Ebraismo e sessualità fino alla Lettera sulla santità (sec. XIII)
Mi propongo di esaminare come nel pensiero ebraico
l'originaria concezione della sessualità che emerge dalla Bibbia
sia stata progressivamente abbandonata a favore di concezioni filosofiche
di matrice gnostica, greco-ellenistica e, a Medioevo inoltrato, aristotelica
le quali hanno gettato in maniera crescente una luce negativa e pessimistica
su questa dimensione fondamentale dell'essere umano. Questo processo è
iniziato abbastanza presto, già ben presente in Filone alessandrino(ca.20
a.e.v.-50 e.v.), parallelamente all'insinuarsi nel giudaismo rabbinico
di linee di pensiero misogine non presenti nella Bibbia, ed ha raggiunto
il suo culmine con l'affermarsi della filosofia aristotelica, nella mediazione
operatane da Maimonide. La concezione della sessualità viene radicalmente
snaturata in senso negativo rispetto alla sua positiva caratterizzazione
biblica. È la mistica ebraica del sec. XIII che si assume il compito
di contrastare questo incredibile snaturamento della sessualità
riaffermandone la positività a partire dal concetto di creazione,
come realtà positiva in cui l'uomo - lungi dall'esprimere la sua
più bassa animalità - realizza l'immagine divina.
Dunque, le questioni generali a cui dovremo cercare di rispondere
sono le seguenti: quale posto occupa la sessualità nella rappresentazione
- o meglio nelle molteplici rappresentazioni - di sé elaborate dall'ebraismo
nel corso della sua trimillenaria vicenda? Come sono state integrate queste
dimensioni fondamentali dell'essere uomo e donna nelle varie immagini che
di sé l'ebraismo ha elaborato e proposto nel corso dei secoli? Sono
esistite forme di misoginia o di sessuofobia anche in esso? La sessualità
necessariamente allontana da Dio, o puo' essere una via per avvicinarsi
a lui? Oggetto particolare della mia indagine, dunque, è un'operetta
costituita da un breve trattato in forma di lettera che ha avuto una grande
fortuna e una vasta diffusione nel mondo ebraico, circolata in molti manoscritti
ed edizioni a stampa con titoli diversi: Sha'are ha-Tzedeq (Le porte
della giustizia),
Sefer Qedushshah (Libro sulla santitàIggeretha-Qodesh
(Lettera sulla santitàSod ha-chibbur (Ilsegreto dell'unione
sessuale), 'Inyan chibbur ha-Adam el ishto (L'unione sessuale dell'uomo
con la sua donna) e Chibbur ish we-ishto (L'unione sessuale fra
l'uomo e la sua donna).
1. La sessualità nella Bibbia ebraica
Se prendiamo in considerazione la Bibbia ebraica,certamente
è chiaro come la dimensione erotico-sessuale sia stata perfettamente
integrata nella sua Weltanschauung, del tutto libera da visioni
pessimistiche e negative del sesso e della corporeità, mentre non
trova posto in essa alcuna forma di sessuofobia, grazie ad un'antropologia
profondamente ancorata alla dottrina della creazione compiuta da Dio, in
cui tutto è "molto buono". "Nell'ebraismo il rapporto sessuale è
considerato generalmente come il segno del vincolo che assicura l'unione
di due persone per tutta la vita nel reciproco sostegno, nel piacere, nella
procreazione e nell'educazione dei figli. Non c'è nell'ebraismo
l'ossessionante concetto che i rapporti sessuali siano, in qualche modo, peccaminosi.
Il corpo umano non è stato né divinizzato né rinnegato.(...)
Il fatto che la pratica del sesso sia accompagnata da intenso piacere è,
per il credente, un'ulteriore prova della bontà di Dio"
1
.Nel giudaismo del periodo post-esilico soltanto le correnti apocalittiche
elaborano la dottrina del peccato originale in una conseguente visione
di una natura umana decaduta e in potere del male; ma le altre linee del
pensiero giudaico non condividevano tali visioni negative e pessimistiche
dell'esistenza umana, che è invece vista dipanarsi in un rapporto
dialettico tra osservanza e non osservanza dei precetti nel quale si gioca
la fedeltà all'alleanza con Dio. Nei testi della letteratura profetica
e nel Cantico dei cantici , la dimensione erotica diviene uno degli
ambiti privilegiati dell'esperienza umana scelti al fine di illustrare
alcune dimensioni fondamentali del rapporto stesso fra Dio e Israele. Scrive
a questo proposito Moshe Idel: "Si tratta evidentemente di una parte del
mito nazionale che trasfigura la nazione nella sua interezza
in un'entità che intrattiene una relazione sessuale con l'altra
entità, la divinità. Questa relazione mitica ha poco a che
vedere con una mistica" 2
.Una dimensione percepita e vissuta in una luce di insospettata positività,
in un atteggiamento naturale e disinibito che, anzi, vede nella dimensione
erotica e sessuale uno degli aspetti della vita umana più adatti
ad esprimere qualcosa della realtà divina. Se è fuor di dubbio
che l'esegesi ebraica tradizionale del Cantico è stata -
come anche quella cristiana - di carattere allegorico, ciò nulla
toglie alla valorizzazione dell'esperienza erotica e sessuale dei due amanti
protagonisti del poema, con la descrizione della bellezza del corpo della
donna, esaltato anche nei suoi particolari: "L'erotismo di cui è
permeato il Cantico dei Cantici, è considerato dalla Bibbia normale
e degno della massima considerazione in quanto è alla base di varie
forme di corteggiamento finalizzato al matrimonio. Nella
Bibbia sono presenti frequenti esempi di erotismo per così dire
'teologico'. I Profeti si servono spesso di immagini erotiche per descrivere
il rapporto tra Dio e Israele"
3
.Nella Bibbia ebraica o, con le debite distinzioni, nell'Antico Testamento
non esiste alcuna concezione pessimistica della sessualità o della
corporeità. La prima è certamente considerata come intrinsecamente
funzionale ad un valore percepito come fondamentale dal giudaismo: la procreazione
di figli per perpetuare il popolo. In questo senso alcuni episodi mostrano,
oltre a una concezione della sessualità assolutamente disinibita
e senza tabù, anche un atteggiamento che non si pone particolari
problemi etici su rapporti sessuali atipici e perfino proibiti, il cui
risultato positivo è una procreazione ritenuta importante. Si pensi
all'episodio delle figlie di Lot che, non avendo marito, ubriacano il padre
e si uniscono con lui per suscitare una discendenza(
Gen19,30-38) o a quello dell'astuzia di Tamar che per avere una discendenza,
essendole morto il marito e rifiutandosi il cognato Onan di fecondarla
spargendo il suo seme per terra, si traveste da prostituta e concepisce
dal suocero Giuda (Gen38,13-18). Il Qohelet,
col suo cinico realismo sulla vanità del tutto, ha espressioni durissime
sulla donna: "Trovo che amara più della morte è la donna,
la quale è tutta lacci" (Qoh7,26):
così afferma mentre dice di non aver trovato una sola donna
(perfetta? cfr. Prov. 31,10)fra tutte.
Forse il predicatore - che verosimilmente quì pensa più alla
straniera o alla prostituta che alla donna in generale - comincia a preconizzare
quel nuovo atteggiamento di misoginia che investirà non molto tempo
più tardi come una vera ventata culturale il vicino oriente antico,
sfiorando anche il giudaismo. L'affermazione testé citata sembra
in perfetto contrasto con quella del Cantico che definisce"l'amore
('ahavah)
forte come la morte, tenace come gli inferi è la gelosia
(qin'ah)
... le grandi acque non possono spegnere l'amore,una fiamma del Signore
" (Ct 8,6-7):la forza travolgente e positiva
dell'amore del Cantico, paragonabile per la sua dirompente energia
solo all'ineluttabilitàdella morte,è divenuta in Qohelet
la seduzione dei lacci della donna,definita più amara della morte.
E tuttavia la saggezza disincantata di questo sapiente sa indicare all'uomo
come buono godere delle gioie della vita e del piacere sessuale finché
è giovane, prima che l'amarezza della vecchiaia oscuri ogni desiderio:
"Godi la vita con la sposa che ami per tutti i giorni della tua vita
fugace, che Dio ti concede sotto il sole,perché questa è
la tua sorte nella vita e nelle pene che soffri sotto il sole " (
Qoh9,9). Queste espressioni richiamano da vicino quelle della sapienza
antica deiProverbiin cui leggiamo:"Sia benedetta la tua sorgente;
trova gioia nella donna della tua giovinezza; cerva amabile, gazzella graziosa,
essa s'intrattenga con te; le sue tenerezze ti inebrino sempre; sii tu
sempre invaghito del suo amore! (Pro5,18-20)".
2. La sessualità in Filone e nel giudaismo rabbinico
All'interno di una violenta polemica contro l'immoralità
pagana in campo sessuale, Filone alessandrino si fa interprete di un nuovo
atteggiamento negativo nei confronti della sessualità, considerata
come la fonte di tutti i mali, mentre quello sessuale è il più
grave di tutti i peccati. All'interno di una nuova grande sintesi fra giudaismo
e filosofia ellenistica, Filone documenta l'ormai avvenuta identificazione,
nel giudaismo medio e tardo, tra il concetto di impuro e quello
di moralmente cattivo, con una conseguente visione negativa dellasessualità,
il cui unico scopo diviene la procreazione. Filone esclude ogni elemento
di piacere, condanna i rapporti sponsali nei periodi infecondi della donna,
equiparando l'incontinenza all'adulterio, all'interno di una visione negativa
della donna come "oggetto di piacere", definito quest'ultimo come "la fonte
di tutte le ingiustizie". È in questo clima
che la verginità diviene, con un vero ribaltamento della visione
biblica classica, una via di perfezione che ritroveremo negli esseni e
nel cristianesimo 4
.Il rigorismo di Filone, la sua visione negativa della sessualità
non saranno recepiti dal giudaismo rabbinico, ma troveranno il loro terreno
più fertile per svilupparsi nei pensatori cristiani, che vedranno
nel giudaismo alessandrino e nella versione dei Settanta un prezioso antecedente
della loro nuova fede con cui si sentiranno in profonda sintonia.
Nel giudaismo rabbinico non esiste la concezione
del peccato originale, che avrebbe fatto decadere la natura umana e per
il quale ogni uomo nasce lontano da Dio, posseduto da Satana e schiavo
della concupiscenza: per i Rabbi, al contrario, il comportamento umano
è la risultante tra due pulsioni fondamentali che Dio stesso ha
posto nell'uomo: l'istinto cattivo (yetzer ha-ra') e l'istinto
buono (yetzer ha-tov), dove è significativo che anche quello
cattivo è stato posto nell'uomo dal creatore. Sembra, dunque, esserci
una misteriosa necessità anche dell'istinto cattivo, suggestione
che pare in qualche modo anticipare di diversi secoli la dottrina cabbalistica
della necessità del male nel processo di manifestazione sefirotica
delle emanazioni divine, successive al ritrarsi di Dio per far posto alla
creazione. A parte alcune correnti (come la comunità di Qumran,la
setta dei Terapeuti e il movimento di Gesù nella misura in cui è
uno sviluppo interno al giudaismo), il giudaismo di regola non giunse a
considerare l'astinenza sessuale come un valore o a gettare sulla sessualità
l'ombra del disprezzo, in maniera analoga alla sessuofobia che ha caratterizzato
alcune tendenze del pensiero cristiano fin dai primi secoli. Le eccezioni
testé menzionate trovano la loro spiegazionein vari fattori: una
forte coscienza escatologica di essere giunti oramai alla fine della storia;
la convinzione che l'intervento di Dio fosse imminente(cfr.1Cor
7,29-31); un conseguente deprezzamento del valore della procreazione
come perpetuazione di Israele nei secoli, poiché ormai la storia
è giunta al capolinea e, infine, l'evoluzione nel giudaismo di quest'epoca
del concetto di porneia che tende a connotare il peccato sessuale
come l'essenza stessa del peccato checontamina l'uomo non più in
senso ontologico senza connotazioni morali, ma come infrazione - culmine
e fonte di tutte le altre - essenzialmente etica;
ciò parallelamente allo svilupparsi di una visione negativa della
donna, che si colloca fra una crescente misoginia
5
e la rappresentazione di essa come incarnazione della potenza del male
e della seduzione diabolica. Nel Nuovo Testamento ed in Paolo dei due ultimi
sviluppi concettuali menzionati è maggiormente rilevabile il primo
(il compimento gesuano della dottrina giudaica sul puro e l'impuro è
una radicale eticizzazione dello stesso, riportandolo alla centralità
delle opzioni fondamentali che l'uomo opera nel suo centro decisionale
più profondo: il cuore), mentre la concezione della donna resta
negli scritti neotestamentari altamente positiva.
La sessualità nell'ebraismo - seppur con
alcune eccezioni anche di rilievo a cui accennerò - è stata
in genere integrata positivamente nel rapporto fra Dio e l'uomo; nulla
di più estraneo ad esso del sospetto che il rapporto sessuale tra
l'uomo e la donna possa ledere o rendere meno pieno il rapporto dell'uomo
con Dio (lo sposo o la sposa non sono qualcosa di alternativo a Dio o in
competizione con lui),oppure dell'idea che il legame matrimoniale crei
nell'uomo una divisione interiore, difficilmente componibile, tra amore
per Dio e amore per la sposa, secondo quanto afferma Paolo (1Cor.
7,32-34: "Chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore,
come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa
delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso!"),
suggerendo conseguentemente come più perfetto e migliore uno stato
di astinenza e di consacrazione totale a Dio, meglio atto a realizzare
una relazione più piena ed indivisa con lui. È nota la convinzione
tradizionale ebraica che, nel momento dell'unione sessuale fra uomo e donna,
se questa è compiuta in santità, la divina presenza o Shekinah
scende,
incombe sul loro amplesso e vi partecipa come terzo partner nella procreazione.
L'unione fisica, lungi dall'allontanare l'uomo dalla divinità, nel
pensiero rabbinico e nella mistica ebraica è uno strumento per richiamarla
vicino alla vita umana e per collaborare alla procreazione, i cui partner
nella tradizione ebraica sono, come abbiamo rilevato, tre: l'uomo, la donna
e Dio.
Occorre precisare che la proibizione contenuta
in alcuni passi della Bibbia ebraica di accostarsi a una donna prima di
una battaglia o, per i sacerdoti, prima di celebrare atti di culto, non
possono essere intesi come indecorosa e inopportuna contaminazione di tipo
morale, bensì come una forma di depotenziamento dell'uomo, che,
al contrario, deve affrontare questi impegni nella pienezza del suo vigore.
Nella concezione dell'Israele antico, originariamente il concetto di impuro
non riveste alcuna connotazione di tipo morale. Il contrarre qualsiasi
forma di impurità, sia nella sfera della vita (mestruazione, polluzione
ecc.) sia in quella della morte (contatti con cadaveri o malattie), nell'ideologia
dell'Israele antico, non ha nulla di etico, essendo connotato come un fatto
ontologico incolpevole. La contaminazione deriva da un contatto diretto
con entità che non sono alla portata dell'uomo, trattandosi di realtà
infinitamente più potenti di lui, in stretta relazione con Dio (vedi
la convergenza fra i concetti di sacro-impuro), e che potrebbero annientarlo,
allo stesso modo in cui nessuno puo' vedere Dio e restare in vita. Le impurità
relative al ciclo vitale (la puerpera, il flusso mestruale, l'atto sessuale,il
sesso stesso e la proibizione dei rapporti sessuali
durante il periodo mestruale) sono connesse al "principio vitale" sentito
come appartenente alla sfera del divino 6
. Certamente, anche questo concetto ha subìto una evoluzione nel
pensiero ebraico dal periodo antico al sorgere dell'apocalittica, soggiacendo
ad una certa ambiguità di interpretazioni, sfociata in due concezioni
che hanno avuto differenti sviluppi.
3. Tendenze sessuofobiche nel giudaismo
Se una valutazione meno pessimistica della sessualità sembra costituire la linea di pensiero prevalente, non sono mancati anche nell'ebraismo movimenti e tendenze che hanno avuto dei problemi ad integrare positivamente all'interno della loro visione il sesso e la donna. Si pensi ad esempio ad una certa misoginia entrata già nel giudaismo rabbinico in forme più marcate dei cenni rilevabili in alcune affermazioni sopra menzionate di Qohelet o dei Proverbi, e a movimenti pietisti del periodo medievale e moderno, che mostrano una certa affinità con l'attitudine più problematica del pensiero cristiano verso il corpo e la sessualità. È risaputa la pratica diffusa fra alcuni di loro per cui marito e moglie si uniscono sessualmente nel tempo più breve attraverso un foro praticato in un lenzuolo, in modo che le altre parti del corpo non vengano a contatto fra loro e non si veda la nudità del partner. Questi movimenti, sviluppatisi nell'Europa centro-orientale dal Medioevo avanzato all'epoca moderna, con aspetti di continuità che giungono fino ai nostri giorni, secondo alcuni autori potrebbero essere stati influenzati, oltre che da tendenze pietiste, anche da Maimonide edalla sua sintesi fra filosofia aristotelica e giudaismo. Essi, comunque, non costituiscono la linea di pensiero prevalente all'interno della tradizione ebraica, mentre mostrano per alcuni aspetti una certa convergenza con l'attitudine del cristianesimo verso la sessualità. È stata la qabbalahrifiorita nel sec. XIII ad assumersi il compito di esprimere con maggiore ricchezza la valorizzazione della dimensione sessuale nella costruzione del suo sistema simbolico, prendendone le difese contro il suo deprezzamento operato dalla filosofia nella sua forma neoplatonica ed aristotelica, entrata quest'ultima con Maimonide in maniera massiccia nel giudaismo.
4. La concezione negativa della sessualità in Maimonide e la reazione della Qabbalah
Maimonide riprende la valutazione negativa aristotelica
del senso del tatto nella Guida degli smarriti (II,36), dove
egli afferma che esso fa parte del livello puramente animale dell'uomo,
e loda l'affermazione del filosofo greco che nell'Etica a Nicomaco afferma
che esso è una vergogna per noi; il senso del tatto è puramente
animale e non ha nulla del livello specificamente umano. Così facendo,
Maimonide esprime un giudizio negativo sulla corporeità di natura
metafisica e, come bene osserva Mopsik, "è il rapporto sessuale
stesso che è nbsp; considerato come un
atto puramente animale, senza alcuna valenza propriamente umana e, meno
ancora, senza alcun rapporto con qualcosa di divino" 7
. Mopsik rileva, in proposito, come su questa stessa linea di pensiero
si ponga l'atteggiamento prevalente della Chiesa dell'epoca della redazione
della Lettera,citando un'affermazione di papa Innocenzo III (m.1216)
per cui: "L'atto sessuale è esso stesso così vergognoso da
essere intrinsecamente malvagio". Nel Commentarium in septem psalmos
poenitentiales papa Innocenzo a proposito del Sal. 50 (51),7 (...
nel peccato mi ha concepitomia madre ) scrive ancora: "Chi non sa che
il rapporto coniugale non avviene senza l'ardore della lussuria, senza
il sudiciume del piacere, per cui il seme concepito viene insudiciato e
rovinato?".
La Lettera sulla santità èaltrimenti
nota anche come Porte della giustizia e Il segreto dell'unione
sessuale . Non si puo' affrontare lo studio di questo testo, che considero
un piccolo gioiello della rappresentazione che l'ebraismo della fine del
sec. XIII ha dato di sé sotto l'impulso
del rinnovato interesse per le dottrine esoteriche, senza rifarsi al magistrale
studio che gli ha dedicato Charles Mopsik, apparso nel 19868
. L'operetta è stata quasi unanimemente attribuita a Mosheh ben
Nachman o Nachmanide (1194-1270), fino a che Gershom Scholem nel 1944 ha
proposto di attribuirla al cabbalista castigliano, discepolo di
Abulafia, Yosef Gikatilla (1246 ca.-1325) che si è dedicato al mistero
dell'unione sessuale anche nella sua opera Ginnat egoz (Il giardino
delle noci)9
.
La Lettera, probabilmente composta tra
il 1290 e il 1310, conobbe una larghissima fortuna, come attestano i manoscritti
e le varie edizioni a stampa. Essa presenta appunto la forma letteraria
della lettera, strutturata in sei capitoli "come i bracci del candelabro",
strutturata in una specie di dialogo tra il maestro-autore ed un fittizio
fratello-discepolo-lettore.
Il Capitolo I costituisce una introduzione sulla
chiamata di Israele ad essere santo come Dio è santo, costituendo
anche l'unione sessuale un atto che deve essere compiuto in santità
nel rispetto di certe condizioni: se l'uomo santifica se stesso nel momento
dell'atto coniugale, genererà figli santi che santificheranno il
Signore dei cieli. Questo è realizzabile attraverso cinque vie,
che sono illustrate nei successivi cinque capitoli. Esse possono così
essere riassunte:
1. introduzione sulla chiamata di Israele alla santità (cap.I),
2. l'essenza dell'unione (cap. II),
3. il tempo dell'unione (cap. III),
4. il cibo adatto all'unione (cap. IV),
5. il potere dell'intenzione e dell'immaginazione nell'atto coniugale(cap.
V) e,
6. la qualità dell'atto stesso (cap. VI).
Forniamo ora una breve scelta dei passi della
Lettera che saranno presentati, interpretati e discussi nel corso
del convegno di Biblia
10
:
- Non bisogna affatto pensare che l'unione carnale sia di per sé qualcosa di scabroso e di brutto,anzi, quando avviene nel modo giusto si chiama conoscenza.
- Se nell'atto non c'è grande santità, l'unione carnale non puo' chiamarsi conoscenza...Questo è il segreto dell'uomo e della donna secondo le vie occulte della qabbalah interiore.
- Le cose non stanno come pensa e ritiene il rabbi Mosheh (Maimonide) di beata memoria, nella Guidadeiperplessi : qui egli elogia Aristotele per quel che ha detto, e cioè che 'il senso del tatto è un'onta per noi'. Non sia mai. Le cose non stanno affatto come ha detto il greco impuro (Aristotele) e infatti nella sua affermazione vi è una traccia di eresia che è passata inavvertita; se avesse creduto al fatto che il mondo è stato inventato per volontà, questo maledetto greco non avrebbe certo detto ciò.
- Perciò le parole di quel diavolo d'un greco sono a tal riguardo confutate: quando l'unione carnale è nel Signore, non c'è cosa santa né innocente che le sia superiore. (...) Dunque, la congiunzione carnale fra l'uomo e la sua donna, se è condotta nel modo giusto, è il segreto dell'edificio del mondo e del suo insediamento, e con essa l'uomo diviene socio del Santo, sia Egli benedetto, nell'opera della creazione.
- Compiere l'atto carnale non significa perpetuare la specie umana nella sua animalità mortale, ma accrescere la somiglianza con Dio, la divinità dell'uomo.
- Conviene dunque che egli faccia rilassare sua moglie, che la metta di buon animo, la disponga e la assista con parole gioiose, affinché anche lei sia dedita a pensieri puri e dignitosi. Allora i due saranno insieme nel precetto, perché i loro pensieri saranno una cosa sola, e la Shekinah dimorerà in mezzo a loro, ed essi genereranno un figlio corrispondente alla forma pura che si sono figurati.
- Perciò, ogniqualvolta ti unisci carnalmente alla tua donna, non comportarti con leggerezza, non dire cose futili e illusorie, non essere troppo spensierato con lei e non parlare più di tanto di cose da nulla. ... dovrai dapprima invitarla con parole toccanti e distensive, dovrai metterla di buon umore al fine di legare la tua mente alla sua e la tua intenzione alla sua, dirle parole per un verso invitanti al desiderio, all'unione carnale, all'amore, alla voluttà e alla passione, e per un altro che l'attirino verso il timore del cielo, verso la pietà e la condotta pudica. (...) Perciò è opportuno che l'uomo inviti la sua donna con le parole giuste, alcune mosse da passione, altre dal timore di Dio, e che conversi con lei intorno alla mezzanotte, o all'approssimarsi del suo ultimo terzo.... Nel possederla, non farlo contro la volontà di lei, e non usarle violenza, giacché se l'unione carnale avviene senza tanta passione, senza amore né desiderio, la Shekinah non vi assiste... Conviene invece attrarreil suo cuore con parole di seduzione e di grazia, oltre che con altre degne e compiacenti, affinché l'intenzione di entrambi sia una cosa sola verso il Signore dei cieli... Parimenti non è opportuno possedere una donna mentre questa dorme, perché così non sussisterebbe mutuo accordo, e il pensiero di lei non sarebbe concorde con quello di lui. È bene svegliarla con parole benevole e appassionate, come abbiamo detto.
Non sfuggirà l'elevatezza e la bellezza di queste affermazioni scritte verso la fine del Trecento, e in particolare dell'ultima. Certamente, la concezione positiva della sessualità come atto teurgico profondamente integrato nella struttura del divino, e nella struttura cosmica del mondo fatto dell'unione di cielo e terra, simboleggiata e realizzata dall'unione dell'uomo e della donna, ha radici antiche nell'ebraismo ed ha visto uno sviluppo particolare nella mistica. "Questa correlazione tra i diversi piani del reale - osserva Idel - ha permesso ai cabalisti di apprendere l'unione sessuale da una parte come una imitatioDei e d'altra parte come un atto teurgico destinato a produrre uno stato di armonia tra le entità superiori. (...) Le concezioni talora filoniane, talmudiche, midrashiche e cabalistiche della sessualità sono senza ambiguità positive.L'autore della nostra Letteramantiene un atteggiamento ambivalente verso la filosofia, come del resto molti cabbalisti delle prime generazioni: in un'epoca come i secoli XII e XIII, in cui era quasi impensabile una riflessione che prescindesse dalla filosofia aristotelica, massicciamente introdotta nel giudaismo da Maimonide,i cabbalisti percepiscono una tensione insanabile tra filosofia e rivelazione e assumono un atteggiamento critico verso la prima.E ciò avviene soprattutto in un punto specifico: il disprezzo dei sensi e della sessualità:"Se l'autore della nostra Lettera accorda a tale questione una simile importanza, è senza dubbio perché egli ravvisa in essa un punto di divergenza radicale fra la tradizione ebraica e la filosofia del suo tempo" 11. Maimonide afferma che l'uomo deve compiere l'atto sessuale con vergogna(De'ot3,3) e contesta il passo talmudico di Nedarim 20 percui "Tutto quello che l'uomo vuole fare con la sua donna, puo' farlo" affermando che, nonostante tale permesso, i pii rigetteranno tutte queste cose abominevoli ed animali.