra gli gnostici, Caino e Abele sarebbero nati dal loro accoppiamento.

Davide di fronte a Saul

Nei libri storici della Bibbia, il rigido monoteismo di Israele, negando realtà ontologica al male, lo rende l’estrinsecazione della volontà punitiva di JHWH. Così accade p. es. in 1Re 22,19-23, in cui è su mandato di Dio che uno spirito menzognero parla per bocca dei profeti del re Achab.
Spiriti che intervengono per volere divino sono anche quelli che tormentano Saul (1Sam 16,14-16; 18,10; 19,9) e che Davide placa con il suono della sua arpa. È peraltro interessante osservare che, mentre il testo biblico non parla né di demoni né di satana, Giuseppe Flavio, imbevuto com’è di cultura ellenistica, nel ricordare questi episodi parla invece di daimonia e di daimonion pneuma (Ant. Jud. VI, 8,2 e VI, 11,1). Prologo al libro di Giobbe Nel libro di Giobbe, per lo più datato fra il VI e il IV sec. a.C., compare per la prima volta il termine ‘satana’, non però come nome proprio (è infatti preceduto dall'articolo), ma come attributo, con il significato di ‘avversario’ (che è poi l'equivalente del termine greco diabolos). Qui il satana non gode ancora di una sua autonomia decisionale, ma fa parte dei figli di Dio (Gb 1,6 e 2,1), e opera il male col pieno consenso di JHWH, cui deve rendere conto del proprio agire.

Daniele nella fossa dei leoni

La figura di Daniele, protagonista di un libro […] la cui composizione dovrebbe collocarsi nella prima metà del II sec. a.e.v., ebbe grande successo presso i cristiani anche per la portata simbolica della sua vicenda. L’episodio della fossa dei leoni (Dn 6,16ss.), infatti lo rende figura del trionfo di Cristo sull’inferno (lo stesso accade per i suoi tre compagni gettati nella fornace ardente, Dn 3,20ss.). L’immagine del diavolo come leone è già in 1Pt 5,8 "Il vostro avversario, il diavolo, si aggira come leone ruggente cercando qualcuno da divorare".

Il diavolo tenta Gesù

Subito dopo il battesimo e prima di iniziare la sua predicazione, Gesù è condotto dallo spirito nel deserto, perché sia messo alla prova dal diavolo. Il felice superamento delle tentazioni fa in qualche modo da presupposto alla sua attività pubblica, caratterizzata fra l’altro dalla liberazione degli ossessi. Le tre tentazioni sono narrate in dettaglio da Matteo 4,1-11 e Luca 4,1-13 (di tentazioni in generale parla invece Marco 1,12-13). Nella prima tentazione di Gesù, a lui, che da quaranta giorni digiuna nel deserto, il demonio propone di trasformare le pietre in pani. Le altre due consistono nell'invito a gettarsi dall'alto del Tempio facendosi sostenere dagli angeli, e nell'offerta del potere e della gloria.

Gli indemoniati

Gli spiriti malvagi possono compiere un’azione di disturbo anche nell’Antico Testamento (è quel che fanno con Saul), gli indemoniati in quanto tali sono una novità neotestamentaria. A prendere possesso della vittima può essere un solo demonio o parecchi. Nel riquadro centrale di una tavoletta conservata al Louvre [V sec.] abbiamo la guarigione dell’indemoniato di Gerasa, posseduto da una legione di demoni cui Cristo ordina di trasferirsi in una mandria di porci (Mc 5,2ss. e Lc 8, 27ss); nel dittico di Murano [VI sec. Ravenna Museo Nazionale], che offre una delle prime raffigurazioni del soggetto (la più antica si trova nelle Catacombe di S. Sebastiano e risale agli inizi del III sec. ), a possedere la vittima è un solo demonio, che fugge da sopra la testa dell’ossesso non appena Cristo alza la testa verso quest’ultimo […] Nel primo caso non si vede propriamente il diavolo (che a quell’epoca non veniva ancora raffigurato), ma tre maiali, che rappresentano la mandria occupata da Legione, mentre nel dittico di Murano il diavolo ha l’aspetto di un omino.
Nel dittico più antico la liberazione dell’ossesso sta tra la guarigione dell’emorroissa e quella del paralitico. Nel dittico di Murano abbiamo la guarigione del cieco nato […], la resurrezione di Lazzaro e la guarigione del paralitico. Liberazione degli ossessi e guarigione degli ammalati vanno spesso assieme nel Nuovo Testamento, perché la malattia è vista come effetto e segno dell’asservimento alle potenze del male, e, nel liberare dal male fisico Cristo affranca pure da quello morale. Di questo duplice potere taumaturgico egli investe i discepoli, cfr. Mc 6,12s. "e andando, essi predicavano di far penitenza, e scacciavano molti demoni, ungevano con l’olio molti malati, e li risanavano".

Il bacio di Giuda

Luca e Giovanni concordano di imputare a Satana il tradimento di Giuda. Lc 22,3-4 "Ma Satana entrò in Giuda detto Iscariota, uno dei dodici. E quello si allontanò e parlò con i capi dei sacerdoti e con i magistrati sul modo di consegnarlo loro". Più articolata e drammatizzata la narrazione di Giovanni (13,2ss.), in cui Gesù prevede con largo anticipo il tradimento di Giuda (6,70 ex vobis unus diabulus est), che egli addita poi come suo traditore al discepolo che ama nel corso dell’ultima cena, quando intinge il pane e lo porge a Giuda: "E dopo il boccone, entrò in lui satana" (13,27): subito Giuda esce per consumare il tradimento (13,30).

Cristo al Limbo

La discesa di Cristo al Limbo ne attua il trionfo sugli inferi e sul loro signore, che egli calca col piede. Nell’iconografia di questa scena, che comincia a essere raffigurata solo a partire dal VIII sec, il personaggio calpestato da Gesù è per lo più […] identificabile col diavolo, ma talora ha invece i tratti dell’Ade, antico signore degli inferi, che in alcune raffigurazioni dell’inferno mantiene un’identità propria, distinta da quella di Satana.

Caronte

A rendere più folte le schiere dei demoni provvidero gli dèi pagani, che secondo gli apologisti altro non erano che illustri defunti divinizzati. "Tutti gli dèi sono demoni" (Omnes dii gentium daemonia [l’originale ebraico ha ’elilim; ’elil al singolare "vanità, nulla" n.d.r.]), recitava il Salmo 96,5, e a agli occhi dei cristiani i costumi non proprio impeccabili di molte divinità giustificavano pienamente tale asserzione. Nulla di strano, dunque, se all’occasione il demonio prendeva le sembianze di un dio: ne sapeva qualcosa Martino di Tours (Vita Martini 22,1), che lo vedeva talvolta comparire sotto le mentite spoglie di Giove, per lo più con l’aspetto di Mercurio (Dialoghi II,13; III,6), ma spesso anche come Minerva o Venere.
L’identificazione degli antichi dei con i demoni è il necessario presupposto per la presenza di Caronte (Dante, Inferno III,109 "Caron dimonio, con gli occhi di bragia"), già nocchiero dell’Ade, nelle raffigurazioni dell’inferno cristiano [cfr.. per es. gli affreschi di Luca Signorelli nel Duomo di Orvieto].

I martiri

La stabilita identità fra dèi pagani e demoni ha come naturale conseguenza il rifiuto di sacrificare da parte dei martiri, per i quali la partecipazione a un sacrificio pagano si configura come un peccato di idolatria, una sorta di idolatria alla rovescia, che macchia indelebilmente chi vi partecipa. A loro volta, nella letteratura dei primi secoli, le persecuzioni sono ricondotte a ispirazione diabolica, e nella più tarda letteratura sui martiri (acta, gesta, passiones) i persecutori, capaci di escogitare le torture più atroci e bizzarre, risultano essere lo strumento del demonio.

La donna e il drago

Apocalisse 12,1-5: "E apparve nel cielo un grande segno: una donna vestita di sole, e la luna sotto i suoi piedi, e sul suo capo una corona di dodici stelle… E fu visto un altro segno in cielo: ed ecco un dragone grande, fulvo, con sette teste e dieci corna, e sulle sue teste sette diademi; e la sua coda trascinava la terza parte delle stelle del cielo, e le gettò sulla terra; e il dragone si mise di fronte alla donna, che stava per partorire, per divorarne il figlio appena l'avesse partorito. E quella partorì un figlio maschio, destinato a reggere con ferreo scettro tutte le genti, e suo figlio fu rapito verso Dio e il suo trono".
Composta intorno alla fine del I sec. d.C., l'Apocalisse (comunque debba intendersi, o come resoconto di cose già avvenute o come profezia di eventi futuri), rappresenta la definitiva sconfitta del diavolo, identificato nel grande dragone, le cui sette teste già nell'esegesi di Origene simboleggiano i sette peccati capitali.

Michele e i suoi angeli combattono i dragoni

Apocalisse 12,7-8 "E ci fu una grande battaglia nel cielo: Michele e i suoi angeli lottavano contro il dragone, e anche il dragone combatteva, e con lui i suoi angeli. Ed essi non prevalsero e da quel momento non ci fu più posto per loro in cielo"
La sconfitta del dragone si attua in due tempi: dapprima egli è sconfitto da Michele e fatto precipitare in terra con i suoi angeli (Ap 12,9); dopo mille anni del regno di Cristo in terra Satana torna alla carica, e stavolta è cacciato definitivamente nello stagno di fuoco e di zolfo per l'eternità (Ap 20,7-9).

Giudizio universale

Quella di S.Apollinare Nuovo di Ravenna [inizi del VI sec.] è la più antica raffigurazione antropomorfa a noi pervenuta del diavolo, l’angelo azzurro che siede alla sinistra di Cristo e prende in consegna i capri. Ancora l’azzurro contraddistingue i diavoli nel giudizio universale di Torcello, dove graziosi diavoletti si palleggiano le teste di personaggi a suo tempo illustri nel secolo (fra di essi un vescovo). Per lo più, tuttavia, il diavolo è nero, come si evince in particolar modo dalla letteratura monastica. La sua prima comparsa in tale aspetto è nella Vita di Antonio (6,1ss.). La negritudine del demonio si motiva anche con la definizione di "principe delle tenebre" di Efesini 6,12. Nero egli è anche nell’epistola dello Pseudobarnaba 4,10 "Perché il Nero non si insinui in noi, rifuggiamo da ogni vanità, e nutriamo un odio assoluto per le opere della vita malvagia".
Già a Perpetua, martirizzata nel 203 a.C., il demonio era apparso in visione come un egiziano di sembianza ripugnante (Passio 10,6): l’aspetto repellente e la negritudine che sono ovvia metafora della bruttura morale, divengono un incentivo alla raffigurazione del diavolo sotto forme mostruose e bizzarre.

Tentazioni di S. Antonio

Atanasio, Vita di Antonio 9,6s "E subito il luogo si riempì di immagini di leoni e di orsi, di leopardi, tori e serpenti, e aspidi, scorpioni e lupi. Ognuna di queste belve si comportava secondo il proprio aspetto. Il leone ruggiva, e cercava di saltargli addosso, il toro sembrava colpirlo con le corna, il serpente strisciando non riusciva a toccarlo, e il lupo si bloccava nel suo assalto. E assolutamente terribile era il furore di tutte le apparizioni, e il frastuono delle loro voci ".

Diavoli e monaci

Non sempre, peraltro il demonio prende l’aspetto aggressivo di una belva. Altre volte preferisce ricorrere alle lusinghe, e non sono rari nella letteratura monastica i casi in cui tenta di sedurre l’asceta di turno assumendo l’aspetto di una bella donna. Sulle molte astuzie del demonio, Antonio (e per lui il suo biografo Atanasio) tiene un lunghissimo discorso (Vita di Antonio, 21-43) che farà scuola nella letteratura monastica.
Se da un canto, con l’affermarsi del fenomeno monastico, il luogo in cui più palese è l’attività del diavolo diventa il deserto, per altro verso l’eroismo dei monaci finisce per vanificare le macchinazioni di Satana. Significativa al riguardo la sua ammissione quando, simile ad un uomo grande e alto, bussa alla porta di Antonio al monastero. Ad Antonio egli chiede perché i monaci e tutti gli altri cristiani lo biasimano, e nega di dar loro noia: "Non sono io, sono loro a tormentarsi: infatti io sono diventato debole… non ho più un posto mio, non un dardo (belos), non una città. Ci sono cristiani dappertutto: da ultimo perfino il deserto si è riempito di monaci" (Vita di Antonio, 41,3s.)
In Gregorio Magno, Dialoghi II,4s si legge che San Benedetto libera un monaco indemoniato percuotendolo. C’è un monaco che non riesce a star fermo durante la preghiera, e Benedetto scopre che un negretto lo trascina fuori tirandolo per la frangia del vestito. Il demonietto è visibile solo al santo: il monaco Mauro riesce a vederlo dopo due giorni di preghiera, l’abate del convento nemmeno allora. Il giorno dopo, Benedetto trova nuovamente fuori il monaco e lo percuote col bastone. Da quel giorno il monaco non subì più l’influenza del niger puerulus, ma rimase intento in preghiera, "e così l’antico avversario non osò dominare nei suoi pensieri, come se fosse stato egli stesso percosso". A parte l’idea che per vedere il diavoletto ci vogliano speciali meriti, non sempre posseduti dai più alti in grado (l’abbate non vede nulla), c’è già in Gregorio Magno, alla fine del VI sec., l’idea che solo con la violenza fisica si può indurre il demonio a sloggiare dal corpo che egli ha indebitamente occupato, e che percuotendo l’ossesso si percuote il demonio che è ormai tutt’uno con lui.


Alle "Chicche"