PACE E GUERRA NELLA BIBBIA E NEL CORANO
(Palazzo Carignano, Torino, 12-14 ottobre 2001)
Il convegno internazionale di Torino, a cui hanno partecipato circa 400 persone, ha suscitato una vastissima eco nella stampa e nei media, dovuto anche all’attuale momento storico. L’elevata qualitàdelle relazioni non mancheràdi prolungare nel tempo l’effetto di quelle giornate di riflessione. Ci stiamo impegnando a far uscire gli Atti il più presto possibile.(Alcune relazioni sono già disponibili on-line- n.d.r. ) Nel frattempo presentiamo:
  • – Il comunicato finale inviato dall’ufficio stampa “Ex Libris” di Torino alle principali Agenzie di Stampa nazionali.
  • – La rassegna dei principali titoli finora apparsi sulla stampa e sui media. Ci impegniamo nel prossimo numero di completare l’elenco con i contributi di periodici che sicuramente usciranno nel frattempo.
  • – Un ampio stralcio del discorso pronunciato da Paul Camara, vincitore del Premio al Coraggio Civile consegnato nel corso del convegno.
  • – Inoltre riteniamo doveroso, anche per suggerimento del Consiglio direttivo di Biblia, presentare ai nostri lettori un’associazione -"Parents’ Circle”-  di cui Biblia è venuta a conoscenza e che ci ha particolarmente colpiti.


  • COMUNICATO FINALE
    Dal ricchissimo convegno internazionale organizzato da Biblia, associazione laica di cultura biblica, La pace a guerra nella Bibbia e nel Corano (Torino 12-14 ottobre 2001), è emerso con grande evidenza che la conoscenza di fattori religiosi di lungo periodo è tuttora indispensabile per comprendere non pochi fenomeni del mondo contemporaneo. Inoltre è risultato in modo documentato la non pertinenza di determinati usi ideologici e violenti della fede.
    In questo ultimo periodo si è sentito spesso ripetere che religioni come l’islam sono fedi umanistiche e pacifiche, cosicché i violenti non possono trovare in quei riferimenti alcuna giustificazione. La genericità di tali affermazioni però rischia di renderle luoghi comuni poco convincenti. Il convegno di Biblia ha imboccato un’altra strada: non ha negato l’esistenza di una connessione storica tra ebraismo, cristianesimo, islam e violenza, ma ha altresì ampiamente mostrato come tali violenze siano molto spesso legate alla presenza di molteplici fattori storico-politici che hanno ridefinito l’incidenza e la portata di alcuni principi religiosi. Inoltre nelle stesse dottrine religiose sono presenti controspinte che operano nella direzione della pace e della convivenza. Per affrontare simili problemi occorre dunque un approccio articolato e culturalmente maturo.
    Giovanni Filoramo (Università di Torino) nell’intervento di apertura ha mostrato che alcune remotissime manifestazioni del monoteismo (Egitto del XIV sec.) avevano già introdotto la prospettiva dell’esistenza di un’unica religione vera che dichiarava false tutte le altre. Di contro nelle antiche religioni cosmiche non era neanche pensabile che gli dèi degli altri popoli fossero “falsi e bugiardi”. L’esclusivismo monoteista contiene perciò in sé versanti inquietanti. Lo stesso può dirsi per l’immagine esclusivamente maschile del Dio unico denunciata dall’intervento dalla pastora protestante Elisabeth Green. Tuttavia, come ha rilevato la stessa relatrice, per riscoprire il volto femminile di Dio non occorre “buttar via” la Bibbia: basta leggerla con occhi di donna.
    L’universalismo del Dio unico non è legato necessariamente all’intolleranza. Come ha illustrato il prof. Andrea Riccardi (Università Roma “Tor Vergata” e
    presidente della Comunità di S. Egidio) nella storia mediterranea, ma anche nel subcontinente indiano ebrei, cristiani e musulmani hanno a lungo convissuto
    pacificamente (anche se non idillicamente: siamo sul terreno della storia non su quello dell’utopia). È stata la comparsa di alcune ideologie, a iniziare del nazionalismo, a rompere traumaticamente il tessuto di molte convivenze. Anzi, le tre religioni che si rifanno ad Abramo (ebraismo, cristianesimo, islam) hanno anche elaborato visioni capaci di guardare l’“altro” con rispetto, e, in epoca contemporanea, si sono impegnate pure a diffondere la cultura del dialogo.
    Conoscere la storia delle religioni è indispensabile per capire che certe discussioni, all’apparenza astratte e teologiche, sono invece ricche anche di ricadute concrete e pratiche sul piano storico e politico. Ad esempio, discutere di fede e di opere può sembrare un discorso accademico rivolto solo agli “addetti ai
    lavori”, invece come ha splendidamente mostrato la relazione del prof. Alberto Ventura (Istituto Universitario Orientale di Napoli) quel dibattito nell’islam ha avuto anche profonde ricadute politiche. Infatti il primato attribuito alla fede dalla componente islamica largamente maggioritaria – quella sunnita – ha animato un atteggiamento tollerante nei confronti dei “cattivi musulmani” che, per quanti riprovati, non venivano mai considerati apostati. Inoltre il primato della fede, che abita nel cuore, circoscrive un ambito riservato a Dio che non poteva essere soggetto a sbrigativi giudizi umani. Il fondamentalismo islamico contemporaneo tende invece a identificare il “cattivo musulmano” con il “nemico”. Come indica ampiamente la storia degli ultimi anni, i principali obiettivi dei fondamentalisti sono infatti altri musulmani, giudicati preda, nell’ambito del costume o della politica, dei corrotti e empi influssi occidentali.
    Nel complesso mondo islamico contemporaneo – in cui emergono nuovi soggetti (a esempio le donne) e nuove identità – molte realtà religiose hanno subito
    profonde ridefinizioni. Tra esse, come ha mostrato Khaled Fouad Allam (Università di Trieste) vi è anche quella del “martirio”. Nel mondo  contemporaneo esso è stato legato a lungo alla lotta dell’indipendenza (l’inno nazionale algerino finisce con una triplice citazione della parola “martiri”), ma poi è stato riproposto presso alcuni esponenti delle generazioni più giovani – che a quelle lotte non avevano partecipato – in terminidi una battaglia islamica contro l’imperialismo occidentale.
    Anche l’impiego del linguaggio violento di cui sono ricchi gli scritti religiosi, e che i vangeli mettono in bocca persino a Gesù, può, come ha mostrato il prof.
    Piero Stefani (Istituto Studi Ecumenici di Venezia), dar luogo a esiti non violenti. Infatti additando e invocando una giustizia che può essere compiuta solo da Dio – e quindi non surrogabile dall’azione umana – tale linguaggio può essere compatibile, appunto come avvenne in Gesù, con una prassi umana integralmente non violenta.
     L’atteggiamento delle religioni nei confronti della guerra dipende in larga misura dalle situazioni storiche in cui esse operano. Il rabbino Riccardo Di Segni
    (direttore del Collegio Rabbinico d’Italia, Roma) ha evidenziato, ad esempio, la scarsità delle riflessioni ebraiche sui temi della guerra lungo i molti secoli della diaspora (dal I al XX sec. d.C.) in cui la non esistenza di uno stato ebraico non obbligava gli ebrei a operare in un ambito politico gestendo in proprio il potere. Ovvio constatare che la nascita dello Stato d’Israele abbia prospettato alle autorità religiose ebraiche problemi inediti di non facile soluzione. Il prof. Giovanni Miccoli (Università di Trieste) in una lucida relazione ha tratteggiato l’evolversi dell’atteggiamento cristiano nei confronti della guerra. Molto netto appare il salto tra i primi secoli e l’età di Costantino, in cui il cristianesimo è stato sempre più coinvolto nella gestione del potere politico e in cui sono nate le prime teorie della “guerra giusta”. Codificate da S. Agostino esse hanno avuto un’influenza lunghissima fino a giungere al Novecento. Anche quando gli orrori della seconda guerra mondiale hanno indotto a condannare in modo sempre più netto ogni tipo di guerra – basti ricordare l’enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII – l’idea di “guerra giusta” continuò a essere presente. Non a caso negli ultimi anni il magistero cattolico ha mostrato più di un’oscillazione, fino a giungere ai frangenti attuali dove i retaggi di antiche tradizioni giustificazioniste si mescolano con l’istanza di un forte rifiuto della guerra.
    Infine, Gerusalemme città santa a ebrei, cristiani e musulmani, ma anche città contesa. Ne hanno parlato il prof. Amos Luzzatto (Presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane), il card. Achille Silvestrini  (Prefetto Emerito della Congregazione delle Chiese orientali) e l’ambasciatore Mario Scialoja (presidente della Lega musulmana mondiale in Italia). Tutti e tre i relatori hanno indicato che ci sono forti ragioni a favore della pacifica convivenza tra ebrei cristiani e musulmani a Gerusalemme. In particolare il prof. Luzzatto ha indicato, partendo dalla Bibbia e dalla storia, come la simbolicità di Gerusalemme non abbia biso-gno di essere sorretta dalla potenza e dalla forza, il suo valore universale si regge infatti su altri parametri. Dal canto suo il card. Silvestrini ha ricordato che Giovanni Paolo II nella sua visita a Gerusalemme nel marzo del 2000, ha voluto pregare presso il muro del pianto -ricordo dell’antico tempio ebraico. Il suo gesto era accompagnato da una richiesta di perdono per le colpe commesse dai cristiani nei confronti degli ebrei, esso però è stato anche un riconoscimento implicito del fatto che si possa pregare in un luogo santo proprio di un’altra religione: da quel muro sono infatti potute salire parole di invocazione rivolte al Dio di tutti.


    RASSEGNA STAMPA

    Il Sole 24 Ore, Domenica 30 settembre/6 ottobre 2001: L’altra guancia o la spada?, Gianfranco Ravasi; Pace e guerra tra le Scritture, Seyed Farian Sabahi; Vangelo, libro disarmato, Harvey G.Cox; Contro i manichei le battaglie giuste di Sant’Agostino, Giovanni Santambrogio; Il sacro fuoco dell’Islam, Mohammed Arkoun; I profeti della devastazione, Giulio Busi. Il Manifesto,11 ottobre 2001: Guerra e Pace. Da domani a Torino un convegno sul rapporto tra violenza e monoteismo, Iaia Vantaggiato; Al di là di Dio Padre, Elisabeth Green. Avvenire-Agorà,11 ottobre 2001: Se Dio resta senza eserciti, Maurizio Cecchetti, con interviste ad Amos Luzzatto, Piero Stefani e Khaled Fouad Allam. AGI, 12 ottobre 2001. ANSA, 12 ottobre 2001. Il Secolo XIX, 12 ottobre 2001: Il corano non vuole la guerra, Paolo Battifora. La Repubblica – Torino, 12 ottobre 2001. La Stampa, 14 ottobre 2001: La finta grotta di Bin Laden, Renato Rizzo. Corriere della Sera, 14 ottobre 2001: Bibbia e Corano, le vie della pace passano dai testi sacri, Cesare Medail. L’Unità, 18 ottobre 2001: Il rapporto difficile tra Chiesa e guerra, Roberto Monteforte; Il punto, idem; Il conflitto tra le religioni, una trappola per le nostre menti, Khaled Fouad Allam; Quella Messa da evitare, Daniele Garrone. SIR, 17/18 ottobre 2001: Pace, parola da chiarire, Giovanna Pasqualin Traversa; Tempi di Fraternità- mensile- Novembre 2001 (chiuso il 22/10/2001): Guerra e morte in nome di Dio, Gino Tartarelli (il mensile contiene anche, dello stesso autore., un'intervista ad Amos Luzzatto).

    Interviste varie sulle seguenti radio: RadioRaiTre – Uomini e Profeti; Nova Radio/Circuito Marconi; Video-gruppo – Notiziario; TV Blu Sat 2000 - Mosaico; Telesubalpina – Tg; Radio Onda d’Urto - Dissonanze; TV Blu Sat 2000- Notiziario; RadioRaiUno – A sua immagine; RaiTre – Tg3 regionale; Radio Blu Sat 2000 – Ecclesia.

    Articoli sui seguenti siti: http://www.lastampa.it, 10 ottobre 2001: Terre promesse – lo stordimento e la rabbia, Elena Loewenthal; http://www.ilmanifesto.it, 11 ottobre 2001; http://www.avvenire.it, 11 ottobre 2001; http://www.lastampa.it, 14 otto-bre 2001;http://www.repubblica.it, 14 ottobre 2001; http://www.biblia.org.



    Sul convegno di Torino ("Pace e guerra nella Bibbia e nel Corano", 12-14 ottobre 2001), oltre ai quotidiani di cui alla Rassegna Stampa di cui sopra, già segnalati nel numero di Novembre 2001 del Notiziario, hanno pubblicato ampi articoli anche i seguenti altri settimanali o mensili: Vita ecclesiale, Il Regno attualità, Riforma, Il foglio, Confronti, Jesus, Il Mondo della Bibbia, Il nostro Tempo, Messaggero di sant’Antonio.

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