APPROFONDIMENTI CULTURALI – XLV                                                                                    (ANNO XXII, n.2)

 Riportiamo il testo predisposto da Domenico Maselli per il suo intervento alla tavola rotonda  Bibbia, casa comune? Vicenza, Festival Biblico 31 maggio 2008. Improvvisi impegni legati alla sua carica di Presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia,  gli hanno impedito di partecipare di persona all’incontro, ma non di stendere questo informato contributo. A lui il nostro grazie.


 

  L’alfabetizzazione della Bibbia

 

La Bibbia ebraica e quella cristiana sono state fondamentali per la fondazione e la crescita del cristianesimo nell’età antica.

Il Secondo Testamento è pieno zeppo di citazioni del Primo, dopo il concilio di Nicea (325) gli scritti dei Padri della chiesa greca e di quella latina sono ricalcati sui testi della Bibbia ebraica e di quella cristiana, sia analizzati nel loro significato esplicito che interpretati in modo allegorico.

La stessa esistenza di varie traduzioni bibliche dall’ebraico e dal greco in siriano, copto, etiopico e latino ed infine la monumentale Vulgata di San Gerolamo provano la diffusione capillare del testo biblico nelle lingue vive.

 La seconda evangelizzazione della Gran Bretagna da parte dei monaci irlandesi o della missione romana di Sant’Agostino da Tarso e quelle dei Germani e degli Slavi, avvengono ancora in nome della Bibbia, malgrado la scarsa conoscenza della scrittura  tra popolazioni ancora barbare.

Alla fine del primo millennio, vi fu un’evoluzione in senso filosofico e giuridico per cui, più che il testo sacro diventarono importanti le glosse e la predicazione fu monopolio dei vescovi e di alcuni tipi di monaci.

La grande svolta avvenne alla metà del secolo XII con la predicazione di San Bernardo da Chiaravalle che metteva in luce il ruolo di Maria di Nazareth, considerata la madre dei credenti, in quanto donna normale che aveva accettato la proposta fattale da Dio e che quindi, per virtù divina, aveva generato l’uomo nuovo, Gesù.

Di qui nasceva la necessità, per tutti gli esseri umani, di imitare Maria e far nascere in loro l’uomo nuovo spirituale. Contemporaneamente la crisi della Chiesa, ricca e potente, fu caratterizzata da episodi di corruzione, simonia, nepotismo e favorì la diffusione dell’eresia dualistica catara. Scoppiò anche una drammatica crisi sociale con una massa di disperati immigrati nelle città alla ricerca di un lavoro e ridotti in miseria dalle lotte cittadine e dalle frequenti carestie. In questo contesto, alcuni cristiani avevano riscoperto i testi evangelici e presentato il valore rivoluzionario della figura di Gesù.

Si trattava di leggere l’Evangelio sine glossa e di seguire nudi Cristo nudo.

Ben a ragione, Lotario dei Conti di Segni si era reso conto, prima ancora di diventare papa con il nome di Innocenzo III, che la vita e la predicazione di Valdesio di Lione potevano essere il principale antidoto alla diffusione del catarismo. Perciò, una volta papa, egli aveva accettato la visione di Francesco d’Assisi.

Il successo dei movimenti popolari, come valdesi, umiliati, francescani e gli stessi domenicani, portò con sé una nuova ‘alfabetizzazione biblica’ necessaria per poter consentire l’imitazione di Cristo e l’attuarsi di una vita comunitaria.

Nello stesso tempo la riflessione teologica e mistica di Gioacchino da Fiore, con la sua visione apocalittica e con la meditazione dei testi storici e profetici del Primo Testamento, proiettava nel futuro una nuova età dell’oro.

Risuscitò così quella tensione escatologica che aveva caratterizzato il cristianesimo delle origini. La prima letteratura nel volgare italiano avrà questa duplice impronta.

Giacomino da Verona, Bovesin da la Riva, tenteranno di far rivivere le antiche profezie e, sulla scia dello stesso Francesco, le Laudi riprenderanno, talora verbatim, i salmi ebraici e brani evangelici. Non si trattava solo di utilizzare testi biblici nelle lezioni e nei nuovi libri escatologici come la Postilla in Apocalipsim di Pietro di Giovanni Olivi.

Si tradussero in volgare i Vangeli di cui abbiamo trovato vari esemplari e ci è tramandata notizia che il domenicano spirituale Jacopo da Varazze, vescovo di Genova, aveva tradotto tutta la Bibbia in volgare al principio del secolo XIV.

È opportuno riassumere qui, quanto si è potuto trovare dei più antichi testi tradotti in italiano. Ad esempio, il Codice 7733 della Biblioteca Vaticana, contiene alcuni testi biblici risalenti al ’200 in volgare fiorentino con alcuni elementi di provenienza senese. Sono il Cantico dei Cantici che è, in assoluto, la più antica versione italiana di un libro biblico, le Epistole Cattoliche, quella ai Romani, il Vangelo di Giovanni, l’Apocalisse e il Libro degli Atti.

Il Vangelo di Giovanni è stato edito recentemente  dal dottor Mario Cignoni della Società Biblica.[1]

Ernesto Bonaiuti vede, nel sec. XIII una dicotomia tra la tendenza filosofica sistematrice che ha il suo vertice in San Tomaso d’Aquino e quella popolare biblica di cui abbiamo parlato.

Quando Agnese Cini mi ha comunicato il titolo di questa conversazione, ho subito associato la Divina Commedia dell’Alighieri, alla più alta forma di alfabetizzazione della Sacra Scrittura. Uso il termine ‘alfabetizzazione’ nel suo significato di: trasmissione a livello popolare di opere di valore culturale assoluto.

Più volte nel corso degli ultimi secoli si è cercato di analizzare quali e quanti episodi biblici fossero contenuti nella Divina Commedia e si può oggi affermare con sicurezza che tutti i libri della Bibbia vi sono citati, ma non solo citati, perché Dante con grande disinvoltura affianca ad essi episodi del mondo classico greco romano, racconti mitologici e fatti della storia medioevale fino ai suoi giorni,  con un linguaggio che i suoi contemporanei potevano agilmente comprendere molto più di quanto non avvenga oggi nelle nostre scuole. E nel mondo dantesco troviamo quell’intreccio di eventi e di pensieri che costituisce l’autentico fondamento della nostra cultura.

La Bibbia, attraverso Francesco, Dante, l’Imitazione di Cristo di Tommaso da Kempis, la letteratura valdese in lingua provenzale come la Noble Leiçon, è entrata così nelle conoscenze del popolo in due secoli come il XIII e XIV in cui il nostro paese era periodicamente attraversato da masse di pellegrini che sognavano un nuovo mondo.

La lettura di Dante, fatta dal Boccaccio, la ripetizione a memoria delle terzine dantesche, da parte anche di uomini del popolo, favoriranno questo clima e contribuiranno, da un lato alle grandi esperienze religiose del Trecento e, dall’altro al Tumulto dei Ciompi ed a quello dei Lollardi in Inghilterra, oltre che alla nascita dei cenacoli pre-umanistici nella Firenze del tardo Trecento ed alla grande Scuola Francescana di Oxford che aveva nella Bibbia una delle grandi ispiratrici.

Si avvicinava la stagione degli scismi e della traduzione della Bibbia in volgare di Wycliffe e di Huss

Nel ’400 si ebbero le prime Bibbie a stampa; nel 1471 apparve a Venezia la traduzione italiana di Niccolò Malermì di cui si ebbero ben undici edizioni fino al 1494, oltre ad un’altra versione il cui traduttore è ignoto.

Queste edizioni volgari in Italia, dove le persone colte potevano leggere le traduzioni latine nel testo della Vulgata mentre la gran maggioranza della popolazione era analfabeta, testimoniano che la diffusione dei testi biblici tra la popolazione, già vista nel ’200-’300, continuava ancora nel secolo successivo.

 

L’età moderna

Il ’500 è il secolo della Riforma, in cui si ebbero le grandi traduzioni della Bibbia in lingua volgare, ad imitazione di quella classica di Lutero in Germania.

 Nel 1546, il Concilio di Trento proibiva le versioni in volgare e rendeva autentica la Vulgata di S. Gerolamo. Da quel momento in Italia la diffusione della Bibbia in ambito cattolico fu di fatto proibita e, proprio per questa situazione, si può parlare ora di alfabetizzazione biblica perché il mondo cattolico italiano ha, di fatto, aperto la porta alla Bibbia in Italiano solo a partire dal pontificato di Giovanni XXIII (1958-1963) nonostante tentativi di apertura al testo biblico di Benedetto XIV nel 1757 e, poi, con la traduzione in italiano dell’abate Antonio Martini e del vescovo Giacomo dalla Chiesa (poi papa Benedetto XV) con la società di S. Gerolamo.

Lasciatemi dire, a questo punto, che, nonostante tutto, la Bibbia è rimasta presente in Italia per la pur esigua minoranza protestante del nostro paese.

In primo luogo vi è da ricordare che nel 1532 i Valdesi, in gran maggioranza agricoltori, nel Sinodo di Chanforan aderirono alla Riforma di tipo svizzero e dettero 5000 scudi d’oro al cugino di Calvino, Roberto Olivetano, perché traducesse per loro in 5 anni la Bibbia in francese. Frattanto in Italia, Antonio Brucioli traduceva la Bibbia in italiano dai testi originali e seguiva commenti di Lutero per cui dovette affrontare un processo inquisitoriale.

Un predicatore protestante, Giovan Luigi Pascale, fece pubblicare a Ginevra il Nuovo Testamento tradotto dal Brucioli e si recò tra i Valdesi di Calabria a ravvivarne la fede. Fu arrestato a tradimento e poi bruciato a Campo dei Fiori, mentre la comunità valdese di Calabria fu passata a ferro e fuoco. Quelli che si salvarono, abiurarono o fuggirono verso la Svizzera.

Un libro molto importante per la diffusione della Bibbia in Italia nel Cinquecento fu il Trattato Utilissimo del Beneficio di Cristo di Don Benedetto da Mantova, di cui, nonostante l’inquisizione, furono stampati e diffusi oltre 35.000 esemplari, una cifra enorme per i tempi.

Dopo il Cinquecento la Bibbia divenne quasi introvabile in Italia, se non in latino nella  versione di S. Gerolamo, letta, per lo più, nel rituale della Messa. Negli stessi seminari, solo alcuni libri erano commentati e presentati ai seminaristi. Non era prevista una lettura sistematica del testo biblico. L’unica versione italiana rintracciabile in Italia alla fine del Settecento, era quella del Martini del 1775, la cui lettura non era consigliata ed aveva bisogno di particolari dispense.

Gli esuli, per ragioni di fede, nei paesi protestanti si erano raccolti in vari gruppi e particolarmente a Ginevra, dove esisteva una comunità di lingua italiana formata essenzialmente da esuli lucchesi che costituirono presto una minoranza molto influente finanziariamente, politicamente e spiritualmente.

Un membro di questa comunità, che si definì sempre ‘di nation lucchese’, fu Giovanni Diodati, un pastore molto influente nato a Ginevra, che fin da giovane tradusse la Bibbia dai testi originali ebraici e greci, e la cui prima edizione uscì nel 1607 e la seconda nel 1641.

Questa traduzione costituisce uno dei capolavori della letteratura italiana del Seicento ed ebbe, nei vari paesi protestanti, delle edizioni che, fino all’inizio dell’Ottocento, furono praticamente ignote in Italia.

 

Ottocento e Novecento

Nel 1804 nacque a Londra la Società Biblica Britannica e Forestiera con il compito di rispondere al messaggio agnostico che veniva dalla Rivoluzione francese e trovava il suo esponente in Napoleone, con il testo biblico foriero di una restaurazione morale. Si pensava che protestanti, cattolici ed ortodossi trovassero nella Bibbia cristiana la ragione della loro fede e di una unità che superasse gli ostacoli denominazionali. In un primo tempo questa distribuzione della Bibbia in modo interconfessionale sembrò possibile e fu rivolta a tutta l’Europa.

Già nel 1808 fu stampato un Nuovo Testamento in italiano nella versione di Giovanni Diodati per distribuirlo a Malta, isole Ionie, Sicilia, allora sotto controllo inglese, e nel resto dell’Italia. Furono necessarie due ristampe ( nel 1810  nel 1811) e nel 1814 si calcolava che la circolazione del Nuovo Testamento nell’area descritta, raggiungesse la rispettabile cifra di 14.000 copie che è veramente alta se si pensa che la grande maggioranza della popolazione era analfabeta.

Finita l’epoca napoleonica, la Chiesa Cattolica condannò le Società Bibliche e proibì la diffusione delle Bibbie da loro edite; la sola lettura in pubblico della Bibbia poteva costare l’arresto ed anni di prigione. Nonostante ciò la diffusione continuò durante tutta la restaurazione. I principali centri di distribuzione della Bibbia erano il consolato britannico di Livorno, le Valli Valdesi, le colonie inglesi di Malta e Corfù e la Svizzera.

La Bibbia Diodati ebbe molte edizioni che, pur non alterandone i contenuti, provvedevano a rendere il testo del Seicento leggibile nell’Ottocento.

La Repubblica Romana di Mazzini stampò un Nuovo Testamento che, al ritorno del papa, fu tolto dal commercio. Si pensava che quando l’Italia fosse diventata libera, vi sarebbe stata una conversione in massa al protestantesimo

Questo non avvenne, anche se dopo il 1860 i protestanti aprirono in  molte località sale di culto che non raggiunsero mai le folle (tanto che nel 1911 i protestanti erano solo 100.000 compresi gli stranieri), ma ebbero il merito di diffondere la Bibbia.

Molti venditori di Bibbie, che da una parola francese erano detti ‘colportori’ distribuirono le Bibbie Diodati rivedute, anche nei più sperduti villaggi. (Croce ricordava il passaggio dei colportori nella sua Pescasseroli). Esistevano scuole e chiese evangeliche che distribuivano le Bibbie ed infine emigrati italiani in paesi protestanti che al loro ritorno portavano la Bibbia e la leggevano ai loro cari.

Avvenne così una seconda alfabetizzazione biblica dopo quella del tardo Medioevo. Nel 1904 erano state vendute dalla Società Biblica Britannica e Forestiera in Italia 513.095 Bibbie intere, 1.243.962 Nuovi Testamenti e Salmi, 3.422.196 porzioni bibliche.

Tutto ciò era avvenuto nonostante la proibizione cattolica e, soprattutto l’altissima percentuale di analfabeti nell’Italia di quegli anni. Non mancarono preti ed anche vescovi come Pietro Maffi che silenziosamente approvarono quest’opera. Durante la Prima guerra mondiale una nuova revisione del Nuovo Testamento, fatta dal pastore Giovanni Luzzi, fu distribuita nelle trincee. Durante il periodo fascista, la Società Biblica continuò la sua opera in condizioni di minore libertà e si rallegrò che, dopo il 1928, si sviluppasse una fioritura di testi biblici nel mondo cattolico dovuti alla Pia Società di S. Gerolamo.

L’ora nuova per la diffusione della Bibbia suonò con il pontificato di Giovanni XXIII. Già nel 1958, poco dopo la sua elezione a papa, Giovanni XXIII fece stampare 1.000.000 di Bibbie in italiano con l’imprimatur ed al prezzo di £ 1.000.

Il concilio Vaticano II incoraggiò la collaborazione con le Società Bibliche mentre si moltiplicavano le traduzioni cattoliche. Inoltre si iniziava, tra protestanti e Cattolici, una traduzione della Bibbia in lingua corrente di cui uscì il Nuovo Testamento nel 1976 e la Bibbia completa nel 1985. Si ebbero molti incontri e studi biblici interconfessionali e laici e nel 1983 nacque la Società Biblica in Italia che si affiancò all’azione dell’SBBF e dell’Associazione Biblica Italiana Cattolica. Importanti sono l’azione del SAE e quella laica di Biblia. Dal 1976 al 2003 la sola SBBF ha venduto 1.113.775 Bibbie, 1.649.517 Nuovi Testamenti, 5.028.759 porzioni della Bibbia.

Di fronte a questi dati dovremmo dirci soddisfatti e pensare che ormai l’alfabetizzazione biblica è, in Italia, opera compiuta. Ad ottobre, durante il Sinodo dei Vescovi, verrà effettuata una lettura non stop di tutta la Bibbia, (trasmessa anche dalla televisione via satellite) cui parteciperanno centinaia di lettori appartenenti a diverse confessioni e che useranno alcune tra le principali traduzioni bibliche.

La mia sensazione, invece, è che l’amore per la Bibbia che si sentiva negli anni postconciliari sia passato. La Bibbia ora è presente in quasi tutte le case, ma è veramente letta? La cultura italiana laica l’ha accettata e a darne una precisa indicazione penso che basti l’edizione Mondadori della Bibbia del Diodati in 3 volumi.[2] Nella scuola, però, la Bibbia non è ancora entrata ufficialmente nonostante gli sforzi di Biblia. Vorrei che l’accanimento che si mostra per il mantenimento del Crocefisso, si trasformasse in interesse perché la Bibbia possa avere un suo posto nella formazione della cultura degli studenti italiani

La vera alfabetizzazione biblica avverrà quando affronteremo laicamente e scientificamente i nodi culturali che la Bibbia ancora mantiene per noi, quando la leggeremo in dialogo con i testi delle altre religioni universali, quando saremo in grado di farne il collante del nostro modo di pensare, come fece, in altri tempi, e con ben altri risultati, l’Alighieri.

Domenico Maselli

 


 

A integrazione del contributo di Maselli trascriviamo qualche passo da un recente libro di Massimo Rubboli, prossimo nostro relatore all’incontro romano su Bibbia e Costituzione.

 

«I primi depositi di Bibbie in italiano furono creati a Malta nel 1812 e a Coira, nei Gigioni, nel 1832, da dove venivano introdotte clandestinamente in Italia, principalmente da navi inglesi che facevano scalo al porto franco di Livorno (dove il rappresentante del governo inglese ed altri residenti crearono un deposito locale) e attraverso le Alpi.

La distribuzione in Italia avveniva per mezzo di “col portori”, venditori ambulanti generalmente sostenuti dalla stessa British and Foreign Bible Society. Costo dovevano affrontare grosse difficoltà, in primo luogo il divieto della autorità, ma anche l’ostilità della Chiesa cattolica (e della popolazione istigata dal clero) cobntro ogni cosa di provenienza protestante, Bibbia compresa. Spesso venivano assaliti e il loro carico di Bibbie dato alle fiamme. La Bibbia italiana più diffusa fu naturalmente la Diodatina, ma furono stampate anche diverse edizioni della Martini, nella vana speranza che fosse più facile distribuire una versione cattolica.

Solo dopo  il 1860 fu possibile creare in Italia sette depositi e la distribuzione fu assicurata da circa trentacinque col portori, che continuarono a incontrare grosse difficoltà e a rischiare anche la vita; ad esempio, nel marzo  1866, a Barletta, una folla aizzata dai preti attaccò la a sede della comunità evangelica al grido “Viva Vittorio Emanuele, abbasso i protestanti!”, causando la morte di sei persone.

Un episodio singolare fu il primo ingresso non clandestino di Bibbie a Roma, attraverso la breccia di Porta Pia, il 20 settembre 1870: dietro ai bersaglieri, entrarono nella Città Santa anche un paio di col portori, con un carretto di Bibbie tirato da un cane.

Nella seconda metà dell’Ottocento, l’Italia divenne terra di missione per le chiese protestanti, prima fra tutte la chiesa valdese che, sotto l’influsso del Risveglio, vide nella diffusione della Bibbia uno “strumento di rinnovamento delle coscienze”, come afferma Giorgio Tourn nel suo Italiani e protestantesimo.

Nel 1861, la Wesleyan Methodist Society britannica inviò in Italia i suoi primi missionari per sostenere spiritualmente il Risorgimento, considerato uno strumento di Dio per aiutare gli italiani a liberarsi dal “papismo”. Nel 1868, si formò la prima Conferenza metodista d’Italia.

Subito dopo la fine del potere temporale della Chiesa romana, anche la Chiesa metodista episcopale degli stati Uniti decise di contribuire al rinnovamento religioso dell’Italia unita con l’invio di un missionario, Leroy M. Vernon (1836-96), c creò chiese metodiste episcopali in diverse città italiane, tra le quali Roma, Milano, Torino, Bologna, Venezia e Napoli.

Anche il battiamo italiano deve le proprie origini all’opera missionaria sia dei battisti inglesi sia di quelli americani, che portarono nel 1884 alla costituzione dell’Unione cristiana apostolica battista.

Le missioni straniere non sarebbero però riuscite a radicare il protestantesimo in Italia senza la testimonianza personale di centinaia di emigranti convertitisi alla fede evangelica che, una volta tornati al paese d’origine, iniziarono un’opera di evangelizzazione che portò alla formazione di nuove chiese, nonostante l forte opposizione del clero cattolico locale.»

(M. Rubboli, I protestanti, il Mulino, Bologna 2007, pp.124-125).


 

[1] Vedi: Vangelo di Sancto Johanni, antica versione italiana del secolo XIII  a cura di MARIO CIGNONI ed. SBBF Roma 2005

[2] La Sacra Bibbia tradotta in lingua italiana e commentata da Giovanni Diodati a cura di M. Ranchetti e di M. Ventura  Avanzinelli, Voll. 1,2,3  Milano – Mondatori - 1999